giovedì, luglio 31, 2008

Una favola racconta che.....

LA MOGLIE OBBEDIENTE
C'era un uomo che aveva lavorato tutta la vita,
aveva risparmiato tutti i suoi soldi, e quando si trattava di spenderli
era un vero 'avaro.'
Poco prima di morire, disse alla moglie.... 'quando muoio, voglio che tu prenda tutti i miei soldi e li metta nella bara con me.
Me li voglio portare con me nell'aldilà.'
E così si fece promettere con tutto il cuore dalla moglie,
che quando sarebbe morto lei avrebbe messo tutti i suoi soldi nella cassa con lui.
Beh, poi morì.
Al funerale, era steso nella bara con vicino la moglie, vestita di nero, seduta affianco alla sua migliore amica.
Quando fu finita la cerimonia, e si preparavano a chiudere la bara, la moglie disse, 'Aspettate un momento!'
Aveva una piccola scatola di metallo; si avvicinò con la scatola e la mise nella cassa.
Chiusero la bara e la portarono via.
E quindi la sua amica le disse,'
Ragazza, sapevo che non eri così tonta da mettere tutto quel denaro la dentro
con tuo marito.'
La mogie fedele rispose,
Senti, io sono una persona credente; non posso tornare sulle mie parole.
Gli ho promesso che avrei messo quei soldi nella bara con lui.'
Vuoi dire che hai messo tutto quel denaro li dentro con lui!?!?!?
'Certo che l'ho fatto', disse la moglie.
L'ho preso tutto, l'ho messo sul mio conto, e gli ho fatto un assegno.......
Se riesce ad incassarlo se li può spendere tutti.'
Gira questa storia ad ogni donna furba che conosci e ad ogni uomo che pensa di essere più furbo delle donne!!!

mercoledì, luglio 30, 2008

La riforma della Giustizia - 2

LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA – 2
Intervengono i magistrati

Alla vigilia del Natale 2004 un mio carissimo amico, prematuramente scomparso due mesi dopo, sapendo che mi interessavo in particolare sulla riforma della nostra
“Giustizia- Ingiustizia”
mi inviò questo pezzo che trascrivo oggi, visto che il nostro Premier intende porre ancora una volta mano su questo problema GIUSTIZIA ma non per risolverlo, bensì per paralizzarne ancor più il suo iter, ammesso che al punto in cui si trova tale finalità sia ancora possibile.
Questa è la logica conseguenza dell’operato di chi ritiene di fare, per suoi motivi personali, una specie di ritorsione nei confronti di quei magistrati i quali, invece di bighellonare e lasciar perdere, hanno puntato la loro attenzione, peraltro doverosa per legge, su alcuni “affari personali” di un tizio che, tra l’altro, è niente popò di meno che il Presidente del Consiglio dei Ministri, per il bene e per volontà del Popolo Italiano, sia pure in parte.
L’ho tenuto in questi quattro anni prima in un cantuccio del mio pc e poi passato su di un CD che avevo conservato gelosamente qui in Sicilia.
Credo che l’articolo in parola possa offrire un importante contributo per comprendere quali siano gli attuali e veri problemi della nostra Giustizia da risolvere al più presto, almeno quelli più importanti.
Tra il serio ed il faceto proposte a non finire per chi volesse intendere; ma credo che saranno in pochi i politici veramente interessati a che la Giustizia funzioni anche in Italia; basterebbe sgombrare il campo da preconcetti, ideologie non solamente politiche, ma guardare e puntare al sodo.
E chi meglio dei diretti operatori potrebbe segnalare, perché il potere legislativo possa correggerle, le strozzature che impediscono ancor, o soprattutto, oggi il suo corso normale ?
Ma ci sono in Parlamento i saputelli, magari molto competenti in altre professioni che con la giustizia nulla hanno a che fare, gli indagati ed anche i pregiudicati che vogliono dire la loro; anche gli avvocati che più dura una causa od un processo penale e più cresce il costo della parcella, ecc…
Sono costoro che hanno sempre avuto voce in capitolo col risultato di leggi incomprensibilmente prive di una logica atta a ridurre tempi e costi della Giustizia.
Dopo quella di Davigo vi presenterò in una terza parte il
“J’accuse”
del Procuratore Antimafia
Pietro Grasso
Ma veniamo al punto

