-ante Cappellacci-
Altrimenti, oggi, tutti zitti e mosca.
ATTILIO BOLZONI
Il silenzio cupo della più grande città della Sicilia che è a oriente stasera sarà rotto da una strepitosa e strepitante “muschitteria”.
Si intende per “muschitteria” – in stretto dialetto catanese – lo scoppio dei petardi che prelude ai fuochi di artificio.
Con 140 milioni di euro gentilmente donati da Berlusconi qui è come se quest’anno fosse arrivata un’altra volta Sant’Agata.
Per un mese o due Catania l’hanno salvata.
No, Catania non era sull’orlo del crac: Catania era già fallita.
Dopo mesi di luci spente persino sulla via Etnea, dopo i vigili appiedati per la benzina che era finita, dopo i quartieri in putrefazione per quelle montagne di rifiuti che nessuno raccoglieva più, un primo finanziamento (a fondo perduto) fa respirare per un po’ i catanesi e grazia per il momento i suoi amministratori spensierati e spendaccioni.
Pieni di debiti, inseguiti dai creditori.
Autisti, librai, trasportatori, giornalai, ristoratori, albergatori, maestre e pure ballerine brasiliane.
E’ stato proprio un bel regalo.
Se lo aspettavano e non se lo aspettavano, avevano annusato che il ministro Tremonti aveva puntato i piedi per non farglielo avere, però sotto sotto tutti lo sapevano che il Presidente del consiglio in qualche modo avrebbe «perdonato» il suo farmacologo personale e quei proconsoli catanesi che fra sperperi e organici gonfiati avevano affossato la loro città.
Il comunicato ufficiale come al solito è stato secco:
«Il comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ha disposto uno stanziamento di 140 milioni per far fronte all’emergenza finanziaria dell’Ente». Centoquaranta.
Per sistemare i conti ne servirebbero secondo alcuni 300 ancora, secondo altri ce ne vorrebbero almeno 700 e forse di più.
E’ un supercrac.
Se mai pioveranno un’altra volta finanziamenti come manna dal cielo, allora — e soltanto allora — al Comune di Catania potranno ricoprire la voragine e dimenticare come dallo splendore la città è stata risucchiata in un gorgo.
Non sono spiccoli ma basteranno per poco tempo e per poche cose.
Per ora potranno partire gli accrediti in banca per i 4500 dipendenti comunali, per ora il regalo di Roma tapperà qualche buco e onorerà qualche «pagherò».
Il vero mistero è cosa accadrà alla vigilia di Natale.
A Catania attendevano un’ »anticipazione» di 70 milioni e l’omaggio si è rivelato doppio del previsto, ma il declino della città è già segnato.
Per i soldi che servono e che ancora non ci sono, per le guerre intestine che si sono scatenate intorno alla bancarotta, per le voci che proprio in queste ore si rincorrono sulle grandi manovre nel tentativo di recuperare altro denaro.
Per non finire a pezzi.
Si parla di speculazioni edilizie, di trasformare con un colpo di bacchetta magica aree agricole in edificabili, qualcuno dice che qualcun altro stia progettando un altro grande «sacco» di Catania.
Altro che la Playa come Copacabana, la famosa spiaggia catanese che l’ex sindaco Umberto Scapagnini — «Sciampagnino» lo chiamavano i catanesi — voleva far diventare una piccola grande colonia carioca.
(si dice che Scapagnini spasimasse per una bellissima ballerina brasiliana -ndr).
Altro che piste da sci nella discesa di Piazza Stesicoro.
A Catania pochi minuti prima del cadeau di Berlusconi i bambini pagavano ancora 4 euro per mangiare all’asilo, all’economato del Comune non erano partiti i mandati di pagamento per lo stipendio di settembre, i «cassamortari» — quelli delle pompe funebri — non consegnavano gratis le loro bare al cimitero.
Tutto il resto è andato come doveva andare.
La prima dichiarazione alla notizia del dono per Catania è stata quella del suo sindaco, il senatore del Pdl Raffaele Stancanelli:
«E’ un successo per la nostra città.
Con questi fondi si potranno chiudere i disavanzi fino al 2006.
Ma bisognerà cominciare a rimboccarsi le maniche e a lavorare tutti insieme con grande rigore.
Ringrazio tutti per questo risultato ottenuto, anche quelli che a questa soluzione non credevano ma alla fine si sono accodati».
La seconda dichiarazione è stata quella del presidente della Provincia Giuseppe Castiglione:
«L’impegno del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è stato mantenuto in tempi brevi.
Ma l’intervento del Cipe non risolve tutti i problemi finanziari del Comune ».
Poi però Castiglione lancia la sua freccia velenosa:
«Questo intervento del Cipe, che sottrae fondi agli investimenti, deve rimanere un
intervento assolutamente straordinario
e non può diventare la regola o una speranza per alcuni amministratori pubblici per ripianare situazioni d’emergenza ».
