Cassazione
giro di vite contro i siti pirata.
Giudice può chiedere ai provider di bloccare l'accesso
D'ora in avanti sarà vita difficile per i siti pirata che diffondono opere coperte dal diritto d'autore.
La Corte di Cassazione, infatti, (Sentenza n.49437/2009) ha stabilito che quando un giudice dispone un sequestro preventivo, può anche ordinare ai provider del servizio di connessione internet di escludere l'accesso al sito al fine di precludere l'attivita' di illecita diffusione di tali opere".
La decisione è stata presa con riferimento alla Baia dei Pirati che verrà nuovamente bloccata in Italia.
E' stato infatti accolto il ricorso della Procura di Bergamo che originariamente aveva disposto il sequestro del sito tracker torrent The Pirat Bay.
Si tratta, spiega la Corte, di
"un rafforzamento della cautela che dalla mera sottrazione della disponibilita' della cosa, tipica del sequestro preventivo, si amplia fino a comprendere anche una vera e propria inibitoria di attivita', rispettosa anch'essa del principio di tipicita' e legalita' in quanto riferibile ad espresse e specifiche previsioni normative".
Nella parte motiva della sentenza gli ermellini scrivono che
"il giudice puo' disporre il sequestro preventivo del sito web il cui gestore concorra nell'attivita' penalmente illecita di diffusione nella rete Internet di opere coperte dal diritto d'autore, senza averne diritto, richiedendo contestualmente che i provider del servizio di connessione Internet escludano l'accesso al sito al limitato fine di precludere l'attivita' di illecita diffusione di tali opere".
(Data: 25/12/2009 10.56.00 - Autore: Roberto Cataldi)
Questa estate forse ci siamo persi la premessa da cui è partita l’attuale decisione della Suprema Corte.
Ecco l’articolo dello scorso agosto:
Entra in vigore prima del processo e colpisce anche gli alias presenti e futuri del portale
"Sequestro preventivo" del giudice
così l'Italia oscura Pirate Bay
Alcei e Altroconsumo:
"Brutto precedente, qualunque notiziario online sarà censurabile"
Esulta la Federazione industrie musicali:
"Quel sito viola la proprietà intellettuale"
di
ALESSANDRO LONGO
Il sequestro di The Pirate Bay - uno dei più popolari siti al mondo per lo scambio di musica, giochi, film pirata - , avvenuto questa settimana, ha caratteri eccezionali e apre rischi inediti per l'internet italiana, secondo gli esperti:
"si basa su un'applicazione originale delle norme.
Se passa questo principio, è una pistola alla tempia di qualsiasi fornitore di contenuti su Internet, anche Google o siti di notizie, che potrebbero trovarsi oscurati solo in base a un semplice sospetto, prima del processo".
Parole di Andrea Monti, avvocato tra i maggiori esperti di diritto d'autore in internet e presidente di Alcei
(storica Associazione per la libertà nella comunicazione elettronica interattiva).
Per capire quale nuovo panorama si apre - e quali rischi - bisogna sapere come è avvenuto il sequestro di The Pirate Bay, motore di ricerca specializzato in file torrent, che permettono di scaricare contenuti di vario tipo, spesso pirata, dai computer di altri utenti.
Da lunedì non è raggiungibile dagli utenti italiani.
Repubblica.it ha potuto leggere il provvedimento con cui il gip di Bergamo ha chiesto a tutti i provider internet italiani di impedire l'accesso al sito e ha iscritto al registro degli indagati quattro gestori (svedesi).
I provider si stanno adeguando uno dopo l'altro e quindi è solo questione di giorni perché tutti gli utenti italiani siano impossibilitati a raggiungere il sito.
Il provvedimento parla di "sequestro preventivo" - un sequestro cioè fatto prima del processo, per impedire il perpetuarsi del reato individuato, in questo caso la violazione del diritto d'autore.
Anche se Pirate Bay non contiene file pirata, consente di trovarli
(fa come da ponte tra gli utenti che li posseggono)
e quindi è accusato di facilitare la pirateria.
La vicenda ha sollevato molte polemiche, su vari siti anche internazionali, perché è la prima volta che The Pirate Bay viene bloccato in un Paese.
Si tratta inoltre del maggiore blocco mai operato su un sito in Italia e in Europa:
The Pirate Bay è molto popolare, ha raggiunto picchi di 10 milioni di utenti connessi in contemporanea.
