lunedì, agosto 14, 2006

Trofeo "Faccia de palta" - III^ puntata



EL CANTASTORI BARBAPEDANA



TROFEO MENSILE
“ F A C C I A de P A L T A ”
III^ turno


La partecipazione al concorso, completamente gratuita, è aperta a tutte quei personaggi politici e non che in corso di interviste od altro l’hanno sparata proprio “grossa”.
Si accettano suggerimenti, segnalazioni e votazioni da parte dei lettori.


Stavolta è il turno del sen. Giuseppe Vegas, milanese in quota Forza Italia, il quale nella trascorsa legislatura ha ricoperto la carica di vice-ministro nel dicastero della Economia.
I titoli accademici da lui conseguiti sono di valore assoluto, laureatosi a pieni voti a 22 anni presso l’Università di Milano, autore di numerosi scritti in materia economica, insegna presso l’Università di Parma, se mal non ricordo.
Dispiace sinceramente l’averlo dovuto inserire come candidato in questo non certo edificante Trofeo ma, nonostante la sua sincerità, mi sono sentito in dovere di farlo perché a suo tempo si è prestato a salvare la faccia di palta di un altro, nella specie, “more solito” quella del suo capo politico.
Leggo sul Corriere della Sera pubblicato in data 06 agosto 2006 il seguente titolo : “CORTE dei CONTI, allarme sulle ultime leggi del Polo”.
A dirla breve, i massimi giudici contabili avrebbero esternato forti dubbi sulla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi emanati negli ultimi quattro mesi dal governo Berlusconi; in particolare sulle 106 leggi approvate nel suddetto lasso di tempo sarebbero ben 58, di cui 36 emesse per ratificare dei trattati internazionali, presentano una scopertura contabile che ammonterebbe, secondo i calcoli della Corte, a ben 4,8 miliardi di euro.
Ma come è stato possibile aggirare l’ostacolo dell’art. 81 della Costituzione che impone l’indicazione dei mezzi per farvi fronte per ogni emenanda legge che comporti nuove o maggiori spese ?
Prima di promulgare una legge comportante degli oneri economici per la collettività il Presidente della Repubblica, in mancanza di tale indicazione, deve rimandare alle Camere il provvedimento perché venga specificamente indicata la relativa copertura finanziaria; hanno per caso, con un qualche artifizio contabile, tratto in inganno anche il Capo dello Stato ?
Ecco il giochetto: storna fondi da lì – leggesi provvedimenti già finanziati – ed inseriscili qui – leggesi provvedimenti da inviare per la promulgazione al Capo dello Stato.
Un bel giuoco di prestigio cui Tremonti, padre della finanza creativa e fondatore della Scuola di economia fantasiosa, ci ha in questi anni abituato; per lui nulla di male, però…..
Infatti, pur trattandosi di un capitolo a parte, sebbene riguardi ancora una volta la rinomata politica dei buchi finanziari del centro destra, pare doveroso ricordare come in materia vi siano dei pesanti precedenti e valga per tutti, tanto per esemplificare, la mancata copertura finanziaria, rilevata dal CIPE, delle tanto strombazzate “grandi opere” il cui costo era stato calcolato nella misura di 115miliardi di euro .
Vi chiederete cosa c’entri in tutto questo il sen. Vargas; il sottotitolo del Corriere della Sera: “Lo facemmo per non aumentare le tasse” ovvero, dico io, ecco come il rimedio è peggiore del male.
Affermazione in perfetto stile berlusconiano che, siamo oramai alla vigilia delle elezioni politiche, nel suo programma prometterà di eliminare tutte le tasse, rinfacciando al centrosinistra di volerle non solo aumentare ma di introdurne delle nuove : che genio !
Ma, afferma il sen. Vargas, quello da noi usato è uno dei tre metodi previsti dalla legge contabile; però, rilevo, è stato usato negli ultimi quattro mesi del loro mandato e in già piena campagna elettorale “antitasse” col risultato che adesso qualcuno dovrà porvi rimedio perché si ritroverà a rifinanziare quelle leggi “derubate” dai precedenti governanti e potrei scommettere che qualcuno di loro avrà da ridire: ecco i nuovi balzelli di Prodi !
E’ proprio vero che la “promessa”, specie quella elettorale, “è un debito” però in questo caso non per chi l’ha formulata ma per chi ha avuto la sfortuna di succedere ad un governo s-fascista.
Un debito pubblico, a carico cioè di tutti noi, che si può sopportare a patto che almeno porti vantaggi per tanti ma tanti cittadini e non per i soliti “noti”, pochi ma già ricchi.
Passo a voi la parola.



