Ho letto con disappunto, o ancor peggio, con immenso dispiacere che
Il sindaco di Pecorara (PC)
cancella piazza XXV Aprile
con l’intera giunta comunale ( di destra) per intitolare la piazza principale del paese al cardinale Jacopo da Pecorara, uomo di chiesa vissuto a cavallo tra il XII e il XIII secolo.
Mi piacerebbe conoscere cosa a quel tempo abbia fatto per tanto meritare!
Questo è uno dei tanti tipici esempi di analfabetismo politico che, da un lato fa certo notizia ma,dall’altro, dà in contemporanea un segnale di allarme sulle condizioni miserevoli in cui versa quella parte dell’Italia che quotidianamente tenta, spesso riuscendoci, a dissacrare la lotta di tutti coloro che la vollero libera dalla schiavitù nazi - fascista.
Chi ha vissuto, sia pure in giovanissima età, tutte le vicende di quel periodo, porta per sempre, ricordandole con terrore, non solo nella memoria ma soprattutto nell’anima, tutte le vicende legate a quell’era infausta non solo per noi ma per tutto il mondo civile.
Che dire di più, non saprei proprio continuare senza sentir rinnovare dentro di me quei gelidi brividi insiti in tutti coloro che ebbero a vedere in faccia, non una ma più volte, la morte.
Mi aiuta però un grande uomo del nostro passato che ebbe anche lui a patire tutte le vicende di quel periodo:
BERTHOL BRECHT
con il suo
Il valore della memoria – le radici del futuro
scritto nel 1939
dedicato
“A COLORO CHE VERRANNO”
Voi che sarete emersi dai gorghi
dove fummo travolti
pensate,
quando parlate delle nostre debolezze,
anche ai tempi bui
cui voi siete scampati.
Brecht, al tempo in cui scrisse “A coloro che verranno”, da cui ho tratto i versi più significativi , pur essendo stato perseguitato dai nazisti, non aveva avuto ancora piena contezza del sino a che punto si fossero spinte le ideologie hitleriane il cui fondamento trovavano radici nell’esaltazione filosofica della razza ariana.
I “gorghi” ed i “tempi bui” da lui richiamati erano ancora ben poca cosa rispetto a quanto accadde dopo di tanto orrendo che nessuna mente umana avrebbe mai potuto nemmeno immaginare.
Ma è accaduto.
Il giorno 25 Aprile , la data storica della Liberazione, fu voluto che divenisse la festività civile per antonomasia; ma, anche per recenti vicende politiche, questa ricorrenza gloriosa per il nostro Paese e per chi si adoperò a tanto, anche immolando la propria vita, non l’abbiamo dimenticata pur se da una minoranza di nostri connazionali, estimatori e quindi diretti eredi della follia nazista, hanno reiterato la richiesta della sua cancellazione dall’elenco delle nostre festività nazionali.
Evidentemente non hanno compreso la lezione che la nostra storia fortunatamente ci tramanda anno dopo anno per il volere di lungimiranti personaggi i quali avevano compreso sin d’allora come l’oblio totale di certi eventi potesse ottenebrare le menti di chi quel maledetto periodo storico non l’aveva vissuto né in prima persona né per l’interposta persona di qualche suo familiare.
Brecht ce lo rammenta ancor prima e ci fa intendere che la memoria del passato altro non è che la base del nostro futuro.
Dalla nostra lotta di Liberazione è nata l’Italia democratica regolata da una Costituzione democratica che garantisce i diritti dei propri cittadini e ne stabilisce attraverso principi altrettanto democratici anche i doveri, Costituzione poco tempo addietro stravolta ( parlavano di devolution) in maniera alquanto semplicistica per volere di una rappresentanza parlamentare politica di poco seguito su tutto il territorio nazionale, salvo in quello della loro fantomatica Padania e dintorni.
Ma il
POPOLO ITALIANO
in un sussulto di orgoglio
col referendum cancellò le norme da loro modificate.
Il 10 aprile 2006, a distanza di ben 61 anni, proprio in prossimità di quella data storica che ebbe a mutare i destini dell’Italia, parte del popolo italiano, soprattutto quello ancora in giovane età, ha voluto far uscire il nostro Paese da un quinquennio che per un cumulo di ragioni può essere annoverato anch’esso tra i più bui dell’Italia repubblicana.
Ma da tempo imperversa una mano pesante su parecchie libertà, a cominciare dall’informazione radio-televisiva, divenuta unica in quanto in mano di un soggetto che con i suoi famigli inseriti nei posti che contano, forniscono solo ciò che giova al loro padrone.
Si vuole incatenare anche le mani dei bloggisti che, ciascuno secondo le proprie idee, scrive ciò che più loro aggrada ma guai se si mette in discussione il capo immerso sino al collo, ed ancora più su, da un madornale conflitto di interessi.
Ricominceranno così, come in realtà in parte è già avvenuto, una serie di ritorsioni sfociate con allontanamento dalle fonte di informazioni pubbliche di giornalisti, presentatori televisivi, artisti, ecc…l’elenco sarebbe troppo lungo.
Ed a questo proposito mi piace riportare altre due citazioni del pensiero di Brecht che, col passar degli anni, sono divenute delle vere e proprie massime.
“Colui che vuol dire qualcosa e non trova nessuno che lo ascolti se la passa male; ma se la passa peggio chi vuole sentire qualcosa e non c’è nessuno che la dica”.
“ Un popolo che non ride dei propri potenti non è più libero”.
Se esiste qualcuno che può smentire il contenuto di queste due citazioni si faccia avanti.
Nessun commento:
Posta un commento