mercoledì, dicembre 31, 2008

Linee di confine - 3

LINEA DI CONFINE
terza parte

LE LEGGI RAZZIALI

PREMESSA
La Germania nazista poteva fondare la superiorità della sua razza nell’idealismo tedesco, specie in Hegel,
Hitler la tradusse così:
Il nazismo è
- antimarxista (in quanto il marxismo dissolve l’organismo nazionale),
- antiliberale (perché il liberalismo indebolisce la nazione con la competizione tra i partiti e le organizzazioni)
- antisemita. L’ebraismo è la sintesi di tutti gli avversari del nazismo, la malattia da cui derivano marxismo, liberalismo e democrazia.
E’ la congiura ebraica internazionale che soffoca la Germania e un suo prodotto è la repubblica di Weimar.
Per far rinascere la Germania bisogna colpire gli ebrei.
in Italia occorreva trovare un qualcosa che giustificasse la supremazia della razza ariana su quella ebraica.
Il 3 gennaio 1925, dopo l’intervento autoassolutorio relativamente al delitto Matteotti fatto da Mussolini alla Camera, tra l’acclamazione generale di tutti i deputati presenti, l’Italia divenne succube della dittatura fascista.
Matteotti, per un suo precedente veemente attacco al futuro dittatore, era stato poco prima trucidato dalla milizia fascista.
Cominciò a delinearsi subito il problema di come giustificare la supremazia della razza ariana italiana.
Ci pensò lo stesso regime.
“La storia ci insegna che gli imperi si conquistano con le armi e si
mantengono con il prestigio.
E per il prestigio occorre una chiara e severa coscienza razziale, che
stabilisca non soltanto delle
differenze, ma delle superiorità rettissime”
(Mussolini da un estratto del giornale “Razza e Civiltà” )
Da inneggianti affermazioni pronunciate ad un’ampia folla, queste parole
sono divenute successivamente fondamento di massime “scientifiche”
sostenute da un gruppo di studiosi fascisti docenti nelle Università Italiane
sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare.
Ritenute vere e proprie tesi sono state espresse, come vedremo, sotto forma di decalogo da dieci nostri scienziati :
nel cosiddetto
“Manifesto degli scienziati razzisti”
(25 Luglio 1938)
e in seguito sviluppate ed integrate da numerosi testi e
discorsi.
I DIECI SCIENZIATI FIRMATARI
On. Sabato VISCO - Direttore dell'Istituto di Fisiologia Generale dell'Università di Roma e Direttore dell'Istituto Nazionale di Biologia presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche
Dott. Lino BUSINCO - Assistente di Patologia Generale all'Università di Roma
Prof. Lidio CIPRIANI -Incaricato di Antropologia all'Università di Firenze
Prof. Arturo DONAGGIO - Direttore della Clinica Neuropsichiatrica dell'Università di Bologna e Presidente della Società Italiana di Psichiatria
Dott. Leone FRANZI - Assistente nella Clinica Pediatrica all'Università di Milano
Prof. Guido LANDRA- Assistente di Antropologia all'Università di Roma
Sen. Luigi PENDE - Direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Medica dell'Università di Roma
Dott. Marcello RICCI- Assistente di Zoologia all'Università di Roma
Prof. Franco SAVORGNAN - Ordinario di Demografia all'Università di Roma e Presidente dell'Istituto Centrale di Statistica
Prof. Edoardo ZAVATTARI - Direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Roma.
MANIFESTO REDATTO DAI DIECI SCIENZIATI ITALIANI PUBBLICATO SUL QUOTIDIANO "IL GIORNALE D'ITALIA" DEL 14 LUGLIO 1938
I
Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
II
Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.
III
Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
IV
La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
V
È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio.
VI
Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.
VII
È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
VIII
È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
IX
Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.
X
I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
Come poteva sfuggire tutto ciò al Vaticano ?
Sotto Papa Ratti, Pio Xi°, come vedremo, non sfuggi, ma dopo la sua morte sfuggì senza ombra di dubbio alcuno.
segue
ELENCO DELLE PERSONALITA' CHE ADERIRONO AL MANIFES
TO
ed altro

martedì, dicembre 30, 2008

Linee di confine


LINEA DI CONFINE

seconda parte

I critici di Fini ignorano la Storia

di MARIO PIRANI

La Repubblica del 29 dicembre 2008

Ho trovato abbastanza spudorate le polemiche contro Gianfranco Fini per la chiamata di correo, limpida e coraggiosa, da lui avanzata in occasione del 70° anniversario delle leggi razziali che, come ha ricordato il presidente della Camera, se bollarono di ignominia il regime fascista, non assolsero certamente il silenzio della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica , né tanto meno della Chiesa cattolica.

Torno sull’argomento perché una rassegna stampa conclusiva mi ha indotto a riflettere sugli automatismi di certe prese di posizione, spiegabili in base ai calcoli politici attuali ma non certo preoccupate della verifica della realtà storica.

Quanto al primo aspetto, è pur vero che molti italiani non nutrivano particolari antipatie per gli ebrei e individualmente lo manifestarono.

Resta però l’assenza di ogni dissonanza collettiva, mentre fu evidente la caccia ai posti lasciati liberi dagli ebrei nelle università, nelle scuole, negli ospedali, nell’amministrazione pubblica, nell’esercito, nelle accademie, nei giornali, negli istituti di cultura, nelle assicurazioni, nelle banche, negli studi professionali, nelle case editrici a cui nessuno dei prescelti si sottrasse.

Quanto all’atteggiamento della Chiesa torno a premettere che il comportamento di tanti presuli e di semplici sacerdoti dal 1938 fino al ’43 – ’45, fornì la prova che cominciava a prevalere lo spirito di solidarietà sull’intolleranza dei secolari anatemi contro i “perfidi giudei”.

Di questa svolta conservo qualche personale memoria.