domenica, agosto 13, 2006

El gilè de Barbapedana








El cantastori; ma è quello a destra il vero ed unico Barbapedana

Siamo oramai prossimi al giorno di Ferragosto, ricorrenza festiva civile dedicata però alla Madonna dell’Assunta.
Molti italiani sono in ferie, sparpagliati in ogni angolo della nostra bella Italia; altri, abbastanza numerosi, si sono recati invece all’estero, ma non a tutti sta andando bene perché hanno dovuto affrontare delle vere e proprie avventure se non addirittura subire delle belle e buone fregature.
I richiami pubblicitari portano le nostre menti verso paesi esotici nei quali il lieto fine della permanenza e del viaggio non te la può garantire a priori proprio nessuno.
Senza considerare poi che la stragrande maggioranza degli italiani conoscono ben poco del nostro Paese; abbiamo dei posti da visitare stupendi, non ancora violentati da mani delittuose che uccidono la natura attraverso colate di cemento, dei veri e propri angoli di paradiso dove ogni individuo riesce a convincersi di fare anch’esso parte integrante di questa natura ancora incontaminata.
Due o tre giorni bastano perché si possa realizzare questo miracolo; si ritorna quindi alle quotidiane occupazioni con un animo diverso in quanto si è riusciti a “depurarlo”, spogliandolo quasi per incanto, da tutte le ansie maturate che teniamo nascoste nel nostro io ma pronti a farle esplodere alla prima occasione.
Ma, detto questo, debbo confidare che il vero scopo di questo mio pezzo è un altro.
Rovistando tra le montagne di ricordi sono riuscito a ritrovare il testo completo della canzone, la più famosa di Barbapedana, “el gilè”, che riporto qui di seguito, dedicandola a tal Roberto “CUORE PADANO” che ha voluto annotare dei miei scritti con alcuni commenti.
Caro Roberto, nelle mie vene scorre sangue siciliano perché mio padre e mia madre erano originari di quella terra stupenda e prodigiosa nonostante i molti pesanti problemi che tuttora la fanno apparire diversa da quella che in fondo è; si sono conosciuti e sposati a Milano ed io, pur di nascita padana e di studi medi inferiori ed universitari milanesi, mi sento legato a quest’isola.
Sono collocato politicamente in una posizione diversa dalla tua e la stragrande maggioranza delle idee che abbiamo sono quasi sempre contrastanti.
Ma, a ben pensare ed eliminando alcuni pregiudizi dettatici da altri, tale circostanza rappresenta il vero succo della democrazia , quello che consente ad ognuno di noi di dire liberamente la sua nel pieno rispetto delle idee dell’altro, ricorrendo semmai sempre ad atteggiamenti rientranti nella normale dialettica politica ed a forme di lotta nel pieno rispetto di quelle regole democratiche che i nostri Padri costituenti ci hanno lasciato in eredità.
Spero che tu, Cuore Padano, sia in ciò concorde ma, in ogni caso, desidero dedicarti oggi questa canzonetta, supponendo che capirà il perchè.
Per inciso ricordo che un gruppo musicale dell’area trevigiana si è dato il nome di Barbapedana, affibbiando a quest’ultimo natali veneti; falso !
Barbapedana era un milanese di Porta Tosa e nessuno ce lo potrà mai “scippare”.
Enrico Molaschi nacque a Milano il 01 gennaio 1823 e viveva a Porta Vittoria in una modesta casa di vicolo Bindellino; morì a Milano il 26 ottobre 1911 dopo aver dedicato, da buon nonno, gli ultimi anni della sua vita ai bambini.
Ma andiamo a “El gilè”di Barbapedana, in puro dialetto meneghino, altro che veneto !

Testo originale in lingua meneghina

Barbapedana el gh’aveva un gilè
senza il denanz e cont via el dedree
cont i sacòcc * longh una spanna
l’era il gilè del Barbapedana.

Barbapedana el gh’aveva on s’ciopett
per sparà contrà i solda de Maomett
e ‘sto s’cioppett longh ona spanna
l’era el s’ciopppett del Barbapedana.

E da bersaglier che l’era
el sparava volentera
el sparava ‘l s’cioppetin
contra i trupp di beduin.

TRADUZIONE

Barbapedana aveva un gilet
senza il davanti e tolto il retro
con le tasche * lunghe una spanna
era il gilet del Barbapedana.

Barbapedana aveva uno schioppo
per sparare contro i soldati di Maometto
e questo schioppo lungo una spanna
era lo schioppo di Barbapedana.

Ed essendo bersagliere
sparava volentieri
sparava con il scioppo
contro le truppe dei beduini.

*con gli occhielli lunghi una spanna
(variante)


E’ da ricordare che l’Italia stava invadendo la Libia e questa filastrocca molaschiana va ad inquadrarsi proprio in quel periodo storico.

BUON FERRAGOSTO a Roberto “CUORE PADANO” ed a tutti gli amici “BLOGG”.
Il vostro cantastorie delle “Meditazioni mattutine”.

sabato, agosto 12, 2006

Barbapedana racconta - III^ parte


EL CANTASTORI (Il cantastorie)

Nel 1942, tra un bombardamento e l’altro, ho compiuto 7 anni; frequentavo la II^ elementare presso la vicina scuola di via Morosini.
Da “Figlio della Lupa” divenni “motu proprio” un “Balilla” !
Il Diario ed il libro della seconda:




