E’ da vari anni che viene lanciato, da parte degli ambientalisti nonché dagli stessi operatori del settore, il seguente appello:
“Il dissesto idrogeologico è divenuto un problema serio per l'incolumità pubblica e perciò servono interventi di ripristino periodici e monitoraggio costante delle aree a rischio. Perché le frane e gli smottamenti, e non ultimo le cadute accidentali degli alberi, possono ripetersi ancora”.
Un vero e proprio grido di dolore
Al coro si aggiungevano anche tutti coloro che direttamente od indirettamente erano state vittime di sciagure rientranti in questa fattispecie, in quanto addebitabili non certo al caso bensì alla sottovalutazione di questa problematica.
DATI di LEGAMBIENTE
In Italia sono ben 3.671 i Comuni a rischio idrogeologico, il 45% del totale.
Le Regioni più colpite sono la Lombardia (687 comuni a rischio), il Piemonte (651), la Campania (291) e l’Abruzzo (208), mentre in Umbria, Basilicata, Molise, Liguria e Valle d’Aosta è a rischio oltre il 70% dei comuni.
Solo negli ultimi 10 anni si sono verificati ben 12.993 eventi idrogeologici "problematici", di cui sei catastrofici, e nell’ultimo trentennio frane e alluvioni hanno provocato oltre 3.500 vittime (più di 9 morti al mese) e almeno 50 miliardi di euro di danni.
Addebitare questo degrado solo agli sbagli del passato sarebbe un grave errore. Ancora oggi si continua a costruire dove non si dovrebbe (tra abusi, abusi condonati e assenza di strumenti di pianificazione), a scavare negli alvei, a deviare i fiumi, a progettare briglie, dighe e invasi, a captare le acque, a costruire ponti con "luce" troppo stretta, a cementificare e impermeabilizzare gli argini (quando è noto che le opere di difesa in massi o di ingegneria naturalistica garantiscono la stessa protezione, assicurando in più l’infiltrazione delle acque in profondità).
Il problema è che tutti gli interventi sembrano ancora ostaggi della "lobby del cemento", e che le opere a maggiore compatibilità ambientale costano meno, come insegnano le inchieste della magistratura sulla vicenda delle tangenti per la ricostruzione in Valtellina.
Potrei aggiungere, ricapitolando, come più di 1/3 degli italiani sia rischio, non solo per le loro abitazioni, per i loro campi, per i raccolti sfumati senza poterli salvaguardare con mezzi normali se non attraverso interventi straordinari di riordino dell’equilibrio dell’intero ecosistema nazionale.
Questi dati parlano da soli senza abbisognare di ulteriori precisazioni; ma da anni tutto tace e chi parla di nuove strutture mette in prima fila opere relative attinenti ad ulteriori vie di comunicazione per cementare ancor più il territorio e addirittura, in prossimità di ogni tipo di elezioni, ancora una volta il Ponte sullo Stretto.
Aggiungo a questo elenco disastroso altre piaghe come quelle delle costruzioni abusive, spesso edificate proprio sull’orlo dei costoni o in prossimità di fiumi senza argini solidi, se non addirittura sul letto di torrenti oramai asciutti ma che spesso, in caso di piogge torrenziali, ritornano ad accogliere le acque.
La dissennata rimozione di arbusti di grosso taglio con relative radici– sono spariti in un baleno interi boschi – ha poi contribuito ad aggravare questo problema tanto che oggi occorrerebbero decine d’anni per ripristinare lo status quo ante assieme ad ingenti somme di danaro ; tanto sarebbe necessario per un serio rimboschimento delle aree e per un riassetto idrogeologico del nostro ecosistema. Ma tutto tace, e siamo costretti ad arrenderci a fronte dell’avidità di persone senza scrupoli che, pur di guadagnare, hanno fatto scempio di veri e propri paradisi naturali.