Segnali di guerra.
Fra quello (Stancanelli, in quota An) che alla scadenza delle candidature doveva finire alla Provincia e quell’altro (Castiglione, in quota Forza Italia) che era stato designato sindaco.
Dalla notte all’alba uno si è ritrovato al posto dell’altro.
E da lì è iniziata una ferocissima e sotterranea battaglia quotidiana su come spartirsi Catania e i suoi debiti presenti passati futuri.
Indovinate chi era nascosto alle spalle di tutti?
Sì, proprio lui: il governatore Raffaele Lombardo.
Prima di insediarsi a Palermo — non si mai, la lontananza — ha voluto imporre a tutti i costi in Comune (dove di Scapagnini è stato vice sindaco) un suo uomo.
Su quello che c’era ancora da «dividersi» in quegli anni a Catania la verità è affiorata fino in fondo soltanto dopo.
Al Comune e nelle «partecipate».
Solo l’Amt, l’azienda trasporti, ha accumulato un deficit di 157 milioni di euro.
Sprechi, assunzioni pilotate, spese folli per consulenti, telefonini, viaggi.
La Corte dei Conti a giugno ha denunciato tutte le «gravi irregolarità», la «carente attendibilità delle scritture contabili», “l’insufficienza delle risorse destinate ai bilanci..”.
Un buco sempre più profondo, anno dopo anno dal 2003 in poi.
Con un’inchiesta della magistratura che ha già coinvolto una quarantina di personaggi, fra i quali gli ex assessori al Bilancio e e naturalmente l’ex sindaco Scapagnini.
E’ un’inchiesta che va avanti.
«Certo che stiamo indagando ancora sul buco in bilancio al Comune»,
dice il Procuratore capo della Repubblica di Catania Vincenzo D’Agata.
E poi scaglia all’improvviso un sasso:
«E’ un’inchiesta lunga e complessa e io spero che non ci siano connessioni con la criminalità organizzata ».
E’ solo un sospetto.
E’ solo un’ombra mafiosa che si allunga anche sul fallimento di Catania.
Da
ULTIM'ORA
Stamattina la polizia giudiziaria ha sequestrato documenti negli uffici comunali.
Si tratterebbe di atti relativi alla lista delle infrastrutture inviata al CIPE per accedere ai fondi FAS, che poi il governo, con decreto, ha permesso di utilizzare per ripianare il bilancio del Comune.
Effetto Report direbbe qualcuno.
Stamattina i sostituti Alessandro La Rosa e Barbara Laudani hanno guidato la polizia giudiziaria nel sequestro di atti relativi alla lista delle infrastrutture consegnata dal Comune al Cipe per accedere ai fondi Fas.
In seguito alla delibera positiva del Cipe, per un ammontare di 140 milioni di euro di finanziamento, il governo emanò un decreto legge che permette di utilizzare i fondi per le aree sottoutilizzate (fas) non più per finanziare infrastruttre, ma per ripianare i bilanci 2003, 2004 e 2006.
Insomma, così s'è evitato il dissesto, ma dopo le pubbliche affermazioni del sindaco a Report (ma in realtà Stancanelli aveva già "confessato il reato" in occasione dell'incontro a Città Insieme qualche mese fa) la Procura ha voluto approfondire la faccenda.
La notizia dell'inchiesta era stata data già ieri sera da Report, che era tornata su Catania, riproponendo l'ammissione del sindaco sul "giochetto"
fatto con le risorse FAS.
Stasera del sequestro s'è parlato anche in Consiglio Comunale.
Il consigliere Rosario D'Agata ha chiesto se fosse vera la notizia e se si trattasse di atti relativi alla lista di infrastrutture fornita al Cipe.
Il segretario generale del Comune ha confermato che il sequestro c'era stato, in mattinata, ma su documenti prelevati dalla magistratura non ha dato indicazioni.
Chiedo la parola
Per passarla subito alla Gisa.
Poteva mancare in tale oramai cronico guazzabuglio amministrativo in cui si trova la città di Catania da che su di essa sono piombate le “mani bucate”, molto poco pulite, delle forze pseudo progressiste messe in campo dal capo spirituale di un partito che in Sicilia, spesso partito non era ma solo una specie di comitato d’affari, spesso di dubbia utilità per le città, nonché un centro di elargizioni di dubbie opportunità verso molti cittadini specialmente in occasione di consultazioni elettorali.
No di certo.
Questo è il suo commento, il mio l’ho di già più volte espresso in un passato recente e remoto in alcuni miei post.
"I 140 milioni servono per coprire i disavanzi’ di bilancio. Qui abbiamo messo un elenco di opere, non ci danno i soldi per fare una strada o l’altra. Chiaro? Perchè, se lei ha capito di cosa si è trattato, abbiamo inventato un elenco per avere 140 milioni!"