Ma quanta propaganda, il Duce in tutte le salse; a torso nudo mentre falciava il grano, in divisa con camicia nera quale capo del PNF (Partito Nazionale Fascista) e della Milizia, come primo ministro mentre arringa dal balcone di piazza Venezia la folla plaudente. “Aria, luce e sole sono la tua salute….”, la bonifica delle paludi Pontine nel Lazio, ecc…. CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE erano le parole d’ordine alle quali si aggiunsero ben presto attraverso manifesti incollati in ogni dove su tutti i muri il TACI, IL NEMICO TI ASCOLTA, frase messa in bocca ad un ignoto militare dalla faccia truce e con tanto di elmetto in testa.
Il sabato non si svolgevano lezioni ma solo “educazione fascista”, pratica per quelle che dovevano essere in futuro, come da proclama mussoliniano il “milione di baionette”; era definito come il “sabato fascista” con presenza obbligatoria per tutti gli alunni che dovevano indossare la divisa: da Figli della Lupa e Balilla per i maschietti e da Giovani d’Italia per le bambine. Si potevano subire punizioni severe se si mancava all’appello !
Il primo sabato seguente all’apertura dell’anno scolastico, tutti in gruppo per la rituale foto poi in riga per tre, maschietti da una parte e bambine da un’altra, e via in marcia.. uno, due, passooo….; al comando dell’ “avanti, marcia” c’era chi partiva con il piede sinistro e chi col destro, una gran confusione e veniva da ridere ma non era proprio il caso perché i castighi erano molto duri da sopportare.
Dopo mezz’oretta ecco l’ ALT, front-destr, riposo: e giù un pestone sul terreno col piede destro; ai molti che facevano fatica a distinguere la destra dalla sinistra e che si erano girati dalla parte opposta a quella comandata, bacchettate persuasive sulla mano destra, sistema questo applicato con un certo profitto per fare distinguere e ricordare per tutta la vita quale fosse la parte giusta da osservare.
Discorsetto sui ruoli dei Balilla nelle sfilate; mi misero in mano una tromba e mi nominarono “Balilla trombettiere” mentre ad un mio procugino, di nome Alberto, che frequentava la V^ elementare, gli ridiedero il suo tamburo che oramai sapeva oramai percuotere come il mitico batterista americano Gene Krupa, allora sconosciuto perché tutta la musica di provenienza straniera ed in particolare dagli USA era stata messa al bando, così come anche tutte le parole straniere.
Per esempio il “cognac” divenne “arzente”, il cocktail "coda di gallo" ed il pullover "farsetto".
Quando venne il mio turno con la tromba assegnatami, ma per poco fortunatamente, riuscii a far emettere un suono straziante ma talmente debole che io stesso feci fatica a percepire; dopo tre vani tentativi l’istruttore mi tolse bruscamente di mano questo per me ostico strumento per darla ad un altro bambino che mi stava accanto, abbastanza robusto ma anche lui non riuscì a strappare il plauso del cerbero – istruttore. Non saprei dirvi la fine che fece quella tromba perchè a me ed al vicino fustacchio in erba diedero un tamburo ciascuno ma, almeno io, non ebbi la sfortuna di tambureggiare per molto tempo perché, perdurando i bombardamenti su Milano, a mio padre, come dirò, venne l’idea di farsi trasferire a Roma presso lo Stato Maggiore.
Intanto su Milano i bombardamenti si susseguivano oramai a brevi intervalli l’uno dall’altro, ed i miei vollero che io e mio fratello minore, assieme al procugino Alberto, andassimo a casa di un mio zio a Viggiù dove comandava la locale Stazione della Guardia di Finanza, punto importante perché al di là del colle Sant’Elia c’era la Svizzera; bastava farsi rotolare giù dal pendio per trovarsi in terra neutrale ma la vigilanza era ferrea anche perché proprio da quel passo transitavano i contrabbandieri che “esportavano” gioielli (diamanti in particolare) per metterli in salvo presso qualche banca ed “importavano” quello che oramai era da noi introvabile.
Molti si arricchirono speculando sulla pelle di parecchia gente !
Di notte vedevamo le luci degli aerei che si dirigevano verso Milano per bombardarla ed il nostro pensiero andava ai miei ed agli altri parenti; impotenti, non potevamo fare altro che pregare per la loro salvezza.
Mio padre era appena ritornato in Italia dopo essersi sorbito per due anni con la sua Divisione Legnano (le mostrine della divisa erano nero-azzurre e forse per questo divenni interista anzi ambrosianista perché questa squadra da Internazionale dovette anche lei cambiare, per motivi di regime, la propria denominazione in Ambrosiana) la campagna di Albania e poi quella sul Fronte Occidentale (Francia) ma, facendo parte dell’allora SIM (Servizio Informazioni Militari), il controspionaggio, il trasferimento avvenne velocemente.
L’annuncio in famiglia: “andiamo a Roma, tanto lì c’è il Papa e non bombarderanno di certo” ! Sbagliò di grosso ed il perché…lo vedremo in prosieguo.
Ma altri bombardamenti su Milano erano oramai all’ordine del giorno; L’ordine era di fiaccare la resistenza degli italiani perché, a lungo andare, si ribellassero al regime fascista.
Milano era, come obiettivo, un bersaglio abbastanza facile; poche difese, abitazioni racchiuse in un raggio molto limitato entro due cerchi, e, specie nel centro, il Duomo, palazzi storici e monumenti erano tutti ammassati in un’area alquanto piccola in quanto molto vicini: sarebbero bastate due o tre bombe per procurare una catastrofe, ma le bombe sganciate furono molte di più e qualche risultato lo troverete documentato da queste tre vecchie foto d’archivio:

La Ca’ Granda, ex Ospedale Maggiore, divenuta in seguito, a far tempo dal 1954, la sede centrale dell’Università Statale,





La basilica di Santa Maria delle Grazie, ma il “refettorio” con il suo Cenacolo venne miracolosamente salvato,





L’interno del teatro alla Scala.



Brutti, per non dir di peggio, ricordi per un bambino di appena sette anni, ma il periodo più “nero” doveva ancora arrivare: proprio a Roma, dove ci trasferimmo ai primi di giugno del 1943 !

Il vostro cantastorie


venerdì, agosto 11, 2006

dalla serie come ti erudisco il pupo - 1

La stessa notizia commentata in diversi modi

Pubblicata da ANSA
Chieste tasse su bottino a ladro

Bolzano.
Secondo il decreto Bersani, 'gli introiti da fatti, atti o attivita' classificabili come illeciti rientrano tra i redditi tassabili'. E cosi' la Guardia di finanza di Bolzano ha segnalato alla Agenzia delle Entrate un contribuente per un reddito di piu' di 729 mila euro non dichiarato. La particolarita' e' che l'uomo era stato condannato per un clamoroso furto ad una agenzia portavalori per la quale lavorava e i guadagni indicati corrispondono all'ammontare della refurtiva.

Pubblicata daTGCom
A rapinatore tassato il bottino

Bolzano, chieste imposte su refurtiva
Un uomo di Bolzano, condannato per un furto a una agenzia portavalori per la quale lavorava, dovrà pagare le tasse su quello che era il bottino del suo colpo. Conseguenza del decreto Bersani, secondo il quale "gli introiti da fatti, atti o attività classificabili come illeciti rientrano tra i redditi tassabili". E così la Guardia di Finanza ha segnalato alla Agenzia delle Entrate il contribuente "particolare".
Oltre al danno la beffa. Non solo il colpo della vita non era andato bene ed era stato condannato, ma ora si trova anche a pagare le tasse su quello che doveva essere il bottino del furto. Basandosi sulla norma presente nel decreto Bersani, i finanzieri di Bolzano hanno segnalato al Fisco un contribuente per un reddito di più di 729mila euro non dichiarato, che sono i guadagni che corrispondono all'ammontare della refurtiva. Tempi grami per i ladri: d'ora in avanti non dovranno preoccuparsi di sfuggire solo alla Forze dell'ordine, ma anche all'Agenzia delle Entrate.