Ciò non cancella il valore della dichiarazione, ricordata da Luigi Accattoli sul Corriere, che il segretario della CEI per l’ecumenismo, rivolse dieci anni orsono alla Comunità ebraica, rievocando “la pagina oscura della storia religiosa durante la quale la comunità ecclesiale, anche per lunga acritica coltivazione di “interpretazioni erronee e ingiuste delle Scritture” (Giovanni Paolo II°), non seppe esprimere energie capaci di denunciare e contrastare con la necessaria forza e tempestività l’iniquità che vi colpiva”.

Per parte mia voglio citare in proposito un testo di accertata obiettività dello storico cattolico, Renato Moro, su “La Chiesa e lo sterminio degli ebrei” (Il Mulino 2002) in cui ricostruisce, tra l’altro, i contrasti che divisero la Curia al momento delle leggi razziali, tanto che un’allocuzione di Pio XI° a un gruppo di pellegrini belgi in cui papa Ratti affermava verbalmente: “ L’antisemitismo è inammissibile. Noi siamo spiritualmente dei semiti”.

Non venne pubblicata dall’Osservatore Romano, mentre, al contempo, la diplomazia vaticana, diretta dal cardinale Pacelli, siglava un accordo col regime in base al quale, preso atto che nei confronti degli ebrei il governo italiano intendeva applicare

“onesti criteri discriminatori”, si manifestava la opportunità che la stampa cattolica, i predicatori, i conferenzieri e via dicendo si astenessero dal “trattare in pubblico questo argomento”.

Il Papa, tuttavia, non parve fermarsi e il professore Moro analizza la complessa vicenda della preparazione dell’enciclica

HUMANI GENERIS UNITAS

rivolta alla condanna del nazismo e dell’antisemitismo razziale.

Il testo venne completato, tradotto in latino e consegnato perché lo sottoponesse al Pontefice, al generale dei Gesuiti, padre Lèdochowski, ma questi assunse una linea dilatoria, convinto che il pericolo vero per il cattolicesimo fosse il comunismo e non Hitler e che occorresse evitare l’acuirsi di eventuali dissidi tra la Chiesa e le potenze dell’Asse.

Il Papa fece allora inviare dal sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Tardini, una dura nota al generale dei Gesuiti e questi dovette cedere.

L’Enciclica giunse in Vaticano il 21 gennaio ed il Papa prese ad esaminarla nei giorni successivi.

Troppo tardi .

Il documento fu trovato sul suo tavolo al momento della morte, nella notte tra il 9 ed il 10 febbraio del 1939.

A Pio XI° successe il cardinale Pacelli, accolto da molte speranze che andarono presto deluse.

Pio XII°, infatti, reputò dannoso, alla vigilia di un conflitto oramai certo, il “rigore” dell’enciclica del suo predecessore e la fece archiviare.

Inviò, invece, una lettera ad Hitler in cui gli esprimeva la speranza in rapporti migliori fra le due parti.

Uno dei primi atti del pontificato fu poi la riconciliazione con l’Action Francaise, movimento cattolico dell’estrema destra antiebraica francese, condannato da Papa Ratti.

Una erronea e catastrofica visione diplomatica prevalse in quell’epoca sull’afflato ecumenico che il mondo attendeva.

Come dar torto a Fini ?

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Per quanto mi riguarda posso aggiungere che in quel periodo nefasto abitavo con i miei proprio a Roma, in via Vercelli 30, nel quartiere di San Giovanni in Laterano, una via che prendeva l’avvio da Piazza dei re di Roma.

Era il tristemente famoso 19 luglio 1943, erano circa le 11 antimeridiane, e su Roma si scatenò, d’improvviso l’inferno; era il primo bombardamento dall’inizio della guerra.

Le sanzioni comminateci dalla Società delle Nazioni con il conseguente periodo dell’autarchia con il razionamento di tutti i beni di prima necessità ancora disponibili, aveva di già fiaccato l’entusiasmo di coloro che in piazza Venezia avevano acclamato festanti l’annuncio del Duce della dichiarazione di guerra alla Grecia.

Spezzeremo le reni alla Grecia ed invece fu la fine dell’Italia monarchica e fascista; questo fu l’unico vantaggio che l’Italia trasse dalla seconda guerra mondiale, vantaggio ottenuto attraverso la morte di milioni di morti anche civili.

I quartieri di San Lorenzo e Tiburtino vennero rasi quasi del tutto al suolo dalle fortezze volanti della USAAF in ondate successive, poi venne colpito anche l’aeroporto di Ciampino ed anche il cimitero del Verano entro il quale venne distrutta anche la tomba dei genitori di Papa Pacelli.

Pio XII° in visita nel quartiere completamente distrutto venne accolto dai fischi delle persone che avevano perso tutto, anche dei parenti.

Non credo che, nonostante le parole di Benedetto XVI°, qualora papa Pacelli venisse beatificato, i fedeli si rivolgerebbero al nuovo santo per chiedere il suo aiuto spirituale.

La storia nei suoi confronti è sibillina, volutamente o meno non importa, ma è un fatto che l’appartenenza ad un nobile casato non gli giovò molto per essere amato come altri papi.

A Roma, per lavoro con una gruppetto di colleghi, son voluto ritornare con loro a San Pietro.

Alcuni non avevano mai visitato le tombe dei Papi e colsi anch’io l’occasione per rivedere secoli di storia e della stessa cristianità.

Vicino a me stava un collega genovese, tirchio come dieci genovesi e dieci scozzesi messi assieme; qualcuno pregò davanti ad ogni tomba, altri fecero il segno della croce allorchè giungemmo davanti la tomba di papa Giovanni XXIII°.

Ci inginocchiammo tutti raccolti in preghiera e l’amico genovese tirò fuori dalla tasca mille lire e le infilò nell’apposito contenitore delle offerte.

Lo guardai meravigliato, sapendo anche che era un accanito sostenitore di un partito di sinistra; mi rispose, cogliendo lo stupore del mio sguardo:

“Questo sì che era il Papa di tutti”.

Ero andato anche a Sotto il Monte, paese natale del Papa buono; mi commossi nel vedere la casa, per il vero era una cascina, dove era nato, sia pure lustra e rinfrescata dopo la sua morte.

