giovedì, ottobre 15, 2009

Perchè si sappa


PERCHE’ SI SAPPIA

Se la Sicilia piange la Calabria non ride

Navi affondate e rifiuti radioattivi, la verità emerge dagli abissi

di

Italo Romano

Calabria, la mia terra, la regione in cui sono nato e in cui ho vissuto metà della mia vita.

Qui il buon Dio e madre natura hanno dato sfogo al loro ingegno e alla loro fantasia.

Solo chi è passato di qui può avere una idea di quello che intendo…

Spiaggie sabbiose, costiere impervie, isole magiche, golfi incantati e mare cristallino da una parte,

catene montuose incontaminate, riserve naturali e paesaggi invidiati da tutto il mondo dall’altra.

Questo connubio perfetto rende la mia Calabria una terra unica.

Ma ben sappiamo che l’uomo è abilissimo a

complicarsi la vita e a inaridire tutto ciò che sta intorno.

Negli ultimi anni, specie dal dopo guerra a oggi, il territorio calabrese è stato violentato.

Trattato alla stregua di una discarica, subaffittato a ‘ndrangheta, faccendieri e politicanti da quattro soldi,

il nostro martoriato territorio inizia a essere saturo e, come si dice in questi casi, qualcuno dovrà pagar dazio…

In questi giorni è stata scoperta una grossa nave mercantile, adagiata, a circa 20miglia dalla costa e a 400 metri di profondità,

sul fondale marino antistante Cetraro, piccolo centro del Tirreno in provincia di Cosenza.

La nave è stata scoperta dal mezzo telecomandato sottomarino della nave che la Regione Calabria sta utilizzando per fare luce

sulla vicenda che vede la zona di mare del Tirreno come possibile deposito di scorie tossiche o forse anche radioattive.

Si tratta di un mercantile del tipo ro-ro lungo almeno 120 metri con un profondo squarcio sulla prua dal quale si intravedono anche dei fusti.

Due contenitori sono visibili anche all’esterno della nave.

Dai primi accertamenti risulta che la stiva è piena, ma non si sa di quale materiale.

Le ricerche sono state affidate alla motonave Coopernaut Franca, chiamata e pagata dalla Regione Calabria su disposizione

del Procuratore di Paola, Bruno Giordano, nell’ambito di un’inchiesta sull’illecito smaltimento di rifiuti tossici.

L’ubicazione della nave fu segnalata da un pentito, Francesco Fonti, e secondo le prime indagini si tratterebbe del

Cunski affondato nel Tirreno insieme al suo carico di rifiuti radioattivi.

Ma addentriamoci nello specifico, ripercorriamo le tappe di quello che è uno dei più grandi scempi ambientali conosciuti.

Siamo entrati in uno di quegli anfratti della buia storia italiana, misteri, depistaggi, omicidi, servizi segreti, faccendieri, mafie, politica…

Parliamo delle tristementi famose navi a perdere, ovvero di quei mercantili che durante gli anni ‘80-’90 venivano fatti affondare volutamente insieme ai loro carichi di veleni.

Una delle c.d.

“CARRETTE DEL MARE”

E’ una storia lunga oltre 30 anni, una storia in cui oggi si inizia a fare luce con il ritrovamento del mercantile.

Potremmo essere di fronte un disastro ecologico di proporzioni bibliche.

Si, perchè sono state tante le navi (si parla di oltre 30 navi), cariche di scorie radioattive e di rifiuti tossici, affondate nel Mediterraneo.

Tale traffico navale persiste tutt’ora, direzione Africa, e magari la Somalia.

Le prime inchieste in materia hanno inizio all’alba degli anni ‘90 mediante un esposto del dott. Enrico Fontana (all’epoca responsabile dei Centri di Azione Giuridica di Legambiente) presso la Procura di Reggio Calabria indicante i sospetti del traffico di rifiuti tossici tra le regioni del nord e la Calabria.

Iniziavano così le indagini che venivano affidate al dott. Francesco Neri e un piccolo pool di investigatori (tra i quali figura il capitano di corvetta Natale De Grazia, che perderà la vita investigando sulla vicenda), sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica della Pretura di Reggio Calabria.

La macchina fu messa in moto dallo strano spiaggiamento del mercantile Jolly Rosso.

Da quel giorno sono state aperte inchieste, si è indagato, hanno parlato pentiti, sono stati setacciati mari e monti ma, tutto è avvenuto nel silenzio tombale dei medium fantocci, schierati a difesa dei potenti.