Pubblicata da Il GIORNALE.it
Adesso Visco mette la tassa anche sui furti

Antonio Perrone rischia di passare, suo malgrado, alla storia. Potrebbe diventare il primo ladro
a finire tassato per il frutto di una rapina.
La Guardia di finanza di Bolzano, retta dal colonnello Domenico Fornabaio, ha infatti segnalato
all'Agenzia delle Entrate i redditi da proventi illeciti di Perrone che ammontano a 729mila euro.
Sui quali dovrà ora pagare le tasse; in quanto il decreto Visco-Bersani, ha dato una nuova
fisionomia ai redditi illegali: li inquadra nei «redditi diversi».
E, come tali, quindi, tassabili.
Esattamente due anni fa, l'11 agosto 2004 Perrone ruba al portavalori dove lavorava un milione
e 247mila euro. Dopo il furto scappa all'estero. La Polizia lo rintraccia in Thailandia con 552mila
euro in tasca.
La somma viene sequestrata e restituita ai Lloyd's di Londra, in quanto era la compagnia che
aveva assicurato (e, con ogni probabilità) rimborsato il portavalori del furto.
La parte residua sulla quale Perrone dovrà pagare le tasse. In quanto, da un punto di vista
formale, quei redditi da atti illeciti non erano stati tassati.
Ora con la Bersani-Visco finiranno nell'imponibile dell'Irpef.

Commento
Appare di tutta evidenza come TV e stampa controllate dalla famiglia Berlusconi tenti in ogni
occasione di mettere sul ridicolo ogni provvedimento legislativo votato dall’Unione.
Stavolta, a parte l’ignoranza che porta a confondere l’esatta terminologia giuridica del reato
a suo tempo contestato al reo (definito prima come furto e subito dopo come rapina), nella loro furia maniacale contro ogni tipo di tassa od imposta cercano di fare gli spiritosi pur sapendo perfettamente che questa disposizione è stata assunta proprio per far pagare il dovuto lucrato indebitamente, o meglio illegalmente, dai tanti e tanti farabutti che eludono da lungo tempo il fisco, favoriti in ciò da una montagna di leggi approvate proprio dal centrodestra e da chi, pur rivestendo alte cariche istituzionali va in giro, anche presso la Guardia di Finanza, a raccontare come non sia immorale non pagare le tasse dopo una certa aliquota !
Forse è proprio questo il motivo di tanto astio.
Per quelle rientranti poi nelle soglie più basse ecco belle e pronte una lunga serie di condoni.
Non a caso poi sono riusciti a tutto maggio a far lievitare il debito pubblico a ben 1.573,2 miliardi
di euro!

giovedì, agosto 10, 2006

Barbapedana: i puntini sulle i



Due notizie alquanto contrastanti da Bankitalia

Il debito pubblico continua a macinare record.

A maggio ha raggiunto il nuovo massimo storico a quota 1.573,2 miliardi di euro. Il dato emerge dal Supplemento al Bollettino Statistico della Banca d'Italia e risulta superiore a quello relativo ad aprile, pari a 1.565,9 miliardi. Alla fine del 2005, lo stock del debito pubblico ammontava a 1.508,1 miliardi.
Commento: l'eredità del duo Berlusconi Tremonti; però il nostro fortunatamente ex Premier è stato di parola:

Andamento delle entrate tributarie.

Secondo il supplemento "Finanza Pubblica" al bollettino statistico della Banca d' Italia, le entrate sono state pari a 170,4 miliardi, 18,2 miliardi in piu' dei 152,2 registrati nel gennaio-giugno 2005.
Commento:l'ex ed il neo leader del nostro governo si stanno accapigliando per attribuirsene i meriti; resta il fatto che gran parte del nuovo boom è dovuto all'autotassazione effettuata a giugno in concomitanza con le denunce dei redditi.
La paura fa 90 dice la smorfia ma alle volte fa anche soldi; frutto e merito degli slogans anti evasione contenuti nel programma elettorale del centrosinistra ?

martedì, agosto 08, 2006

Trofeo "Faccia de palta" - II^ puntata


EL CANTASTORI -BARBAPEDANA

TROFEO MENSILE
“ F A C C I A de P A L T A ”

La partecipazione al concorso, completamente gratuita, è aperta a tutte quei personaggi politici e non che in corso di interviste od altro l’hanno sparata proprio “grossa”.
Si accettano suggerimenti, segnalazioni e votazioni da parte dei lettori.

Oggi è il turno del campione del mondo Fabio Cannavaro.



Cannavaro, di cosa ti lamenti se i due scudetti persi dalla tua ex Juve sono stati ritrovati dai Carabinieri ?

Roba de matt !

lunedì, agosto 07, 2006

Barbapedana racconta - II^ puntata

I bombardieri inglesi su Milano





EL CANTASTORI (Il cantastorie)
E’ il 10 giugno 1940.
L’Italia tutta, anche la Milano che sin d’allora contava di già poco più di un milione di abitanti, esulta !
Mussolini stava annunciando, con un memorabile discorso per i tempi di allora, dal balcone romano di piazza Venezia la nostra entrata in guerra a fianco della potenza germanica di Hitler contro le “democrazie plutocratiche; un discorso il cui tono trionfalistico ebbe a toccare vertici entusiasmanti per quasi tutti gli ascoltatori, eccitando le menti di ognuno già imbevute da anni dalla propaganda fascista; ve ne riporto solamente l’inizio :
“Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate!
Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L'ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia. Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano…”
Inutile segnalare come la RAI trasmettesse a rotazione continua questo discorso per tutta l’intera giornata; destino volle che anch’io l’ascoltassi e posso dirvi oggi che quello che ebbe allora ad impressionarmi non furono tanto le parole pronunciate con una certa abilità oratoria ma le interruzioni dovute alle urla della folla acclamante, eccitata sino all’inverosimile “GUERRA, GUERRA, GUERRA” urlavano in piazza Venezia, “DUCE, DUCE, DUCE”, proprio come quei taxisti, con tanto di tatuaggio sul braccio della X^ MAS, durante la recente manifestazione romana avanti Montecitorio all’apparire di due deputati di AN.