Il museo, un appartamentino contenente i suoi paramenti, le sue foto: sempre assieme a tanti bambini ed ai contadini del posto.

Povero ma grande e, sebbene osteggiato dalla Curia romana, riuscì a cambiare la Chiesa col suo Concilio Vaticano II° e a rompere la guerra fredda con l’URSS, ricevendo in Vaticano la figlia ed il genero di Krusciov.

La sua

PACEM IN TERRIS

fu, ed a mio parere lo è tuttora, l’enciclica di una tale portata universale che scosse tutto il mondo, particolarmente quella sua parte che si apprestava ad essere ancora una volta sulla soglia di una terza guerra mondiale.

Certo i tempi erano diversi ma chissà perché la Chiesa Cattolica Apostolica Romana fa rinasce un grande fervore presso i fedeli allorchè il Papa proviene da una delle sue Diocesi sparse in tutto il nostro pianeta e non dalla Curia vaticana.

A presto con le

c.d. Leggi Razziali e l’elenco dei suoi “sostenitori”.

lunedì, dicembre 29, 2008

Fini e la questione ebraica sotto il fascismo


Mario Pirani su La Repubblica di oggi, nella sua LINEA DI CONFINE - I critici di Fini ignorano la Storia - difende l'espressione del Presidente della Camera secondo la quale la Chiesa rimase inerte a fronte delle Leggi Razziali.
Nel prossimo post riporterò l'intero articolo di Pirani con, infine, l'indicazione di alcuni nomi che sottoscrissero
il documento base che poi produsse il testo delle Leggi Razziali-
C'è da rimanere sbalorditi ed imbarazzati.

domenica, dicembre 28, 2008

da Bush ad Obama, dopo la notte il giorno ?

20 gennaio 2009
La data in cui Gorge Bush decadrà dalla carica di Presidente
degli Stati Uniti d’America
è oramai vicina.
Tanto si è detto e scritto su di lui, pro e contro, ma quello che riporto qui di seguito è un reportage scritto dall’inviato de
La Repubblica
VITTORIO ZUCCONI
In questa occasione ironico e pungente come non mai.
Da parte mia mi sono limitato ad inserire qualche vignetta e ad un breve commento finale.
“Dice di avere "pianto sulla spalla di Dio"
nei momenti di debolezza e di paura, e in attesa di conferme dall'alto dobbiamo credergli e provare un po' di pietà per il Presidente lacrimoso.
Confessa di "avere pianto più di quando un Presidente di solito pianga", mentre fingeva di fare il duro e il sicuro con noi, in un mondo che gli stava crollando addosso, e la moglie gli ricordava asciutta, come fanno le mogli serie,
"guarda te lo sei cercato tu, questo lavoro".
Il George Bush piangente, ma non pentito, che si autoracconta nella biografia intervista che il New York Times ha potuto anticipare, è una figura che abbiamo visto molte volte, nella storia americana, il re costituzionale deposto sulla soglia dell'esilio, il Napoleone che si imbarca verso la Sant'Elena di una vecchiaia spogliata dalle insegne del potere imperiale. Finalmente, ma non sempre felicemente, solo con la propria vita.
Nella salubre igiene di una Costituzione che innalza uomini (forse domani donne) sulla vetta di un potere senza pari, ma poi li chiude nella cristalliera del passato come i souvenir della nonna evitando il tormento ritorno dei morti viventi che affliggono altre democrazie, Bush è arrivato a quel capolinea che tutti i presidenti sognano e paventano, a una liberazione che è insieme morte civile.
Diventeranno, se vivranno abbastanza a lungo ("e io ho soltanto 62 anni - lamenta George W. - sono ancora giovane") "elder statesmen", statisti in pensione, figure quasi sempre rispettate e tirate fuori dalla vetrinetta della nonna quando ci saranno da offrire saggi consigli che nessuno dei loro successori seguirà.
Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori.
Non ci sono porte girevoli per gli ex presidente.
Ma non esiste altro "job", altro lavoro al mondo nel quale si passi - nelle poche ore della transizione il 20 gennaio di ogni 4 o 8 anni - dalla luce all'oscurità, dall'avere tra le dita gli strumenti per la fine del mondo al guinzaglio del cane da portare a far pipì ai giardinetti, come Barney, quello che gli salvò la vita quando si stava strozzando coi salatini.
"Mi posso già vedere ogni giorno lasciare la nostra bella casa di Dallas, prendere la macchina guidare fino al ranch di Crawford e annoiarmi a morte",
dice al giornalista naturalmente texano e naturalmente amico di famiglia, Richard Draper (nel clan dei Bush, come in quello dei Kennedy, o sei amico di famiglia o non sei niente) che ha raccolto "les adieux" di "W" nel libro Dead Certain, Sicuro a morte.
"Farò discorsi pubblici, per rimpinguare le vecchie casseforti"
che tanto esauste non sono, visto che la fortuna dichiarata di George e Laura ammonta a 21 milioni di dollari.
Ma il "circuito del pollo di gomma", il giro dei discorsi pagati dopo atroci pranzi, è tutto quello che rimane ai pensionati della fine del mondo.
"Mio padre prende 50 mila dollari a discorso, Clinton molto di più", calcola.
E qui si rivela una puntina di invidia.
Per chi si lascia alle spalle ferite aperte o purulente, come sarà l'Iraq per lui o come fu il Vietnam scaricato da Lyndon Johnson a Richard Nixon, le lacrime e i magoni sono anche più grossi, pur se Bush dice di non rimpiangere niente e di avere deciso sempre tutto lui da solo, un'ultima menzogna tanto per non smentire il personaggio.
Ma tutti se ne vanno con il complesso della sinfonia incompiuta, con il peso delle cose non fatte e non dette.
Chi non muore in servizio, in trincea, come Franklin Roosevelt che fu ucciso da un'emorragia cerebrale prima di poter vedere finita la guerra che lui aveva cominciato, o come John Kennedy che più di ogni capo di stato americano nell'età moderna fu un "presidente incompiuto", si porta nel grande nulla oltre l'esilio, l'ombra dei propri inevitabili fallimenti e l'angoscia della decompressione troppo improvvisa.
Johnson, cardiopatico cronico che era miracolosamente sopravvissuto agli shock di Dallas e a cinque anni di disastri di guerra, morì d'infarto, nel suo ranch di Austin, poco dopo aver lasciato la Casa Bianca, stroncato dal riposo.
Truman, avvolto in un'impopolarità che rivaleggia quella di Bush oggi, si consolava strimpellando al pianoforte nella sua Kansas City, mentre Eisenhower, da bravo vecchio soldato che non muore ma si dissolve lentamente, lasciò dietro di sé il monito inascoltato che ancora, e più che mai, risuona vero, contro quel "complesso militar-industriale" che rischiava di prendere il controllo della politica americana, prima di scomparire lungo gli adorati campi da golf della Pennsylvania dove si era ritirato, non lontano dal più famoso ed epico campo di battaglia, Gettysburg.
Carter, frustrato e furioso per il mancato riconoscimento dei propri meriti, si lanciò a segare tavole e assi, per costruire mobilia e case per i poveri, nel paesello natio tra le noccioline di famiglia, in Georgia, dal quale emerge soltanto per impartire lezioni e dare bacchettate ai successori, che nessuno ovviamente segue, ma che danno il senso della sua puntigliosità magistrale che tanto poco lo fecero amare.
Ronald Reagan portò via il suo sorriso scanzonato e il suo ciuffo brylcreem da vecchia Hollywood nascondendo nelle nebbie amare dell'Alzheimer, protetto dalla moglie badante, Nancy, nella loro casa di Bel Air regalata dagli ammiratori, ma alla quale lei aveva fatto cambiare il numero civico, il 666, perché simbolo satanico.
Il passaggio di questa palude Stigia fra il potere e il non potere può cambiare, o rivelare il carattere segreto di uomini che vediamo tutti i giorni, ma che non conosciamo.
L'accorto, cauto, patrizio Bush padre, che nella sua vita non aveva mai fatto un passo azzardato, fu preso dalla passione di buttarsi nel vuoto appeso a un paracadute dopo i 70 anni.
Per suo figlio, che ha accettato, o ha finto, di confidarsi con un giornalista fidato e amico, e mettere la prima pietra della ricostruzione di sé stesso ("masticava furiosamente un sigaro spento", racconta l'intervistatore) il futuro di lavoro sarà in una fondazione per la libertà nel mondo, che è stato il leit motiv della sua presidenza e della sua retorica.
Con l'augurio di non dover più piangere sulla spalla di Dio o, meglio ancora, di non dover far piangere Dio sulla sua spalla”.


