giovedì, marzo 19, 2009

Un libro interessante

MI CHIAMO ROBERTA

HO 40 ANNI

GUADAGNO 250 EURO AL MESE

Editrice Einaudi

Recensione anonima

Chi è Aldo Nove?

 E’ questa la domanda che mi sono posta quando qualche giorno fa ho visto in libreria e poi acquistato “Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese… “

Ebbene, mi sono documentata, per lo meno un po’.
Aldo Nove, pseudonimo di Antonello Satta Centanin, classe 1967, scrittore e poeta, nel 1996 ha scritto Woobinda e altre storie senza lieto fine edito da Castelvecchi, poi ripubblicato da Einaudi due anni dopo con il titolo Superwoobinda.
Ha scritto diversi racconti tra cui “Amore mio infinito” e alcune raccolte di poesie.

Mi ha molto incuriosito…

Questo libro è una raccolta di testimonianze di giovani, e non più giovani, destinati a invecchiare senza un reddito dignitoso e senza incoraggianti prospettive future. Non si tratta di persone che non hanno avuto voglia di studiare o che non hanno voglia di lavorare.
Sono persone che al contrario, sono laureate, cercano di sbarcare il lunario svolgendo anche quattro lavori diversi, ma che non sono in grado, il più delle volte, di acquistare ratealmente nemmeno un computer perché non hanno una busta paga da fornire.
Situazioni di questo tipo non consentono di pensare serenamente alla formazione di una famiglia e tanto meno all’acquisto di una casa che necessita di un mutuo ventennale
.
Generazioni senza futuro.
 O forse un futuro molto preoccupante per tutti: per i giovani che sempre più tardi potranno recidere il cordone ombelicale che li lega alle famiglie; e per le famiglie che, nonostante abbiano già sacrificato molto per lo studio dei figli, sono costrette ad aiutarli economicamente anche a quarant’anni.
Adulti costretti a rimanere bambini.
Aldo Nove, in questo reportage, ha commentato diverse esperienze raccontate da giovani di diverse aree geografiche, e lo ha fatto con estrema lucidità e chiarezza. C’è l’avvocato che, guadagnando quattrocento euro al mese, fa anche il cameriere; l’insegnante che non avrà mai una cattedra, e corre da una scuola all’altra, quando “ fortunatamente” chi è di ruolo si ammala; chi è rimasto impigliato in quella fitta ragnatela costituita dalle agenzie di lavoro interinale; chi fa il pastore in Sardegna, ma muore letteralmente di fame etc…

Ho trovato questo libro molto rappresentativo della realtà giovanile italiana e merita davvero di essere letto.

- O -

Recensione di IBS

Persone vere, mai raccontate però.

Chi lavora in agenzie web, nei service più diversi, chi fa il pastore precario, chi vive la flessibilità di ogni genere, chi fa lo stagista a vita, chi a vent'anni fa un lavoro di "relazioni e di successo", chi lavora in uno studio da avvocato ma si mantiene facendo il cameriere...

Aldo Nove presenta una grande inchiesta, un documento di un dramma italiano, un reportage delicato e struggente in cui le storie vere di giovani e non più giovani si affianca ogni volta al commento di Aldo Nove.

 Alcuni commenti da parte dei lettori

Teniamo in debito conto che, come tempo, siamo nel 2006.

La situazione è quella conseguente alla riforma dei contratti di lavoro, la Legge impropriamente chiamata Biagi – di cui ricorre oggi l’anniversario della sua barbara uccisione -  perché mutilata della parte più importante: quella della necessità della contemporanea presenza dei c.d. “ammortizzatori sociali” che avrebbero dovuto garantire un salario od uno stipendio a coloro che perdevano il posto di lavoro, sino a che non ne avesse trovato un altro sia pure, per un periodo limitato di tempo.

Un’avvertenza: i commenti sono stati inseriti mano a mano che venivano postati e, quindi, si trovano da un punto di vista temporale inseriti in ordine decrescente.

Vale la pena di incominciare dall’ultimo dell’elenco, quello di paola del  (07-04-2006).

