Veronica Lario non ci sta e divorzia
AUTORE DEL L'ARTICOLO
37 anni, freelance, collaboratore de L’espresso, la Repubblica e Diario. Direttore responsabile del magazine Freak Out.
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Sito Web dell'autore: Roberto Calabrò
Ovvero come si è involuta la nostra democrazia dal 1948 a oggi.
Se i padri costituenti avessero immaginato cosa sarebbe diventata 60 anni dopo la democrazia italiana, per la quale avevano lottato, superando anche profonde divisioni ideologiche al momento di redigere la Carta costituzionale, probabilmente avrebbero gettato la spugna o introdotto criteri più rigidi per tutelarla.
Sessantun’anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, l’Italia è passata dalla democrazia alla "mignottocrazia".
Il copyright della (geniale) definizione appartiene al senatore Paolo Guzzanti, ex penna prestigiosa di "Repubblica", poi passato alla corte di Berlusconi e oggi - dopo la nota vicenda che ha opposto la figlia Sabina al ministro Carfagna - tra i più acerrimi nemici dell’omino di Arcore.
C’è un passaggio intermedio, nella storia della nostra Repubblica, che però il senatore Guzzanti dimentica e che ha portato a questo stato di cose: la plutocrazia.
Come recita il dizionario De Mauro, la "supremazia politica e sociale dei ceti che detengono le grandi ricchezze finanziarie e industriali".
La plutocrazia è il regno di Berlusconi che la impersonifica sin dal 1994.
Mai visto, infatti, in una democrazia occidentale, l’uomo più ricco del Paese divenire premier e ammansire, con i suoi soldi e le sue Tv, alleati riottosi e oppositori (alcuni dei quali passati allegramente tra le sue fila), inclusi alcuni comunisti di lungo corso - vedi il ministro Bondi, ex sindaco "rosso" di Fivizzano - folgorati sulla via di Damasco, pardon...di Arcore.Adesso siamo passati alla terza fase: dalla plutocrazia alla mignottocrazia, appunto.
Dove basta accondiscendere alle voglie dell’Imperatore (la definizione non è mia, ma della moglie del premier, Veronica Lario) per fare carriera politica senza neanche gavetta o anticamera.
La faccenda si è resa ancor più visibile nelle ultime settimane con la scelta di Berlusconi di candidare belle ragazze senza alcuna esperienza politica precedente, molte delle quali con trascorsi in programmi televisivi piuttosto imbarazzanti.
In famiglia è stata la goccia che ha fatto trabocare il vaso: Veronica Lario, di fronte all’ennesima, volgare, sortita del marito "tombeur de femmes", ha prima sbottato sui giornali contro le candidate-veline definite "ciarpame senza pudore", poi - nonostante il ritiro di molte delle candidature "incriminate" - ha deciso che la misura era ormai colma.
Oggi ha annunciato di voler divorziare, pur consapevole di ciò che l’aspetterà: un fuoco di fila da parte dei giornali e delle Tv berlusconiane schierate a difendere il padrone.
Gli italiani e le italiane dovrebbero sapere da che parte stare.
Dalla parte della dignità. E del merito. Ma non sarà così.
Vincerà ancora una volta la linea del premier.
In fondo agli italiani la figura del macho conquistatore, del donnaiolo impenitente è sempre piaciuta, sin dai tempi di Mussolini.
Se poi il macho conquistatore, di professione primo ministro, è un arzillo settantenne, ricco, spaccone e pieno di soldi, piace ancora di più.
La mignottocrazia è servita. La democrazia è morta.
Facciamocene una ragione.
E no, caro Calabrò, non possiamo farcene un baffo,
ovvero come dici tu una ragione !
Soprattutto perché dobbiamo incominciare a salvare da subito il salvabile, recuperando innanzi tutto quel senso di rispetto con il quale ci si rivolgeva l’un con l’altro, parente, amico, conoscente od estraneo che fosse, per scambiare le nostre idee politiche e non solo.
In una democrazia ognuno è libero di propagandarle secondo la propria appartenenza politica senza che con ciò si possa essere considerati dei sovversivi se si contesta l’operato di un qualsiasi governo.
Oggi abbiamo una anomalia di dimensioni stellari e sappiamo tutti chi l’abbia introdotta nel nostre Paese e chi tutt’oggi la rappresenti.
Un solo personaggio che concentra su di sé molteplici conflitti, non solo d’interessi, ma addirittura nei confronti delle stesse nostre istituzioni democratiche a cominciare da quella avverso la più alta carica dello Stato e per finire a tutte le altre, nessuna esclusa.
La sua più volte conclamata avversione nei confronti della Magistratura è oramai divenuta “prassi” tant’è che vorrebbe ridurla da uno dei poteri dello Stato al livello di uno dei servizi assoggettati all’esecutivo.
L’elencazione completa di quello che vorrebbe realizzare è troppo lunga e, quindi, tralascio questo tema, rimandandolo ad altra occasione, non senza, però, sottolineare come oggi tutte le istituzioni democratiche facciano una enorme fatica a reggere lo scontro delegittimante continuo promosso da questo Premier .
E per finire, avanti con questo passo, dell’oca, arriveremo ad una Repubblica presidenziale eguale a quella delle Banane.
Dalle Alpi a Porto Palo si estenderà il suo potere e saranno cavoli nostri.
Con la benedizione vaticana che non manca mai allorchè si insediano nel mondo delle dittature.
Gli itagliani, come li definisce un mio caro amico, che non hanno provato il vivere sotto la precedente dittatura nazifascista finalmente lo capiranno ma sarà troppo tardi, purtroppo per loro.
Io, come tutti i miei coetanei, non ci sarò più ma ci saranno i miei figli, le mie nuore, i miei nipoti che pagheranno, pur non avendolo voluto, il regime di una vita senza alcuna libertà.
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