lunedì, dicembre 21, 2009

Ma, tutto va bene signora la marchesa

Lavoro:
Crescono in Italia le disuguaglianze sociali

 Secondo quanto emerge da uno studio degli economisti Maurizio Franzini e Michele Raitano, pubblicato sul sito di 'Nens' (Nuova economia nuova societa'), l'Italia è un paese caratterizzato da molte diseguaglianze sociali specialmente in materia di redditi da lavoro.
A quanto pare infatti il 45% della ricchezza delle famiglie italiane è detenuto dal 10% delle famiglie mentre il 50% della popolazione possiede meno del 10% della ricchezza netta complessiva.
Ma non basta: una famiglia su due ha un reddito inferiore a 26 mila euro l'anno mentre un 10% di famiglie supera nel reddito i 55mila euro.
Uno degli aspetti messi in evidenza dallo studio è la lentezza della dinamica dei salari negli utlimi 15 anni.
Secondo i due economisti le buste paga nel settore privato hanno registrato fino al 1996 una consistente perdita del valore reale.
Successivamente vi è stata una leggera ripresa che ha consentito a stento di recuperare quanto perso dopo il 1992.
 Nello stesso periodo di tempo è anche cresciuto il divario salariale a seguito della quota sempre più ampia di lavoratori atipici
(dipendenti a termine, parasubordinati, in part-time),
che si è affiancata ai lavoratori standard.
Gli atipici sono generalmente pagati meno ed hanno un più ampio rischio di disoccupazione.
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Segue un’analisi importante su
Le origini della disuguaglianza sociale
secondo il Nobel James Heckman al Festival dell'economia di Trento.
 Il successo nella vita si costruisce nell'adolescenza
di
Ernesto D'Avanzo,
L’Osservatore Romano
del
2/6/2009

La crisi economico-finanziaria globale richiede un grande sforzo da parte delle istituzioni e dei governi per cercare delle soluzioni che possano rimediare alle esigenze immediate delle famiglie e, allo stesso tempo, trovare politiche che, nel medio e lungo periodo, appena usciti dalla crisi, siano un traino per le future generazioni.
Percorrere una strada che aiuti nell'immediato e che porti benefici nel medio e lungo periodo sarebbe, ovviamente, la scelta migliore.
Tale strada l'ha indicata James Heckman, premio Nobel per l'economia, nella sua lectio di inaugurazione della quarta edizione del Festival dell'economia appena chiusa a Trento.
Le sue ricerche indagano le origini della disuguaglianza.
Secondo Heckman, le famiglie giocano un ruolo decisivo nella formazione dei risultati ottenuti dai figli quando diventano adulti.
In una recente ricerca riguardante la società americana, sostiene Heckman, emerge che le disuguaglianze presenti nel rendimento del ciclo di vita sono dovuti a fattori che si sviluppano nelle persone fino all'età di diciotto anni.
 Negli ultimi cinquanta anni, un tasso sempre maggiore di bambini americani è nato in famiglie svantaggiate con minori possibilità di investire sull'educazione dei figli rispetto alle famiglie più agiate.
Il Nobel ha iniziato a interessarsi alle disuguaglianze all'età di dodici anni quando conobbe la segregazione razziale.
Nonostante lo sradicamento della segregazione, a detta di Heckman, gli atti successivi non sono stati sufficienti a elevare lo status di alcune parti della popolazione.
Esiste ancora una disparità dovuta alle differenze presenti negli ambienti familiari e alle condizioni iniziali di vita delle persone appartenenti ai diversi gruppi etnici.
L'analisi non vale solo per gli Stati Uniti d'America ma anche per altri Paesi, come quelli europei, che sempre di più hanno a che fare con flussi migratori e che devono perciò adottare politiche di accoglienza.
In molti Paesi, negli ultimi quaranta anni, continua il Nobel, gli ambienti familiari hanno subito un deterioramento; un numero sempre maggiore di bambini, infatti, nasce in famiglie con genitori minorenni o immigrati svantaggiati.
 A suo dire molti dei maggiori problemi economici e sociali come il crimine, la rinuncia all'istruzione superiore, le condizioni di salute avverse sembrano legate al basso livello di abilità nella società che si sviluppano a partire dalle disuguaglianze, con costi enormi.
Le politiche pubbliche, in molti Paesi, si concentrano nel promuovere e misurare le abilità cognitive attraverso test come il quoziente intellettivo o test di rendimento.
Tali prove, tuttavia, ignorano importanti fattori non-cognitivi che pure sono decisivi nel successo scolastico e di vita delle persone.
 Ad esempio, alcuni fattori socio-emotivi come la perseveranza, l'attenzione, la motivazione, la fiducia in se stessi sembrano essere fondamentali per il ruolo dell'individuo nella società.
Gli ambienti familiari sono fondamentali per lo sviluppo di tali abilità.
Se la società agisce precocemente, con programmi di intervento, può promuovere l'istruzione, e ridurre il crimine favorendo la produttività della forza lavoro.
Le stime dimostrano che questi interventi hanno un alto rapporto beneficio-costo, molto più di interventi successivi come programmi di formazione lavoro, di riabilitazione dei condannati, di alfabetizzazione per adulti e così via.
Se un minore è motivato ad apprendere e a impegnarsi prima possibile nella vita, è più facile che da adulto possa riuscire bene nella sua vita sociale ed economica.
D'altra parte se la società aspetta a intervenire con i minori svantaggiati i costi per rimediare in futuro saranno maggiori.
Heckman discute due indagini, il Perry Preschool Program e l'Abecedarian Program, le quali dimostrano effetti positivi su un certo numero di abilità cognitive e non-cognitive come il successo scolastico, il rendimento sul lavoro, i comportamenti sociali e così via, anche dopo molto tempo dalla fine degli interventi.
La stima della percentuale di ritorno per dollaro investito, circa il 14 per cento, mostra che da questo tipo di intervento la società può trarre benefici economici oltre che sociali.
Si tratta, addirittura, di stime per difetto se si considera che nei calcoli sono stati ignorati i ritorni economici per la salute.
A chi devono esser mirati gli interventi?
Bambini che nei primi anni di vita non ricevono un sostanziale investimento educativo da parte dei genitori, e in generale, della famiglia.
Va tenuto presente che la qualità dell'educazione dei figli non è strettamente legata al reddito familiare o all'educazione dei genitori, tiene a precisare Heckman.
Con quale programma?
Programmi di intervento, come il Perry, che contemplano una intensa interazione fra educatori e famiglia, creano un continuo cambiamento anche nell'ambiente familiare, sostenendo i bambini anche dopo la fine degli interventi, rispettando i legami sociali e la diversità culturale.

(©L'Osservatore Romano - 3 giugno 2009)

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Bene, osservazioni acute e precise; da premio Nobel per l’Economia.
Da noi, invece, il nostro Governo marcia a pieno ritmo nella direzione opposta.
Sia per il suo ottuso comportamento che si potrebbe sintetizzare con
“dai tutto ai ricchi e nulla ai poveri”,
in quanto questi ultimi sono da sempre considerati come i
“rifiuti della società moderna”
che per gli incipienti moti di razzismo anche contro persone aventi lo stesso colore della pelle, quella bianca, ritenuto oggi sempre di più il simbolo di una superiorità di status .
Col risultato che l’Italia indietreggia in tutti i campi, la scuola “gelminiana” per prima, nonostante l’esistenza di molti operatori che tentano di raddrizzare la baracca.
Questo è evidente in tutto il mondo meno che qui da noi perché la parola d’ordine imperante è.
“TUTTO VA BENE SIGNORA LA MARCHESA”

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