L’ANTIMAFIA
Grandi opere a rischio tangenti e spreco di denaro
di
Claudia Fusani
«Quando una casa è allagata perché c’è un rubinetto aperto,
la prima cosa da fare è chiudere il rubinetto.
Se invece si aumenta la cubatura dell’acqua, il rischio è distruggere la casa».
Dove «la casa» è il sistema degli appalti pubblici, «l’acqua» i miliardi di euro destinati alle opere pubbliche e «il rubinetto» il sistema di norme che regolano l’affidamento dei lavori, la loro trasparenza e legalità.
Alberto Cisterna è il magistrato della Direzione nazionale antimafia che ha curato il capitolo delle infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti nella Relazione che la Dna ha consegnato tempo fa al Parlamento.
Così, quando l’altro giorno il governo ha annunciato l’arrivo di 17,8 miliardi di euro per la realizzazione e il completamento delle Grandi Opere, Cisterna ha pensato subito alla «massa di tangenti che saranno messe in circolazione» e allo
«sperpero di denaro pubblico che è endemico in Italia al sistema degli appalti».
L’allarme parte da cinque cifre.
Oggi finiscono nelle tasche delle mafie (cosa nostra, ‘drangheta, camorra) sotto forma di tangenti
«come minimo il 3% degli importi totali delle opere»;
il «50% delle imprese che hanno lavorato nel tratto calabrese della Salerno-Reggio Calabria, l’unica Grande Opera appaltata al momento insieme al Mose di Venezia, hanno certificati antimafia negativi».
Tra il settembre 2007 e il settembre 2008 sono
«27 le ordinanze di custodia cautelare per reati di associazione mafiosa finalizzata all’estorsione, alla turbativa d’asta e all’illecita concorrenza» relativi cioè ad inchieste che riguardano le infiltrazioni mafiose negli appalti e 846 le persone arrestate per queste ipotesi di reato.
Oltre trecento sono, nello stesso anno, le persone per cui è stato chiesto il giudizio per gli stessi reati.
Una fotografia inquietante e aggiornata per difetto perché, spiega il magistrato,
«i dati sono parziali per due motivi: il sistema di prevenzione è insufficiente; molti dati restano sommersi a livello locale senza quella circolazione necessaria per avere un quadro chiaro».
Una fotografia su cui pesa un altro elemento a cui l’Antimafia ha dedicato una relazione a parte:
«In momenti di crisi economica strutturale, il rischio è che gli unici vincitori siano proprie le grandi famiglie mafiose, le uniche che dispongono facilmente di capitali da spendere».
Lanciare l’allarme mafia sui 18 miliardi di euro che il governo sta per mettere sul mercato non significa bocciare il piano.
Anzi, in momenti di crisi è necessario creare volani per il rilancio dell’economia. L’allarme della Dna quindi è un responsabile avviso ai naviganti con l’indicazione di una serie di provvedimenti da prendere il più in fretta possibile per
«rafforzare gli strumenti di vigilanza e di repressione».
Prima cosa da fare è rendere efficiente la certificazione antimafia.
«Così com’è, pensata ormai quasi vent’anni fa, è insufficiente e inutile se non per i casi più macroscopici.
A volte neppure per quelli».
Prova ne è che sono rifiutati solo l’1-2 per cento dei certificati.
Come esempio in negativo la relazione della DNA dedica un capitolo ai lavori in corso nel 5° macrolotto della Salerno-Reggio Calabria, dove la stazione appaltante è l’Anas.
La società Condotte spa, che si è aggiudicata l’appalto con Impregilo,
«aveva avuto una serie di certificazioni negative circa l’autorizzazione antimafia da parte del Casgo (Comitato per l’alta sorveglianza delle grandi opere presso il ministero dell’Interno), della Dia di Reggio Calabria che aveva verificato nei cantieri la presenza di soggetti contigui o addirittura appartenenti alla criminalità organizzata e della Dda di Reggio».
Eppure, nonostante questi no, osserva Cisterna, Condotte spa
«ha avuto il via libera del Tar».
Il secondo intervento urgente riguarda la circolazione delle informazioni al momento insufficiente poiché le Procure tengono giustamente nel segreto le proprie inchieste e non le comunicano a chi deve poi rilasciare la certificazione antimafia.
Il terzo intervento è di carattere finanziario e prevede
«la tracciabilità finanziaria di tutti i pagamenti attinenti l’opera».
La voce calcestruzzo, ad esempio, al centro di inchieste dell’antimafia perché di pessima qualità e non idoneo all’opera.
«Nei cantieri del centronord - racconta Cisterna - si vedono i silos che producono sul posto il calcestruzzo».
Al centrosud, invece,
«il materiale è acquistato altrove e da terzi».
E’ una legge non scritta.
Che aumenta costi.
E crea alibi per le tangenti.
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Questo è quanto viene nascosto perché non si sappia.
E nel Governo attuale non c’è gente al riguardo sprovveduta, anzi…..
In esso si ritrovano persone molto agguerrite e competenti come quel
sottosegretario in odore di camorra.
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