Ma ben presto molti a Milano dovettero subito ricredersi sulla bontà della decisione mussoliniana di entrare in guerra a fianco della Germania nazista. Infatti, a distanza di soli cinque giorni dalla dichiarazione di guerra, Milano subisce il primo attacco aereo da parte di aerei britannici del Bomber Command con esiti fortunatamente limitati, essendo stati danneggiati solamente alcuni edifici civili con un solo morto ed alcuni feriti.
Vigeva il coprifuoco e già all’imbrunire veniva spenta tutta l’illuminazione pubblica mentre ogni finestra dei palazzi pubblici e privati venivano meticolosamente “oscurate” all’interno con tendaggi neri atti a non far trapelare all’esterno anche un minimo segnale di luce.
Milano, si diceva, era di notte un bersaglio difficilmente individuabile, mancando di precisi riferimenti per cui i bombardieri dovevano volare in pieno giorno così divenendo bersaglio della contraerea.
Che periodaccio, specie per noi bambini che non riuscivano, nonostante la battente propaganda fascista e tanto di divisa di “figlio della Lupa” che alcuni indossavano con orgoglio, ad afferrare il senso del buio totale.
Ma per la Milano dalle molte industrie (Alfa Romeo, Ansaldo, Breda, Caproni, Falck, Magneti Marelli, Officine Galileo, ecc..) la prima disastrosa incursione aerea, dopo un lungo lasso di tempo, avvenne nel tardo pomeriggio del 24 ottobre del 1942, attorno alle ore 18,00.
Quel giorno mi è rimasto sino ad oggi ben impresso nella mente sin nei minimi particolari; mia madre, io ed il mio fratellino eravamo appena usciti dal cinema Imperiale – a metà strada tra piazza 5 giornate e quella di santa Maria del Suffragio – quando in contemporanea con il segnale d’allarme
incominciarono a piovere grappoli di bombe e la contraerea piazzata in cima al palazzo della Motta di piazza 5 giornate sparava all’impazzata.
Abitavamo allora in corso XXII marzo al civico 22 – proprio davanti alla chiesa – ed in baleno riuscimmo a precipitarci nel rifugio del nostro palazzo che, in breve, si riempì all’inverosimile anche di passanti presi alla sprovvista.
Il rumore delle bombe che esplodevano vicine era insopportabile ma ancor più lo erano i pianti e le urla di chi, preso dal terrore, era uscito di senno; due ore che parevano un’eternità, allo scoppio di una bomba mi dicevo, forza resisti che è l’ultima e così per tante e tante volte ma arrivato ad un certo punto mi ero rassegnato e mi ero convinto come il disperarsi fosse del tutto inutile in quanto il nostro destino veniva deciso da qualcuno che avrebbe dovuto proteggerci da lassù.
Suonò il cessato allarme e già le ambulanze scorazzavano per le vie dirette verso i più vicini ospedali; salimmo a casa e dal balcone abbiamo assistito ad uno spettacolo impressionante, quasi tutta porta Vittoria era un unico incendio, l’obiettivo era forse la Caproni, fabbrica di aerei, con stabilimenti presso l’Idroscalo: 500 incendi, 135 morti e quasi 400 feriti, molti dei quali pare non sopravvissero per le gravi ferite riportate.
Il mattino successivo una visita attorno alla nostra zona duramente colpita: l’attuale piazza Tricolore ridotta ad un rudere, corso Indipendenza, almeno il primo tratto, idem, stavano ancora estraendo i cadaveri dalle macerie, spettacolo questo che mi perseguiterà nel tempo anche a Roma, dove ci trasferimmo nel 1943.
Penso adesso commosso ai bambini, innocenti, morti in questi giorni nel Libano a seguito di un bombardamento; ma la storia non insegna nulla ?
Un vecchietto mi disse un giorno mentre accarezzava il mio cane: “Lo sa che Dio ha creato le bestie per farsi perdonare d’aver creato l’uomo ?”.
Non ho riso alla battuta ma ripensandoci oggi come non crederci ?
Il vostro cantastorie

domenica, agosto 06, 2006

Trofeo "Faccia de palta" - I^ puntata


EL CANTASTORI - BARBAPEDANA

TROFEO MENSILE
“ F A C C I A de P A L T A ”


La partecipazione al concorso, completamente gratuita, è aperta a tutte quei personaggi politici e non che in corso di interviste o con precisi comportamenti l’hanno sparata o fatta proprio “grossa”.

Si accettano suggerimenti, segnalazioni e votazioni da parte dei lettori.

Quali primi partecipanti d’ufficio, non avendo ancora ricevuto alcuna segnalazione di altri concorrenti, incomincio io a presentare due personaggi che l’hanno sparata grossa; si tratta di un ex e di un neo ministro distintesi entrambi in maniera esemplare nel corso della discussione alle Camere della legge sull’INDULTO: il primo è l’ex ministro della Giustizia ing. Roberto Castelli ed il secondo è l’attuale ministro delle Infrastrutture dr. Antonio Di Pietro.

L’ex ministro della Giustizia
Sen.ROBERTO CASTELLI


Contrario, così come del resto l’intera deputazione della Lega Nord – Padania, nel corso di una intervista mentre in aula si susseguivano gli interventi pro e contro il provvedimento dell’INDULTO, ha avuto la faccia tosta – cioè, traducendola nel linguaggio padano a lui molto caro, di “palta” – di affermare, grosso modo, che un Paese che non sia in grado di dare una soluzione al problema delle carceri non può certo risolverlo svuotandole, inondando l’Italia di delinquenti.
Affermazione concettualmente accettabile se non fosse che l’ing. Castelli per ben cinque anni ha rivestito in via continuativa la carica di ministro della Giustizia nelle cui competenze è ricompresa anche la gestione della politica penitenziaria del nostro Paese; viene quindi da chiedersi cosa questo ex ministro abbia fatto in proposito per quanto meno attenuare, tralasciamo il risolvere del tutto oramai quasi impossibile, il problema del sovraffollamento delle carceri.
Nulla se è vero che, come da sua stessa ammissione, le nostre carceri, pur essendo in grado di “ospitare” non più di 40.000 clienti accoglievano in realtà solamente, uno più uno meno, un numero oscillante tra i 57.000 e 60.000 detenuti, incremento questo dovuto ad una corposa presenza di immigrati.
Qualcosa per il vero ha fatto; in occasione della visita effettuata in data 15 agosto 2002 presso il carcere cagliaritano del Buoncammino, oltre ad affermare dall’alto della sua saccenza la “complessiva tenuta del sistema”, per contrastare la protesta dei 400 reclusi ebbe testualmente ad affermare: “ Il regolamento va rivisto e modificato, era stato pensato come se il carcere fosse un grande albergo; c’è pure l’obbligo di mettere nelle celle la televisione a colori. Il nostro obiettivo è quello di garantire la dignità dei detenuti non di farli vivere nel lusso”.
Ci sarebbe ancora dell’altro ma per carità di patria mi sembra proprio che sia il caso di chiudere qui.

