martedì, febbraio 17, 2009

da Top News Apcom
Papa. Vescovi austriaci in rivolta,via ultraconservatore Wagner.
Dimissioni, non ancora accolte, prima di riunione crisi a Vienna


Città del Vaticano, 17 febbraio 2009.



Dal Vaticano non arriva nessuna conferma, ma le dimissioni del vescovo ausiliare di Linz, in Austria, appaiono ormai come l'irrevocabile conseguenza di quella che somiglia ad una rivolta dell'episcopato austriaco nei confronti del Papa tedesco.
Cinquantaquattro anni, Gerhard Maria Wagner era stato nominato lo scorso 31 gennaio dal Papa, suscitando, subito, le proteste di fedeli, sacerdoti e anche del Capitolo del Duomo di Linz.
Il personaggio era infatti noto.
Prete della parrocchia di Windischgarsten, le sue posizioni ultraconservatrici lo avevano proiettato sul proscenio dei mass media internazionali.
"L'uragano Katrina ha distrutto non solo i nightclub e i bordelli, ma tutte le cliniche dove si pratica l'aborto", ebbe a dire dopo la tragedia di New Orleans.
"Lo sapevate che due giorni dopo gli omosessuali avevano programmato una parata nel quartiere francese?
L'aumento di catastrofi naturali è una conseguenza solo dell'inquinamento ambientale da parte dell'uomo o non anche una conseguenza di un inquinamento spirituale?".
L'omosessualità, per Wagner, va "guarita".
La saga di Harry Potter contiene elementi di occultismo e satanismo. "L'accertamento della verità di fede non può essere fatta dal basso", ha detto, ancora, Wagner, irritando liberal, laici e movimenti per i diritti delle donne nella Chiesa.
Ce n'era abbastanza per un malumore che è montato tra preti e fedeli austriaci al momento della sua promozione a vescovo.
In segno di polemica, alcune decine di fedeli hanno abbandonato le chiese di Linz. "Se qualcuno nei giorni scorsi ha voltato le spalle alla Chiesa, vorrei invitarlo a tornare in ragione della fede nella comunità della Chiesa", afferma oggi il vescovo della cittadina austriaca, Ludwig Schwarz.
La perplessità si è andata poi a sommare alla sorpresa suscitata, in Austria, dalla revoca decisa dal Papa della scomunica ai lefebvriani.
E così il cardinale Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, e il vescovo Egon Kappellari, entrambi amici di Ratzinger, si sono precipitati a Roma, la scorsa settimana, per convincere il Papa della necessità di una svolta. Consultazioni culminate in una riunione straordinaria dell'episcopato austriaco che si è svolta oggi a Vienna per affrontare la "crisi".
"E' fuori questione - affermano i vescovi nel comunicato finale - che al Papa spetta la libera nomina dei vescovi.
I vescovi non desiderano alcun ritorno al passato, nel quale - come accadeva nel 1918 - era il Kaiser a nominare i vescovi.
Né un 'voto popolare' dei vescovi eviterebbe conflitti e partigianerie".
I presuli, tuttavia, sottolineano che "prima che il Santo Padre prenda l'ultima decisione, ci devono essere fondamenti affidabili e ampiamente provati sui quali egli possa appoggiarsi".
Memori delle polemiche sollevate da alcune nomine episcopali di Wojtyla, e in vista di una serie di pensionamenti imminenti, evidenziano che "i fedeli attendono con ragione che il processo nella ricerca dei candidati, l'esame delle proposte e l'ultima decisione venga presa accuratamente e con sensibilità pastorale".
Monsignor Wagner, da parte sua, assicura di aver rassegnato le dimissioni - non ancora accolte dal Papa - di sua spontanea volontà e "nell'interesse e per il bene della Chiesa". Il sacerdote precisa di aver sentito fin dall'annuncio della sua nomina una diffusa "resistenza" che - "a essere sincero" - si è espressa "con modalità prive di amore e di misericordia".
Il suo superiore, il vescovo di Linz, getta acqua sul fuoco.
"L'immagine di vincitori e perdenti in questo momento non serve affatto", afferma, specificando che sulla scelta del suo ausiliare adesso è il momento di prendere una "pausa". Nel Pontificato di Ratzinger c'è solo un precedente a questa decisione: quando, nel gennaio 2007, monsignor Stanislaw Wielgus, arcivescovo di Varsavia, fu costretto a poche ore dall'insediamento ufficiale in diocesi perché accusato di aver collaborato con i servizi segreti durante il periodo sovietico.
Tra Roma e Vienna, ad ogni modo, la tensione resta alta.
I vescovi austriaci assicurano "stretta collaborazione" agli uffici vaticani responsabili delle nomine dei vescovi.
E, tornando sull'affaire lefebvriani, auspicano - come già aveva fatto Schoenborn - "che si riescano a migliorare gli insufficienti processi comunicativi anche in Vaticano, in modo che il servizio universale del Papa non venga coperto da ombre". I seguaci di Lefebvre?
Gli è stata revocata la scomunica, ma non per questo sono "automaticamente" rientrati nella Chiesa, puntualizzano.
Per essere ammessi devono "ovviamente" accettare il Concilio vaticano II. Risponde, a distanza, il superiore dei lefebvriani.
Un consenso dottrinale col Papa "sembra difficile" a mons. Bernard Fellay. "Certo, abbiamo l'impressione che sia vicino a noi sulla questione liturgica", spiega in un'intervista al quotidiano svizzero 'Le Nouvelliste'.
"D'altro canto tiene molto profondamente alle novità del Concilio Vaticano II".
Poi lancia la sfida.
"Nel momento in cui si parla di ritorno alla piena comunione, forse, in effetti, il Papa si sta domandando chi, tra certi vescovi e noi, è più vicino a lui".





Notizie simili non sono oggi rare perché i vertici vaticani sono protesi verso la riconquista dei loro poteri temporali, tralasciando quasi del tutto la loro funzione spirituale.
E quando la ragion di Stato prevale su quella prettamente religiosa si ha sempre, la storia ce lo insegna, un calo delle fedi.
In Italia non ha problemi in quanto prona ai suoi ordini ma proprio da noi i suoi maggiori paladini li trova presso chi come suol dirsi “predica bene ma razzola male”- Berlusconi in testa ed il suo codazzo leghista e fascista – nonché tra alcuni personaggi che in quanto a fanatismo non hanno nulla da invidiare a certi oltranzisti di altre religioni in nome delle quali stanno spargendo terrore in tutto il mondo.
Conseguenze dirette dei vari anatemi sono:
il forte calo delle vocazioni, le diserzioni alle funzioni religiose, il continuo ribasso della quota
dell’8 x 1.000, l’appoggio a governi di stampo dittatoriale che ha oggi, almeno in Italia, ampi consensi popolari ma che, in quanto a doti etiche e morali, lascia molto ma molto a desiderare.
Il popolo cresce ad immagine e somiglianza di chi lo governa, meglio di chi lo comanda.
Buona fortuna e vita lunga a quei prelati, sono anche tanti, che passano la loro vita, giorno dopo giorno e pur tra mille difficoltà, ad applicare in concreto quella che è la vera ed unica missione della Chiesa così come fondata da Pietro: lui era un apostolo della fede e non del potere temporale.

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