Che ricordo lascerà nel tempo futuro questo prossimo ex Presidente ?

Questa foto mosaico realizzata con tasselli del tutto particolari: le foto degli oltre 4.000 marines USA morti in Iraq coinvolti in una guerra senza precedenti in quanto del tutte infondate erano le notizie relative al possesso, da parte del dittatore Saddam, di armi nucleari.
L’ha riconosciuto oramai troppo tardi lo stesso Bush che oltre ai soldati morti si porterà dietro sino alla fine della sua esistenza il peso di centinaia di migliaia di vittime civili innocenti e di aver riscatenato una guerra civile fra le varie etnie irachene da secoli in lotta tra di loro per la mancanza di un severo controllo del territorio.
Se ne è pentito amaramente ma non ha accennato al fatto di essere stato dissuaso da Berlusconi – di questo si è vantato a cose fatte quest’ultimo – di esportare la democrazia in medio oriente a suon di bombe.
Pronti anche noi a piombare sui cadaveri non appena Bush ebbe incautamente ad affermare che aveva vinto la guerra e che la pace era oramai una cosa fatta.
Una delle tante vergognose berlusconate; come quella delle molte nostre imprese che avranno tanto lavoro nella ricostruzione di quel Paese.
NN come risultato, anzi abbiamo dovuto registrare anche morti italiane.
Subentrerà Obama al suo posto, come 44° Presidente; avrà da risolvere gravi problemi derivanti dalle due precedenti amministrazioni Bush.
Intanto ha incominciato a nominare a dirigere nei vari comparti persone esperte oltre che competenti tra i quali anche un repubblicano già operante nel precedente governo.
Questo avviene solo nelle nazioni i cui Presidenti hanno intenzione di lavorare per il bene di tutti e non, come da noi, solo per i ricchi per farli diventare sempre più ricchi a dispetto dei meno abbienti e dei poveri.
Lo Stato berlusconiano ha pensato solamente non a risolvere tutti o gran parte dei problemi derivanti dall’attuale situazione economica ma solo ai suoi a suon di decreti legge ed a far nominare dai suoi nei posti che per prassi consolidata venivano assegnati all’apposizione persone di suo gradimento.
Anche il dialogo con la stessa opposizione è subordinato al suo volere consistente nel fatto che il PD si distacchi dall’IDV !
Insomma pretende di imporre a tutti i suoi comandi ultimativi.
E la crisi ?
Ma cos’è questa crisi ? E chi se ne f……pardon !