Intanto la Calabria è stata inzuppata di rifiuti di ogni sorta proveniente dalle grandi industrie del nord e dallo smantellamento delle centrali nucleari italiane

(avvenuto dopo il referendum del 1987).

L’inchiesta viene spostata dalla Procura di Reggio Calabria a quella di Lamezia, per poi definitivamente approdare alla Procura di Paola nel 2003.

La prassi a delinquere è sempre stata la stessa:

le navi, cariche di schifezze di ogni genere, venivano fatte affondare in zone dove i fondali marini erano particolarmente profondi;

il tutto veniva fatto passare come un “normale” incidente, così da usufruire pure del premio assicurativo.

Incredibile!

Oltre il danno pure la beffa.

Le navi affondate sono centinaia e il loro tossico contenuto ha irrimediabilmente alterato l’ecosistema marino.

Erano tutti a conoscenza di questo traffico illecito e di questo smaltimento assurdo di rifiuti ma, il tutto era circondato da un alone di mistero e riservatezza che davano un colorito leggendario all’intera faccenda.

Ricostruiamo la vicenda.

Il 14 Dicembre 1990 alle ore 7:55 dalla nave Rosso parte un mayday.

La nave si trovava al largo della costa di Falerna, in balia delle onde, lo scafo bucato, stava per essere inghiottita dalle acque del Mediterraneo.

Alle 10:15 il capitano e gli altri 15 membri dell’equipaggio vengono recuperati da due elicotteri e trasportati a Lamezia Terme in ospedale per controlli.

Il comandante della nave si chiama Luigi Giovanni Pestarino.

La nave non affonda al largo ma viene trascinata dalla corrente verso riva.

Alle ore 14:00 avviene lo spiaggiamento della nave ad Amantea, località Formiciche.

La nave era salpata dal porto di la Spezia il 4 dicembre, con scalo a Napoli, destinazione Malta, era il suo viaggio di ritorno, fu anche il suo ultimo.

Durante l’incidente ci sono tante navi in zona, una su tutte, la Jolly Giallo prova a prestare soccorso all’equipaggio ma il mare in burrasca

è un nemico troppo grande da affrontare.

La cosa curiosa è, che, entrambi le navi appartengono alla stessa ditta, Messina&Co. di Genova.

Il nome precedente della Rosso era Jolly Rosso, famosa nell’ambiente con il nome di nave dei veleni.

Il suo nomignolo deriva dal fatto che questa nave riportò in Italia le diossine di Seveso sparse per il globo e in attesa di smaltimento.

L’incidente della motonave genovese è diventata così una storia di intrecci, omissioni, misteri, testimonianze, morti etc.

Durante il sopralluogo delle forze dell’ordine non fu trovata la falla causa dell’incidente per cui si sospetta l’apertura di una tubatura

per lo scarico a mare di carburante o di materiali di qualsiasi sorta.

La falla in seguito viene trovata, nascosta dalla sabbia ma, lo squarcio ha un forma sospetta,

ovvero è un buco da cannello ossidrico, quindi fatto volutamente.

Le indagini seguenti portano a pensare che questo buco sia stato fatto mentre la nave era già arenata

per portare via qualcosa che qualcuno non doveva vedere.

All’appello mancano cinque container.

Ci sono forti sospetti che la Rosso trasportasse rifiuti altamente pericolosi.

Questi sospetti divennero più forti che mai quando fu chiamata la Smit Tak per le operazioni di recupero.

La Smit Tak è una società olandese specializzata nel recupero navi e salvataggi marino, è un’impresa molto grossa,

fu opera loro il recupero del Kursk, sottomarino nucleare russo affondato nel mare di Barents.

La ditta è specializzata nella bonifica di incidente che vedono interessato materiale radioattivo.

I tecnici lavorano per 17 giorni sul relitto marino e poi mollano le tende sciogliendo il contratto con la Messina&Co.

L’armatore fa sapere che secondo la Smit Tak il recupero della nave era impossibile.

Ma in quei giorni secondo fonti e testimonianze era un via vai continuo di camion che trasportavano i rifiuti

nelle vicine discariche di Amantea di giorno e di notte i mezzi si addentravano nelle Serre

(la catena montuosa che costeggia il tirreno cosentino) fino alla località Foresta.