02.11.2004

PIERCAMILLO E IL LUPO



Poiché non c’erano giornalisti, a parte me munito di registratore, ti mando un prezioso inedito che mi è costato una laboriosa sbobinatura.
La flotta macedone catturò un pirata e lo portò davanti ad Alessandro Magno perché lo giudicasse. Alessandro Magno gli chiese: “Con che diritto infesti i mari?”. E il pirata: “Con lo stesso tuo. Con la differenza che io lo faccio con una nave e mi chiamano pirata. Tu lo fai con una flotta e sei chiamato re”.
Con questo aneddoto (citato da Sant’Agostino), Piercamillo Davigo, oggi giudice di Corte d’Appello a Milano e negli anni 90 giudice per indagini preliminari all’epoca di Mani Pulite, ha iniziato il suo intervento ad un convegno che si è svolto nello scorso fine settimana nel monastero di Camaldoli.
Era un incontro sul tema della giustizia, e di tutti i relatori Davigo è stato sicuramente il più brillante.
Almeno secondo me.
Poiché non c’erano giornalisti, a parte me, munito di registratore, ti mando un prezioso inedito che mi è costato una laboriosa sbobinatura.
Davigo ci ha intrattenuto su numerosi temi ma poi sollecitato da una domanda sulla prossima riforma dell’ordinamento giudiziario si è scatenato.
Sarebbe un peccato rinchiudere il suo intervento tra le mura di quello splendido monastero camaldolese, anche perché in alcuni passaggi è davvero esilarante, e così mi permetto di sottoporlo anche alla tua attenzione.
Leggilo perché ne vale veramente la pena.
firma……………..
Vorrei cominciare col dire che la differenza, contrariamente a quello che pensava il pirata, non è nel numero delle navi.
La differenza tra i briganti e lo Stato è nella giustizia.
Se le leggi di uno stato si ispirano a principi di giustizia universalmente accettati, allora quello Stato può difendersi credibilmente dai briganti.
Se le sue leggi non hanno più quel contenuto di giustizia, c’è il rischio che torni a contare il numero delle navi.
La questione della riforma dell’ordinamento giudiziario e della verifica delle professionalità è propaganda pura per una serie di ragioni.
Primo
I magistrati sono caratterizzati da quello che viene chiamato potere diffuso.
Quindi non hanno necessità di selezionare i più bravi.
Casomai c’è bisogno di selezionare quelli non idonei per mandarli a casa.
Non è che si tratta di fare un concorso per selezionare i più bravi e mandarli nelle funzioni superiori.
Paradossalmente, e ve lo dico facendo io il giudice d’appello, se si dovesse guardare alla difficoltà del lavoro, dovremmo rovesciare la carriera del giudice.
Dovremmo far cominciare gli uditori dalla Corte di Cassazione.
E’ tutto molto più facile.
Intanto c’è solo diritto.
La ricostruzione del fatto, che il più delle volte è la cosa più difficile, non c’è.
C’è il massimario della Cassazione che ti mette a disposizione tutti i precedenti.
Per cui se uno non si discosta dai precedenti anche se è un idiota è in grado di scrivere una decorosa sentenza.
Quando è diventato bravo dovrebbero mandarlo in Corte d’Appello.
E’ un po’ più difficile perché oltre a tutto quello che fa la Cassazione, senza però il massimario, e quindi devi andare in biblioteca a studiare, c’è anche la ricostruzione del fatto.
E tuttavia la posizione del giudice d’appello è legata alla sentenza di primo grado e ai motivi di impugnazione.
Quando uno è diventato molto bravo dovrebbero poi mandarlo in primo grado dove trova persone che gli raccontano delle cose e deve cercare di mettere insieme la ricostruzione dei fatti e una sentenza.
Quando infine è diventato bravissimo dovrebbero mandarlo a fare il pubblico ministero perché lì trova una notizia di reato e deve da lì costruire il processo.
Solo che se uno fa il pubblico ministero a 70 anni, muore.
E allora si fa il pubblico ministero a 25 anni per poi finire in Cassazione.
Pensare di regolamentare questi passaggi a funzioni, come dicono loro, più elevate, attraverso concorsi, è una sciocchezza.
E’ una sciocchezza perché noi i concorsi ce li avevamo.
Li hanno tolti tutti.
Abbiamo provato il concorso per esami, il concorso per titoli e la comparazione sulla quantità e sulla qualità del lavoro.
Il concorso per esami privilegiava quelli che lavoravano nelle “Preture sdraio”, ovvero quelle in cui non si lavora e dunque uno ha un sacco di tempo per studiare.
Negli uffici dove si lavora tanto non ci voleva andare nessuno perché poi come fai a studiare?
Si sa benissimo che non riuscirai a fare mai nessun concorso.
Ricordo quella battuta infelice che fece l’allora ministro Biondi:
“Studia studia, mi diceva mio padre, sennò finisci a fare il pubblico ministero”.
Battuta alla quale rispose l’allora procuratore di Milano Borrelli, definendola una affermazione “fatta a un’ora pericolosamente tarda del pomeriggio”,
in riferimento ad alcune chiacchiere su alcune abitudini del ministro.
Ma è vero.
Perché andava negli uffici più delicati chi sapeva che non avrebbe progredito in carriera.
E quindi rinunciava a priori.
Allora si è passati al concorso per titoli.
E il risultato fu peggiore del primo.
Perché vedete, io posso essere anche il più bravo in assoluto, ma se mi mettono a fare gli incidenti stradali è difficile che qualche mia sentenza venga pubblicata, perché su questa materia è già stato pubblicato tutto ciò che si poteva pubblicare.
Se invece sono il cocco del capo dell’ufficio e mi mettono a fare la prima causa di franchising che arriva nell’ufficio, anche se sono scemo e scrivo stupidaggini, la mia sentenza verrà comunque pubblicata.
Magari con le note critiche al testo.
Questo ha scatenato il servilismo nei confronti dei capi.
Come scatenava il servilismo verso i capi un’altra cosa della quale ci siamo liberati:
gli arbitrati.
Ci sono ancora per i giudici amministrativi, non c’è verso di farli togliere.
Io mi sono sempre chiesto come mai un magistrato, sia pure amministrativo, debba fare gli arbitrati.
Perché mai lo Stato deve rivolgersi a collegi privati per dirimere una controversia consentendo poi ai giudici di farne parte?
La risposta è semplicissima.
La giurisprudenza arbitrale è generalmente più favorevole alle imprese di quella ordinaria.
Sennò gli arbitrati non ci sarebbero più perché le imprese non affiderebbero le loro controversie ai collegi arbitrali nelle cause con la pubblica amministrazione.
E’ questa una forma brutta, brutta, brutta di influenza sul modo di decidere, sia pure in attività non pubbliche.
Capite bene che se il presidente del Consiglio di Stato chiama un suo consigliere e gli dice: “Caro collega, volevo parlarti della tale causa…”, se il collega in questione è sveglio risponde: “Presidente, mi ha battuto sul tempo, stavo per venire qui da lei per lo stesso motivo”.
Il giorno dopo verrà nominato presidente di un collegio arbitrale .
Compenso: 500 milioni di lire.
Se invece il collega convocato risponde: “Presidente, prendo atto di come la pensa lei, ma mi riservo di decidere come credo”,
il giorno dopo verrà nominato presidente della commissione d’esame per due posti di barelliere all’ospedale di Lamezia Terme, quindici lire di compenso e sei mesi a Lamezia Terme salvo imprevisti.
Così impara.
Questo non ha nulla a che vedere naturalmente con l’indipendenza del giudice.
Così come i rapporti di sudditanza nei confronti del capo per avere la causa che ti permette di pubblicare la tua sentenza sulle riviste specializzate.
L’indipendenza del giudice è rivolta in due direzioni.
C’è l’indipendenza della magistratura nel suo complesso verso gli altri poteri dello Stato e l’indipendenza di ogni singolo magistrato all’interno dell’Ordine.
La seconda viene spesso dimenticata.
La valutazione della produttività del giudice con metodi statistici è una cosa veramente ignobile.
Io avevo un procuratore aggiunto che era un cialtrone che si vantava di aver smaltito in un anno 330 mila procedimenti.
Vi chiederete come è possibile.
Semplice.
Aveva una squadra di carabinieri timbratori, provvisti di timbro di gomma con la sua firma che, a ritmi forsennati timbrava il frontespizio dei fascicoli:
“Non doversi procedere perché rimasti ignoti gli autori del reato”.
Con lui c’era un consigliere istruttore aggiunto che aveva a sua volta una squadra di poliziotti timbratori che controtimbravano.
Con questo sistema, smaltiva 330 mila procedimenti all’anno.
E’ chiaro che uno così poteva lamentarsi del fatto che il Consiglio Superiore non lo avesse ancora nominato primo presidente della Corte di Cassazione perché era quello che apparentemente, sulla base dei dati statistici tanto cari al ministro della Giustizia, lavorava di più.
Una volta un collega cercava una prima segnalazione di un sequestro di persona a scopo di estorsione, con il rapito ancora nelle mani dei sequestratori, e non la trovava.
Poi è saltata fuori in un fascicolo già archiviato contro ignoti.
I rapitori erano effettivamente ignoti, ma forse quella decisione era prematura, visto che il rapito era ancora nelle mani dei rapitori.
La produttività misurata con la statistica porta a questi risultati, attenzione!.
Anche le sentenze di amnistia e di prescrizione fanno numero come le altre.Allora, questo meccanismo infernale significa voler assoggettare la magistratura a poteri gerarchici, perché il retropensiero è:
“se mettiamo le mani sui capi, poi li controlliamo tutti”.
Non funziona e non funzionerà.
Ma il problema è che nel frattempo sfasceranno tutto perché ci vorranno alcuni anni per coprire qualunque ufficio.
Per cui molti uffici rimarranno scoperti per tre o quattro anni.I
l problema non è che non vogliamo essere valutati periodicamente.
Ci vogliono sicuramente criteri di valutazione più rigorosi di quelli attuali.
Io per esempio, sarò valutato per l’ultima volta, in base all’attuale normativa, tra un anno e mezzo e poi non saro’ più valutato per altri vent’anni.
Invece bisogna essere valutati ogni quattro anni almeno.
Non esiste che uno smetta di studiare e di aggiornarsi.
Ma altro sono i concorsi.
Che in teoria servirebbero a selezionare i più bravi, che poi i più bravi non ci sono.
Non so se avete visto recentemente Ballarò, dove il ministro della Giustizia ha detto una frase infelice:
“Ma perché, se c’è un magistrato ambizioso, non dargli delle possibilità?”.
Ma perché l’ambizione è un difetto per un magistrato, ecco perchè!
Veniamo a principi più generali.
La pena, si dice, dovrebbe tendere alla rieducazione del condannato.
E’ vero.
Quando ero bambino ho imparato in un episodio la funzione rieducativa della pena e la distinzione tra dolo e colpa.
Giocavo con i sassi, ho rotto un vetro e mi è arrivato un ceffone, accompagnato dalla frase “Così impari” (funzione rieducativa).
Alla mia protesta: “Non l’ho fatto apposta”, me ne è arrivato un altro, con la battuta “Ci mancherebbe!” ( distinzione tra il dolo e la colpa).
Detto questo vorrei sottolineare che la funzione riparativa della giustizia funziona per riconciliare il colpevole con la sua vittima sempre che il colpevole sia disposto ad ammettere la sua colpa.
Vi ricordate cosa disse in chiesa la vedova di uno degli uomini della scorta di Giovanni Falcone?
“Sono disposta a perdonarvi ma dovete mettervi in ginocchio a chiedere perdono, non continuare ad uccidere”.
Questo è il punto.
O per dirla come l’ha detta una volta Moni Ovadia, il perdono è una cosa privata tra la vittima e l’offensore e inoltre, il perdono prima che sia stata fatta giustizia qualche volta è complicità.
Allora, è vero che dobbiamo cercare di introdurre il più possibile forme di riparazione al posto di forme di vendetta.
Ma attenzione, per certe questioni e non per altre.
Non per esempio per i crimini dei colletti bianchi che fanno dei veri conti economici. Calcolano quanto e se conviene loro violare la legge.
Allora, avere l’idea che dopo che ne hai fatte più di Bertoldo puoi riparare il danno di quella volta su dieci in cui ti hanno beccato, significa invitarli a continuare a fare così.
Una volta un uomo politico di cui non faccio il nome perché ha anche lui diritto all’oblio, condannato per vari reati contro la pubblica amministrazione, ha partecipato una volta a un dibattito a Telelombardia (si tratta di Gianni de Michelis n.d.r.) con il giornalista Marco Travaglio, disse a proposito di Tangentopoli che bisognerebbe fare come in Sudafrica dove hanno costituito una commissione per la riconciliazione dopo la fine dell’apartheid. Travaglio replicò:
“Scusi, ma in Sudafrica c’erano i bianchi che ammazzavano i neri, i neri che ammazzavano i bianchi, i bantù che ammazzavano gli zulu eccetera.
Qui c’eravate voi che rubavate e io che venivo derubato.
E’ un po’ diverso”.
Si può scegliere quale forma di giustizia attuare se riparativa o retributiva, ma prima bisogna accertare se qualcuno ha fatto qualcosa e cosa.
E invece noi abbiamo messo su un meccanismo processuale infernale che rende sempre più difficile accertare le responsabilità.
Nell’attesa di decidere quale modello di giustizia sostanziale applicare se non restituiamo agli apparati giudiziari, innanzi tutto efficienza e efficacia, torniamo all’anarchia totale.
La giustizia dello stato moderno nasce come fine dell’anarchia feudale.
Il re decide che vanno messe via le spade, non ci saranno più vendette, d’ora in poi sarà il re a punire i torti.
Ma se il re smette di punire i torti, la gente torna a metter mano alle spade.
Questo è il rischio più grave al quale si va incontro disarmando la giustizia.
Allora torniamo all’importanza del numero delle navi.
A nessuno piace usare la forza ma bisogna mettersi in testa che il sistema giudiziario non riposa sull’uso del consenso, bensì sull’uso della forza.
E dunque va tutto bene, per carità, San Francesco ha ammansito il lupo, anche se poi ci hanno spiegato che i lupi non sono poi così cattivi come ci raccontavano da bambini.
Ma nel mondo degli umani qualche lupo pericoloso c’è.
Ammansirlo non è sempre facile e qualche volta è inevitabile l’uso della forza, da contenere nei limiti essenziali, naturalmente, ma sempre di forza si tratta.
Fateci caso, la giustizia è rappresentata di solito dalla bilancia e dalla spada.
La bilancia qualche volta non c’è ma la spada c’è sempre ed è sempre sguainata.
Deve saper minacciare. O colpire.
Piercamillo Davigo

Democrazia limitata - 2

Il caso Schifani- Travaglio
- e non il solo -
PARTE SECONDA

Schifani, il silenzio dell’opposizione:
la difesa di Marco Travaglio a cura di
Furio Colombo