E ciò sia al nord che al sud, sia sulle coste che all’interno del territorio con danni a volte irreparabili col beneplacito di sindaci e nonostante l’attività di vari magistrati che, con varie inchieste, hanno fatto si che alcune zone venissero “ripulite” dagli scempi e da alcuni “ecomostri”messi in piedi con autorizzazioni che ancor oggi, dopo molti anni, fanno ancora gridare allo scandalo.
Ville, tra le più famose abusivamente costruite la “Tre ville” costruita a Positano, sulla costiera amalfitana, già di proprietà del regista Zeffirelli.
Se la voleva acquistare Berlusconi ma poi fu convinto a rinunciarvi per ragioni di sicurezza; il complesso è stato venduto al prezzo di 15milioni di euro ad un imprenditore alberghiero di Sorrento, tale Giovanni Russo.
Era stato aperto un procedimento penale avendo la Procura della Repubblica di Salerno ipotizzato, nella specie, i reati di abuso d' ufficio, truffa ai danni dello Stato, falso ideologico, occupazione di area demaniale ( occupazione di parte della scogliera).
Imputati ben 10 persone tra i quali lo stesso Zeffirelli, i suoi due figli adottivi ed altri.
Sino all’anno scorso l’inchiesta era ancora in piedi ma poi non mi sono più interessato del risvolto penale della vicenda.
Ma, ritornando al problema principale, è da evidenziare come il nostro meridione vanti un poco invidiabile primato in quanto a frane e smottamenti.
Viene ricapitolato in un articolo pubblicato su La Repubblica, che vi riporto integralmente, scritto da
Vincenzo Foti
“Prima le frane, l'autostrada dei lavori in corso, ora i treni.
Forti disagi in arrivo sulla ferrovie del profondo Sud.
Dal 25 febbraio e per i successivi tre mesi, la linea Battipaglia-Reggio Calabria verrà chiusa tra Vibo Valentia e Mileto per importanti lavori di manutenzione.
Alcuni treni a lunga percorrenza per Reggio e per la Sicilia verranno quindi deviati sul vecchio binario unico via Tropea, altri termineranno la corsa nella stazione di Lamezia Terme Centrale, da dove si potrà proseguire su treni regionali o su autobus sostitutivi lungo l'autostrada A3.
Stando a quanto comunicano le FS, saranno garantiti i treni notturni (Espressi ed Intercity Notte) per Reggio e Sicilia.
Gli orari di arrivo e di partenza a sud di Lamezia verranno modificati per i convogli deviati; tre Eurostar su quattro e almeno due Intercity su tre saranno limitati a Lamezia.
Il programma preciso e completo dei treni con relative variaizoni d'orario - in queste ore al vaglio dell'assessore regionale ai Trasporti Demetrio Naccari - si potrà consultare sul sito www.ferroviedellostato.it e verrà comunicato attraverso i punti informativi di stazione, apposite locandine e la testata radio on line 'Fs News'.
La violenta ondata di maltempo prenatalizia, aggravata dalle continue e intense piogge di questi giorni, ha dunque avuto la meglio su una terra già da anni martoriata.
Moltissimi i comuni e le vie di comunicazione che da settimane lottano contro allagamenti, frane e smottamenti.
Da poco è ricomparso il sole, ma il freddo continua ad attanagliare la popolazione e le precipitazioni non cessano.
Secondo il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, l'emergenza Calabria dovrebbe rappresentare l'occasione
''per impostare una seria politica di prevenzione'' del territorio.
''Quando ho chiesto i fondi al ministero dell'economia, di ieri e di oggi - ha dichiarato - e quando ho impostato iniziative per la tutela del suolo con il ministero dell'ambiente, di ieri e di oggi, non ho mai trovato grandi aperture''.
Un'ordinanza della Protezione Civile ha individuato in 15 milioni di euro la cifra per gli interventi più urgenti.
In Calabria però la storia delle calamità naturali è piuttosto lunga.