Qui sotto il letto del fiume sono state rilevate elevate tracce di radioattività e migliaia di metri cubi di fanghi industriali.

Non sarebbe neanche la prima volta che rifiuti provenienti dalle grandi industrie del nord vengono nascosti nelle montagne della mia Calabria.

Si sa che in Aspromonte, zona montuosa nella provincia di Reggio Calabria, non ancora del tutto mappata,

ci sono oltre 500 siti protetti da gente armata.

Alla frontiera di Chiasso uomini della Guardia Forestale, seguendo una pista di smaltimento illegale di rifiuti tossici,

fermano un distinto signore con una valigetta piena di documenti che riguardano lo smaltimento di rifiuti radioattivi.

Bingo! Si tratta di Giorgio Comerio, trafficante d’armi, massone e feccendiere dei grandi finanzieri internazionali.

La Comerio Industry of Malta era la società del’ingegnere italiano, produttrice delle telemine e specializzata nello smaltimento illegale di riufiuti radioattivi.

Nel 1995 il sostituto procuratore Francesco Neri emette un mandato di perquisizione per la villa di Comerio.

Qui vengono trovati i dossier dei paesi (Somalia, Sierra Leone, Congo etc.) che avrebbero venduto i siti marini

per lo stoccaggio delle scorie in cambio di armi.

E poi viene trovata un’agenda, dove a data 21 Settembre 1987 riporta una strana scritta:

lost the ship, ovvero nave affondata.

Quello stesso giorno affondò la motonave Rigel, 20 miglia a sud di Capo Spartivento (RC), insieme al suo carico di 3000tonnellate.

Inoltre viene trovala la medesima mappa della ODM (Oceanic Disposal Management)

sugli eventuali siti di stoccaggio rifiuti in mare rinvenuta nella Jolly Rosso.

In seguito si scoprì che l’ing. Comerio nel 1988 tentò di acquistare la Jolly Rosso.

Sempre nel 1995 il capitano De Grazia parte per La Spezia per studiare viaggi e affondamenti sospetti di alcune navi.

Le navi su cui si indaga hanno peculiari caratteristiche comuni:

1)Sono tutte affondate nel Mar Mediterraneo;

2) Sono tutte affondate in circostanze misteriose;

3) Sono tutte affondate in zone in cui il mare è particolarmente profondo;

4)Sono tutte sospettate di trasportare carichi pericolosi;

5) Erano carrette del mare;

Le navi in questione erano:

A) La motonave Aso, affondata il 6 Maggio 1979 a largo di Locri(RC) insieme a 900tonnellate di solfato di ammonio

(altamente tossico, derivato da prodotti di reazione nelle industri chimiche);

B) La motonave Barbara, affondata il 26 Giugno 1982 in direzione dell’isola di Zante, insieme a 1200 tonnellate di manganese

(altamente tossico, ossida qualunque materiale organico con cui viene a contatto ed è stato provato che esposizioni

a questo metallo possono provocare la prematura comparsa del Morbo di Parkinson);

C) La motonave Mikigan, affonda il 31 Ottobre 1986 a largo di Capo Vaticano (VV), con i suoi container pieni di polvere di marmo e cemento;

D) La motonave Alessandro I, affonda il 1 Febbraio 1991 a largo di Molfetta (in Puglia),

insieme a 3500tonnellate di rifiuti tossici provenienti da Gela derivati dalla lavorazione del petrolio;

E) La motonave Marco Polo, va in balia delle onde nel Maggio 1993 nel canale di Sicilia e si arena in Tunisia,

disperdendo i suoi container nel Mediterraneo;

F) La motonave Karoline, affonda il 7 Novembre 1995 nei dintorni dell’isola di Ustica

con tutto il carico di sostanze imprecisate, tra cui il torio (metallo radioattivo);

G) La sopracitata Rigel;

H) La famosa Jolly Rosso;

La sceneggiatura la conosciamo, la scena è sempre la stessa, i protagonisti li abbiamo presentati, ora manca la cosa fondamentale…la regia.

Eh si, perchè per dar vita a questa trama machiavellica, vi è bisogno di grande organizzazione.

Chi in questa mia terra così martoriata detiene il controllo e organizza la vita economica?

La ‘Ndrangheta!

Quello dello smaltimento dei rifiuti è un business remunerativo tanto quanto quello della droga e quello delle armi.