Il ministro delle Infrastrutture
Dr. Antonio Di Pietro


Non voglio in questa sede discutere sul suo dissenso, che peraltro condivido pienamente così come tanti altri semplici cittadini o deputati, circa l’approvazione della legge sull’indulto comprendente la diminuzione triennale della pena anche per i reati di un certo rilievo sociale quali quelli finanziari, societari, di corruzione e concussione nonché quelli attinenti violazioni della tutela dell’integrità fisica dei lavoratori; voglio qui solamente sottolineare come sia stato del tutto inconcepibile il modo attraverso il quale ha estrinsecato questo suo dissenso.
Il Consiglio dei ministri è un organo collegiale ed in quanto tale ogni decisione viene assunta, se non condivisa da tutti, a maggioranza dei suoi componenti.
Un ministro quello che ha da dire in contrario lo deve prima di tutto esternarlo all’interno dell’organo cui appartiene e, se proprio vuole rendere edotta l’opinione pubblica del suo dissenso, può certamente farlo attraverso gli organi di stampa e/o televisivi con toni ed espressioni non certo da barricatero. Per esempio, il segretario dei Comunisti italiani, prof. Diliberto, che non è ministro ma lo è stato a suo tempo, ha reso partecipe il proprio dissenso, concretizzato in aula con la sua astensione dal voto assieme a quella dei deputati del suo partito, con dichiarazioni che potrebbero al limite essere considerate come non condivisibili – era il caso della mancata esclusione dall’atto di clemenza del reato del voto di scambio con appartenenti alla mafia - da parti di alcuni, ma sulle correttezza delle quali non si può muovere alcun appunto.
Mi chiedo se un ministro in carica – creando “iure proprio” un’autosospensione dall’incarico non previsto da alcuna norma di legge – possa scendere in piazza con cartelli di protesta in mano, lanciando parole oltraggiose nei confronti di quello stesso governo di cui fa regolarmente parte importante.
Credo proprio di no; a mio parere il suo comportamento ha integrato un vero e proprio oltraggio nei confronti sia del Governo che della coalizione dell’Unione, che appoggia l’attuale esecutivo, che non si è venduta ma solo, perché si potesse raggiungere il quorum dei 2/3 dei voti necessari previsti per l’approvazione della legge sull’indulto, accedere per una evidente necessità ad alcune “particolari” richieste da parte di un ben preciso schieramento dell’opposizione.
Eppure il ministro Di Pietro sapeva che, in base alla attuale consistenza numerica della maggioranza, ci si era venuti a trovare di fronte ad un bivio: o tentare di iniziare il risanamento della situazione carceraria, primo passo perché si potesse poi intervenire con l’edificazione di strutture più appropriate, attraverso uno sfoltimento dell’eccezionale numero dei detenuti, ovvero lasciare che la situazione esplodesse in qualcosa di più serio.
Ministro Di Pietro, nessuno si è venduto perché, come ben conosce, è oramai prossimo il momento in cui si porrà mano sulle c.d. “leggi vergogna”.

sabato, agosto 05, 2006

Ipotesi di modifica della nostra Costituzione - 2


Respinta e spazzata decisamente via dai NO della stragrande maggioranza dei votanti la c.d. “devolution,” l’Unione adesso incomincerà ad allacciare un dialogo con le forze politiche dell’attuale opposizione onde verificare se esistano o meno le condizioni per trovare una ipotesi di accordo che consenta, con una larga maggioranza parlamentare, di intervenire su alcune norme della nostra Costituzione che, col trascorrere del tempo, vanno rivelandosi oramai come poco adeguate all’attuale struttura delle nostre istituzioni.
Anche l’esperienza maturata in questi cinquantotto anni e passa dalla sua entrata in vigore (01 gennaio 1948) ci ha fatto intendere come sia oramai necessaria una rimodulazione di alcuni articoli che hanno creato, anche nella loro interpretazione, alcuni conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, tenendo altresì in massimo conto come alcuni Istituti voluti dalla Costituzione stessa siano stati realizzati in concreto in prosieguo di tempo senza che l’Italia avesse mai avuto in passato precedenti in materia cui ispirarsi: mi riferisco in particolare alla Corte Costituzionale (1956) ed al decentramento attraverso la creazione delle Regioni a Statuto ordinario (1970).
Ho di già anticipato quali siano i tre punti fondamentali che dovrebbero costituire la base per l’inizio del dialogo tra i due maggiori attuali schieramenti politici:
gli articoli relativi ai “Principi fondamentali”, regolanti i diritti ed i doveri dei cittadini, sono da considerarsi come “inviolabili” quali che siano le coalizioni politiche a governare nel tempo il nostro Paese.
intangibilità della forma repubblicana dello Stato, già dichiarata dall’art. 139 come esclusa da qualsiasi revisione costituzionale.
la necessità della maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, anche attraverso un solo turno di votazione in ognuna delle due Camere, per l’approvazione di leggi costituzionali e per la loro modifica.
Una volta approvata la norma di cui al punto 3 si potrà porre mano:
A) con leggi costituzionali:
per una revisione del titolo V° ( Le Regioni, le Province, i Comuni), già in parte modificato dalla legge 14 giugno 1990, n.158 attinente l’autonomia impositiva delle Regioni ed altri rapporti finanziari tra Stato e Regioni onde evitare il sorgere degli innumerevoli contrasti tra Stato centrale ed Enti regione, spesso finiti per la loro risoluzione avanti la Corte Costituzionale;
per una riforma del bicameralismo e per il rafforzamento delle garanzie costituzionali onde rendere la nostra Costituzione la più adeguata possibile al regolare svolgimento della odierna vita pubblica e privata di ogni cittadino.
B) con leggi ordinarie, purchè largamente condivise e concertate eventualmente con l’opposizione:
· per regolamentare la disciplina del finanziamento della politica;
· per tutelare l’indipendenza delle autorità di garanzia e del pluralismo dell’informazione;
· per risolvere l’insoluto problema dei vari conflitti di interesse;
· per elaborare una seria riforma della legge elettorale;
· per stabilire una inderogabile disciplina da applicarsi durante il periodo di campagna elettorale;
· per riformare i Regolamenti parlamentari.
Appare di tutta evidenza che trattasi di ipotesi di lavoro di lunga portata ed è proprio per siffatta circostanza che occorre subito fare spazio ad un nuovo processo istituzionale che possa anche ridurre la frammentazione delle forze politiche in troppi partiti.

