sabato, dicembre 12, 2009

Anche ad alcuni perchè di difficile comprensione e soluzione c'è una risposta.

 UNA TRA LE PIU’ RICORRENTI DOMANDE
CHE SI PONGONO MOLTI ITALIANI
“Come mai cresce il consenso verso Berlusconi nonostante che ci sta portando sull’orlo di un baratro ?”-
Me la sono posta in passato anch’io questa domanda; ma poi, leggendo il seguente scritto del
Prof. Ivo Diamanti, ho capito il perché.
Parlando stamane di buon mattino dal giornalaio con altre persone  ho suggerito loro di leggere l’allegato di una mail che avrei inviato.
Ci siamo dati appuntamento domani alle 7 del mattino per un nuovo confronto.
Lo posto questo articolo anche per voi.

Se la delusione genera consenso
di
IVO DIAMANTI
19 settembre 2008

E’ un po’ sorprendente che la delusione, tanto diffusa nella società, non produca sfiducia nel governo e, in primo luogo, nel premier. 
Eppure in passato aveva sempre funzionato l’equazione: più delusione meno consenso a chi governa. 
Tanto che la delusione era divenuta una fra le più efficaci tecniche di opposizione.

Complici i media, che ne hanno fatto un genere di successo, miscelando la delusione con altri sentimenti di largo uso, nel linguaggio comune.
 La paura, l’incertezza, l’inquietudine, l’insicurezza.
 Così, per restare a questo decennio, gli italiani delusi hanno punito, dapprima, Berlusconi e il centrodestra. 
Il quale ha perduto tutte le elezioni intermedie, dopo il 2001: comunali, regionali, europee. 
Tutte. 
Per riprendersi – e quasi a rivincere – nel 2006, dopo una breve e intensa campagna elettorale tutta protesa a deviare il corso della delusione verso Prodi e il centrosinistra. Suscitando sfiducia preventiva nei loro confronti. 
Come avrebbero potuto, gli elettori, soprattutto i più moderati, fidarsi dei comunisti, neo o ex non importa, e dei loro alleati? 
Quelli che avrebbero aumentato le tasse, anzitutto sulla loro casa; quelli che avrebbero aperto le porte ai delinquenti e agli immigrati: cioè, lo stesso; quelli che avrebbero allargato ancora lo spazio dello stato e ridotto quello del privato. 
Non ne avevano … “paura”?
 Argomenti riproposti, con successo, nella breve parentesi del secondo governo Prodi. Neppure due anni di navigazione faticosa e affaticata, poi il naufragio.
 Nelle acque torbide della delusione.
 A poco è servito il tentativo di Veltroni di voltar pagina, cancellare il passato. 
Un nuovo partito, una nuova strategia, da soli da soli! 
Opposizione senza pregiudizio e senza antagonismo, Berlusconi: 
avversario mai più nemico. 
Troppa la delusione retrospettiva.
 Al punto da rendere inutile e controproducente il tentativo di rimuovere il passato – insieme a Prodi.
Da ciò la vittoria schiacciante di Berlusconi, sopravvissuto alla delusione, emerso da un mare di delusione. 
E ora là, luminoso faro nella nebbia della delusione. Un sentimento che, sei mesi dopo il voto, non si è dissolto, ma, al contrario, continua a crescere. Una foschia grigia e densa. D’altronde, non ne va bene una. La crisi economica e finanziaria deborda. I prezzi sono fuori controllo. La paura della criminalità non flette. La fiducia nel futuro… da che parte sta il futuro? E poi, nessuna promessa mantenuta. Le tasse? Non caleranno. Alitalia? Affonda. Neanche nel calcio le cose vanno bene. La Nazionale ha perso gli europei. (Altro che ai mondiali del 2006, quando c’era Prodi …).