E allora ecco spiegate le case e le strade fatte di rifiuti nel crotonese (Black Mountain),

la pista dell’aeroporto di Reggio Calabria fatta con sostanze tossiche,

viale Giacomo Mancino a Cosenza in parte ancora sotto sequestro per l’interramento di sostanze non definite etc.

Qui la mafia ha il totale controllo del territorio e di tutte le istituzioni,

i veleni sono interrati nella nostra terra e defluiscono nelle sorgenti, nel mare, nei terreni agricoli

e entrano nella catena alimentari e ci uccido inesorabilmente.

Tale scempio lo pagheranno anche le generazioni future con malattie e sofferenze.

Tutto ciò in nome del profitto, è sconcertante.

A tutto ciò sono collegati le morti della giornalista Ilaria Alpi e del suo cameramen Miran Hrovatin.

Loro avevano intuito la grande macchina satanica.

I carichi di rifiuti venivano spediti o nei fondali marini con il consenso degnamente remunerato delle mafie locali

o nel Corno d’Africa dove i signori della guerra prostituivano il loro territorio in cambio di armi.

Ma qua scaliamo nuovamente la piramide, siamo arrivati al produttore, a chi comanda veramente perchè mette la moneta.

Qui c’è puzza, qui c’è la massoneria, i servizi segreti deviati, lo Stato e suoi mezz’uomini che agiscono nei meandri oscuri del palcoscenico.

Sempre tra i dossier di Comerio viene trovato un certificato di morte, è quello di Ilaria Alpi.

E’ tutto collegato, i due giornalisti avevano scoperto la pista giusta per questo sono stati uccisi, fu tutto pianificato.

I rifiuti radioattivi furono sepolti in Somalia e, un altra prova schiacciante ce la fornisce madra natura.

Durante lo sciagurato tsunami del 2006 che colpi l’Asia meridionale, l’onda anomala arrivo fino alle coste della Somalia

portando a galla fusti contenenti materiali tossici e radioattivi.

Ecco spiegati gli invernali pirati somali che sequestrano le “innocenti” motonavi italiane come la Bucaneere.

Per anni questi vicende sono state taciute, le persone che hanno cercato di fare luce e fare giustizia sono state minacciate,

depistate, intercettate, spiate, inseguite e come nel caso del capitano Natale Di Grazie, di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin uccisi.

Ora col ritrovamento del relitto del Cunski il caso della navi a perdere ritorna alla ribalta.

E’ ora di rendere giustizia a chi, a spese della propria vita, a inseguito la verità.

Molte persone dovranno rendere conto dinanzi all’Italia tutta colpevoli di genocidio e di catastrofe ambientale.

Qui, in Calabria, la gente si ammala e muore, leucemie e tumori si sono moltiplicati per dieci negli ultimi anni.

Questo è il momento di agire, di non lasciare soli chi in questi anni ha lottato contro i mulini a vento.

Le istituzioni hanno il dovere di dar voce e seguito alle indagini della Procura di Paola.

Noi, la popolazione intera dobbiamo gridare basta a questo scempio, basta alle menzogne, basta ai misteri,

basta a questo Stato per pochi sulle spalle dei molti.

La nostra terra siamo noi è ora di smettere di piangere, è ora di smettere di interessarsi a gossip e calciatori miliardari,

è ora di andarci a riprendere il nostro futuro.

Qui in questa terra la loro concezione di stato non ha senso di esistere, una vita sola vale più di qualsiasi somma di denaro immaginabile.

In questi anni è nato il Comitato per la verità, costituito da Legambiente insieme a magistrati, giornalisti, esponenti politici,

familiari di vittime, ambientalisti, impegnati nel combattere vicende legate al traffico illeciti di rifiuti,

che hanno deciso di sostenere le attività di indagine giudiziaria e giornalistica di contrasto alle ecomafie.

Ora le massime istituzioni devono collaborare.

La Regione Calabria è stata lasciata sola sia moralmente che economicamente nelle indagini e nella ricerca marina.

Volutamente per occultare anni e anni di politiche forsennate e senza senso.

Chi si tirerà indietro potrà considerarsi complice, basta mezze verità, qui si ha sete di giustizia…

la verità deve venire a galla.


Cosa poter aggiungere ?

Solamente un grazie a colui che ha avuto il coraggio di scrivere su un tema così scottante per molti che oggi la fanno da padroni,

anche al Governo ed in Parlamento.

Perché e purchè si sappia.

Grazie.

Nessun commento: