lunedì, novembre 30, 2009

NO AL PONTE

Don Ciotti:

"Il ponte? Unisce due cosche"

CASALECCHIO (BOLOGNA) –

"Quel ponte non unisce due coste ma due cosche".

Don Luigi Ciotti, presidente di "Libera", ha chiesto di posticipare la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina per dedicare quelle risorse ad altre opere.

Lo ha fatto dal palco di "Politicamente Scorretto", la Tregiorni alla Casa della Conoscenza di Casalecchio di Reno in cui l'ideatore della rassegna, lo scrittore Carlo Lucarelli, ha rilanciato il suo appello per destinare alla cultura una parte dei beni confiscati alla mafia.

"Non ci sono soldi?

E allora perché non destinarli ad altre priorità?

- ha chiesto il sacerdote, in collegamento telematico con il Mei, il meeting delle etichette indipendenti in contemporaneo svolgimento a Faenza -.

Quel ponte rinviamolo un attimo. Perché unisce due cosche".

Ed invece servono asili, scuole, ferrovie, strutture che diano il senso della comunità, perché

"quella meravigliosa gente del sud non deve girare il mondo per lavorare, ma deve stare là".

PAROLE SANTE !

Ma, caro Don Ciotti, attento a quello che dici perché, secondo il verbo sacrilego del purtroppo nostro Premier, meriteresti di essere strozzato !

Non si sa mai, visti i venti impazziti che tirano in Italia.

Dubbi atroci - 2

MA C’E’ DELL’ALTRO

in quanto appare del tutto legittimo chiedersi come e da chi uno dei quotidiani di famiglia,

LIBERO,

abbia saputo, per poi pubblicarla immediatamente. la notizia secondo la quale

Berlusconi e Dell’Utri

risultavano iscritti nel registro degli imputati della

Procura della Repubblica di Firenze.

QUALCHE SPIFFERO

o

semplice

IMMAGINAZIONE ?

Anche se sin dalla prima elementare gli scolaretti sanno bene che

2 + 2 fa 4.

Proprio oggi il Corriere della Sera pubblica un’intervista avuta con l’ex Procuratore Nazionale Antimafia dr. Pieluigi Vigna, già Procuratore Capo a Firenze, il quale puntualmente precisa che:

“ se c’è di mezzo un reato di mafia l’indagato non può sapere di essere indagato per tutelare la segretezza delle indagini...”

Infatti, spiega il dr. Vigna, l’inchiesta sui mandanti occulti - archiviata nel 1998 – costoro vennero indicati con i nomi di

Autore Uno ed Autore Due.

Spiega Vigna che se si tratta di un reato qualsiasi, anche grave, si procede all’iscrizione nell’apposito registro delle generalità dell’indagato mentre, a norma del Codice di Procedura Penale, il nome dell’indagato per reati di mafia non compare.

Per la qual norma se qualcuno dovesse per ipotesi chiedere chi sia l’indagato in questi tipi di reati non potrà mai avere una risposta positiva.

Con ciò dovrebbe spiegarsi anche la risposta negativa del Procuratore della Repubblica di Firenze.

Un dubbio atroce

To be, or not to be: that is the question

nella nuova versione all’italiana:

MI STROZZO O NON MI STROZZO ?

E’ questo il nuovo monologo che passerà alla storia come

“Cosche mie non vi conosco”

"L’onestà intellettuale che è in me mi fa dire che Benigni con la sua arcinota indecente filastrocca aveva proprio ragione.

“Se quella sera…….. “.

Lasciamo perdere, glisson, tanto la sapete tutti a memoria.

Ma, passando al serio, ho trovato un articolo che spiega in maniera precisa gli sviluppi relativi alla riapertura dei procedimenti penali, allora rubricati come “contro ignoti” e poi archiviati, riguardanti le stragi del 1993!1994.

Ve lo sottopongo, nella convinzione che potrà aiutare per comprendere e dipanare così, in ogni suo risvolto, questa aggrovigliata matassa.