Eppure, il rapporto fra il governo e il paese; fra Berlusconi e gli elettori non ne risente. 
Al contrario: i livelli di fiducia crescono. 
Piove, anzi, tempesta: governo virtuoso.
 Edmondo Berselli, su Repubblica, ha sostenuto questa inversione di tendenza vi sia l’affermarsi di una forma di comunicazione politica. 
Anzi di un “format”. Interpretato, sulla scia del Cavaliere, maestro insuperato, da alcuni attori politici abili.
Anzitutto, Brunetta, il persecutore dei fannulloni annidati nel pubblico impiego. 
Poi, la Gelmini, domatrice dei professori e dei maestri, incapaci di educare e disciplinare i nostri figli. 
Maroni, difensore degli italiani dall’invasione minacciosa di stranieri e rom. 
Infine, perfino la Carfagna, alla caccia di prostitute e clienti, da punire direttamente sulla strada.
 Un format che comunica in modo semplice problemi complessi; personalizzando le paure e le crisi, attraverso bersagli facili da colpire, che riflettono il senso comune e spostano il flusso della sfiducia e della delusione lontano dal governo.

Così la maggioranza degli italiani, riconoscente, si stringe intorno al governo, che li difende dalla minoranza deviante: professori, maestri, statali, immigrati, puttane. 
E dai piloti e i sindacati, colpevoli del possibile fallimento di Alitalia. 
Loro, non la politica che ha governato – e retto – le sorti della compagnia di bandiera per anni, decenni.
 Oltre ogni ragionevole ragione. 
Loro, che, pochi mesi fa, apparivano vittime del disegno del centrosinistra di svenderli agli stranieri, insieme alla compagnia.
Tuttavia, oltre al format comunicativo del governo, c’è un’altra spiegazione. 
E’ che ci siamo abituati, assuefatti alla delusione. 
Non la consideriamo uno emergenza, di cui ha colpa, anzitutto, 
chi manovra le leve di governo.
 Ma una situazione normale, per quanto sgradevole. 
Come la nebbia in val padana d’inverno e le zanzare d’estate. 
Gli italiani: non possono non dirsi delusi. 
A prescindere. 
Perché nessuno, è stato capace di sanare i bilanci, abbassare le tasse, rilanciare l’economia, ridurre la paura della criminalità. 
E se anche avvenisse, non ce ne accorgeremmo. 
D’altronde, anche se i crimini sono diminuiti, la paura è cresciuta lo stesso. 
E se il tasso di criminalità in Italia è tra i più bassi d’Europa, noi restiamo il paese europeo più impaurito e deluso.
 Il più sfiduciato. 
Chiunque ci governi.
 Berlusconi o Prodi.
 Per cui, dopo aver provato, invano, a invertire la rotta con il voto, cambiando governo e maggioranza, gli italiani si sono rassegnati.
 Così, oggi che la delusione è penetrata dovunque: nelle case, nelle famiglie nei vicoli, nei programmi tivù, negli indici di borsa che sembrano bollettini di guerra, nelle stime dei mercati, della produzione e dei consumi:
 oggi che la delusione è dappertutto, gli italiani hanno smesso
 di considerarla un accidente.
 La considerano una perturbazione durevole, uno stato di necessità. 
Che non è il caso di imputare a qualcuno. 
D’altronde, chi c’era prima ha fatto di meglio? 
E’ riuscito a darci fiducia? 
A renderci felici? 
Allora, inutile ritorcere la nostra rabbia, la nostra delusione, su chi governa oggi. Teniamocelo.
 Accontentiamoci. 
Tanto più se riesce a consolarci e a offrirci capri espiatori, a suggerirci che non è colpa nostra (né tanto meno sua).
Ma se la delusione non costituisce più uno strumento di delegittimazione del governo, né un metodo di opposizione, allora – scusate la tautologia – per fare opposizione la delusione non serve. 
Non solo, ma diventa dannosa. 
Un boomerang.
 Per fare opposizione occorrerebbe, al contrario, spingere la delusione più in là. Generare speranza, non nuove illusione. 
Ma la speranza è un attributo del futuro. 
E il futuro, per ora, è solo una speranza. 
Pardon: un’illusione, che in pochi si ostinano a coltivare.

(19 settembre 2008)

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