"Vi ricordate l’espressione «parla come un libro stampato»?
Significava chiaro, senza ambiguità, senza sentito dire, senza equivoci.
È quello che ha fatto Marco Travaglio, la sera di sabato scorso nella trasmissione "Che tempo che fa" di Fabio Fazio.
Forse è utile una precisazione.
Non è una metafora definire «come un libro stampato» ciò che ha detto Travaglio nel corso della conversazione - come sempre civile e amabile - con Fazio, è cronaca.
Travaglio infatti ha citato dal libro suo e di Gomez
«Se li conosci li eviti»
e dal libro di Gomez e Lirio Abbate
(giornalista antimafia sotto scorta) in cui si narrano alcuni episodi della vita dell’avvocato senatore Renato Schifani prima che fosse eletto, dopo la strepitosa vittoria della sua parte, presidente del Senato e dunque seconda carica dello Stato.
È vero, la carica è alta, nobile e chiede rispetto.
Questo rispetto ha due facce.
La prima riguarda l’Istituzione ed è, come è giusto, solenne e celebrativa.
La seconda faccia è quella del cittadino di un Paese democratico il cui status non varia con la carriera.
Ha già - come tutti - il pieno diritto sancito dalla Costituzione.
E nient’altro.
Nessuno, in democrazia, diventa sacro, speciale o intoccabile per via di una carica.
Nessuno può essere denigrato o calunniato, perché lo difende la legge e le pene che può comminare a chi mente e accusa, sia per ragioni private che per disegno politico.
Faccio qualche esempio.
Molti, nel passato americano, hanno sparlato dei Kennedy, John e Bob, quando uno era presidente e l’altro ministro della Giustizia, molti hanno accusato Johnson per la sua stazione radio nel Texas (che alla fine ha dovuto vendere).
Che cosa sia accaduto a Nixon a causa della fastidiosa e implacabile libera stampa americana è nei libri di storia.
E per quanto secchi molto alla famiglia Bush (senior e junior) sentir dire che il padre, grande sostenitore della guerra nel Vietnam quando in America il servizio militare era ancora obbligatorio, ha mandato il figlio a fare l’aviatore in Texas (mentre 56mila giovani americani morivano tra Hanoi e Saigon), tuttavia la maleducata stampa americana - editoriali inclusi - continua a dirlo. Quanto alle seconde cariche dello Stato, tutto il mondo ormai sa - per merito o colpa della screanzata stampa americana, che il vasto conglomerato Halliburton, azienda presieduta dal vice-presidente degli Stati Uniti Cheney fino a un momento prima di giurare alla Casa Bianca, ha vinto miracolosamente tutti (tutti) gli appalti che contano in Iraq compreso il supercontratto che garantisce a Halliburton di gestire la sicurezza in Iraq con decine di migliaia di agenti privati.
Interi editoriali del New York Times e del Washington Post hanno indicato, e continuano a indicare (e provare) il filo diretto che lega il numero due degli Stati Uniti agli affari privati.
E se quando (sovente) un giornalista ne parla in televisione nessun conduttore di CBS, NBC, ABC, o CNN, chiederebbe o ha chiesto scusa per il libero esercizio della sua attività professionale.Quanto ai politici, se vogliamo restare con la esemplare vicenda della seconda carica dello Stato Dick Cheney può essere utile ricordare quanto segue: tutti i parlamentari democratici di quel fortunato Paese, difendono chi ha osato, con buone inchieste, puntare in alto, a cominciare dalla combattiva presidente della Camera Nancy Pelosi, che è nota anche per alcuni giudizi televisivi su Bush che hanno lasciato impassibili sia i giornalisti conduttori dei programmi che i consigli di amministrazione delle varie reti tv.
I repubblicani però (ecco un’altra impronta di una grande democrazia) non si schierano tutti per Cheney, a causa del dubbio.
Alcuni vorrebbero far luce e saperne di più, anche se l’interessato si oppone.
Un conto è la lealtà di partito e un conto è l’integrità di un autorevole leader di quel partito.
Ho già avuto occasione di dire che l’Italia è un Paese sfortunato.
Cercherò di articolare questo non lieto pensiero.
Primo.
Marco Travaglio, che ha fama di giornalista investigativo accurato viene invitato a Che tempo che fa per presentare un suo nuovo libro, il tipo di inchiesta-denuncia per cui è celebre e che vende a decine di migliaia di copie.
Naturalmente parla del libro e di cose stampate nel libro (uscito ormai da tre mesi senza indignazioni, obiezioni, denunce o scandali).
Una breve parte di quel libro riguarda il sen. Schifani e rapporti avuti non in un’altra epoca o vita o luogo, ma in Sicilia ai nostri giorni.
Il frammento citato da Travaglio è parte di una trattazione molto più ampia nel libro di Gomez e Lirio Abbate uscito da più di un anno e mai intercettato da ire, denunce e indignazioni.

Ma Travaglio (e forse anche Fazio) sembrano aver trascurato due fatti: siamo in televisione, siamo in Italia, siamo sotto Berlusconi, dove il motto sembra essere “tolleranza zero” e non importa se sei extracomunitario.
Basta essere extra-maggioranza?
Non trovi tutto nuovo, splendido e giusto?
Sei fuori e meriti sanzioni.
Secondo.
Infatti, da questo momento la domanda non è più quella giornalistica (siamo sicuri?) o giudiziaria (lo ha detto chi, in quali carte o atti o testimonianze?).
La questione, fondata o infondata che sia, non riguarda più il presidente del Senato.
Non riguarda neppure la drammatica alternativa tra verità, insinuazione, calunnia.
Tutto si raggruma in un unico grido: come hanno osato?
E nella neppure celata promessa: ora sì che la pagano!
Si uniscono al coro di grande dignità professionale, manageriale, giornalistica: il direttore di rete, Ruffini, il direttore generale, Cappon e personale vario, consiglieri di amministrazione vari della nota azienda pubblica “in mano ai comunisti” (Silvio Berlusconi in innumerevoli dichiarazioni).
Segue comunicato pubblico dei direttori, che non mostrano il minimo interesse per la vicenda dal punto di vista dei fatti.
Ma proclamano una giornata di scandalo per l’offesa.
E impongo al conduttore del programma - come nella Cina della rivoluzione culturale - l’autocondanna.
Questo giornale (L'Unità) ha ricordato che uno dei migliori giornalisti della Rai è stato forzato alla stessa penosa autocondanna e richiesta di scuse, dopo una intervista in cui avevo osato definire Berlusconi (citavo la stampa estera)
una barzelletta che cammina.
L’avevo detto io, non lui.
Ma a lui è stata imposta la gogna di chiedere scusa agli ascoltatori “per il livore” di quella battuta non sua.
Terzo.
L’opposizione?
Silenzio gelido, come se Travaglio fosse un rumeno caduto in mano a una ronda, mentre tentava un furto con destrezza.
Fosse tutto silenzio, certo ci sarebbe da chiedersi da dove nasce tanta indifferenza per una questione di libertà.
Perché questa è una questione di libertà di informazione nella sua versione più netta ed esemplare.Purtroppo non è tutto silenzio.
Due personaggi autorevoli e meritevoli di piena stima nella storia DS e nel nuovo PD sorprendono con dichiarazioni incomprensibili,
Luciano Violante, forse senza sapere di riferirsi a ciò che ha detto e scritto un giornalista costretto a vivere blindato per minacce di mafia (eppure Violante è esperto in materia) liquida le citazioni di Travaglio come “pettegolezzo”, una forma di disprezzo inspiegabile verso chi è - intanto - sotto il fuoco incrociato di un potere vendicativo che tende al controllo totalitario.
La senatrice Anna Finocchiaro, presidente dei senatori PD, la stessa che si era battuta con bravura e coraggio nei giorni e nelle notti in cui bisognava salvare dal linciaggio morale i senatori a vita colpevoli di sostenere Prodi, adesso condanna senza un’occhiata al testo Travaglio, mostra di approvare la gogna imposta a Fazio e l’agitato servilismo della Rai.
Ma introduce un genere giornalistico inesistente, l’intervista con contraddittorio, significa che d’ora in poi dovremo equiparare l’intervista - o almeno l’intervista in Rai, per quanto bravo sia il giornalista - alla conversazione mondana in cui è di buon gusto evitare questioni roventi.Secondo il Corriere della sera (12 maggio) il senso delle iniziative di Finocchiaro e Violante è questo:
«se state dalla parte di Santoro e Travaglio, continueremo a perdere (le elezioni, ndr) per dieci anni».
Non siamo mai stati buoni profeti, a sinistra, sul possibile esito delle elezioni, né sempre geniali nello scegliere le strategie.
Sul futuro è presto per parlare.
Ma il presente è impegno per la libertà di informazione, è determinazione a impedire che vi siano santoni intoccabili e temi che non possono essere neppure nominati.
Vorremmo appartenere all’Europa, assomigliare all’America democratica e allontanarci da Peron.
E sogniamo una opposizione che fa l’opposizione a partire dalla difesa della libertà dei giornalisti.
Vorremmo ricordare al governo ombra che esiste un paese ombra che, come succede a tutti i governi, chiederà conto dell’azione di governare.
E non suggerisco di cominciare schierandosi dalla parte della Rai che si inchina e che si scusa prima ancora di sapere di che cosa si sta parlando".

Il Presidente del Senato ha intenzione di querelare Travaglio
(poi deciderà di intentare, come vedremo, una causa civile per risarcimento danni materiali e morali)
ma nel frattempo il

“LODO ALFANO”
approvato dai due rami del Parlamento in un battibaleno diviene legge dello Stato; le prime 4 cariche dello Stato diventano giuridicamente inattaccabili da eventuali procedimenti penali radicatisi a loro carico: presenti, passati e futuri sinchè in carica.
FINE SECONDA PARTE

martedì, luglio 29, 2008

Democrazia limitata

Il caso Schifani- Travaglio
- e non il solo -
incomincia sul seguente articolo pubblicato su
L’Unità del 02/05/2008
PARTE PRIMA
La seconda carica dello Stato nei verbali di Campanella.
Biografia non ufficiale di Renato Schifani firmata Marco Travaglio
Dagli affari di Villabate alla guida del Senato