Il provvedimento ha imposto il blocco ai provider in base all'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo del 2003
(che recepisce la direttiva europea sul commercio elettronico).
Qui si definisce la responsabilità dei provider e che
"l'autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza può esigere anche in via d'urgenza, che il prestatore (il provider, ndr.),
nell'esercizio delle attività di cui al comma 2, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse".
"Sì, ma l'anomalia, che secondo me è illegale, è usare questo articolo per fare partire un sequestro preventivo, che in realtà è un oscuramento del sito",
dice Monti.
Al solito un sequestro è di un bene fisico - per esempio del computer-server dove è contenuto il sito.
In questo caso però, poiché i server sono in Svezia, il gip ha scelto la strada dell'oscuramento,
"ma non è corretto farlo con lo strumento del sequestro preventivo".
Altra anomalia,
"è la prima volta che il sequestro riguarda non solo una cosa presente, ma anche una cosa futura".
È così che il provvedimento del gip riesce a essere molto ampio e difficile da aggirare: chiede ai provider di bloccare l'accesso non solo a The Pirate Bay, ma anche ad alias, presenti e futuri, che conducano allo stesso sito.
Sono bloccati non solo l'IP statico attuale del sito, ma anche quelli futuri che The Pirate Bay dovesse attivare per aggirare il provvedimento italiano.
A tal scopo ha subito creato un sito ad hoc per gli utenti italiani, Labaia.org, ma il provvedimento è destinato a impedire l'accesso anche a quest'ultimo.
Se resta accessibile a qualche utente, è solo perché i rispettivi provider non hanno ancora eseguito il provvedimento in toto.
"Assurdo.
È come se un provvedimento dicesse:
ti sequestro non solo la macchina che hai, ma anche quelle che comprerai in futuro, perché di certo le utilizzerai per commettere reati analoghi",
dice Monti.
Resta possibile, per l'utente, aggirare il filtro, ma con programmi che deviano la connessione (come Tor) o attraverso un proxy.
L'utente comune non è abbastanza esperto da poterli usare.
Applaude invece Fimi
(Federazione dell'industria musicale italiana),
che ha fatto la denuncia per oscurare The Pirate Bay:
"La magistratura ha mandato un segnale importante ai gestori del sito svedese che offriva migliaia di brani musicali di artisti, autori e produttori italiani con grave danno alla cultura del nostro Paese" ha dichiarato Enzo Mazza, presidente di Fimi. "Le polemiche sulla presunta censura - ha concluso Mazza - sono strumentali e tendono a sviare l'opinione pubblica da un concetto fondamentale: Pirate Bay viola le norme penali italiane sulla proprietà intellettuale per questo era necessario bloccarlo ed indagare i titolari".
La prossima mossa?
The Pirate Bay promette che farà ricorso
(gli organizzatori del sito ne approfittano per accusare l'Italia di censura e di essere un Paese fascista).
In sede di ricorso, che nel caso dovrà essere discusso nelle prossime due settimane, il provvedimento del gip potrebbe essere ritenuto illegittimo e quindi sospeso.
"Il problema è che adesso questo provvedimento potrebbe aprire le porte ad altri, condotti in base allo stesso principio e con la stessa urgenza:
basta una denuncia e il gip può chiedere ai provider di bloccare un indirizzo per tutta la durata del processo.
Un ricorso può sospendere il blocco, ma comunque il sito resterebbe oscurato per almeno due settimane.
Può avvenire a tutti: anche a un sito di notizie, come Repubblica.it, o a Google, che potrebbe essere denunciato da editori che si sentono lesi da Google News", conclude Monti.
O a YouTube, che già è finito sotto il fuoco di Mediaset, sempre con l'accusa di violazione di diritto d'autore.
La piega che sta prendendo l'applicazione delle norme italiane su internet apre insomma risvolti inediti e pericoli su cui vale la pena riflettere.
Per evitare che alcune libertà di informazione e di espressione sui nuovi media ci vadano di mezzo.
"Stiamo valutando se fare il ricorso - dice a sua volta Altroconsumo a Repubbica.it -. Certo è che l'oscuramento ci sembra un provvedimento anacronistico, che mette l'Italia al margine dell'Europa, nei confronti del modo con cui sono trattati i nuovi media".
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