Medaglia d'oro al valor civile
«Commissario liquidatore di un istituto di credito, benché fosse oggetto di pressioni e minacce, assolveva all'incarico affidatogli con inflessibile rigore e costante impegno.
Si espose, perciò, a sempre più gravi intimidazioni, tanto da essere barbaramente assassinato prima di poter concludere il suo mandato. Splendido esempio di altissimo senso del dovere e assoluta integrità morale, spinti sino all'estremo sacrificio.»
Milano, 12 luglio 1999.
Una recentissima iniziativa editoriale mi dà l’occasione di rispolverare un mio vecchio scritto che coloro i quali mi seguono da lungo tempo hanno di già letto e commentato.
Lo ripropongo oggi qui con viva commozione perché il suo ricordo vive e vivrà perenne in me ed in tutti coloro che lo conobbero sin dal primo anno del corso universitario di Giurisprudenza (1954-1955) – presso l’Università Statale degli Studi di Milano.
Giorgio Ambrosoli: eroe per caso?
25 anni fa, precisamente la sera dell’11 luglio 1979, veniva crudelmente assassinato sulla soglia del palazzo dove abitava il dr. Giorgio Ambrosoli; la mano omicida che brandiva una 357 Magnum apparteneva, come appurato successivamente in sede giudiziaria, ad un sicario prezzolato dal banchiere Michele Sindona, proprietario, tra l’altro, della Banca Privata Italiana sorta dalle ceneri della Banca Unione già di proprietà di una nota Compagnia di Assicurazioni milanese.
Questo omicida si chiamava William J. Aricò che ricevette per questa sua prestazione delittuosa la somma di $ 25.000 in contan
ti più un accredito di altri 90.000 della stessa valuta presso una banca di Lugano.
Giorgio Ambrosoli era stato nominato dall’allora Governatore della Banca d’Italia, Guido Carli, curatore di questa Banca che ebbe a fallire a seguito di un crac da 417 miliardi più un prestito di 600 miliardi, garantito dalla stessa Banca d’Italia, proveniente dalla Germania Federale.
Il perché venne trucidato con tre colpi di pistola al petto molti lo ricorderanno ma per chi non lo sapesse ancora preciso che il movente fu l’incrollabile fede di Giorgio nella giustizia e nell’onestà, merce rara anche a quel tempo, che non cedette prima alle molteplici pressioni politiche perché occultasse nelle sue relazioni l’effettiva entità del crac e poi alle esplicite mina
cce anche di morte.
Lo apprendiamo da una lettera - testamento diretta alla moglie Annaloroi, lettera che Ambrosoli teneva gelosamente nascosta.
Morire a 40 anni quando avrebbe potuto con un si, invece che con un no, non solo salvare la propria vita ma procurarsi anche dei notevoli vantaggi economici.
Io non mi sono meravigliato affatto di questo suo incrollabile “credo”; lo conobbi alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Statale di Milano al debutto dell’anno accademico 1954 – 1955, eravamo entrambi
matricole e tentavamo di sottrarci alle angherie degli anziani.
Era già un personaggio, sempre con il sorriso sulle labbra e con l’immancabile distintivo dell’Unione Monarchica Italiana all’occhiello di ogni giacca che aveva la ventura di indossare; di temperamento serio scherzava solamente con gli amici, io lo stuzzicavo per la sua fede politica, del tutto diversa dalla mia, ma non ci siamo mai “azzuffati” dialetticamente, con Giorgio era impossibile ed alle mie allusioni sul suo cognome mi rispose :”Io sono il parente povero delle caramelle di miele”.
Una volta laureati ci siamo persi di vista perché ognuno aveva preso delle strade diverse ma quelle poche volte che ci si incontrava nelle aule della Pretura od in quelle del Tribunale era festa grande.
Ricordo che un giorno venne pescato da un Pretore penale perché fungesse quella mattina da Pubblico Ministero in una serie di processi; lui aveva degli impegni improrogabili, mi vide da lontano, mi chiamò e mi pregò di sostituirlo se il Pretore ne avesse dato l’assenso e la risposta fu positiva, mi ringraziò, ci salutammo abbracciandoci e fu l’ultima volta che lo vidi.