Altrimenti non se ne comprendono alcuni, perché scritti anche in contrapposizione del pensiero espresso da altri.

Siamo in un’epoca dove ancora non si prevedevano, almeno in Italia, neanche gli albori della recessione attuale.

VOTO DA 1/5

Amy (24-10-2007)
Ho letto il libro di Aldo Nove e mi ha fatto "piangere", mi ci sono rivista o rivisto la mia storia e ho rivissuto, la rabbia, la paura e il dolore che ho provato. E' un libro duro e sincero, nè buono nè cattivo, solo vero. Io consiglio di leggerlo a quanti sostengono che "precario è bello".
Voto: 4 / 5

 

GIULIANA (10-09-2007)
A me è piaciuto , io sono fortunata ho un lavoro a tempo indeterminato..mi si è aperto un mondo che credevo di conoscere invece è molto molto peggio di quello che si crede dal di fuori...mi è stato utile leggerlo. 
Voto: 4 / 5

marco  (09-05-2007)
Un inchiesta necessaria. Un resoconto asciutto di cosa sia diventato il problema lavoro in italia. Necessario ancora di più perchè in superficie i ragazzi italiani appaiono diversi, sempre abbastanza tranquilli, disinvolti ed eleganti sempre con il loro cocktail in mano e un certo soft rock in sottofondo. Se questa Repubblica è ancora fondata sul lavoro allora prepariamoci seriamente a sprofondare in un sottosuolo oscuro, carsico. la sconfitta è storica...piango lacrime amare insieme a Roberta ad Aldo e a tutti voi.

 Voto: 5 / 5

simone (16-03-2007)
"tu fai conto che mi sveglio alle quattro e un quarto del mattino, faccio quattro lavori diversi al giorno e vado a letto all'una e mezza di notte. Indipendentemente da chi o cosa sia Aldo Nove, consiglio a tutti di leggere questo libro. Si sta meglio nell'ignoranza, ma è il caso che si incominci a sapere.
Voto: 5 / 5

Lucia (precaria) (13-12-2006)
Encomiabile il tentativo di dare finalmente visibilità a un fenomeno come quello della precarietà del lavoro, tanto generalizzato, quanto generalmente ignorato. Peccato che l'autore finisca per cadere nei soliti ossessivi luoghi comuni di un'Italia divisa tra una destra ignorante, cinica, consumista, e una sinistra intellettuale, idealista, intelligente. Queste banali semplificazioni non giovano di certo a quella che vorrebbe essere una lucida rappresentazione della realtà contemporanea; l'impressione che se ne ricava è quella di una descrizione condizionata da una pesante deformazione ideologica e che finisce pertanto inevitabilmente per essere meno realistica e incisiva di quanto non avrebbe potuto.

Voto: 2 / 5

 

matt (02-10-2006)
Una lettura praticamente indispensabile. Un vero manuale di testo che andrebbe adottato in tutte le scuole primarie, secondarie e terziarie avanzate e in stato di decomposizione.

Aldo 9 ti illumina di immenso, come le lucine dell'acquario.

Degno erede dell'uomo della Moro Elettrica, Aldo 9 vede tutto da lassu' e scrive scrive scrive come Bartebly. E' spesso incompreso, ma e' cosa buona e giusta.

Voto: 5 / 5

Lia (26-06-2006)

Immaginate Aldo Nove, novello Michael Douglas nella semioscurità di un teatro.

 In scena, davanti a lui, come nel musical A chorus line c'è la disperazione dei "gypsies", manovalanza artistica di ballerini di fila, comparse e coristi sballottati da un teatro all'altro, che con voce strozzata dall'angoscia di un eterno precariato (notate l'ossimoro, perché il dramma è TUTTO LI'!!!) implorano "I hope I get it!"... poi magari si spezzano un tendine alla prima pirouette e per il resto della vita non "get it" proprio nulla, se non il ricordo dei piedi sanguinanti e deformati da anni di danza...

Patetico? Melodrammatico? No, non ancora, perché il BELLO, deve ancora venire.