Per limitarci ai casi del nuovo millennio: l'alluvione di Soverato del 2000 (13 morti al camping 'Le Giare'); le frane di Favazzina che nel 2001 e nel 2005 hanno provocato il deragliamento di due treni, per fortuna senza vittime (ancora oggi, per ordine della magistratura, i convogli transitano da quel punto a 20 all'ora); l'alluvione di Vibo Valentia del 2006 (quattro morti).
Lo scorso dicembre, nel tratto ferroviario tra Vibo Valentia e Mileto aperto nel 1971 e che fin dall'inizio manifestò problemi di stabilità, il pietrisco che sostiene i binari si è sbriciolato in modo irrimediabile, tanto che i treni da due mesi continuano a transitare a senso unico alternato, con pesanti ritardi e disagi per i viaggiatori.
Ora che, per risolvere il problema in via definitiva, Rete Ferroviaria Italiana si accinge a chiudere la linea, arrivano puntuali le proteste.
Qualche sindacato ha già scritto al prefetto di Reggio Francesco Musolino temendo la congestione della A3; gli esperti dicono che la ferrovia storica via Tropea, con la sua potenzialità di 70 treni al giorno, è in grado di smaltire il surplus di traffico.
Ma di sicuro i disagi per la provincia e per la Sicilia non mancheranno.
Al porto di Reggio, sono continue le proteste dei pendolari per la riduzione degli aliscafi per Messina.
Sul fronte stradale la situazione è ancora più drammatica.
L'A3 Salerno-Reggio è stata ripetutamente chiusa e riaperta in più punti a causa della neve; qualche anno fa imprigionò addirittura centinaia di automobilisti che si spostavano per Natale.
Anche la Statale 106 Jonica ha subito fortissimi danni.
Sulla Statale 18 della costa tirrenica piovono invece detriti dei terrazzamenti sovrastanti i centri abitati di Bagnara, Favazzina e Scilla.
I cittadini di Bagnara ci segnalano in particolare le condizioni di dissesto idrogeologico che tormentano le principali arterie di viabilità nel loro territorio.
Uno stato di cose che si protrae da decenni, nell'indifferenza o nella connivenza dei politici con la criminalità organizzata, ma senza nessuno che alzi la voce sul serio, nessuno che si scuota dal torpore della rassegnazione o che si rifiuti di continuare a subire.
Con la chiusura, a fine gennaio, dell'A3 fra Scilla e Villa San Giovanni, per arrivare a Reggio si doveva passare da Gambarie d'Aspromonte impiegando quattro ore per percorrere 35 chilometri.
E poiché senza strada non si arriva nemmeno all'aeroporto, ecco l'immobilità totale, ecco la Calabria tagliata fuori dal mondo (specie la provincia di Reggio), ecco dei cittadini italiani ancora una volta privati dei loro diritti.
E c'è chi parla di Ponte sullo Stretto.”
Credo che non sia proprio il caso di andare oltre salvo un ennesimo ribadire che in Sicilia, nella sua parte Orientale per conoscenza personale, vi sono tratti importanti di comunicazione ferroviaria ancora a binario unico.
Ritengo che tutti coloro che non abbiano la testa altrove, per esempio a raccontare delle storielle insulse e di pessimo gusto in ogni occasione, possano con cognizione di causa affermare che questo disastro geologico sia una priorità da affrontare prima di tante altre al fine di salvaguardare tutto il nostro territorio nazionale da ulteriori catastrofi facilmente prevedibili.
Ed allora, stando così le cose, debbo necessariamente pensare che il nostro Premier, a perfetta conoscenza della nostra situazione ambientale, quando afferma e conferma la storia della edificazione del Ponte sullo Stretto dica una barzelletta con l’intento di prendere per i fondelli sia i calabresi che i siciliani visti dai suoi amici leghisti come “dei cani in chiesa”; tanto che vorrebbero ributtarli giù al “loro paese”, vero sciur Bossi ?
domenica, febbraio 22, 2009
L'Italia che fa acqua da tutte le parti
LO STIVALE RIDOTTO PROPRIO MALE
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