La volta seguente vidi non più lui ma la sua bara ed assieme ad altri colleghi dell’Università l’abbiamo onorato piangendo assieme ai suoi familiari.
Cosa mi rimane di lui, il ricordo di un uomo incorruttibile sino al supremo sacrificio ed un dolore per la perdita di un grande e caro amico.
E’ stato un eroe per caso ?
No, Giorgio Ambrosoli è nato con l’eroismo nel sangue e col sangue l’ha pagato nonostante fosse stato pesantemente avvertito: l’onestà intellettuale e morale, purtroppo, specialmente oggi, è un bene piuttosto raro sebbene quella appartenuta e messa in atto da Ambrosoli sia un esempio da seguire.
Mi domando quanti siano oggi in grado di seguire il suo esempio, per questo ho voluto ricordarlo, sia pure in ritardo per motivi personali, perché altri, specie i giovani, possano prendere piena contezza del suo sacrificio, cercando poi di percorrere lo stesso sentiero da lui tracciato, quello dell’onestà.
29 luglio 2004
LA NUOVA INIZIATIVA ELETTORALE
Scrive uno dei presentatori di questo libro, il
Dr. GHERARDO COLOMBO
Ex PM di “Mani Pulite”
ed
Ex Consigliere di Cassazione
“Poco meno di 30 anni fa, la notte tra l’11 ed il 12 luglio 1979, è stato ucciso a Milano l’avv. Giorgio Ambrosoli.
Era Commissario Liquidatore della Banca Privata italiana, la più importante banca non pubblica d’Italia, fallita nel 1974.
Aveva il compito di ricostruire la contabilità e recuperare i soldi sottratti ai risparmiatori.
Siccome faceva bene il suo lavoro, recuperava il denaro (evitando che il crack fosse sistemato con i soldi dei cittadini), il proprietario della banca, Michele Sindona, ha cercato prima di blandirlo ed intimidirlo e poi, visto che non cedeva nonostante le minacce, lo ha fatto ammazzare.
Quando è stato ucciso, Giorgio Ambrosoli aveva 45 anni, moglie e tre figli.
Uno di loro, il più piccolo, Umberto, non aveva ancora 8 anni.
Gli era successo, pochi mesi prima, di ascoltare per caso, nascosto dietro una porta l’ultima delle telefonate anonime che il padre aveva ricevuto e che stava riascoltando da un registratore assieme alla moglie.
Lei “è degno soltanto di morire ammazzato come un cornuto! Lei è un cornuto e bastardo” terminava la telefonata.
Non è difficile immaginare cosa provocarono quelle parole in un bambino così piccolo.
UMBERTO
Oggi fa l’avvocato.
Ha scritto un libro sulla vita di Giorgio.
Il libro
QUALUNQUE COSA SUCCEDA
(edito Sironi)
è un atto d’amore nei confronti del suo papà
(come lo chiama costantemente nel testo).
Umberto racconta la vita di Giorgio e della mamma, Annalori, nel contesto di quel che succede in quegli anni: la violenza diffusa dei movimenti politici, il terrorismo, il sequestro di Aldo Moro, per esempio.
Rivive i ricordi personali: il Natale sereno, le vacanze insieme, i momenti di intimità della famiglia.
Ricostruisce il lavoro del padre, dopo aver consultato qualsiasi documento a disposizione.
Spiega anche a chi non si intende di contabilità e di processi che cosa ha fatto il papà, quali sono i motivi per i quali è stato ammazzato.
Soprattutto, Umberto, con il suo papà entra in sintonia.
Capisce perché ha voluto non piegarsi a chi faceva di tutto per toglierli la libertà di essere se stesso, per asservirlo e assoggettarlo.
Condivide la scelta, capisce che l’ha fatta per poter continuare a guardare negli occhi i suoi figli.
Il libro è anche un atto d’amore verso ciascuno di noi, mostrandoci che possiamo scegliere di non abbassare lo sguardo.
Se a suo tempo l’avessero fatto in tanti, credo che Giorgio Ambrosoli non sarebbe stato ammazzato”.
Aggiungerò qualcosa di inressante su Umberto - scontri professionali coni legali di Berlusconi, simbolo opposto a quello di Giorgio - in un prossimo post.
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