I Sonetti
di
GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI
di
GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI
Nato nell'anno 1791 a Roma dove morì nel 1863; poeta e fondatore della
Accademia Tiberina iniziò a scrivere poesie di stile arcadico per passare poi nel periodo andante dal 1830 al 1849 a quelle scritte in romanesco il cui dialetto, tra il serio ed il burlesco, appare alquanto appropriato per questi suoi sonetti critici nei confronti del governo pontificio che, peraltro, sosteneva.
Era per così dire la voce del popolo romano amante della città ma con una amara visione delle sue condizioni sociali.
I suoi “SONETTI”, come potrete constatare, sono un insieme di ironia, spesso sarcastica, e di dolore per la situazione in cui versava Roma in quei tempi.
Un seguace delle pasquinate ?
Vedete voi, anche se più che poesie quelle erano degli stornelli non cantati ma solo scritti e messi ai piedi della statua del Pasquino.
Vedete voi.
Ecco un primo sonetto scritto il 12 settembre 1835, esattamente un secolo prima della mia nascita
intitolato
L'UBBIDIENZA
Nò, veh, cristiani, nun è vero mica
che pe ubbidì ce vò tanta pazienza.
E' un gran riposo a l'omo l'ubbidienza:
e pe questo in ner mondo è cusì antica.
Ma sentite, ch'Iddio ve benedica,
che bella verità: er Zovrano pensa,
e er zùddito esiguisce; e in conzeguenza
ognuno fa pè sè mezza fatica.
E a chi de noi sarìa venuto in testa
de pagà la dativa raddoppiata
si er Papa nun penzava puro questa?
Un essempio e finisco. Ar teatrino
chi la sostiè la parte più sudata ?
Dite, er burattinaro o er burattino ?
Accademia Tiberina iniziò a scrivere poesie di stile arcadico per passare poi nel periodo andante dal 1830 al 1849 a quelle scritte in romanesco il cui dialetto, tra il serio ed il burlesco, appare alquanto appropriato per questi suoi sonetti critici nei confronti del governo pontificio che, peraltro, sosteneva.
Era per così dire la voce del popolo romano amante della città ma con una amara visione delle sue condizioni sociali.
I suoi “SONETTI”, come potrete constatare, sono un insieme di ironia, spesso sarcastica, e di dolore per la situazione in cui versava Roma in quei tempi.
Un seguace delle pasquinate ?
Vedete voi, anche se più che poesie quelle erano degli stornelli non cantati ma solo scritti e messi ai piedi della statua del Pasquino.
Vedete voi.
Ecco un primo sonetto scritto il 12 settembre 1835, esattamente un secolo prima della mia nascita
intitolato
L'UBBIDIENZA
Nò, veh, cristiani, nun è vero mica
che pe ubbidì ce vò tanta pazienza.
E' un gran riposo a l'omo l'ubbidienza:
e pe questo in ner mondo è cusì antica.
Ma sentite, ch'Iddio ve benedica,
che bella verità: er Zovrano pensa,
e er zùddito esiguisce; e in conzeguenza
ognuno fa pè sè mezza fatica.
E a chi de noi sarìa venuto in testa
de pagà la dativa raddoppiata
si er Papa nun penzava puro questa?
Un essempio e finisco. Ar teatrino
chi la sostiè la parte più sudata ?
Dite, er burattinaro o er burattino ?
Cento anni dopo, per una serie di circostanze, anche oggi ci poniamo tutti o quasi la stessa domanda !
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