sabato, ottobre 03, 2009

da Libertà e Giustizia

LIBERTA’ e GIUSTIZIA

Ormai ci siamo: oggi (sabato 3 ottobre 2009 a piazza del Popolo, ore 15.30), si dirà

"No all'informazione al guinzaglio".

Qual è l'obiettivo che si propongono la Fnsi e gli altri promotori (fra i quali anche la nostra "Libertà e Giustizia") dell'iniziativa?

Soprattutto reagire alle minacce, alle intimidazioni, al tentativo di imporre in vari modi il silenzio ai giornalisti non allineati, "dalla legge bavaglio sulle intercettazioni, alle cause civili miliardarie contro la stampa", ricorda Franco Siddi, segretario della Fnsi. Berlusconi ha già definito la manifestazione "Una farsa assoluta, questa antitalianità fa male al paese".

Tanto per chiarire quale futuro si progetta per i media, proprio poche ore fa il Pdl del Senato ha presentato un ddl di modifica dell'articolo 21 della Costituzione (sulla libertà di stampa), per vietare "le pubblicazioni e gli spettacoli lesivi del diritto alla riservatezza delle persone".

Per usare un'espressione cara al premier, "le gazzette" - in questo caso non quelle di sinistra, bensì quelle vicine al governo e alla maggioranza - deridono e contestano la manifestazione di sabato, sostenendo che in Italia esiste la più grande libertà di stampa:

"In edicola si comprano tanti giornali di opposizione, nessuno viene censurato, nessun quotidiano viene chiuso d'autorità!

Quindi, perché andare in piazza?".

Certo, non siamo in Honduras dove il presidente Micheletti con un decreto ha proibito

"le dichiarazioni dei media che vadano contro le risoluzioni del governo".

Da noi la libertà di stampa è minacciata in modi più sottili e subdoli.

L'ultimo caso è quello di "Anno zero":

essendo difficile chiudere tout court il programma, lo si ostacola con ogni mezzo (ritardo nella firma del contratto di Travaglio) e si convocano i dirigenti Rai.

Altra trasmissione sgradita è "Report" : alla Gabanelli volevano togliere la tutela legale (garantita solo da poco).

E' iniziato (con sordi brontolii governativi) "Parla con me" della Dandini, che dice:

"La censura non è solo chiudere un programma, ma se il governo si mette a controllarlo, toglie serenità".

Insomma il potere interviene tentando di "azzoppare" i giornalisti.

Le "gazzette" che "cantano le canzoni" del governo sostengono:

i telespettatori che pagano il canone non ne possono più della Tv pubblica "contro" il premier e l'esecutivo.

Però, i servizi televisivi devono rappresentare tutti, non solo gli elettori del centrodestra (alle europee, Pdl, Lega, Destra e Fiamma, voti totali circa 15 milioni), ma anche di opposizione (tra Pd, Idv e sinistre varie circa 12,5 milioni di voti, più l'Udc, 14,5 milioni).

Quindi vanno considerate le preferenze Tv degli uni e degli altri.

Pochi numeri ancora, che hanno un valore politico:

"Anno zero" (che peraltro non è mai tenero con l'opposizione) la settimana scorsa ha raggiunto il record di spettatori (circa 6 milioni) ma va in onda una volta alla settimana per 8-9 mesi all'anno, così come gli altri programmi, diciamo così, "contro".

Invece, il Tg1 del fedelissimo Minzolini (circa 5 milioni di televedenti), ovviamente va in onda ogni giorno, più volte al dì, per tutto l'anno, 365 giorni.

E influenza in modo persistente chi lo vede.

Come gli altri Tg delle televisioni di proprietà del Cavaliere.

Conflitto di interessi anomalo e inconcepibile per tutte le altre democrazie del mondo, com'è noto.

E' questo è uno degli elementi chiave di minaccia alla libertà di stampa in Italia. Berlusconi, poi, vale la pena di ricordarlo, è anche proprietario di quotidiani e settimanali, case editrici e della maggiore impresa di pubblicità.

E tutta questa spropositata concentrazione di poteri in mano al capo del governo non è un pericolo per l'informazione libera?

Non contento del controllo sui media che possiede, il premier ha promosso anche cause civili per milioni di euro contro giornali liberi come "Repubblica" e "L'Unità", colpevoli di avergli rivolto domande scomode o aver scritto articoli critici.

La forza di Berlusconi è tale che si può permettere di dire qualsiasi cosa, anche la più grave, senza sollevare reazioni adeguate, perché ormai l'opinione pubblica e anche molti giornalisti sono assuefatti alle provocazioni.

A giugno scorso, il premier, a Santa Margherita Ligure, raccomandava agli industriali di "non dare pubblicità" ai giornali "catastrofisti e pessimisti".

Applausi della qualificata platea!

Ancora. Conferenza stampa a palazzo Chigi, giorni fa: il premier si rivolge ai giornalisti con volto serio:

"Ho invitato i ministri a non rispondere più a domande sul gossip e voi d'ora in poi potete farne solo di politica vera".

Silenzio in sala.

E ancora.

Alla festa del Pdl a Milano:

"Siamo il partito più forte, l'unico che può governare, con alleati come la Lega.

Saremo qui per sempre!".

Sfida e delirio.

Platea entusiasta.

Eppure il giorno dopo alcuni importanti quotidiani hanno trascurato questa frase o l'hanno messa a pagina 8, come fosse tutto uno scherzo.

Berlusconi può dilagare senza ostacoli in Tv: oltre alle dirette frequenti dall'Abruzzo, a "Porta a Porta" senza concorrenti, anche "Uno mattina".

Ha un desiderio....:

"Chiamatemi più spesso, così mi sento meno solo".

Il conduttore, senza pudore (come ha segnalato proprio il nostro sito):

"Lei qui è a casa sua"!

Eppure il premier si lamenta.

"Obama è andato in cinque diverse Tv a dare interviste sulla riforma sanitaria.

L'avessi fatto io, avrebbero detto che sono un dittatore...".

Ma il presidente Usa non è proprietario di televisioni e giornali, e non va in onda per minacciare

"Non date pubblicità a chi mi critica"

e non dice ai giornalisti

"Non potete farmi queste domande ma solo queste altre"!

Di più:

"Ci sono troppi farabutti nella stampa"

o anche

"Quelli sono giornalisti delinquenti!".

Qualcuno ha idea di cosa capiterebbe ad Obama se si presentasse nella sala stampa della Casa Bianca a fare dichiarazioni simili a quelle del nostro premier?

Berlusconi non ama le domande dei media, non tollera critiche ("Siete antitaliani!"), e preferisce giornalisti intimiditi, se non proprio in ginocchio.

E non dobbiamo preoccuparci?

Si va alla manifestazione di sabato per resistere, come scrivono i tre giuristi nell'appello di "Repubblica",

"al tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa e di anestetizzare l'opinione pubblica".

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