Martedì scorso Renato Schifani proclamato presidente del Senato.
Il giorno dopo, la prima pagina del Giornale di Sicilia era tutta per lui.
La seconda carica dello Stato è un siciliano, un palermitano.
Che onore.
Ma a rovinare la festa ci si mette Marco Travaglio, che nella sua “ora d’aria” su l’Unità propone “qualche nota biografica del noto statista palermitano che ora troneggia là dove sedettero De Nicola, Paratore, Merzagora, Fanfani, Malagodi e Spadolini”.
E, tra le altre cose, vengono ricordati alcune vicende “antipatiche” che riguardano il passato di Renato Schifani, e i suoi rapporti con alcuni esponenti mafiosi. Socio di Mandalà.
“Trent’anni prima di sedere sul più alto scranno del Parlamento – scrive Travaglio – Schifani sedeva nella Sicula Brokers, società di brokeraggio fondata col fior fiore di Cosa Nostra e dintorni.
Cinque i soci: oltre a Schifani, l’avvocato Nino Mandalà (futuro boss di Villabate, fedelissimo di Provenzano); Benny D’Agostino (costruttore amico del boss Michele Greco, re degli appalti mafiosi, poi condannato per concorso esterno); Giuseppe Lombardo (amministratore delle società dei cugini Nino e Ignazio Salvo, esattori mafiosi e andreottiani di Salemi arrestati da Falcone e Borsellino nel 1984). Completa il quadro Enrico La Loggia, futuro ministro forzista”. Da Villabate al Parlamento.
“Nei primi anni ´80, Schifani e La Loggia sono ospiti d’onore al matrimonio del boss Mandalà.
All’epoca, sono tutti e tre nella Dc.
Passeranno pochi anni prima che, nel 1994, Mandalà fondi uno dei primi club azzurri a Palermo, seguito a ruota da Schifani e La Loggia.
Il boss, a Villabate, fa il bello e il cattivo tempo.
Il sindaco Giuseppe Navetta è suo parente: infatti, su richiesta di La Loggia, Schifani diventa «consulente urbanistico» del Comune […].
Il pentito Francesco Campanella, braccio destro di Mandalà e Provenzano, all’epoca presidente del consiglio comunale di Villabate in quota Udeur, aggiunge: «Le quattro varianti al piano regolatore… furono tutte concordate con Schifani».
Che «interloquiva anche con Mandalà».
Sul Piano Regolatore Generale c’erano “grandi appetiti dalla famiglia mafiosa di Villabate. Mandalà organizzò tutto in prima persona.
Mi disse che aveva fatto una riunione con Schifani e La Loggia e aveva trovato un accordo […]
Domanda del pm: «Schifani era al corrente degli interessi di Mandalà nell’urbanistica di Villabate?».
Campanella: «Assolutamente sì. Mandalà mi disse che aveva fatto questa riunione con La Loggia e Schifani».
Il tutto avveniva «dopo l’arresto di Mandalà Nicola», cioè del figlio di Nino, per mafia. Mandalà padre si allontana da Forza Italia per un po’, poi rientra alla grande, membro del direttivo provinciale.
E incontra Schifani e La Loggia.
Lo dice Campanella, contro cui i due forzisti hanno annunciato querela; ma la cosa risulta anche da intercettazioni.
Nulla di penalmente rivelante, secondo la Dda di Palermo.
Nel ‘98 però anche Mandalà padre finisce dentro: verrà condannato in primo grado a 8 anni per mafia e altri 4 per intestazione fittizia di beni.
E nel ‘99 il Prg di Villabate salta perché il Comune viene sciolto per infiltrazioni mafiose nella giunta che ha nominato consulente Schifani.
Miccichè insorge: «È una vergognosa pulizia etnica».
Ma ormai Schifani è in Senato dal 1996.
Prima capogruppo forzista, ora addirittura presidente.
Applausi. Viva il dialogo. Viva l’antimafia”.

E prosegue con l’intervento del suddetto giornalista nel corso della trasmissione
“Che tempo che fa” condotta da Fabio Fazio.
Per farla breve, Travaglio non fa che illustrare alcune frasi riportate nel libro scritto da lui e Pietro Gomez
“Se li conosci li eviti”.
Così scatenando un vero e proprio pandemonio; Travaglio viene aspramente criticato non solo dal centrodestra ma anche dal alcuni esponenti del centrosinistra.
L’unico a prenderne le difese è Il parlamentare del PD e giornalista
Furio Colombo
con un articolo pubblicato
su L’Unità del 13 maggio c.a.
dal titolo:
Schifani, il silenzio dell’opposizione.
FINE PRIMA PARTE

domenica, luglio 27, 2008

Vero o falso ?

SULLA MANIPOLAZIONE MENTALE
Ogni uomo nel corso della sua quotidianità vive non solo di eventi reali ma anche di illusioni che possono essere alimentate sia dalle speranze di poter raggiungere certi traguardi ovvero di possedere beni per lui difficilmente acquisibili.
Ma esiste anche un'illusione ottica, fenomeno della fata Morgana a parte, che consiste nel vedere cose che nella realtà non esistono.
Alle volte una farfalla che si avvicina ad una pianticella di fiori può determinare, come potrete osservare, che l'occhio umano veda, sia pure per pochi istanti, un viso di donna.


Ovvero lo stesso profilo di donna ci fa vedere contemporaneamente come possa appartenere o ad una giovane e piacevole ragazza ovvero ad una vecchia megera.

Due false realtà che si possono scambiare per verità.
Su questo stesso principio si basa il lavoro di coloro che intendono fregare il prossimo; chi ci casca si accorge poi troppo tardi dell'inganno che peserà su di lui per almeno cinque lunghi anni.
La visione ingannevole sparisce quasi subito ed ancor prima se ci si stropiccia gli occhi; la parola ingannevole, purtroppo, ha una enorme facilità di penetrare subito nella mente di molti e può essere invece cancellata solo uscendo dall'innaturale torpore mentale che pervade la persona destinataria dell'inganno.
L'unico mezzo è quello di far ritornare la propria mente a ragionare: solamente così si può riaccendere il lume dell'intelletto spento dalle menzogne.
In questi casi l’occulto non c’entra per nulla perché si tratta solamente di un trucchetto sfruttato a dovere dagli specialisti della menzogna; trucco che si fonda essenzialmente sulla consapevolezza dell’ingannatore che i soggetti da ingannare vogliono sentir dire solamente alcune cose e non altre; solo quelle che i destinatari delle offerte ritengono confacenti al loro immaginario.
Che poi le promesse dette si realizzino o meno poco importa perché seguiranno altre nuove illusioni.
GUTTA CAVAT LAPIDEM
- la goccia scava la pietra”
affermavano i latini; e come dar loro torto !
A buon intenditor poche parole; questa mia antifona, a ben vedere, è più chiara di quanto a prima vista possa apparire.

sabato, luglio 26, 2008

Le proposte improponibili

martedì, 04 luglio 2006
dopo aver letto una esilarante notizia
SCRIVEVO
Le proposte....improponibili
BOSSI SENATORE A VITA
Vittorio Feltri e Gianluigi Paragone, rispettivamente (allora) direttori dei quotidiani Libero e La Padania (oggi rispettivamente direttore editoriale e vicedirettore – uno tra i cinque –di LIBERO) dalla fine dello scorso mese di maggio ebbero a rivolgere al capo dello Stato, attraverso i loro giornali, un singolare appello, quello della nomina di Umberto Bossi, parlamentare europeo, a senatore a vita.Siffatta richiesta, com’era logico supporre, provocò diverse reazioni tra i due nostri maggiori schieramenti politici, di stupore ed ilarità nel centrosinistra e di sentito apprezzamento nel centrodestra.I primi rilevarono come queste nomine siano di assoluta competenza del Presidente della Repubblica e limitate a personaggi che abbiano dato lustro all’Italia per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario.Si aggiunge in via subordinata come il sig. Umberto Bossi sia a tutt’oggi il leader del suo partito, la Lega Nord, e che in tale veste non potrebbe certamente assumere quella carica onorifica in rappresentanza di tutti gli italiani.Per i secondi, invece, Ignazio La Russa di AN proclamò un
“sarei contento per Umberto”
mentre per Sandro Bondi di F.I. , questo eventuale provvedimento presidenziale, se concesso,
“rappresenterebbe un giusto riconoscimento del suo impegno (di Bossi) per rinnovare l’Italia che tuttora continua e, soprattutto, della sua autentica passione civile e politica…”.
Opinione di parte senza dubbio alcuno ma nel frattempo si sono verificati alcuni eventi che, a mio parere, hanno affossato per sempre questo singolare ed ingiustificato tentativo; ma esaminiamo i fatti:
· la minaccia del ricorso alla secessione qualora, pur nel prevalere di NO nel resto dell’Italia, si fosse verificata la vittoria dei SI nel nord Italia (la sua fantasiosa Padania) nel referendum confermativo della “devolution” del 25 e 26 giugno scorso;
· la pioggia dei NO anche al nord, con Milano in testa, senza considerare che a Treviso, la città leghista per eccellenza retta dal sindaco “sceriffo” Gentilini, i SI hanno superato i NO per soli 476 suffragi;
· la sentenza n. 249/2006 della Corte Costituzionale resa il 21 giugno ma depositata in Cancelleria il successivo 28 giugno u.s., dopo l’effettuazione del referendum.Questa sentenza merita una certa attenzione anche se è una delle moltissime decisioni della Consulta che dirime un ennesimo “conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato”, per la precisione tra la Camera dei deputati e la magistratura ordinaria.
Per evitare questa fattispecie di conflitti sarebbe opportuno che in una prossima revisione della nostra Carta costituzionale si trovasse di comune accordo un rimedio atto ad eliminare una infinità di querelle aventi come oggetto questi “scontri tra poteri statali” ed anche quella miriade di conflitti che insorgono tra lo Stato centrale e le Regioni; ne guadagneremmo tutti ma soprattutto la certezza del nostro diritto.
Ma ritorniamo all’oggetto della sentenza più sopra richiamata.
Il sig. Umberto Bossi, allora deputato della Repubblica Italiana, in data 23 maggio 2001 venne dichiarato dal Tribunale di Como – sezione distaccata di Cantù – colpevole del reato di cui all’art. 292 C.P. (Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato) per avere in data 25 luglio 1997, nel corso di una manifestazione della Lega Nord in Cabiate, pronunziato le seguenti parole:
“quando io vedo il tricolore mi incazzo;
il tricolore lo uso soltanto per pulirmi il culo”,
frase questa, sia pure con qualche variazione del tema, reiterata
con il tricolore, ci si possono pulire il culo”.
Appellata la sentenza, il processo diviene di competenza della Corte d’Appello di Milano ma in data 23 gennaio 2002 la Camera dei deputati ebbe a pronunciarsi in favore della non punibilità del Bossi per aver lo stesso espresso opinioni come membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68 comma 1 della Costituzione.
Per effetto di tale decisione la difesa del Bossi, in uno ad analoga richiesta avanzata dal Procuratore Generale di Milano, chiede l’archiviazione del processo per l’improcedibilità dello stesso, attesa la decisione assunta dalla Camera dei deputati.
Ma la Corte d’Appello milanese, non condividendo né le argomentazioni nè le conclusioni della Camera dei deputati ricorre alla Consulta, elevando così il conflitto di attribuzione dei poteri.
La Corte Costituzionale in accoglimento delle tesi esposte dalla Corte d’Appello dichiara:
che non spettava alla Camera dei deputati affermare che le dichiarazioni rese dal deputato Umberto Bossi, oggetto del procedimento penale, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni” per cui il procedimento penale continuerà il suo iter giudiziario.
L’uso del turpiloquio - secondo la Consulta - non fa parte del modo di esercizio delle funzioni parlamentari ed a fortiori le stesse espressioni non possono essere considerate come esercizio della funzione parlamentare quando usate al di fuori delle Camere stesse”.
Certo che ci vuole un bel coraggio a proporre, sia pure in maniera del tutto informale, la nomina a senatore a vita di simili personaggi; se mal non ricordo anche a Venezia il succitato Bossi ebbe a profferire simili frasi nei confronti di una signora veneziana che aveva esposto la nostra bandiera nazionale sul proprio balcone che, guarda caso, si trovava proprio di fronte al punto in cui tenevano un comizio la Lega Nord e la Liga Veneta.
Alla faccia di chi voleva Bossi, il senatur per antonomasia, senatore a vita della Repubblica italiana.
Da allora son passati due anni ma la musica bossiana non cambia, mantenendosi ancor più su una tonalità alquanto stonata.
Tralascio i ben 15milioni di fucili – un tempo erano le baionette a minacciare il mondo intero da parte di un tizio che poi fece una brutta fine – per mettere in pratica la secessione e passo alle “sparate” di questi giorni.
Titoli di quotidiani che pur con parole diverse contenevano il medesimo concetto:
Bossi, dito medio contro l'inno
«Mai più schiavi di Roma»