venerdì, agosto 04, 2006

Barbapedana racconta - 3


da Il Resto del Carlino

Cancellava al computer i debiti col fisco: arrestato

Un dipendente dell'Agenzia dell'entrate è stato colto in flagranza mentre prendeva una mazzetta
Crema, 3 agosto 2006 - Un funzionario dell'Agenzia delle entrate in Lombardia è stato arrestato a Crema, per corruzione, in flagranza di reato. La Guardia di finanza e la polizia hanno arrestato anche un professionista milanese, che stava consegnando una tangente di 10.000 euro in contanti al funzionario; in cambio questi avrebbe cancellato dal sistema informatico dell'Agenzia delle entrate un debito tributario di circa 100.000 euro. L'allarme era stato lanciato dalla stessa Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate, che ha intercettato l'ipotesi di indebito annullamento del tributo e ha tempestivamente informato la Procura milanese. Le indagini hanno permesso di individuare l'identità del pubblico funzionario e quella del mandante dell'operazione, a lungo pedinato prima dell'appuntamento decisivo.

Commento
Evidentemente l’esempio fornito anni or sono da alcuni partiti e da politici di alto rango ha fatto sì che in Italia si sia oramai radicata una scuola di pensiero che sarà alquanto arduo riuscire a debellare, un vero e proprio cancro che scarica i suoi malefici effetti su tutta la collettività.
Prima volavano lire oggi euro, tante ma tante euro non solo, come si vede, per appalti, forniture, ecc..dai sostanziosi guadagni ma anche per piccole cose, come potrebbe anche essere considerato questo caso di corruzione.

mercoledì, agosto 02, 2006

Barbapedana racconta - 2






EL CANTASTORI
In ricordo di “BARBAPEDANA”



"Io dico sempre cose sincere, anche perché nonho memoria e dimenticherei le bugie. Come ci sipuò fidare di chi usa la menzogna come mezzodella lotta politica? La gente deve fidarsi solo dichi dice la verità" (Silvio Berlusconi, 2-3-94)
Indro Montanelli, uno tra i più grandi giornalisti italiani, fondatore de IL GIORNALE, scomparso nel 2001, conosceva bene il Silvio nazionale, avendolo avuto per molti anni come editore.
Di lui diceva: "Silvio Berlusconi è un mentitore professionale: mente a tutti, sempre anche a se stesso, al punto da credere alle sue stesse menzogne".
Un istinto irrefrenabile tanto che alle volte al “mentitore” in parola riesce difficile, non solo per questioni di memoria, distinguere la verità dal proprio mendacio; un solo cervello che però crea di continuo ed in una qualsiasi occasione, un doppiaggio della personalità, un doppio essere nel quale è veramente arduo trovare il limite tra il bene ed il male, il vero ed il falso, tanto è la prevalenza di quest’ultimo sul primo.
Riesce a mentire persino a fronte di contestazioni di fatti accertati, come avvenne avanti il Tribunale di Verona allorché, sotto giuramento, ebbe a negare la sua appartenenza alla Loggia P2.
Infatti, il 22 ottobre 1990, la Corte d'Appello di Venezia l'ha riconosciuto colpevole di aver mentito ai giudici sotto giuramento: "Il Berlusconi - si legge nella sentenza - deponendo avanti il Tribunale di Verona, ha dichiarato il falso, realizzando gli estremi obiettivi e soggettivi del contestato delitto": cioè la falsa testimonianza, a proposito della sua iscrizione alla loggia massonica P2. Il reato, accertato, fu dichiarato estinto grazie a una provvidenziale amnistia approvata nel 1989.
Negli Stati Uniti, la menzogna (specie se giurata dinanzi a un giudice) comporta l'immediato impeachment: il colpevole lascia la Casa Bianca ma in Italia si entra a Palazzo Chigi. E, naturalmente, continua a mentire. Come prima, più di prima….. cantava Tony Dallara mentre il berluska, imitandolo, aggiungerà, come da copione scritto di suo pugno, presente Apicella, “……. mentirò.”.
Da “Il bugiardo” – edizione riveduta e corretta in chiave moderna della commedia goldoniana.

p.s.
FUORI CONCORSO per l'assegnazione del trofeo "FACCIA DI PALTA"

martedì, agosto 01, 2006

Barbapedana racconta


EL CANTASTORI
(Il cantastorie)