COSA NOSTRA

LE QUATTRO INCHIESTE

29/11/2009

Le nuove verità all'esame dei pm.

Le rivelazioni di Spatuzza domani ( cioè oggi) al supervertice di Caltanissetta

di

FRANCESCO LA LICATA

Berlusconi, Dell’Utri e le stragi mafiose.

Attorno a questa storia, che va avanti da più di 10 anni sempre in assenza di risposte certe, ruota il tormentone prenatalizio sui media.
Avviso sì, avviso no.

Sono indagati, Berlusconi e Dell’Utri?

E, cosa abbastanza curiosa, il tormentone sembra essere divenuto onnipresente più sui giornali ad influenza berlusconiana che su quelli di opposta natura.

E’ diventato talmente ossessivo, il tormentone, da indurre il Procuratore di Firenze a intervenire pubblicamente per smentire i titoli e le prime pagine dei quotidiani vicini al premier, che davano per certo

«Berlusconi indagato».

Ma, smentita a parte che potrebbe essere dovuta e strategica al lavoro investigativo dei pubblici ministeri fiorentini, è davvero questo il problema dei problemi?

Solo una eccessiva banalizzazione

- alimentata da una informazione politica che ormai si insegue prevalentemente su gossip e incerte indiscrezioni contrabbandate per verità –

può ridurre una fase così importante delle inchieste sulle stragi mafiose ad un duello mediatico che raramente tiene conto dell’effettivo stato delle indagini, finalizzato com’è alla difesa o alla demonizzazione di Berlusconi.

Perdendo di vista il fatto che, per la prima volta, si presenta - forse - l’occasione di far chiarezza su un periodo davvero buio della vita della Repubblica.
Occasione più appetibile delle precedenti perché più verificabile sembra il racconto arrivato da nuovi testimoni.

Già, perché non è soltanto Gaspare Spatuzza - ex braccio destro dei capimafia di Brancaccio (Palermo) Giuseppe e Filippo Graviano –

il «collaboratore determinante».

Insieme con la sua affiorano testimonianze di pentiti nuovi e vecchi che hanno funzionato da riscontro.

Per non parlare dell’apporto di Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco di Palermo, Vito, morto nel 2002 dopo una condanna per mafia.

Ma è meglio procedere con ordine.

Tutto inizia nella primavera del 2008, quando Gaspare Spatuzza sostiene alcuni colloqui investigativi col Procuratore Nazionale Antimafia, Pietro Grasso.

Il suo è uno sfogo che va in direzione soprattutto della «verità negata» in relazione alla strage di via D’Amelio (luglio 1992) che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta.

Dice Spatuzza, in sostanza, che la sentenza di Caltanissetta - sede del processo - è ingiusta perché il pentito Vincenzo Scarantino, cardine dell’accusa, ha detto bugie fino ad «accollarsi» una strage mai compiuta.

Scarantino si era accusato di aver procurato l’auto che poi sarebbe stata imbottita di esplosivo per l’attentato di via D’Amelio.

Spatuzza distrugge questa ricostruzione «semplicemente» dimostrando che la macchina l’ha rubata lui, su commissione dei capi del proprio «mandamento»:

i Graviano di Brancaccio.
Dichiarazioni forti che preludono ad una certissima revisione dei processi già chiusi pure in Cassazione.

A seguire comincia a parlare anche delle stragi del ‘93 (Roma, Milano e Firenze), introducendo significativi elementi di novità.

Nel giugno del 2008 le Procure di Caltanissetta, di Firenze (titolare per le stragi del ‘93), di Milano e di Palermo ricevono da Grasso i verbali, ognuno per le rispettive competenze, e partono le «indagini Spatuzza».

Poche critiche si levano nei confronti dell’ex boss, anche quando gli accertamenti sulla strage Borsellino approdano alle prime conferme e alla presa d’atto che, come sostenuto dal «collaborante»,

«ci sono colpevoli in libertà e innocenti in carcere».