Raffaele Stancarelli, Sindaco di Catania
Imperdibile una chicca che tocca le corde del grottesco e dell'assurdo e che si mostra in tutte le sue forme quando, in occasione di un sopralluogo effettuato da Stancarelli nel Villaggio Santa Maria Goretti (che, come è stato provato da Report nella puntata del 15 marzo, si trasfigura in un vero e proprio Canal Grande nei periodi di pioggia), il signor Zappalà, un abitante del quartiere, fa le sue pugnaci rimostranze, viene "avvicinato" da un addetto alle dipendenze del Sindaco per "prendere un caffè" e...magicamente cambia atteggiamento, rimangiandosi i veementi reclami ma, al contrario, sdilinquendosi in salamelecchi ed inchini vari”.
Segue il filmato che potrete visionare cliccando sul seguente indirizzo:
http://gisa.splinder.com/post/20215603/Il+caff%C3%A8+dello+staff+Stancare
Ma qualcosa, stavolta, caso raro, è sfuggito alla GISA.
Il caffè siciliano ha delle proprietà miracolose: o ti fa riconciliare con la vita e con il tuo prossimo – caso del catanese Zappalà – o ti porta in un altro mondo dove esiste una pace assoluta – caso all’Ucciardone di Gaspare Pisciotta, ex luogotenente del bandito Giuliano -.
Attenti, quindi, se qualcuno che non conoscete vi offre un caffè da quelle parti, siate prudenti.
Ebbe a suo tempo un notevole successo una canzoncina di Pino Caruso che faceva:
“Venga a prendere un caffè da noi, Ucciardone cella ventisei…. ”
mentre sullo sfondo del teleschermo giravano le immagini delle celle di un carcere.
Catania, l’emblema di un fallimento politico ed amministrativo targato
FI e poi PDL
con allegato il PDA.
Ma come mai non se n’è parlato nel corso dello spettacolo mediatico del Congresso berlusconiano ?
I 140milioni di euro erano soldi di chi si spacca la schiena a lavorare, checché ne dicano Brunetta ed il suo mentore, e che non può nemmeno permettersi il lusso, come molti degli amici di questo duo, di evadere il fisco perché per costoro il prelievo lo hanno ogni fine mese in busta paga.
Chi li ha regalati per tornaconto personale li deve restituire e la Corte dei Conti deve dire subito la sua in merito.
E poi il soldi del CIPE girati con uno dei soliti suoi DL per far fronte ai debiti e non per realizzare le strutture per le quali erano state chieste e concesse.
Il falso l’ha commesso anche il governo della libertà di fare quello che vuole a prescindere e contro le leggi in vigore.
Poi hanno la faccia tosta di affermare che la magistratura fa politica; si occupa della politica, non la fa, è costretta, in mancanza di controlli politici, in quanto è suo obbligo indagare su tutto quello che, frutto della stessa politica, di marcio emerge prima o poi.
Tale modo di agire viene, da chi ha interesse a dirlo, impropriamente chiamato “politica” mentre, in realtà, è oramai un vero e proprio continuo malaffare tollerato ed anche appoggiato da coloro che hanno in mano le redini delle istituzioni.
Ecco perché si vuole cambiare la Costituzione e riformare la Magistratura che andranno a prefigurare non più come uno dei tre poteri dello Stato bensì come un servizio a completa disposizione di un premier con piene poteri e di un governo dallo stesso premier nominato.
Potrà, secondo il suo piano, sciogliere le camere ma aumentare con un proprio editto le stanze di una casa, pardon, di una striminzita villetta piano terra, magari anche di quelle costruite abusivamente sulla sabbia delle coste marine.
In Italia ce n’è a strafottere ed in Sicilia non è certo l’ultima regione in cui sono stati perpetrati codesti scempi.
Ricordo che, a Catania, il tratto costiero denominato “Oasi del Simeto”, aveva subito un attacco da parte dei c.d. cementieri che avevano costruito, secondo i numeri forniti da Legambiente ben 2.500 villette abusive.
Nel giugno 1989 a. B., un solo sindaco riuscì a farne abbattere in breve tempo 226, andando ad accertarsi di persona dell’effettiva loro demolizioni, ponendosi alla testa della Polizia che era sul posto per evitare eventuali scontri con gli abusivisti..
Si trattava di Enzo Bianco, repubblicano, nato politicamente sotto l’ala di Ugo La Malfa, Bruno Visentini e Giovanni Spadolini;
e scusate se è poco.
Nelle elezioni amministrative del 2002
i catanesi, quale riconoscenza per aver ridato splendore ad una zona di immenso valore paesaggistico, elessero a sindaco il medico di Berlusconi e non Bianco.
Questo dà il senso del grande successo della destra nel voto siciliano.
E dopo Bianco: il diluvio; oggi, dopo sette anni, continua a diluviare.
Catanisi, abbinirichi !
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