Questo ministro, per riconoscenza berlusconiana e non per meriti che ha dimostrato nella sua carriera politica, non finisce mai di stupire con le sue sparate istrioniche, ma non tanto poi.
Adesso cambia a suo uso e consumo anche il nostro Inno nazionale, dimostrando smaccatamente di non avere una base culturale scolastica, neanche minima, per dare lezioni di italiano.
D’altro canto, la sua lingua ufficiale immaginaria è quella “padana”, forse il dialetto bergamasco alquanto difficile da capire e da parlare.
Con un minimo di cognizione linguistica – analisi logica – e storica avrebbe compreso che la frase di cui sopra da lui pronunciata altro non è che una grande cretinata atteso che
“schiava di Roma” non è l’Italia bensì la “vittoria”.
“l'Italia s'è desta,

dell'elmo di Scipio

s'è cinta la testa.
Dov'è la vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò”.
E poi dovrebbe anche sapere che il nostro Inno nazionale altro non è che quello che in un primo momento venne chiamato
INNO agli ITALIANI
reso celebre da Giuseppe Verdi
e proclamato inno provvisorio della neo
Repubblica Italiana con la Costituente del 1946
di una Italia divenuta democratica dopo una ventennale dittatura fascista.
Figuriamoci se i nostri Padri costituenti l’avessero proclamato inno nazionale sia pure in forma provvisoria se effettivamente fosse stata ritenuta l’Italia schiava di Roma e non la vittoria.
Certo altre culture ma anche altre teste pensanti che ritengo si rivolteranno nelle loro tombe ad ogni parola dell’ex senatur, mentre ai viventi non viene data parola perché siamo ripiombati in un altro regime.
Adesso il Bossi ministro, assieme agli altri col fazzoletto verde nel taschino della giacca, dovrebbe spiegare agli italiani su cosa ha giurato al momento del suo insediamento nell’attuale governo davanti al Capo dello Stato.
Sulla scuola: basta ai professori del sud.
Anche qui ci risiamo, un già visto, anzi già sentito, ma era da tempo che questa fanfaronata se l’era tenuta sullo stomaco.
Solo che stavolta è divenuta una ripicca per smacco personale, avendo avuto il figlio bocciato per la seconda volta agli esami di maturità.
E che colpa hanno i professori della commissione, peraltro formata in maggioranza da commissari settentrionali ?
Tanto per dire ? Anche qui mischiate vicende personali con la politica; pare che oramai sia lo sport più professato da molti politici che ritengono, in quanto tali, di poter dire e fare quello che più loro aggrada senza doverne rendere conto a chicchessia, neanche alla loro coscienza, ammesso che l’abbiano ancora.
Poi si lamentano di Grillo, il maestro dell’antipolitica !
Ma lui un programma ben articolato l’aveva esposto, forse ha esagerato con le alcune delle espressioni “colorite”che non erano, come non lo sono tuttora, condivisibili nemmeno in parte.
E sparare balle e menzogne a tutto spiano è fare politica ?
Ma andiamo all’uso del dito medio, prerogativa di molti politici pendenti a destra.
Non ci credete ?
Beh, guardate la foto qui sotto riportata:

Certo che se fosse questo l’atteggiamento proprio di ogni capo del governo staremmo freschi; in questo caso il gesto in questione appartiene ad una cultura che definire “indecente” è il minimo che si possa affermare.
Ma è per molti italiani il “simbolo” del potere di una persona che oramai, dopo tutte le leggi ad personam adattate al tipo, gli manca solo quella dello
“IUS PRIMAE NOCTIS”
e poi saremmo alla chiusura del cerchio.
Cosa vorrebbe di più ?
Per chiudere avrei voluto trascrivere una mia riflessione sull’uscita di allora dei due giornalisti; avete già intuito quale sarebbe stata per cui lascio a voi di esprimere liberamente la vostra.

venerdì, luglio 25, 2008

La riforma della Giustizia


LA GIUSTIZIA

Le proposte di riforma degli avvocati

1 - una Costituente per la Giustizia;
2 - un Osservatorio sul bilancio e sui dati statistici di questo settore;
3 - l'adozione e la diffusione negli uffici giudiziari di modelli basati sulla managerialita' e la riforma dell'ordinamento forense.
La Presidentessa dell'Organismo unitario dell'avvocatura, Michelina Grillo, in particolare, chiede al Governo:
''Un gesto simbolico, ma concreto che dia il senso dell'attenzione della politica alla grave crisi della nostra giurisdizione: si convochi sin da ora una 'Costituente sulla Giustizia', coinvolgendo tutti gli operatori del settore, valorizzando il loro sapere e la loro esperienza, per un obiettivo che deve essere di tutti: rimettere il sistema sui binari dell'efficienza''.
Viene inoltre evidenziato che proprio in questa direzione va la proposta dell'Organismo unitario dell'Avvocatura di istituire
"un Osservatorio sui dati del sistema e per un bilancio trasparente della settore: le entrate che i cittadini pagano per la Giustizia devono essere destinate interamente al buon funzionamento della macchina giudiziaria per la soluzione di una crisi alimentata dalla penuria di risorse che si protrae ormai da troppi anni''.

Tra le proposte dell'Uoa anche la necessità di avvalersi di criteri manageriali per la gestione degli uffici giudiziari attraverso la creazione di

''patti territoriali, con il coinvolgimento di tutti gli interessati, e tra essi dell'Avvocatura, per il raggiungimento di concreti obiettivi di miglioramento''.

Anche sulla separazione delle carriere la Grillo prende posizione, auspicando,nell’interesse dei cittadini, la separazione delle carriere onde poter avere una “giustizia imparziale”.
- su questo punto mi permetto di dissentire in toto; è come affermare che oggi la bilancia della Giustizia penda solamente da una sola parte -.
La presidente mette poi in risalto l'emergenza nell'ambito della giustizia civile: ''L'asse degli interventi non dovra' risultare sbilanciato in favore del settore penale, come parrebbe dalle prime dichiarazioni apparse sulla stampa.
Tra i mille costi che penalizzano le nostre aziende sui mercati mondiali c'e' anche quello di una giustizia civile lenta e totalmente imprevedibile. E' un costo che non ci possiamo piu' permettere''.
- Circa la giustizia civile ritengo necessario dire la mia perché chi avrà l’occasione di leggere questo post possa farsi una propria ’idea sul problema dopo aver sentito più campane.
E’ da precisare come prima dell’ultima guerra mondiale e nel periodo successivo, almeno per un certo tempo, il contenzioso civile, numericamente ben più modesto di quello di oggi, era risolto all’80 % dai Giudici Conciliatori, magistrati onorari aventi sede nel comune di residenza e scelti tra le persone di sicuro affidamento morale e come tali riconosciuti dai concittadini dal Sindaco.Più che il titolo di studio dava garanzie la personalità del prescelto che prestava poi giuramento nelle mani del Primo pretore del mandamento che fungeva da “supervisore”.
La competenza per valore era limitata a 25.000 lire – equivalenti in quei tempi ad una bella sommetta – ma questo giudice onorario riusciva a dirimere sul nascere le dispute tra compaesani, forte del suo riconosciuto carisma.
La carica era onoraria e non dava luogo a spesa alcuna da parte dell’Amministrazione comunale che aveva il solo obbligo di fornire una sede adeguata ed un dipendente comunale che fungeva da Cancelliere.
Sul finire degli anni 70 la sua competenza venne elevata a 50.000 lire che però rappresentavano oramai ben poca cosa rispetto al costo della vita, specie per i canoni di Locazione.
Per non intasare le Preture si ricorse, con l’entrata in vigore della
Legge 27 LUGLIO 1978, n. 392 ,
meglio nota come la legge sullo
EQUO CANONE,
ad un artifizio, elevando la competenza del Conciliatore per ogni disputa che riguardasse le locazioni di immobili aventi un canone mensilentro le lire 50.000; in buona sostanza un canone annuo di lire 600.000.
Si dovevano risolvere migliaia e migliaia di “sfratti per necessità del locatore” di entrare in possesso del proprio appartamento locato a terzi.
Si erano verificate moltissime vendite di palazzi interi sia a singoli proprietari che ad imprese che, a loro volta, incominciarono a rivenderli ai privati.
Era ovvio che gli appartamento “occupati” costavano meno di quelli liberi e così, una volta acquistati i primi, i neo proprietari provvedevano ad intimare lo sfratto “per propria necessità” di entrare in possesso del loro appartamento.
Quasi tutti i decreti ingiuntivi per somme rientranti nelle 50.000 lire – ratei di polizze assicurative non pagate e di piccoli acquisti con pagamenti insoluti – venivano risolti in sede comunale.
Pochi gli appelli in Pretura per il secondo grado del giudizio.
Gli sfratti potevano creare un vero e proprio sconvolgimento sociale ma in parecchie città, specie nelle piccole, si riuscì a concordare un calendario delle esecuzioni con le Amministrazioni comunali attente a questo fenomeno le quali avevano approfittato del credito agevolato per la costruzione di immobili per la maggior parte destinati agli sfrattati.
Lo sfratto emesso in forma esecutiva per necessità del locatore costitutiva per l’inquilino sfrattato, assieme ai carichi familiari, un certo punteggio per la priorità nelle graduatorie.
Vi immaginate un simile fenomeno oggi con i Giudici di Pace che risiedono non più in ogni comune ma riuniti in una specie di circondario ?
Tra l’altro l’istituzione di questi giudici, molto contrastata dagli Ordini degli Avvocati perché la legge istitutiva in prima battuta vietava l’accesso, tra gli altri, proprio ai professionisti della pratica forense, previde subito un corrispettivo forfetario per ogni causa trattata che rappresentava un nuovo onere per lo Stato.
Una riforma oltre che costosa anche inadatta ad eliminare il contenzioso civile.
Qualcosa al riguardo è stato fatto con l’istituzione come pregiudiziale indispensabile dei
“Tentativi di conciliazione”
prima a livello regionale e poi, falliti i primi, ministeriale in alcuni campi, specie oggi in quello relativo al campo della comunicazione – utenti contro società distributrici di servizi di telecomunicazione; ma è ancora poca cosa, una goccia d'acqua nel mare - .

Un'altra delle priorità proposte al Governo è quella della riforma dell'ordinamento forense.
''La categoria - spiega la Grillo - ambisce ad un salto in avanti, verso la modernizzazione. Per fare cio' e' prioritario ripensare l'aspetto formativo e rivedere l'esame di abilitazione, basandolo sul merito e con criteri di oggettivita' e di qualita' indiscutibili. Per questo settore produttivo del Paese, e soprattutto per i giovani, e' importante, inoltre, che ci sia una politica di rilancio e di incentivazione dal punto di vista fiscale''.
Anche l'Aiga esprime le sue valutazioni segnalando che la produzione legislativa in materia di giustizia
''dovra' in futuro percorrere strade nuove, e soprattutto basarsi su un'impostazione ben diversa, su un assioma, banale se si vuole, ma troppe volte dimenticato, e cioe' che la giustizia e', prima di tutto, un essenziale servizio assicurato dallo Stato al cittadino''.
Richiamando un documento redatto dalla giunta dell'Aiga, il presidente Valter Militi sottolinea che ''deve essere assicurata la liberta', l'indipendenza e la professionalita' dei soggetti della giurisdizione''.
Sul fronte magistratura, il presidente dei giovani avvocati si aspetta un ''deciso passo in avanti in vista della separazione delle carriere, o quanto meno di una effettiva separazione delle funzioni giudicanti da quelle inquirenti, nonche' provvedimenti volti a garantire un pieno utilizzo delle risorse esistenti e una seria valutazione delle professionalita'''.
Dal canto loro i penalisti considerano tra le priorità quella della separazione delle carriere.
Afferma il presidente dell'Unione delle Camere penali, Oreste Dominioni:
''In campagna elettorale abbiamo sentito tutte le componenti della nuova maggioranza parlare di separazione delle carriere ora dare all'ordinamento un assetto democratico e liberale e' un dovere nei confronti del Paese''.
Lo schieramento che ha vinto le consultazioni, insiste Dominioni,
"ora deve rispondere con i fatti alle promesse''.
I penalisti auspicano una ''grande riforma della giustizia; la separazione delle carriere ne e' l'architrave, ma ci vuole anche una nuova normativa per il Csm che non deve essere piu' condizionato da logiche correntizie, e un intervento sui magistrati fuori ruolo: non si deve piu' consentire ai giudici di ricoprire incarichi politici per rompere il connubio tra magistratura e politica, a vantaggio della reciproca autonomia''.
I penalisti chiedono anche di
''sbloccare il rinnovamento dell'avvocatura, riformare i codici e avviare una politica di sicurezza che non sia fondata sulle espulsioni e sulle limitazioni delle liberta' democratiche; non si deve usare la propria forza - conclude Dominioni - per ripercorrere itinerari gia' praticati con l'effetto di rendere meschino il Paese''.

Ma è possibile attuare oggi come oggi una riforma sostanziale delle Giustizia che non sia punitiva nei confronti anche di un solo gruppo di operatori ?
Ne dubito fortemente dopo che la magistratura giorno dopo giorno viene dileggiata da molti politici sia in nome proprio che per conto altrui.

martedì, luglio 22, 2008

Fatti e misfatti

NEL SEGNO DEI PESCI
Dopo le “spigole” dell’ex gen. Speciale ecco adesso venire alla ribalta della cronaca le “triglie”.

Chissà cosa costano adesso le triglie dopo l’ennesimo repulisti ordinato dal Tribunale di Catania ed eseguito dalle Forze dell’Ordine.
Anche a Noto; città silente su tutto e, quindi, incamminata verso un declino senza ritorno, salvo andare oramai agli onori delle cronache solamente per fattacci legati alla malavita organizzata e per tutto quanto in questa città, proclamata "PATRIMONIO DELL'UMANITA'" dall'Unesco, non va per il verso giusto.
Quanto meno si respirerà in paese un’aria più pulita; era ora e speriamo che sia solo l’inizio.
LA NOTIZIA

MAFIA: SGOMINATO CLAN TRIGLIA NEL SIRACUSANO, 55 ARRESTI

(ASCA) - Con una vasta operazione antimafia condotta dalla Polizia di Stato di Siracusa e' stata sgominata la cosca Triglia.
L'operazione, denominata ''Nemesi'', coinvolge l'intero territorio a sud del capoluogo aretuseo, e principalmente le citta' di Avola, Floridia, Noto e Pachino.
I provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Catania su richiesta della Dda etnea che ha coordinato le indagini.
In manette sono finite 55 persone, su 61 ordini di custodia cautelare in carcere emessi, a cui vengono contestati i reati di associazione di tipo mafioso finalizzata alle estorsioni, all'illecita concorrenza mediante violenza o minaccia, al traffico di cocaina, hashish e marijuana, alla gestione di bische clandestine, nonche' sequestro di persona, tentato omicidio e porto di pistole, rivoltelle ed esplosivi. Alcuni arresti sono stati eseguiti anche in Lombardia e nelle Marche.
Le indagini avrebbero permesso di individuare il ruolo di vertice di alcuni degli arrestati che sarebbero organici al clan mafioso Trigila, che storicamente opera nella zona sud della provincia di Siracusa e che fa parte del piu' vasto cartello criminale denominato 'Aparo-Nardo-Trigila', legato alla mafia di Catania.
Nell'operazione Nemesi sono stati impegnati oltre 300 uomini della Polizia di Stato, con l'apporto di unita' cinofile e di elicotteri.

domenica, luglio 20, 2008

Tra una cloaca e l'altra

Impossibile denigrarlo
Maria Novella Oppo
Non finiremo mai di sorprenderci per la bellezza contenuta in ogni parola e di indignarci per gli abusi ai danni della parola, il Verbo, che è addirittura sinonimo di Dio.
A questo pensavamo ascoltando il Papa dire che potere, denaro e sesso sono falsi dei.
Ma, chissà perché, anziché andare a dirlo a Sydney, Benedetto XVI non lo dice direttamente a Roma a Berlusconi, noto assatanato di denaro, potere e sesso, per sua stessa vanteria (e senza alcun bisogno di intercettazioni).
Forse perché non tutte le parole, per vere che siano, si possono dire.
Mentre si possono dire le più clamorose falsità.
Ieri, per esempio, i tg aprivano ancora sulle turpitudini dette da Gasparri contro il Csm, seguite dal commento: caso chiuso.
E chiuso da chi?
Dallo stesso Gasparri, che ha precisato: «Non intendevo denigrare l’istituzione».
Si vede che, per lui, denigrare la magistratura vuol dire almeno strangolare un giudice con le sue mani.
Invece, secondo noi, denigrare Gasparri è impossibile, in quanto scrivere che è un cretino è solo la verità (e neanche tutta).

Pubblicato su L’Unità del 20 luglio 2008
“Fronte del Video”

E’ da qualche anno a questa parte che la nota giornalista in parola concede a Gasparri gli “onori delle cronache”, affibbiandogli, allorché trova l’occasione propizia – che non manca mai -, l’epiteto di cui sopra.
Da quel che ho capito codesto personaggio politico d’alto senno ed acume ha pensato bene di rifarsi d’un sol colpo la reputazione di persona intelligente querelando la Oppo con richiesta, se mal non ricordo, di 100.000 euro a titolo di risarcimento danni.
Anche se, nonostante le fesserie che continua a dire ed a commettere sta, impensabilmente, facendo strada nella politica che, nella nostra destra di ieri e di oggi, ha bisogno di qualcuno di cui si può disporre a piacimento, anche per i compiti più ingrati.
Quindi, dov’è il danno ?
L’intelligenza un uomo o ce l’ha sin dalla nascita o non la potrà mai avere per tutta la vita, nemmeno pagandola miliardi di euro.
Per cui richiedendo come risarcimento danni una ben più modesta somma si può capire come il senatore Gasparri valuti questo dono; una cosa da nulla, dando così una lampante controprova, qualora ce ne fosse stato bisogno, che la Oppo ha, in questa diatriba, più di una ragione da vendere.
E poi fare il “cretino” può avere tanti vantaggi; vedasi le scenette di Walter Chiari nell’imitazione di uno dei fratelli De Rege, duo famoso specie per quello dei due che faceva un passo avanti al richiamo del partner che intimava all’altro:
“vieni avanti cretino”.
Chissà se il processo si farà, mi auguro di si e che, il difensore della Oppo chieda come incidente probatorio una perizia per stabilire quale sia il quoziente d’intelligenza dell’attuale portavoce al senato del PDL.
Roba da film comico: così è, non vi pare ?