Paradossalmente sono solo i magistrati a mostrare diffidenza verso Spatuzza, dal mondo della politica nessuna critica, nessuna accusa di «pentimento a orologeria». Il garantismo interessato tace.

Ma le indagini si sa da dove partono e non dove portano.

Così il «caso Spatuzza» si complica nell’estate di quest’anno quando il «collaborante» - ancora guardato con diffidenza dagli stessi magistrati - risponde alle domande dei giudici sui cosiddetti mandanti occulti delle stragi.

Le sue dichiarazioni mettono i pubblici ministeri in condizione di individuare un paio di personaggi - esecutori materiali - rimasti fuori dalla sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Firenze.

Novità che, a sentire l’odierna smentita del Procuratore Quattrocchi, ha consentito di riaprire l’inchiesta modificando il fascicolo, non più contro ignoti.

Secondo il Procuratore, dunque, gli indagati noti non sarebbero Berlusconi e Dell’Utri, come titolato dai giornali dell’area di centrodestra, ma altri

«sospetti esecutori materiali».

Contemporaneamente cambia anche il «clima» attorno a Spatuzza, indicato dalla politica come «falso», «a orologeria», «ispirato dai PM».

Ovviamente la bagarre politica, sorta attorno alle «dichiarazioni alte» di Spatuzza, fa passare in secondo piano la ricerca di «verità» sulla strage Borsellino, che era il punto di partenza delle investigazioni.

Che ha detto Spatuzza?

Ha ripetuto, in sostanza, quello che da anni ha «concesso» nei numerosi colloqui investigativi intrattenuti coi giudici Vigna e Gabriele Chelazzi (morto di infarto nell’aprile del 2003): che la gestione delle stragi di Roma, Milano e Firenze era appannaggio dei Graviano, direttamente per conto di Totò Riina.

E che i referenti politici dei Graviano si trovavano a Milano ed erano Berlusconi e Dell’Utri, da cui sarebbe arrivati benefici per Cosa nostra, in quel momento stretta nella morsa della repressione.

Spatuzza sostiene di aver saputo da Graviano, in un incontro al Bar Doney, a Roma, il nome del politico amico:

«Era Berlusconi e c’era di mezzo un nostro compaesano, Dell’Utri...

Io non conoscevo Berlusconi e chiesi se era quello di Canale 5 e il Graviano mi disse di sì».

L’incontro, avvenuto a metà gennaio del 1994, sarebbe stato propedeutico al mega-attentato progettato allo stadio Olimpico di Roma, durante la partita Roma-Udinese.

Un’autobomba doveva esplodere vicino ai mezzi dei carabinieri, provocando centinaia di morti.

Una vendetta contro i militari che avevano catturato Totò Riina.

Una vendetta che sembra eccessiva a Spatuzza:

«Ancora morti innocenti», dopo quelli di Milano e Firenze.

Ma Graviano conferma la strategia:

«Dobbiamo continuare perché abbiamo una cosa in piedi».

Per fortuna l’attentato all’Olimpico

sfuma per un guasto tecnico che non fa funzionare il telecomando e non «fu riprogrammato» perché quattro giorni dopo i Graviano verranno arrestati da «Gigi il cacciatore», un ristorante di Milano.

Cosa avevano in piedi i Graviano?

Proprio questo dovranno accertare le indagini, senza che ancora sia stato emesso un solo giudizio neppure ipotetico.
Alcuni stralci di interrogatori che riguardan

o il sen. Marcello Dell’Utri sono stati inviati a Palermo perché in quella Corte d’Appello si celebra il secondo grado del processo che vede il politico già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Ma non è, questo, il solo motivo per cui Palermo entra ancora nelle indagini.

Proprio domani è previsto un vertice coi pubblici ministeri di Caltanissetta.

Un avvenimento che potrebbe essere alla base delle preoccupazioni di Berlusconi che ha sempre det

to di «temere Palermo».

