mercoledì, novembre 25, 2009

Porta a Porta, il conduttore ci ricasca

Delitti in Tv

La verità mediatica va ridimensionata

Vacilla la ricerca della verità mediatica nei talk show.

Infatti, nelle trasmissioni che si occupano di gravi delitti non si possono ripercorrere ipotesi investigative di sospetti degli inquirenti senza precisare che tali sospetti non hanno avuto riscontro.

Altrimenti il giornalista rischia una condanna per diffamazione.
A questa importante conclusione è giunta la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 45051 del 24 novembre u.s., pur prendendo coscienza di questa ricerca spasmodica della verità mediatica su alcuni delitti in molti talk show italiani, ha fissato dei paletti stringenti sul diritto di cronaca.
La V^ Sezione penale ha infatti confermato la condanna nei confronti di un noto condutture e di una giornalista che avevano rappresentato in una scheda delle ipotesi investigative scabrose senza precisare che poi tali ipotesi non avevano avuto un riscontro oggettivo.
Infatti, hanno motivato gli Ermellini, la scriminante putativa dell’esercizio del diritto di cronaca è ipotizzabile solo qualora, pur non essendo obiettivamente vero il fatto pubblicato, il giornalista abbia assolto l'obbligo di esaminare, controllare e verificare quanto oggetto della sua narrativa, al fine di vincere ogni dubbio, non essendo sufficiente l'affidamento riposto in buona fede sulla fonte, e, quando si intende pubblicare la notizia di un fatto lesivo dell'altrui reputazione, la verifica, per una deontologica esigenza di garanzia, va fatta quando ciò è possibile, interpellando la persona che dalla pubblicazione risulterebbe lesa, anche per riceverne eventuali giustificazioni o spiegazioni”.

Debora Alberici

Sento nell’aria un ronzio di un insetto alquanto pericoloso e molesto;

non è per caso che la sentenza faccia riferimento ad una trasmissione televisiva molto frequentata dal nostro Premier e dai suoi sostenitori in quanto il giornalista – conduttore è per loro un insuperabile padrone di casa ?

Vado a leggermi la sentenza dalla A alla Z.

Quel ronzio non era frutto di un intuito perché solo in quella specie di salotto sono stati dibattuti tutti i processi di un certo clamore.

Accennandosi, talvolta, da parte di un qualche intervenuto a sputare sentenze assolutorie o di condanna per l’imputato o gli imputati di turno.

Una specie di allegra passerella su eventi drammatici sia per chi è in attesa di giudizio che per le parti lese.

Fortunatamente senza brindisi finale.

In termini pratici la Suprema Corte, nel confermare la sentenza di condanna dei due imputati (il conduttore e la giornalista ), ha così concluso:

“Nel caso di specie, correttamente il giudice d’ appello ha ritenuto che gli imputati, nelle rispettive qualità, siano venuti meno ai doveri deontologici con ciò arrecando un danno ingiusto al ..…..ed ai suoi familiari, pur essi lesi dall’offesa alla memoria della loro congiunta, la cui tragica scomparsa è stata gratuitamente accostata a fatti riservati di vita familiare od a scenari oscuri ed inquietanti, quali rivenienti da un coacervo di mere congetture investigative o giornalistiche rimaste prive di riscontro o persino smentite da sentenza divenuta irrevocabile.

Per quanto precede ………..

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti (conduttore e giornalista), singolarmente, al pagamento delle spese processuali nonché in solido alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente giudizio, che liquida in euro 3.000,00 comprensivi di onorari, oltre accessori come per legge”.

L’evento che ha originato in sede penale questa querelle è il

DELITTO DELL’OLGIATA

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