Mi vado chiedendo da tempo quale commedia avrebbe potuto scrivere oggi il grande commediografo veneziano Carlo Goldoni se, invece di vivere nel XVIII° secolo, fosse stato un nostro contemporaneo; quale sarebbe stato poi il titolo attribuito alla stessa ed a chi poteva raccomandare la sua moderna opera, così come ai suoi tempi soleva fare per qualcuna delle molte commedie da lui scritte, atteso che all’altezza di quei nobili patrizi di alto lignaggio vissuti allora oggigiorno non ce n’è più traccia alcuna.
Interrogativi questi cui è difficile rispondere, anche per motivi di opportunità.
Il “Bugiardo”, con un moderno Lelio di lombarda estrazione” o “L’impostore”, troppa gente potrebbe senza alcun affanno cimentarsi in questo ruolo, “ La bancarotta”, avanti tutta, il “ Servitore di due padroni” con protagonista uno dei tanti voltagabbana di oggi, “Il teatro comico”, il passato governo, “Le baruffe chiozzotte”, il Parlamento o, infine, per non farla troppo lunga, “Il cavaliere giocondo”, con protagonista un notissimo personaggio di oggi che tra frizzi, corna e lazzi, ha rovinato l’Italia ?
Con la sua inimitabile arguzia alquanto tagliente, Goldoni avrebbe potuto costruirsi una immensa fortuna e, probabilmente, anche qualche anno di galera, prescrizioni od indulti permettendo ed una infinità di cause civili per risarcimento danni..im-morali.
Oggi, purtroppo, non c’è traccia di simili talenti, anche se qualcheduno tenta ogni tanto di scrivere un qualcosa di buffo sugli eventi quotidiani, mettendo alla berlina i comportamenti di alcuni personaggi, soprattutto politici, che indebitamente, mancando di ogni dote culturale, assurgono agli onori delle cronache più per i loro demeriti che per qualcosa di buono messo in atto.
Mi sono arreso ed ho tralasciato di addentrarmi in ogni ulteriore ricerca ma, invecchiando, la mente incomincia ad un certo punto a fare degli scherzetti, come per esempio farti dimenticare i fatti avvenuti ieri ma non quelli degli anni della tua prima età.
Avevo cinque anni e vivevo in una tranquilla Milano, lontana un secolo rispetto a quella invivibile di oggi, in corso XXII marzo, nel quartiere di porta Vittoria, un tempo porta Tosa, così ribattezzato come la via, per ricordare la cacciata degli austriaci a conclusione delle 5 giornate; proprio in questi luoghi i milanesi insorti, scavalcando le barricate, misero in fuga gli odiati nemici, gli austriaci dai lunghi baffoni; era il 22 marzo 1848.
Mia nonna materna, come da rituale giornaliero, avvicinandosi l’ora della cena, mi mandava a chiamare il nonno che ogni pomeriggio, tranne quello delle domeniche, soleva recarsi in un’osteria, che si trovava nell’attigua piazza di Santa Maria del Suffragio, per giocare a carte, a scopone e briscola se mal non ricordo, con i soliti tre amici, sorseggiando tra una smazzata e l’altra il solito quartino di “Barbera” dell’ Oltrepò pavese.
Non sempre andavo volentieri anche perché, entrando in uno dei due grandi locali, sembrava come sprofondarsi in una cortina di nebbia, prodotta però dal fumo dei molti mezzi toscani fumati dagli avventori, e si avvertiva un nauseante, almeno per me, acre odore di vino che mi faceva tossire; ma al sabato era tutto diverso, correvo anche senza averne avuto ancora il comando perché era un pomeriggio speciale: in osteria veniva un cantastorie !
A lungo andare mi aveva preso in simpatia; seduto sempre proprio davanti a lui, tra una storia e l’altra, affascinato dal suo indubbio talento, gli ponevo molte domande e lui, paziente, mi dava sempre risposta sino a che un giorno, allungata oltremodo la pausa, volle raccontarmi una storia, quella del più grande e famoso cantastorie milanese che, abitando a porta Tosa, aveva anche lui cantato in quella osteria.
E’ stato il più grande nel genere, “El cantastori” per eccellenza, che rispondeva al nome di Enrico Mulaschi, meglio noto come il “ Barbapedana” (giovanotto, divenuto poi nel tempo come sinonimo di cantastorie), ex garzone di osteria e dotato di una notevole fantasia, iniziava e terminava la sua rappresentazione con una nota canzone:
“Barbapedana el gh’aveva on gilè
(Barbapedana aveva un gilè)
senza el denanz cont via el dèdree
( senza il davanti e con via il di dietro)
cont i oggioeu longh una spana
( con gli occhielli lunghi una spanna)
l’era il gilè del Barbapedana”
( era il gilè di Barbapedana).
Allora non ci si arricchiva cantando o facendo ridere gli avventori, era un altro mondo sebbene fossimo entrati in guerra, la sanguinosa seconda guerra mondiale; bastava poco o nulla per divertirsi, gli animi erano buoni e sinceri, si era pronti nel quartiere ad aiutarsi l’un l’altro, alle volte si tirava la cinghia perché c’era l’autarchia a seguito delle “sanzioni” inflitteci dalla Società delle Nazioni ed il razionamento su tutto, compresi i generi alimentari a cominciare dal pane che era fatto con la crusca; lo chiamavo pane nero ed ognuno aveva una tessera con dei bollini che, all’atto dell’acquisto, dovevi consegnarli al panettiere assieme ai soldi, anche allora c’erano in circolazione i centesimi ma di lira.
Il pane bianco, fatto con la farina di grano, lo vendevano di domenica alla “borsa nera” in piena clandestinità con prezzi “fuori listino” in un luogo sicuro da intromissioni dei militi con la camicia nera.
Questi lontani ricordi hanno fatto insorgere in me il desiderio di fare, ma solo attraverso degli scritti e per tutto il tempo che mi rimarrà da vivere, anch’io il cantastorie, raccontando e commentando, come si faceva a quei tempi, tra il serio ed il faceto alcuni fatti dei nostri giorni con l’assegnazione in modo virtuale, mese per mese, un insolito premio alla “Faccia di palta”, sinonimo allusivo di un altro sconveniente epiteto, una specie di “Maschera d’argento” non certo di metallo pregiato ma di vile “fango marrone”; allora, eravamo nel corso del ventennio fascista, esisteva la censura e occorreva stare ben attenti a quello che si diceva o scriveva, pena una villeggiatura gratuita al confino, come l’ha di recente definita qualcuno; oggi, fortunatamente, la censura è stata da tempo bandita dalla nostra Costituzione in base al suo art. 21, nonostante che qualcuno adesso se ne duole e vorrebbe ripristinarla anche sotto altre forme di coercizione ed in buona parte c’è già riuscito.
Il vostro cantastorie