E’ il secondo incontro e dovrebbe servire a delineare una strategia, in conseguenza delle novità contenute nei verbali di Spatuzza, inviati dalla Procura di Firenze. Caltanissetta sembra più interessata ancora alla «rivisitazione» del processo Borsellino, messo in crisi dalla «verità» introdotta da Gaspare Spatuzza, ma anche a qualche «aggiustamento» proveniente dai racconti sui mandanti occulti a proposito sia della strage di via D’Amelio che dell’attentato di Capaci che sterminò

Giovanni Falcone, Francesca Morvillo la moglie, e tre uomini della scorta.
La Procura di Palermo, invece, indaga sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. Anche questo è un filone battuto da anni, ma le dichiarazioni di Spatuzza richiedono ulteriori verifiche.

Secondo il pentito, la trattativa è esistita ed è durata parecchi anni, anche dopo il fallimento della strategia stragista di Totò Riina.

Gli episodi da verificare riguardano anche notizie inedite sull’«asse Dell’Utri, Mangano, Graviano».

Sostiene il pentito che oltre alla presenza fisica, documentata, di Vittorio Mangano nella villa di Berlusconi, sarebbe rintracciabile anche un legame tra «lo stalliere di Arcore» e i Graviano, tanto che - dopo la strage di Firenze –

«nel 1994 i Graviano mi mandano a mettere a posto il mandamento di Porta Nuova, alquanto turbolento, che era di competenza di Mangano ma lui era assente».

Ma Palermo ha anche dell’altro da verificare, anche se le perplessità su Spatuzza sembrano affievolirsi in ragione dei riscontri offerti alle sue tesi e anche alla precisione con cui distingue.

E’ stato lui, per esempio, a specificare - a proposito dell’incontro riferito tra Renato Schifani e Giuseppe Graviano - che

«Schifani non era in politica e Graviano non era latitante».

Un episodio da decifrare riguarda una campagna pubblicitaria con enormi cartelloni, datata 1992, che Dell’Utri, secondo Spatuzza, avrebbe promosso a Palermo in vista della discesa in campo di Forza Italia.

I cartelloni, dice Spatuzza, furono rimossi in fretta quando vennero fuori i legami tra Dell’Utri e Vittorio Mangano.

Sul momento non si trovavano riscontri a questa storia, poi Spatuzza ha chiesto di esser portato a Brancaccio per ritrovare quegli spazi pubblicitari.

Un sopralluogo a Brancaccio, effettuato in gran segreto, alla fine ha portato al ritrovamento delle basi di cemento che reggevano i cartelloni raffiguranti, a quanto pare, un bambino che gridava - storpiando la frase –

«Fozza Italia».

E pure qui siamo ancora nel campo degli indizi, come dire non ci sono impronte digitali, in vero molto difficili da trovare nelle indagini su mafia e politica.

Da qualche mese, infine, Palermo ha trovato un ulteriore «fonte» sulla cosiddetta «trattativa».
Massimo Ciancimino racconta, attimo dopo attimo, la mediazione - sostenuta dal padre - fra Riina e i carabinieri del Ros impegnati a far cessare le stragi.

Nell’ultimo interrogatorio Massimo Ciancimino ha esibito tre «pizzini» inviati al padre da Bernardo Provenzano.

Dal testo è desumibile un contatto tra il boss ed esponenti del mondo politico

(dalle date si dovrebbe essere alla Seconda Repubblica).

«Ho parlato con nostro amico sen.», scrive don Binnu.

Il tema sembra quello dell’amnistia e di benefici legislativi.

Il toto senatore è aperto.

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La famiglia di Damiano Damiani

“Come sarebbe stata la nostra cinematografia senza

MANI SULLA CITTA’

IL GIORNO DELLA CIVETTA

SACCO E VANZETTI

IL CASO MATTEI

?

Quel cinema è stato uno dei momenti di grande democrazia dell’Italia.

Ci piacerebbe che chi ci governa lo rispettasse”.

