Almeno così dovrebbe essere ma......c'è una enorme eccezione sollevata da una serie di leggi
"ad personam".
Incomincia da oggi su
l'Unita
in 14 puntate
la serie relativa a
Ecco la prima
Tutti i processi del presidente/1:
24 inchieste, 20 leggi su misura.
Un caso lungo sedici anni
di
CLAUDIA FUSANI
Quando il processo sta per diventare "breve" è bene avere memoria lunga.
«Aggressione giudiziaria»
la chiama da sempre il presidente del Consiglio sedicente “vittima” di un pericoloso manipolo di presunte “toghe rosse”.
Unica arma di difesa diventano, allora, le cosiddette leggi ad personam, gli scudi giudiziari che via via, negli anni, il premier si è cucito addosso a proprio uso e consumo.
Le cose non stanno esattamente così.
«La verità è che se Berlusconi non fosse entrato in politica, se non avesse fondato Forza Italia, noi oggi saremmo sotto un ponte o in galera con l’accusa di mafia.
Col cavolo che portavamo a casa il proscioglimento nel lodo Mondatori»:
il virgolettato non è del solito “comunista” bensì di Fedele Confalonieri, il fido nostromo di capitan Silvio, mediatore di tutte le sue fortune dai tempi del liceo oltre che presidente di Mediaset.
La verità è anche che nel 1994, mentre le inchieste di Tangentopoli riscrivevano la classe politica italiana, prima che a palazzo Chigi arrivasse il re del mattone e delle tivù, del Milan e delle grande distribuzione con tutto quello che ci può stare nel mezzo, Francesco Saverio Borrelli, procuratore di Milano e capo del pool Mani Pulite, ebbe modo di avvisare chi si apprestava a candidarsi al Parlamento che l’elezione non l’avrebbe messo al riparo da inchieste e indagini:
«Il voto non ci può fermare, la giustizia è un juke box, se il gettone è buono la canzone va suonata» disse il 12 febbraio.
Non un giorno qualsiasi, visto che in agenda c’era la presentazione delle liste del Polo delle Libertà. La Procura di Milano indagava da un pezzo sugli affari del Presidente, il juke box suonava senza interrompersi mai, tanti erano i gettoni da inserire.
Il concetto di «aggressione giudiziaria» va quindi corretto, ribaltato:
nel 1994 Berlusconi è un privato imprenditore che sente sul collo - come molti altri, del resto - il fiato del pool milanese.
S’inventa politico per fermare la macchina giudiziaria ed evitare processi e inchieste e per salvare il proprio regno:
Fininvest ha debiti per circa 5 mila miliardi di lire.
Se lo dice Confalonieri...
Se si ha chiara questa prospettiva, diventa più facile la lettura degli ultimi sedici anni di vita del paese e di quell’unico ossessivo leit motiv che è il nodo politica-giustizia.
I processi innanzitutto.
Berlusconi novella numeri da tregenda per dare corpo alla persecuzione:
102 processi che hanno visto decine e decine di giudici occuparsi di lui;
centinaia di perquisizioni subìte negli anni dalle sue aziende;
200 milioni di euro di parcelle per gli avvocati.
Spesso il numero 102 lievita a 106, perfino a 109.
Bene, i processi sono 24 di cui 16 arrivati a dibattimento (12 conclusi e 4 ancora aperti)
e otto conclusi in fase di indagine preliminare tra cui le inchieste di mafia
a Firenze e Palermo.
Il premier è cittadino incensurato ma le sentenze di assoluzione sono solo tre, di cui una con formula piena e due con formula dubitativa, la vecchia insufficienza di prove.
Due volte è stato assolto perchè aveva provveduto, nel frattempo, a modificare il reato a lui contestato.
Due sono state le amnistie.
Per cinque volte si è salvato con le attenuanti generiche.
(facendo così andare, con la riduzione della pena, il reato in prescrizione – mia nota).
La contabilità processuale del premier in questi sedici anni di governi Berlusconi fraseggia e interloquisce, contestazione dopo contestazione, con ben 18 leggi ad personam, venti se contiamo le due in discussione alle Camere.
Otto tutelano gli affari di famiglia - scudi, sanatorie, segreti di stato -, dodici intervengono sui reati e sulla procedura.
Soprassediamo su alcune che hanno scritto pagine indimenticabili di cronaca parlamentare. Citiamo, in quanto memorabile, quella sugli aracnidi, ragni, scorpioni, vedove nere e dintorni.
Era il 28 luglio 2003 quando il presidente della Camera Pierferdinando Casini aprì la seduta scandalizzato dal fatto che tra le tante leggi ad personam il Parlamento dovesse perdere tempo anche con il divieto di commercio e detenzione di aracnidi solo perchè, l'aveva scritto l'allora inviato de La Stampa Augusto Minzolini oggi direttore del Tg1, il vicino di casa del Cavaliere ad Arcore era un appassionato delle singolari bestiole.
«Tutti i processi del Presidente» racconta di questo:
di come ad ogni coinvolgimento giudiziario il tycoon premier ha risposto non sottostando alla legge che dovrebbe essere uguale per tutti.
Forse perchè, come avrebbe detto Orwell e hanno confermato i suoi legali ai giudici costituzionali chiamati a discutere il Lodo Alfano, Berlusconi è «più uguale».
19 gennaio 2010
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