Dalle sue pagine traspare il senso dato alla loro vita da tanti personaggi, celebri e non, per la conquista della
LIBERTA’
del riscatto di un popolo che combatte per stabilire nel nostro Paese una democrazia, mai prima concessaci pienamente e poi perduta.
Leggendo questo libro ci accorgiamo oggi che siamo ritornati indietro quanto meno di un secolo, un enorme lasso di tempo che peserà per sempre negativamente su quello che sarà il nostro futuro.
Chi accennava, un decennio addietro, alla necessità di una nuova “Resistenza”, da rinnovare con altre forme, veniva beffeggiato.
Ed invece, costoro, avevano sin da subito intuito come sarebbe andata a finire la nostra democrazia conquistata con la lotta di Liberazione e non solo; anche col sacrificio di persone rimaste sconosciute ai più ma che avevano un ideale da difendere: quello di sentirsi pienamente degli uomini liberi.
di
Nello Ajello
Torino, via XX settembre, 18 aprile 1945, all´angolo dei portici di corso Vittorio Emanuele.
«Signori, si scende», dice il manovratore del tram rivolto ai passeggeri.
«E´ l´insurrezione».
Così Bianca Guidetti Serra, storica esponente dell´antifascismo torinese e celebre giurista, rievoca in un suo libro di memorie che sta per uscire da Einaudi l´inizio della lotta di Liberazione, preceduta da uno sciopero generale che mette a rumore le strade della sua città.
L´autrice di Bianca la rossa ricorda che lei da quel tram fu «felicissima di scendere».
L´aneddoto risulta di una naturalezza sorprendente.
Ma l´intera autobiografia, è così: tanto ricca di fatti e pensieri quanto povera di sussiego.
Rasentando i novant´anni - nata nel 1919, li compirà nell´agosto prossimo - Bianca Guidetti Serra si è fatta aiutare per questo volume da Santina Mobiglia.
E dalla collaborazione fra le due il racconto emerge nitido, spedito, venato di un understatement molto piemontese.
Nulla di particolare riserva l´origine dell´autrice.
Il padre è un medio avvocato.
La madre gestisce un laboratorio di sartoria.
Bianca ha un´unica sorella, Carla.
Nel 1938 le è morto il padre, ma già da un anno Bianca ha incontrato, nelle aule del liceo D´Azeglio, un ragazzo ebreo, Alberto Salmoni, che più tardi diventerà suo marito.
E qui comincia a delinearsi una cerchia di frequentazioni, resistente nei decenni.
Da Primo Levi a Franco Momigliano, da Luciana Nissim a Silvio Ortona, sono tutti ebrei: il che offre a Bianca solidi motivi di riflessione civile, oltre a quelli che le propongono i suoi studi di diritto.
I quali si concludono, nel 1943, con la laurea.
A differenza del fidanzato e degli amici più cari, vicini al partito d´Azione, la giovane avvocatessa si riconosce nel comunismo.
Vi è entrata in maniera quasi clandestina, per impulso di un «compagno importante, intorno ai quarant´anni», di cui la stessa «affiliata» ignora nome e cognome.
«A casa», annota, «non dissi nulla della mia iscrizione».
Non la rivelò neppure ad Alberto, il fidanzato.
«Ne avremmo parlato poco dopo, durante la Resistenza».
La notte dell´8 settembre 1943, casa Guidetti Serra era stipata di gente. Ci dormirono, insieme a Vittorio Foa, un´altra diecina di giovani antifascisti appena usciti dal carcere.
Meglio, non si sa mai, evitare per un po´ le proprie dimore abituali. Avendo trovato da tempo un modesto lavoro di assistente sociale in fabbrica, «Bianca la rossa» piega questa sua attività verso la questione femminile.
Per lei, il nesso fra la lotta di liberazione e l´emancipazione delle donne diventa una ragione di vita.
Intitolerà “La difesa della lavoratrice” un giornale in ciclostile che redigerà alla macchia.
Stabilirà anche un coordinamento fra «i gruppi di difesa delle donne» operanti nei vari partiti, entrando in contatto con note antifasciste, prima fra tutte Ada Prospero Gobetti, vedova di Piero.
«Ma chi era questo tuo marito?», le domanda la neo-proletaria Guidetti Serra, ancora alle prime armi in termini di censimento degli eroi e dei martiri progressisti.
Un´amicizia, quella con Ada, destinata a consolidarsi durante l´esperienza partigiana.
A volte la giovane vedova Gobetti le telefonava: «Hai visto che bel sole, andiamo a fare una gita?».
Era la formula per convocare l´amica verso una delle vallate subalpine dove operavano gli amici partigiani: il secondo marito di Ada, Ettore Marchesini, Alberto, il ragazzo di Bianca, e qualche nuova conoscenza, come il futuro storico Paolo Spriano, detto «Pillo», che più tardi sposerà Carla, la sorella di Bianca.
Il lettore che tema di venir immerso in una chanson de geste resistenziale resterà conquistato dal segno contrario che recano queste pagine.
«Partigiane combattenti», si cautela l´autrice, «ne ho conosciute pochissime».
Quelle svolte dalle ragazze erano, in genere, «funzioni di staffetta e di assistenza ai partigiani».
In simili compiti, la bicicletta è una presenza assidua.
Sono spesso le donne a fare da battistrada ai loro compagni in armi, pedalando di lena per le valli e cantando a pieni polmoni.
L´affievolirsi del canto segnalerà un pericolo.
Lo spegnersi della voce, un´emergenza.
Nel 1956 diede l´addio al Pci, restando per sempre una «militante senza partito».
Nel libro, se ne trova, certo, una spiegazione.
Ma forse, a quel punto, il movente risulta già chiaro a chi abbia seguito, di pagina in pagina, gli itinerari morali e mentali dell´autrice, fra i quali fa spicco l´assoluta carenza di spirito gregario.
Ecco, comunque, albeggiare una sua nuova esistenza.
Bianca la rossa diventa la giurista Guidetti Serra, con lo specifico significato che possono assegnare a questa trasformazione le antiche passioni e competenze.
Per oltre cinquant´anni è assidua la sua attività nei palazzi di Giustizia e nelle assemblee più varie in riferimento a una vasta gamma di argomenti: dalla difesa dei diritti della donna e dei minori alla tutela dei lavoratori, dalla riforma dell´ordinamento penitenziario ai mille problemi connessi all´esplosione del terrorismo, dalla legislazione familiare alla salvaguardia dell´ambiente, dagli assetti della vita militare agli sviluppi della moderna psichiatria.
Il linguaggio del libro diventa a tratti più tecnico, man mano che l´autrice invita chi lo ha in mano a seguirla in quella che Rudi Dutschke definì «la lunga marcia attraverso le istituzioni».
Ma, ciò che più conta, «quell´intreccio di mestiere e militanza» che - sono sue parole - ha caratterizzato la vita di Bianca la rossa sembra lungi dal disfarsi, nel ricordo.
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