L’EUROPA BEFFEGGIA

LUI ED I SUOI ORBI ELETTORI

LE MONDE

domenica, novembre 29, 2009

Assicuropoli 2 a Genova

IL SECOLO XIX

pubblica ieri l'altro la notizia di una nuova

ASSICUROPOLI

La notizia pubblicata dal quotidiano genovese era relativa ad una serie di truffe assicurative del tipo di quelle già emerse nel 1994 per le quali vennero indagati ben 52 persone di cui 7 avvocati, 26 medici, tecnici, vigili urbani, compiacenti agenti di assicurazione e così via.

Il tutto per un danno complessivo a carico delle Imprese di ben 100 miliardi di lire.

Anche se poi vennero condannati solamente la metà degli imputati.

Questo complesso di reati venne dato il nome di

ASSICUROPOLI

E’ di ieri l'altro la notizia della scoperta di un bis, anch’esso alquanto corposo, nel quale risulterebbero implicate, a distanza di ben dieci anni dalla prima, le stesse categorie di personaggi.

Ma il tutto è ancora coperto dal segreto istruttorio.

Comunque mi pare di capire che siamo di fronte ad una

ASSICUROPOLI 2

Un lettore scrive questa

LETTERA AL SECOLO XIX

27/11/2009 17:32pinoilvicino, Genova.

" In questo Paese, degnamente rappresentato dai suoi governanti, basta dare un'occhiata in certi settori per trovare la truffa, il raggiro, l'evasione.

Non è questione di "se": è una questione di "quanti", tenendo presente che sono tantissimi.
Basta volerli cercare e non si deve neppure faticare troppo.

Commercianti disonesti, imprenditori con dipendenti in nero e/o clandestini, nullatenenti dal tenore di vita altissimo, risarcimenti non dovuti, fatturazioni false di ditte praticamente inesistenti, commercialisti compiacenti (tipo gli "ottimizzatori fiscali"), pensionati semianalfabeti titolari di società che neanche conoscono o proprietari di automobili di lusso a decine: non c'è che l'imbarazzo della scelta e non si tratta neppure di bande operanti nella più stretta clandestinità.

Quasi tutti compiono reati, altri si "limitano" a irregolarità; tutti prosperano in questo Paese in cui si propaganda il concetto di legalità "optional" e di fregatura del prossimo come chiave del successo".

Darei a “pinoilvicino” un bel

110 e lode.

In poche righe, e meglio di un qualsiasi altro trattato, è riuscito a fotografare in una istantanea l’Italia di oggi .

Che poi, non a caso, questo andazzo coincide con l’entrata in campo di alcuni personaggi che era meglio restassero confinati in casa propria.

Si sarebbe evitata una caduta di tutti i valori civili e morali che, bene o male e chi più o chi meno, avevamo ereditato dai nostri padri.

Anche i pupazzi ci copiano


Oggi, tanto per ridere un po', desideravo proporvi una barzelletta ma, uscendo di buon mattino per la solita e doverosa passeggiata col mio cane Luky, si barbellava dal freddo che accoppiato ad una certa umidità ed a un venticello gelido era come un avvertimento.

Guarda che

L’INVERNO E’ ORAMAI ALLE PORTE

Ritornato a casa, invece della barzelletta che volevo inserire nel blog , ho deciso di proporvi,

una vignetta alquanto significativa.

Tanto per far comprendere come i nostri brutti metodi per far soldi

sono stati assimilati benissimo anche dai pupazzi di neve.

pupazzi_neve.jpg

Questa è una rapina !

Fuori i soldi.

Consideratelo come il preambolo del mio prossimo post nel quale riporterò il testo di una lettera inviata da un lettore al direttore di un giornale che riportava una certa notizia.

Un'analisi dell'Italia di oggi completa anche se messa giù con poche ma sante parole.

Sicilia e Sardegna: la festa è finita

CRISI ALLA REGIONE:

LUPO(PD), BERLUSCONI HA ABBANDONATO LOMBARDO E LA SICILIA

(e perché, la SARDEGNA NO ?)

“Ormai è chiaro: Berlusconi ha abbandonato la Sicilia, il Governo nazionale ha chiaramente dimostrato di non essere interessata a quanto sta accadendo in Sicilia. Lombardo ne prenda atto!”.

Lo ha detto oggi il Segretario regionale del Partito Democratico, Giuseppe Lupo nel corso della conferenza stampa convocata dal PD sulla crisi politica che sta paralizzando l’Ars.

Erano presenti anche il Capogruppo, Antonello Cracolici e i deputati regionali.

“Era stato lo stesso Presidente della Regione – ha precisato Lupo – a chiedere l’intervento di Berlusconi, intervento che non è arrivato.

Ne tragga le conclusioni.

Lombardo si presenti in Aula e dica cosa intende fare.

E’ intollerabile che il governo non si occupi dei problemi veri dei siciliani”.

“Il PD – ha detto Cracolici – non consentirà ulteriori rinvii all’Ars

come è accaduto ieri.

I lavori devono riprendere dalla discussione sulla mozione per il ritiro delle deleghe all’assessore Armao che abbiamo presentato, così vedremo se Lombardo ha ancora una maggioranza.

Non possiamo continuare ad assistere a questi giochi sulla pelle dei siciliani”.

A proposito delle recenti dichiarazioni del presidente della Regione, sulla possibilità di portare in Aula un programma da sottoporre a “chi ci sta”, Lupo e Cracolici hanno chiarito che “in queste condizioni il PD non ci sta, e se Lombardo pensa di rivolgersi a singoli pezzi di partito sappia che il PD è uno solo ed è compatto: fino a quando non dichiarerà all’Assemblea il fallimento del centrodestra, il Partito Democratico non ha nulla di cui discutere”.

Il PD – ha aggiunto Lupo - sta organizzando una serie di iniziative in Sicilia sulla crisi: la prima si terrà il prossimo 5 dicembre ad Enna, con gli amministratori locali.

Subito dopo daremo vita a nove iniziative tematiche, nelle nove province siciliane”.

Circa la

SARDEGNA

L’intera isola inneggia a Berlusconi perché, finalmente, dalle parole

(leggasi promesse elettorali in occasione delle elezioni regionali sarde)

è passato ai fatti, meglio alle vie di fatto

(manganellate agli operai dell’impresa sarda ALCOA che, in corteo, sfilavano per alcune vie di Roma a difesa del loro posto di lavoro).

BEFFATI e MAZZIATI

Tenerlo a mente.

sabato, novembre 28, 2009

La crisi della Giustizia sta qui

DEDICATO AL TAGLIAFONDI

che fa rima, per licenza poetica, con

TREMONTI

SEDI GIUDIZIARIE SOFFERENTI

IN SICILIA

ENNA

Rimasto solo, il Procuratore capo Calogero Ferrotti ha presentato domanda per il pensionamento anticipato.

Il caso Enna è emerso nell'ambito della manifestazione organizzata dalle giunte siciliane dell'Associazione nazionale magistrati (Anm) dal titolo

"Procure in Sicilia. Cronaca di una morte annunciata".

Nell'ultimo concorso, espletato dal Csm per la copertura dei posti requirenti, sono rimasti vacanti 121 posti su 197:

in Sicilia mancano 16 sostituti a Palermo, 8 a Catania, 5 a Messina.

Nelle Procure di Mistretta e Sciacca presto non resterà in servizio alcun sostituto.

Uno solo rimarrà in carica negli uffici di Gela, Barcellona Pozzo di Gotto, Patti e Nicosia.

Due soli i sostituti a Termini Imerese, Ragusa e Caltagirone.

QUESTI SONO I VERI PROBLEMI DELLA GIUSTIZIA

DA RISOLVERE IMMEDIATAMENTE.

Mentre il ministro competente cosa fa ? Farfalleggia beato e giulivo tra una legge anticostituzionale e l'altra!

Per non parlare di quelle ad personam !!!!