Lezioni di vita



UN PO' DI ATTENZIONE......ALLA VITA DI TUTTI GIORNI

PRIMA LEZIONE.
Dopo qualche mese alla facoltà di medicina, il professore ci diede un
questionario.
Essendo un buon alunno risposi prontamente a tutte le domande fino a
quando arrivai all'ultima che era:
"Qual è il nome di battesimo della donna delle pulizie della scuola?"
Sinceramente mi pareva proprio uno scherzo.
Avevo visto quella donna molte
volte, era alta, capelli scuri, avrà avuto i suoi cinquant'anni, ma come
avrei potuto sapere il suo nome di battesimo?
Consegnai il mio test lasciando questa risposta in bianco e, poco prima
che finisse la lezione, un alunno domandò se l'ultima domanda del test
avrebbe contato ai fini del voto.
"E' chiaro!", rispose il professore.
"Nella vostra carriera voi incontrerete molte persone.
Hanno tutte il loro grado d'importanza.
Esse meritano la vostra attenzione, anche con un semplice sorriso
o un semplice ciao".
Non dimenticai mai questa lezione ed imparai che il nome di battesimo
della nostra donna delle pulizie era Mariana.

SECONDA LEZIONE .
In una notte di pioggia c'era una signora di colore, al lato della strada,
il temporale era tremendo.
La sua auto era in panne ed aveva disperatamente bisogno di aiuto.
Completamente inzuppata cominciò a fare segnali alle auto
che passavano.
Un giovane bianco, come se non conoscesse i conflitti razziali che
laceravano gli Stati Uniti negli anni '60, si fermò per aiutarla.
Il ragazzo la portò in un luogo protetto, le procurò un meccanico
e chiamò un taxi per lei.
La donna sembrava avere davvero molta fretta, ma riuscì ad annotarsi
l'indirizzo del suo soccorritore e a ringraziarlo.
Passati sette giorni, bussarono alla porta del ragazzo.
Con sua grande sorpresa era un corriere che gli consegnò un enorme pacco contenente una grande TV a colori, accompagnata da un biglietto che diceva:
"Molte grazie per avermi aiutata in quella strada, quella notte.
La pioggia aveva inzuppato i miei vestiti come il mio
spirito e in quel momento è apparso Lei.
Grazie a Lei sono riuscita ad
arrivare al capezzale di mio marito moribondo poco prima che se ne andasse.
Dio la benedica per avermi aiutato.
Sinceramente, Mrs. King Cole"

TERZA LEZIONE .
Qualche tempo fa quando un gelato costava molto meno di oggi, un bambino
di dieci anni entrò in un bar e si sedette al tavolino.
Una cameriera gli portò un bicchiere d'acqua.
"Quanto costa un Sundae?" chiese il bambino.
"Cinquanta centesimi" rispose la cameriera.
Il bambino prese delle monete dalla tasca e cominciò a contarle.
"Bene, quanto costa un gelato semplice?".
In quel momento c'erano altre persone che aspettavano e la ragazza
cominciava un po' a perdere la pazienza.
"35 centesimi!" gli rispose la ragazza in maniera brusca.
Il bambino contò le monete ancora una volta e disse:
"Allora mi porti un gelato semplice!".
La cameriera gli portò il gelato e il conto.
Il bambino finì il suo gelato, pagò il conto alla cassa e uscì.
Quando la cameriera tornò al tavolo per pulirlo cominciò a piangere perché
lì, ad un angolo del piatto, c'erano 15 centesimi di mancia per lei.
Il bambino non chiese il Sundae per riservare la mancia alla cameriera.

QUARTA LEZIONE.
In tempi antichi un re fece collocare una pietra enorme
in mezzo ad una strada.
Quindi, nascondendosi, rimase ad osservare per vedere se qualcuno si
prendeva la briga di togliere la grande roccia in mezzo alla strada.
Alcuni mercanti ed altri sudditi molto ricchi passarono da lì e si
limitarono a girare attorno alla pietra.
Alcuni persino protestarono contro il re dicendo che non manteneva le strade pulite, ma nessuno di loro provò a muovere la pietra da lì.
Ad un certo punto passò un campagnolo con un grande
carico di verdure sulle spalle; avvicinandosi all'immensa roccia poggiò il
carico al lato della strada tentando di rimuovere la roccia.
Dopo molta fatica e sudore riuscì finalmente a muovere la pietra
spostandola al bordo della strada.
Tornò indietro a prendere il suo carico e notò che c'era una piccola borsa nel luogo in cui prima stava la pietra.
La borsa conteneva molte monete d'oro e una lettera scritta dal re che diceva
che quell'oro era per la persona che avesse rimosso la pietra dalla strada.
Il campagnolo imparò quello che molti di noi neanche comprendono:
"Tutti gli ostacoli sono un'opportunità per migliorare la nostra condizione".
Aggiungerei:
Se non avete mai provato il pericolo di una battaglia o la solitudine
dell'imprigionamento, l'agonia della tortura o i morsi della fame, siete più
avanti di 500 milioni di abitanti di questo mondo.
Se potete andate in chiesa senza la paura di essere minacciati, arrestati,
torturati o uccisi, siete più fortunati di 3 miliardi di persone di questo
mondo.
Se avete cibo nel frigorifero, vestiti addosso, un tetto sopra la testa e
un posto per dormire, siete più ricchi del 75% degli abitanti del mondo.
Se avete soldi in banca, nel vostro portafoglio e degli spiccioli da
qualche parte in una ciotola, siete fra l'8% delle persone più benestanti
al mondo.
Se potete leggere questo messaggio, avete appena ricevuto una doppia
benedizione perché qualcuno ha pensato a voi e perché non siete fra i due
miliardi di persone che non sanno leggere.
Qualcuno una volta ha detto:
"Lavora come se non avessi bisogno dei soldi.
Ama come se nessuno ti abbia mai fatto soffrire.
Balla come se nessuno ti stesse guardando.
Canta come se nessuno ti stesse sentendo.
Vivi come se il Paradiso fosse sulla Terra".

Tratto dalla “Casa di Gondrano”

Lezioni di vita che oggi ci mancano perché non abbiamo precettori in grado non di crearle ma addirittura di raccontarle ai ragazzi perché imparino che, nella vita, ognuno di noi deve esprimere in talune occasioni alcune virtù fondamentali quali la solidarietà, la bontà, la comprensione dei bisogni altrui.
Non viviamo da soli ma assieme ad altri nostri simili, alcuni più fortunati di noi ma tanti altri più sfortunati.
Girarsi dall’altro lato per non vederli è un atto infame che solo un meschino riesce a custodire gelosamente nel proprio io.

sabato, luglio 19, 2008

Il disprezzo verso le Istituzioni precede sempre avvenimenti inquietanti

PARLANO ORAMAI COME I GERARCHI DI TRISTE MEMORIA
Il "Csm una cloaca".
Gasparri

oltre l'indecenza

Lanfranco Tenaglia:

"Uno scandalo, la destra denigra lo Stato"
Abbiamo superato ogni limite di decenza.
Raramente si sono raggiunti livelli tali di volgarità in una discussione politica che coinvolge le istituzione delle Repubblica.
Il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri ha definito il Consiglio superiore della magistratura, il cui presidente è il capo dello Stato Giorgio Napolitano, “una cloaca”.
Lo ha detto intervistato a Radio Radicale per giustificare l’urgenza di una riforma della giustizia pensata a misura del premier e dei suoi problemi con la magistratura.
“Come presidente dei senatori del Pdl reputo prioritaria una equilibrata riforma della giustizia.
L'obbligatorietà dell'azione penale è un feticcio teorico perché poi sono i magistrati a decidere quali processi fare e quali non fare.
La depoliticizzazione della magistratura è un'emergenza democratica.
La cloaca del Csm correntizzato, partitizzato e parcellizzato è uno scandalo che offende gli italiani.
La riforma deve esaltare la funzione della giustizia e noi la faremo sicuramente”.
Uno scandalo che offende gli italiani?
“Il vero scandalo – afferma il ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia – sono le dichiarazioni di Gasparri che dimostrano una totale mancanza di senso e di rispetto delle istituzioni.
Criticare l'altrui operato è legittimo ma la denigrazione intacca lo stesso equilibrio fra i poteri dello Stato.
Ancora una volta il centrodestra alza il tono della polemica e dello scontro istituzionale per nascondere la sua incapacità di riformare la giustizia con le riforme che servono a tutti i cittadini per ridurre i tempi biblici dei processi.
Il centrodestra – conclude Tenaglia – è sempre sordo ai moniti che vengono dal Capo dello Stato di richiamo al senso di rispetto istituzionale e alla necessità che si evitino scontri e polemiche sulla giustizia che deve essere il campo dove si fissano regole condivise e uguali per tutti”.

Duro il commento di
Anna Finocchiaro

riguardo alle inqualificabili parole pronunciate da Gasparri.
“Certamente – afferma la capogruppo del PD a Palazzo Madama – vanno riviste una serie di questioni e di meccanismi, errori e storture esistono, ma la priorità non può essere quella di colpire l'autonomia della magistratura o quella di fare del Csm un obiettivo da distruggere”.
Il presidente dei senatori democratici denuncia come “offensive e gravissime le parole” pronunciate da autorevoli rappresentanti della maggioranza sono venute questa mattina contro il Csm presieduto, lo
ricordo, dal Capo dello Stato”.
“Io credo che – ammette Finocchiaro – sia sotto gli occhi di tutti la necessità di una riforma complessiva della giustizia.
E' evidente che il nostro Paese vive urgenze economiche drammatiche e su questo dovrebbe concentrarsi l'attività del governo italiano.
Ma il Pd non vuole certo sottrarsi ad una discussione sulla giustizia.
Ma l'obiettivo di questa riforma deve essere quello di garantire al sistema una maggiore efficacia ed efficienza: è necessario, in ogni caso, tutelare gli interessi del Paese e dei cittadini italiani”.
E', quindi, “assolutamente necessario che la maggioranza abbassi i toni e smetta di attaccare quotidianamente i magistrati.
Altrimenti è altrettanto quotidiana la sgradevole percezione che si vogliano solo difendere gli interessi di qualcuno ed alzare un polverone mediatico che non aiuta certo a trovare quel terreno di confronto per affrontare i reali problemi della giustizia che non sono solo quelli di un processo al premier”.
Mentre il capogruppo del Pd della commissione Giustizia della Camera,
Donatella Ferrantisottolinea la gravità delle parole di Gasparri "per l'importante ruolo istituzionale che ricopre.
Ha attaccato senza alcuna giustificazione e con espressioni volgari l'organo di autogoverno della magistratura presieduto dal Capo dello Stato e previsto dalla nostra Carta costituzionale.
La maggioranza continua con metodo intimidatorio a minare l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati".

