MA MILAN L’E’ ANCAMO’ UN GRA MILAN ?
Cade in proposito, come manna dal cielo, un interessante articolo pubblicato su
la Repubblica
in data 27 ottobre 2009
dal titolo:
Il nostalgico dialetto della Moratti
(pardon della sig.ra Letizia Brichetto- Arnaboldi - nota personale)
di
STEFANO BARTEZZAGHI
( per me un Barbapedana moderno senza il gilet ma cun tant de camisa, cravata e giachet:, una penna d’oro con tanto di punta pungente !)
Cent’anni fa un milanese altoborghese ed eminente usava il dialetto in famiglia
e con il personale
“de servissi”,
l’italiano sul lavoro e quando viaggiava magari metteva assieme qualche frase in inglese, più facilmente in francese.
Passato un secolo un buon milanese
( ma c’è ancora in giro un qualche milanese “purosangue” ?- nota personale)
parla in lingua inglese o angloide in vacanza e sul lavoro, in famiglia si esprime in italiano ma quando incontra il suo sindaco può usare il dialetto.
Questa, perlomeno, è la mythologie che sprigiona come un profumo inconfondibile dal titolo di un recente opuscolo comunale, distri
buito in tutte le case assieme ai volantini delle pizzerie a domicilio:
EL NOST MILAN LA GRANDE MILANO OUR MILAN.
In tempi oltretutto così attenti all’immagine, un onesto documentario sull’esito di sedici anni di amministrazione ininterrotta di Lega e Destra dovrebbe partire dallo scempio della Darsena, già ameno e un po’ incongruo bacino fra porta Ticinese e porta Genova
ora ridotto a desolante landa fangosa , sormontata però dalla pubblicità.
Ecco cosa sta in alto e cosa sta in basso, anche se la copertina del medesimo opuscolo abbina la Madonnina e i fiori, il cielo è cosa da pubblicità, grattacieli, gru, attici anche alberati, megaschermi sul sagrato della Cattedrale; sotto fango e furgoni bianchi isterici.
Sarà ormai anche abbastanza cheap ( a buon mercato - ndr) commentare o addirittura confutare la consueta “comunicazione” che, quando sono in affanno sondaggistico, governanti e comandanti distribuiscono per le case dei sudditi, con quell’affetto un po’ così che il “cumenda” illuminato ha sempre riservato a martinitt
( orfani assistiti da una benefica associazione avente lo stesso nome; tra i più noti ospiti di questa antica e benemerita istituzione sono stati, tra gli altri Angelo Rizzoli, fondatore dell'omonima casa editrice,
Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica-Ray Ban,
Edoardo Bianchi, fondatore dell'omonima azienda produttrice di biciclette e automobili)
e fessacchiotti.
Sarà più chic sorvolare, scuotendo la testa meneghina e alzando le spalle ambrosiane ?
In quest’ultimo pamphlet ( opuscolo) il sindaco si presenta come
“imprenditrice, sindaco e mamma “, contenta di aver aumentato i “punti luce” e di aver istituito il call center municipale che risponde allo 02.02.02, ovviamente attivo 24 ore su 24.
La città è “più vivibile”, “più efficiente”, “più sicura”.
La Milano “percepita” dal sindaco può certamente differire da quella di un comune utente dei servizi pubblici, dei marciapiedi e degli impianti idrici – la cui reale efficienza gli viene resa nota dalle pozze inverosimili, ubique e fonde, dopo ogni quarto d’ora di acquazzone.
Trattandosi poi di propaganda non si può chiedere del
factchecking ( controllo dell’esito) sul reale successo dell’Ecopass né infierire sul piccolo paragrafo “metropolitane”, che presenta come successo l’inaugurazione dei lavori di un tratto di nove fermate periferiche, chiamato M5 (cinque anni di lavoro previsti.
Fra le tre linee esistenti e questa quinta solo un milanese non può chiedersi che fine abbia fatto la quarta.
Il milanese è un po’ pirlone, si sa: questa fondamentale quarta linea non è stato possibile finanziarla neppure con i fantastiliardi dell’Expo.
Non se ne disperano i taxisti, che in campagna elettorale portavano dipinto il volto di un candidato sulle loro fiancate.
Il candidato è diventato sindaco e lo stesso volto ora ci sorride a pagina due del libriccino.
Si è mai visto un sindaco che fa stampare un opuscolo per intristire i contribuenti che lo hanno finanziato con storie di problemi non risolti, forse irrisolvibili ?
No.
Si mandano libriccini per confortare e ricevere conforto, così come si canta una canzone in pullman per fare gruppo.
Nell’ineffabile opuscolo, il lettering ( titolo), lo stesso concept (finalità dell’opuscolo) e i contents (contenuti), appartengono in solido ad un’idea di comunicazione in cui i fatti, sui quali pur si dichiara di basarsi, prendono consistenza diafana, si colorano di tinte pastello, sgocciolano essenze artificiali.
La comunicazione come deodorante, o come un dentifricio dal packaging anticato, offerto al pubblico con slogan del genere:
“con quella carica, può dire ciò che vuole”.
In buona sostanza, aggiungo io, un bel manifesto elettorale.
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