sabato, dicembre 27, 2008

Gli zampognari stonati

LE DUE FAMIGLIE
e
GLI ZAMPOGNARI STONATI
del nostro
GOVERNO
a- la sacra famiglia secondo il chierichetto Giovanardi
b- la famiglia secondo i Dico, cioè falsa.
"Natale è oramai alle porte ed i componenti delle due famiglie fanno i conti per verificare quanto possono spendere per passare dignitosamente le prossime festività.
FAMIGLIA A
Giuseppe e Maria sono regolarmente coniugati, hanno un figlioletto, Salvatore, e conducono la loro dignitosa vita prestando la propria opera l’uno come falegname dipendente a 13mila euro all’anno e l’altra come collaboratrice domestica regolarmente assunta dal sig. Caifa a part time a 5mila euro all’anno.
Debbono pagare l’affitto di una stamberga – simile ad una stalla – con canone locativo di 2mila euro all’anno.
Come poter negare a questi poveracci il famoso bonus governativo ?
Altrimenti, come faranno a tirare avanti ?
Invece non l’avranno a causa del loro reddito complessivo di 18mila euro, troppo alto rispetto al tetto dei 17mila euro entro i quali è possibile elargire il bonus per un nucleo familiare composto da tre persone.
FAMIGLIA- si fa per dire- B
Tale sig. Gaudenzio non ha mai inteso impalmare la sua compagna Luana e, così vivono insieme – secondo il Vangelo Giovanardi & Soci Rincoglioneria Riunita S.p.A. - da inverecondi peccatori.
Frutto del loro imperdonabile peccato è Lucio il quale, bello o brutto che sia, vive in mezzo a due incalliti peccatori.
La casa è di loro proprietà ed entrambi i genitori di Lucio lavorano come dipendenti in luoghi di perdizione: uno come barista dove rimedia 16mila euro all’anno e l’altra, la concubina, come cameriera in un albergo malfamato, dove se ne vedono di cotte e di crude, a 15mila euro all’anno.
Beh, direte, rispetto alla famiglia A non se la passano poi proprio male.
Dispongono di un reddito complessivo di 31mila euro all’anno – più le mance e qualche fuori busta – e poi la casa è loro e non hanno da pagare alcun canone.
Tutto vero, però…..il Governo, composto da sapientoni, dice si che ce l’hanno di bisogno il bonus famiglia.
Per i nostri governanti la famiglia B non è una ma due: una composta da Gaudenzio e da Lucio, l’altra da Luana e Lucio; ciascuna delle due famiglie può chiedere il bonus e per intero.
I redditi non si cumulano e, quindi, Gaudenzio con i suoi 16mila euro sta sotto la soglia dei 17mila richiesti come massimo, così come Luana con i suoi 15mila euro.
Gli intelligentoni non lo avevano nemmeno immaginato che, così legiferando, davano un prezioso aiuto ad una famiglia che vive nel peccato perché formata da due persone conviventi “more uxorio” mentre la prende in quel posto una sacra famiglia.
Alla faccia dei dico e della loro indegna campagna contro le moltissime famiglie di cui alla sottospecie B “.

Rielaborazione di una lettera inviata da tale Vincenzo Contegiacomo ad un noto quotidiano vicino all'opposizione.

Ma cosa ci si può attendere da questi stonati zampognari, rincretiniti dalla logorrea del loro capo che pensa sola agli affari suoi.
La crisi, ma cos’è, una bazzecola: la si vince spendendo.
Pensate a spendere e non rompete; io devo sbrigarmi in cose più importanti come la riforma della Giustizia, così la chiama lui, mentre in realtà quello che lui vorrebbe attuare, secondo il Piano di rinascita della P2, è una riforma dei giudici, con i PM sotto il suo potere e controllo.
“Abbiamo sia alla Camera che al Senato una maggioranza schiacciante per cui vinceremo la battaglia”.
Di solito così parlano i dittatori perché questa sparata è la prova incontestabile che con lui stiamo vivendo quella specie di finta democrazia che Alexis de Toqueville
definiva come il più grande pericolo di ogni istituzione democratica:
LA DITTATURA DELLA MAGGIORANZA.

Tanto per capire

NOTIZIE INTERESSANTI
e/o
CURIOSE

LE EMISSIONI DI ONDE NOCIVE
Di
RADIO VATICANA


Una notizia poco diffusa
La Corte di Cassazione ha annullato le assoluzioni accordate nel 2007 in grado d’appello a padre Pasquale Borgomeo ed a padre Roberto Tucci in relazione all'emissione nociva di onde elettromagnetiche provenienti dagli impianti dell'emittente a Santa Maria di Galeria nella capitale.
La terza sezione penale infatti, accogliendo il ricorso della Procura di Roma e delle parti civili - tra le quali alcune associazioni ambientaliste – su conforme parere del Procuratore Generale - ha disposto che nei confronti dei due prelati dovrà essere celebrato un nuovo processo.
I giudici di merito si erano orientati per l'assoluzione rilevando che il fatto non e' previsto dalla legge come reato e che le onde elettromagnetiche non possono essere classificate come cose.
Su queste basi si era ritenuto che i due prelati non potessero essere condannati in base all'art. 674 c.p. che punisce il 'getto pericoloso di cose'.
Questa tesi non è stata però condivisa dalla Suprema Corte di Piazza Cavour che ha dunque disposto un nuovo processo da celebrarsi in altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

LE DIECI TASSE PIU’ ODIATE DAGLI ITALIANI

Benzina, energia elettrica e metano.
Sarebbero, secondo uno studio effettuato di recente da CONTRIBUENTI.it, proprio le tasse che gravano su questi prodotti le più odiate dagli italiani.
Al secondo posto il canone Rai.
Si aggiudica la medaglia di bronzo la Tarsu/Tia.
A seguire il canone di depurazione di acque reflue, i ticket sanitari, l’ICI.
Al settimo posto le tasse di concessioni governative e l’imposta sul bollo.
Chiudono la classifica l’IVA, l’IRAP e, da ultime, le imposte sui redditi.
Sono, insomma, le imposte indirette che si pagano senza tener conto del reddito pro capite, con tanti saluti alla capacità contributiva di ogni singolo individuo.
“Se, infatti, sembra logico da parte del cittadino partecipare al prelievo fiscale collettivo in maniera progressiva rispetto al reddito percepito durante l'anno, non sembra altrettanto accettabile vedersi tassare ripetutamente in base ai consumi. Tale imposizione colpisce il cittadino senza tener contro della propria capacità contributiva in dispregio al dettato costituzionale”.
Così conclude l’associazione in parola.
Lo studio, che individua quindi le dieci accise che gli italiani vorrebbero eliminare, è stato effettuato dall’associazione su un campione di 1500 individui maggiorenni intervistati telefonicamente.
Dall’indagine è anche emerso che solo un cittadino su quattro capisce perché paga le tasse, gli altri tre si definiscono schiavi di un sistema troppo burocratizzato che aumenterebbe il fenomeno dell’evasione fiscale.
Secondo alcuni dati emerge che l’evasione si aggira intorno ai 316 miliardi di euro all'anno.
Il tasso più alto si riscontra nel sud del Paese con una percentuale del 31,5%. “Paradossalmente, le imposte indirette – conclude la nota dell’associazione - incidono maggiormente sulle famiglie più povere anziché su quelle più benestanti. In alcuni casi, poi, addirittura si assiste ad una doppia imposizione indiretta come nel caso dell'applicazione dell'Iva sulle accise presente sull'acquisto di carburante o nel consumo di energia elettrica.”
Una specie di anatocismo - dichiarato illegittimo dalla Corte di Cassazione – che si verificava allorchè sui conti correnti bancari e sui mutui veniva preteso dagli istituti di credito il pagamento di interessi anche sulle somme degli interessi maturati.
Nel caso del carburante e dell’energia elettrica al costo del prodotto si aggiunge l’importo dell’imposta – accise – ed in più quello dell’IVA conteggiata sul costo del prodotto e sulla stessa imposta.
Esempio del costo del carburante:
1 - Costo del prodotto e margine di guadagno.
2 - Accise (cioè tutte le imposte di cui il prodotto è gravato siano esse di carattere locale, regionale o statale).
3 - Imposta sul valore aggiunto, IVA, uguale al 20%.



venerdì, dicembre 26, 2008

Intercettazioni a go go !

Ricatti privati e pubblici dossier

di Paolo Biondani e Gianluca Di Feo

da

L’ESPRESSO

L'archivio del consulente Genchi ( Gioacchino Genchi è un noto consulente in “analisi del traffico telefonico” che ha collaborato con diversi Pubblici Ministeri in importanti inchieste di cui l’ultima con il Dr. De Magistris - già titolare dell’inchiesta passata poi ad altre cure nota come “ WHY NOT”- ndr) riapre il dibattito sulle schedature parallele.

Dai carabinieri agli 007, dal Fisco al Telepass, ecco i giacimenti di informazioni che alimentano i database degli spioni

L'Italia è una Repubblica fondata sul ricatto?

Negli anni bui della prima Repubblica si riteneva che il vero potere nascesse dai dossier, una convinzione nata dagli scandali che si ripetevano con cadenza decennale, dai fascicoli degli spioni del Sifar agli elenchi di Licio Gelli.

 Ma i collezionisti di informazioni riservate, con cui condizionare carriere e affari, non hanno perso il vizio della schedatura.

E ancora oggi è difficile fare un censimento dei giacimenti di dati particolarmente sensibili, dove spesso si mescolano vere notizie e verosimili pettegolezzi.

 L'ultimo allarme è nato intorno allo sterminato database di un consulente delle procure, il poliziotto in aspettativa Gioacchino Genchi, che solo nel corso dell'indagine 'Why Not' avrebbe intrecciato numeri telefonici di 392 mila persone. Materiali acquisiti in modo lecito, ma sulla cui gestione il Garante della Privacy ha appena cercato di mettere ordine.

Basta con le 'relazioni circolari', il meccanismo che allarga gli accertamenti a dismisura affidandoli all'intuito del consulente: il nuovo codice varato dal Garante prevede che i periti possono "raccogliere solo i dati necessari per adempiere all'incarico ricevuto dal magistrato", che deve "autorizzare espressamente l'incrocio" (dei tabulati telefonici, ad esempio).

Terminato il lavoro, i consulenti giudiziari "devono consegnare non solo la relazione finale, ma tutta la documentazione acquisita", con "divieto di conservarne originali o copie senza espressa autorizzazione del magistrato".

Dossier con griffe.

Ci sono invece scorte di incartamenti pirata, come quelli costruiti dalla sicurezza aziendale della Gucci di Firenze, che ha creato migliaia di file schedando dipendenti, fornitori e collaboratori grazie alle notizie vendute da poliziotti e finanzieri corrotti. Tutto aveva un prezzo: tabulati telefonici (dai 100 ai 200 euro), precedenti penali (50 euro), radiografia fiscale (100 euro).

Molto ambiti anche i resoconti del Telepass (50 euro): permettono di conoscere gli spostamenti attraverso l'Italia e avere riferimenti fiscali e bancari sugli accrediti. Perché gli archivi pubbblici fanno acqua e quelli privati fanno paura.

Colabrodo fiscale

I tecnici del Garante si dichiarano consapevoli che "il problema resta enorme".

E negli ultimi mesi hanno provato a mettere in sicurezza almeno le maggiori banche dati pubbliche: ministero della Giustizia e forze di polizia.

 Gli stessi magazzini informatici che, in questi anni, sono risultati sistematicamente saccheggiati da 007, funzionari infedeli e perfino da curiosi con l'hobby del gossip. Le prime verifiche hanno confermato molti problemi di sicurezza e qualche stranezza.

L'archivio pubblico più vulnerabile è l'anagrafe tributaria, che contiene tutte le notizie rilevanti per il fisco sui residenti in Italia.

 Nel provvedimento finale del 18 settembre scorso, il garante Pizzetti scrive che il ministero dell'Economia "non ha alcuna conoscenza dell'effettiva identità e neppure del numero degli utenti che accedono all'anagrafe tributaria", perché non è mai esistita "una certificazione informatica attendibile".

L'ispezione ha infatti documentato che i segreti fiscali e patrimoniali degli italiani potevano essere liberamente violati, oltre che da migliaia di dipendenti statali (centrali e periferici), da "60 mila utenze informatiche intestate a 9.400 enti, tra cui Comuni, Province, Regioni, Asl, università e consorzi".

 Fino a tre mesi fa, ben "3.270 enti esterni" avevano "un collegamento diretto con l'intera anagrafe", consultabile senza lasciare traccia "anche da aziende private come Enel e Telecom", gli ex monopolisti che già dispongono di milioni di informazioni riservate.

 Insomma, un colabrodo dove si potevano arraffare i redditi di Berlusconi e Veltroni, di star del cinema o rivali in amore.

Stato sbadato.

Le indagini giudiziarie documentano che, nei casi più gravi, i dossier sono farciti di materiali sottratti dalle sorgenti migliore, ossia gli archivi di Stato: oltre a redditi e patrimonio (ministero delle Finanze), i controlli di polizia (banca dati del Viminale), precedenti penali (casellario giudiziario), perfino i documenti top secret dei servizi segreti.

La protezione degli archivi pubblici diventa così il primo argine contro i poteri occulti.

 In questi mesi l'autorità per la privacy sta scatenando "un'offensiva" per una corretta gestione delle maxi-centrali informative delle forze di polizia.

E nelle prime verifiche non sono mancate le sorprese.

Gli addetti ai lavori erano convinti che la banca dati più potente d'Italia fosse il Sistema d'indagine (Sdi) delle forze di polizia, che è collegato in rete con analoghi mega-schedari degli Stati europei dell'area Schengen e con alcuni sotto-archivi dell'Interpol (ad esempio nomi, immagini, impronte e Dna dei ricercati internazionali).

In realtà il Garante ha scoperto che nel 2007 tutto lo Sdi occupava tre terabyte.

Una quantità di dati enorme, ma molto inferiore allo stock di informazioni riservate gestite in esclusiva dai carabinieri con i loro fascicoli P, che sta per 'Permanenti' e sono catalogati sia per fatti che per persone: l'Arma ha così un 'archivio documentale' di 60 terabyte, più altri 40 di 'denunce': sono 100 milioni di milioni di byte.

È come se la storia recente degli italiani fosse stata trasferita nei computer.

Ma con l'informatizzazione sarebbe scomparsa ogni possibilità di intrusione furtiva.

Sempre in tema di militari, in passato nelle leggende sul mercato del ricatto c'era una parola magica: Ufficio I.

Si trattava del reparto intelligence della Guardia di Finanza che schedava aziende e cittadini.

In comandi strategici come quello di Milano erano accatastati milioni di cartellini, che rimandavano a fascioli con le risultanze di verifiche fiscali, indagini giudiziarie e persino lettere anonime.

Da un decennio, però, il reparto è stato cancellato e la gestione dei dati rivoluzionata.

I criteri per accedere alle informazioni sono diventati rigidi: ogni ingresso lascia traccia.

L'armadio informatico più delicato, quello del Gico per la lotta alle ricchezze mafiose e alle copertura istituzionali, ha addirittura livelli di autorizzazione preventiva.

A mezzo servizio

Anche gli apparati di intelligence italiani hanno alle spalle decenni di deviazioni e abusi ai danni dei cittadini, come riconfermano le indagini su Sismi e Telecom.

Più volte si è discusso di bonificarne gli archivi e dare una scadenza al segreto di Stato, permettendo così maggiore trasparenza sulle raccolte di notizie.

Gli 007 dipendono dal governo e il primo rimedio nei paesi civili è rafforzare i controlli parlamentari.

 Emanuele Fiano (Pd), che rappresenta l'opposizione nel Comitato parlamentare per la sicurezza (l'ex Copaco, ora Copasir) è "abbastanza soddisfatto" della riforma varata un anno fa dopo l'ennesimo scandalo: schedature illegali dei giudici "nemici del governo Berlusconi", soldi in nero a giornalisti "amici", sequestro di sospettati senza processo e, naturalmente, corruzione per passare i dossier più riservati agli spioni privati.

 "I nostri poteri di controllo sono aumentati, ma il Parlamento italiano non ha ancora veri poteri d'indagine.

Ora comunque la legge autorizza solo un archivio centralizzato.

E prevede inchieste interne affidate un ufficio di ispettori qualificati, da scegliere all'esterno dei servizi".

In questo momento la riforma, che trasferisce le competenze nella lotta al terrorismo dall'ex Sismi (ora Aise) all'ex Sisde (ora Aisi) ha avviato un braccio di ferro anche sulla divisione dei fascicoli, custoditi nel quartiere generale di Forte Braschi e nelle sedi regionali.

Conclude Fiano: "È chiaro che nessuna norma potrà impedire che un agente infedele commetta reati, ma oggi ritengo che il vero problema sia un altro: lo spionaggio privato, la sorveglianza occulta dei cittadini organizzata su scala industriale".

 Vizi privati

Il Garante chiede da tempo un intervento legislativo per autorizzare un monitoraggio pubblico dei grandi archivi informatici privati.

Per ora la classe politica si è preoccupata soprattutto di ostacolare e rallentare, con decine di leggi-vergogna, le indagini legali della magistratura, comprese quelle contro gli spioni.

 Per le compagnie di telecomunicazioni, che sono il settore a più alto rischio, una legge varata dopo vari aggiustamenti europei impone di conciliare il diritto alla privacy con le esigenze di giustizia: le aziende sono obbligate a conservare per 24 mesi i dati telefonici e per 12 quelli telematici (come gli accessi a Internet), perché altrimenti troppi delinquenti resterebbero impuniti.

Ma per evitare tentazioni spionistiche, scaduto quel termine le compagnie dovrebbero "cancellarli o renderli anonimi".

In quanto tempo?

 La formula è ambigua: "senza ritardo", ma "compatibilmente con le procedure informatiche".

La più recente direttiva del Garante, che 'L'espresso' è in grado di anticipare, riguarda lo spionaggio interno alle aziende: dipendenti sorvegliati di nascosto in violazione dello Statuto dei lavoratori; dirigenti controllati dai superiori o dai concorrenti.

Un fenomeno "massiccio", che l'autorità di protezione punta a limitare partendo da una figura chiave: l'amministratore di sistema.

Pochi lavoratori sanno che i responsabili dei computer aziendali, incaricati del salvataggio dei dati (back-up) o della manutenzione delle macchine (hardware), possono leggere tutto.

 "Le ispezioni anche in grandi aziende hanno riscontrato una preoccupante sottovalutazione dei rischi" e "la scarsa conoscenza del ruolo e perfino dell'identità" di questi "controllori incontrollati".

Quando verrà pubblicata sulla 'Gazzetta ufficiale', la direttiva imporrà "entro 1120 giorni" di "identificare" gli amministratori di sistema, verificarne "l'affidabilità" e "registrarne gli accessi" con strumenti "inalterabili".

Il server nero

Per capire quanto sia grave, nell'era dell'informatica, il pericolo di un sistematico controllo occulto dei cittadini, forse basta misurare quanto resti forte, dopo decine di arresti, l'ormai famosa centrale di spionaggio privato che fino al 2006 era capitanata da Giuliano Tavaroli, l'ex carabiniere che per un decennio è stato il capo della security del gruppo Pirelli e dal 2001 anche di Telecom.

 Descritta dai giudici come "una potentissima struttura illegale di investigazioni clandestine degna di un servizio segreto di una media potenza", quella micidiale fabbrica di dossier personali è stata in apparenza sgretolata da tre anni di inchieste della Procura di Milano.

 In realtà i pm ammettono, nei loro verbali, di aver potuto scoprire solo la punta dell'iceberg.

A Milano, il 5 aprile 2007, i carabinieri hanno messo sotto sequestro un supercomputer negli uffici centrali del gruppo in via Negri, accanto alla Borsa. Gli inquirenti lo chiamano "il server nero di Pirelli-Telecom".

Ha una memoria spaventosa, distribuita su un'intera pila di hard-disk collegati.

E contiene tutti i dati delle più intrusive azioni di spionaggio organizzate per anni da quell'associazione per delinquere : le indagini dicono che in quella macchina siglata 'RM 8000' sono custoditi, ad esempio, i risultati del cyber-attacco che svuotò i computer di tutti i manager di prima fila del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera, poco prima di un delicato cambio degli equilibri azionari.

Lì dentro c'è anche una copia del maxi-archivio informatico di un gigante come la Kroll, forse la più grande agenzia investigativa del mondo, carpito dai tecnici italiani del 'Tiger Team' di Pirelli-Telecom al culmine di un memorabile scontro tra spie private in Brasile.

Ebbene, venti mesi dopo il sequestro, il supercomputer è ancora inviolato.

La sua memoria è protetta da una password molto particolare, composta da trentadue caratteri.

I capi del Tiger Team però giurano di averla dimenticata. Un tecnico ricorda vagamente che conteneva un verso petrarchesco: "Chiare fresche e dolci acque". La Procura ha affidato ad alcuni tra i più autorevoli docenti italiani di cibernetica il compito di decifrarla, chiedendo aiuto anche una società statunitense che lavora per l'Fbi.

La risposta degli esperti è che una possibilità teorica ci sarebbe, ma praticamente la missione è impossibile: per esaurire tutte le possibili combinazioni, bisognerebbe far lavorare diversi computer solo su questo obiettivo "per parecchi anni".

Per i pm Napoleone, Piacente e Civardi, beninteso, gli altri archivi illegali già decifrati - con la collaborazione del Politecnico di Torino - bastano e avanzano a provare le accuse di aver spiato illegalmente circa quattromila persone (tra cui i dipendenti) e 350 società (tra cui i concorrenti), riuscendo a violare perfino i segreti dei servizi italiani e stranieri, partiti politici e scorte del presidente del Consiglio.

Nel suo più inquietante interrogatorio, Tavaroli snocciolò ai magistrati un lungo elenco di grosse aziende private, sfidandoli a verificare se per caso anche le divisioni sicurezza delle imprese concorrenti usassero gli stessi sistemi spionistici. Come dire: così fan tutti.

(23 dicembre 2008)

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Che dire ?

Ricordo che quand’ero ragazzo per difendere la privacy familiare bastava chiudere le finestre ed un giro di chiave alla porta di casa.

Poi un giro di chiave ad una semplice serratura non bastò più ed ecco apparire il catenaccio e le finestre ben serrate e protette ai piani inferiori con delle inferriate così come quelle che si possono ammirare sulle finestre delle celle delle carceri.

Continua la serie degli accorgimenti antintrusione ed ecco le moderne porte blindate con tre serrature, allarmi in ogni apertura di finestre o balconi, telecamere e cose del genere.

Ci illudiamo ma restiamo sempre alla mercè di tutti, anche sul posto di lavoro nonostante che alcune leggi impongano l’esposizione ben visibile di cartelli con cui si avvisa dell’esistenza di una video-sorveglianza.

Si, anche sulle strade.

Siamo una finestra aperta per coloro che potrebbero anche approfittare con mezzi subdoli e non; se usi la carta di credito per i pagamenti in molti vengono a sapere dove hai speso la somma ed il suo importo.

Col Telepass, comodo sin che si vuole per evitare le file chilometriche ai caselli autostradali, indichi a chi poi controlla per addebitarti la somma i tuoi spostamenti.

Anche se la maggioranza di noi non ha nulla da nascondere scoccia un po’ che vi siano persone, anche se oneste, che sono costrette a “spiarti”.

Forse si è esagerato un po’ troppo e l’inchiesta dei due bravi giornalisti del L’Espresso ne è l’esempio più lampante.

Quello che sarebbe da combattere è lo “spionaggio” privato e colpire duramente chi continua a farlo scientificamente.

Solo la magistratura, checché ne pensi l’Ultimo, può autorizzare le intercettazioni telefoniche allorchè le stesse siano ritenute necessarie per la conferma di prove nel corso di una istruzione in sede penale ovvero anche per ottenerle.

E noi al pc non abbiamo escamotage di sorta anche se vi sono di già programmi che cancellano dalla memoria i file che l’operatore definisce come “anonimi”;

una volta finito l’uso dello stesso viene rimosso automaticamente ogni traccia.

Tra qualche tempo qualcuno troverà il modo per rintracciali comunque.

E così sarà; è proprio questa la tipica evoluzione dell’imbroglio.