La magistratura si difende
"Non ci faremo trascinare sul terreno dell'invettiva volgare e qualunquista", ma di fronte ai "tentativi ormai chiari di delegittimare l'intera magistratura, difenderemo "strenuamente la nostra indipendenza".
Lo sottolinea il presidente dell'Anm
Luca Palamara
"La magistratura italiana continuerà a perseguire la strada del rispetto tra le istituzioni dello Stato.
Ma a chi quella strada mostra quotidianamente di abbandonare
rispondiamo che difenderemo strenuamente i valori della Costituzione e dell'indipendenza della magistratura contro i tentativi ormai chiari di superare l'attuale sistema di divisione dei poteri dello Stato".
Titolo a parte, l'articolo è tratto dal sito del PD

venerdì, luglio 18, 2008

La sceneggiata napoletana di Berlusconi

Berlusconi a Napoli insiste:
«L'emergenza rifiuti è finita»
Poi:
«Tutto risolto tra tre anni»
Napoli è pulita.
Parola di Berlusconi.
Venerdì giornata campale per il governo che torna a Napoli per annunciare la «fine dell’emergenza rifiuti».
Peccato che i napoletani non se ne siano accorti.
Ammette di essere stanco il premier - «mi fate lavorare troppo» - e quindi nessun giro in periferia, per altro non programmato.
Solo il corteo delle auto blu che passa per il centro - che è sempre stato pulito tranne rarissimi momenti - fila alla riunione del Consigflio dei Ministri, a cui non sono andati i leghisti Calderoli e Maroni, e ritorno.
A tre mesi dall’inizio della legislatura, d’altronde, il premier affannato dai problemi della giustizia e da una manovra economica che ha fatto infuriare anche parte della sua maggioranza, ha bisogno di far vedere che almeno una delle promesse fatte in campagna elettorale è stata mantenuta.
Così ha pensato bene di far ripulire le strade dove venerdì trascorrerà l’ennesima gita di governo e di piazzare le telecamere del fidato Tg4 a riprendere il miracolo. «Ritorno a Napoli» è il titolo dello speciale del tg che Emilio Fede trasmetterà venerdì in occasione del Consiglio dei Ministri partenopeo.
Nello speciale, spiegano dalla redazione dell’emittente Mediaset, si vedranno «immagini del periodo drammatico vissuto dalla città e il nuovo volto della Napoli di oggi».
Se non fosse vero, verrebbe da ridere.
«Abbiamo tolto già 35mila tonnellate di immondizia» spiega Berlusconi, ma non si capisce dove li abbiano messi visto che le discariche annunciate dal piano suo e di Bertolaso sono ancora presidiate notte e giorno dalle proteste dei cittadini.
Ma Berlusconi ormai ha in tasca la sua versione dei fatti e addirittura si spinge a dichiarare che quello di Napoli è un esempio da imitare:
«Queste soluzioni dovranno essere imitate da altre regioni che sono lì lì per arrivare a una situazione di crisi – dice – Era elevata la quota di italiani che pensavano che noi non ce l'avremmo fatta.
Domani dirò che l'emergenza è stata superata e che tutta l'immondizia è stata tolta dalle strade».
Se non fosse vero, verrebbe da ridere.
Lo pensano anche a Bruxelles: dopo aver avuto notizia degli annunci trionfanti del premier italiano, la Commissione europea ha subito fatto sapere che la procedura di infrazione «rimane aperta».
«Non possiamo misurare i risultati di queste politiche sulle parole, ma sui fatti – ha spiegato Barbara Hellferich, portavoce del commissario all'ambiente Stavros Dimas – Il governo deve realizzare il piano, non basta presentarlo, deve dimostrare che la soluzione indicata risolve il problema a lungo termine, con una gestione corretta dei rifiuti e la creazione del termovalorizzatore».
Bruxelles ricorda anche che sulla questione campana è stata chiamata a pronunciarsi la Corte di giustizia del Lussemburgo. «Per noi - ha dichiarato Hellferich- c'è un caso di fronte alla Corte che riguarda la gestione dei rifiuti, non giudichiamo le parole».
Quindi anche se la Farnesina in una nota ha ribadito che la chiusura della procedura d'infrazione è legata alla realizzazione del ciclo integrato dei rifiuti, per la quale il governo italiano è «fermamente impegnato», la promessa non basta.
E nemmeno uno speciale del Tg4.
L’ennesimo imbroglio del premier che giorno dopo giorno s’imbroda di auto elogi perché, in realtà e questa è infatti la situazione delle periferie napoletane:


Amico elettore......

POVERA ITALIA – 1

Nel marzo 2001, prima delle elezioni politiche di allora, circolava anche via internet un volantino propagantistico, redatto da mano ignota, reclamizzante, alla stregua di una nota marca di vasellina, alcune delle performances del Cavaliere ottenute nel corso del suo precedente governo a s-vantaggio degli italiani.
Parla solo di sé per fare intendere che ha trasformato il Paese in un bengodi ad uso e consumo per tutti gli italiani; cita una sola parte per intendere il tutto.
Rileggiamocelo a futura memoria
ed aggiorniamocelo con il seguito del suo arricchimento.
“Amico elettore, amica elettrice,

grazie al tuo voto ho potuto raggiungere l'obiettivo concreto di raddoppiare il mio patrimonio in soli 2 anni.
Ecco come:
1) grazie alla legge Gasparri, nel solo anno 2004 la pubblicità per Mediaset è aumentata del 3,8% (circa 1 miliardo e 200 milioni di euro all'anno).


2) l'appalto concesso dal Governo alla Banca Mediolanum, senza asta, per potere utilizzare i 14.000 sportelli delle Poste Italiane, mi ha reso 1 milardo di euro all'anno.


3) nel 2001 la Presidenza del Consiglio (governo Prodi) aveva commissionato solo 1 milione e 750 mila euro di spot a Mediaset, nel 2002 la Presidenza Berlusconi ha commissionato 9 milioni e 250 mila euro, ed ha aumentato ogni anno fino agli oltre 10 milioni di euro dell'anno scorso (fonte Economist-London).


4) come assicuratore avrò vantaggi per miliardi di euro dalla nuova legge sulla previdenza assicurativa, già con una serie di norme a mio favore ho incassato qualche centinaia di milioni di euro all'anno in più.


5) ho risparmiato dalla riduzione delle tasse diversi milioni di euro (e con me hanno risparmiato mia moglie, mio fratello e i miei figli, tutti titolari di qualche fetta della mia grande redditizia torta).


6) uno dei produttori italiani di apparecchi per ricevere il digitale terrestre è un'impresa controllata, attraverso la finanziaria Pbf srl, da mio fratello Paolo Berlusconi, e giustamente usufruisce dei contributi statali per il digitale terrestre. (Washington Post).


7) il decreto salva calcio mi ha fatto risparmiare 240 milioni di euro, e la riduzione delle plusvalenze (Tremonti 2002) ha fatto risparmiare a Mediaset 340 milioni di euro.


Caro elettore, cara elettrice,
tutti dicono che c'è crisi ma grazie a questo governo, ora io sono il 25esimo uomo più ricco del mondo.
Pensa, nel 2001 ero solo il 48esimo!
La crisi è chiaramente una menzogna dei comunisti.
Ti chiedo il voto per altri 5 anni e così anche il nostro Paese potrà dire che un italiano è tra i primi 10 uomini più ricchi del pianeta.
Forza Italia!
La forza di un sogno
Silvio Berlusconi


E da allora ad oggi ?
Un cumulo di leggi ad personam con il contorno di trucchi legali – questi legittimi perché consentiti dalle leggi vigenti – ed il mancato insediamento di magistrati nelle sedi giudiziarie intasate da procedimenti civili e penali, gli hanno consentito di scansare ogni decisione da parte dei giudici perché i reati contestati si erano provvidenzialmente prescritti ovvero rientranti in provvedimenti di clemenza, nella specie nell’indulto.
Si è arricchito ulteriormente alla faccia nostra ed è riuscito ad infiltrare nei posti chiave della RAI-TV pubblica dirigenti già di Mediaset, avendo così in mano l’intera informazione televisiva
di maggior richiamo.
A parte tutto ciò non mancava che frammischiare i suoi interessi personali con quelli pubblici ed in questo vi è riuscito con le ultime elezioni politiche.
Mi riferisco a molti parlamentari eletti per meriti personali che non attenevano certamente alla loro capacità politica; non solo dei signorsì ma anche con dell’altro a proprio carico.
Adesso ha arricchito la sua virulenta vis pugnandi contro i giudici.
Sino ad ora - ma in quanti se ne sono accorti ? – è riuscito a confezionare sulla nostra pelle più della metà di un regime autoritario – altro che democrazia – per l’altra parte ancora mancante farà presto, incominciando a metter mano ad una legge di tipo mussoliniano con la quale verranno istituiti dei Tribunali Speciali, fedeli al loro fondatore.
Dirà il nuovo dux: lo vuole il popolo italiano !
Già, ma è proprio così ?
Ma è questa la vera democrazia tanto strombazzata a mò di alibi per nascondere i propri interessi personali ?
Alexis de Tocqueville si rivolta da tempo nella tomba.
Rivedremo attraverso il suo famoso trattato
“La democrazia in America”
in cosa consiste e come si applica la vera
DEMOCRAZIA
che dista anni luce da quella che ci impone, attraverso la dittatura della maggioranza,
il nostro attuale capo di governo.
Mi viene in mente la poesiola “ad acta” di Benigni ma è troppo “forte” per passarla su questo blog.


SEGUE