 Davanti a Nove, dicevo, non ci sono aspiranti ballerini, ma un pastore, un'insegnante, una grafica pubblicitaria, due operai... che ci fanno in un teatro alle undici di mattina?

Andassero a lavorare! Ci andrebbero loro.

 Peccato che il lavoro non ci sia e se c'è può durare solo una settimana, che potrebbe venire pagata, o no, perché a volte sono LORO che devono pagare per poter dire:

"Ho un lavoro. Oggi. Domani, non so."

 Ma che c'entra il teatro? Da queste parti, per dire che il mondo è pieno di gente che si crede normale, ma non lo è, si dice che "Manicomio xe scrito par fora".

La stessa regola vale per il teatro: le recite e i salti mortali, non si fanno solo sul palcoscenico: basta osservare la gente comune alla cassa di un supermercato... o a un colloquio di lavoro, appunto.

E i giochi di prestigio? Si sono insediati tra una riforma e un co co co oggi, che rimane sempre meglio di una gallina domani.

Tanto, i polli da spennare, ormai si sa dove sono finiti: nelle banche dati delle agenzie interinali. Insomma, questo libro dà una panoramica della società di oggi che va letta !

Voto: 5 / 5

 

ANDREA MARAMOTTI   (15-06-2006)

Ho appena finito di leggere il libro di Aldo Nove e l'ho trovato estremamente realista, oltre che molto interessante.

E' un libro che ha il coraggio di denunciare la vergognosa realtà che molti giovani e non più giovani italiani, sono costretti a vivere sulle proprie pelli.

L'eccesso di flessibilità che sfocia in una precarietà sempre più dilagante, fa sì che queste persone siano vera e propria carne da macello, vedendo i loro più elementari diritti ignorati o calpestati.

Fenomeni come il mobbing, la concorrenza spietata, l'individualismo portato agli estremi a scapito della cooperazione di gruppo, il tentativo di creare attriti tra dipendenti sul luogo di lavoro, sono i caratteri di questo nostro mondo del lavoro, fondato sull'iniquità, le ingiustizie e lo sfruttamento.

Impossibilità ad aprirsi un mutuo e a crearsi una famiglia autonoma, disponibilità a lavorare 24 ore su 24, lavorare un mese si ed uno no, non aver nessuna garanzia per una futura pensione, stipendi bassissimi e non sempre pagati con puntualità, sono fenomeni che molti giovani appena usciti dalle università, dopo anni di sacrifici sui libri, a scapito di relax o vacanze, sono costretti ad affrontare.

Per non parlare di tutte le spese economiche affrontate durante gli anni accademici, nella speranza di potere affrontare un futuro lavorativo dignitoso, avendo alle spalle una laurea.

 Spese che, constatando la nostra realtà quotidiana,sembrano essere state a carattere benefico verso le casse delle varie università, constatando le reali e dignitose opportunità lavorative offerte a queste persone, una volta terminati i cicli di studi accademici.

Il libro di Nove fa anche riflettere su come in un sistema televisivo che parla di reality, gossip, contratti milionari di calciatori, la vera realtà per molte persone sia quella di non riuscire neanche più a vivere normalmente la propria intimità, vessati, stressati e sottoposti ai più vergognosi sistemi di coercizione psicologica in un sistema lavorativo che sta diventando sempre più intollerabile.
Voto: 5 / 5



andrea elitri  (28-05-2006)
Chiedo scusa se mi inserisco nel club dei detrattori di Aldo Nove. Ho apprezzato questo libro e l'ho regalato ad altre cinque persone. In Italia ci sono milioni di persone, milioni di persone, dico, che non sanno nulla di precariato, e Nove ha saputo rinunciare a sè come scrittore per far conoscere queste realtà nel modo più crudo possibile, facendosi da parte e dando parola a chi non l'ha. Continua così, Aldo, e non ti curar di loro!
Voto: 5 / 5

 

 

giovanni verga (24-05-2006)

Mi rivolgo a chi pensa di poter giudicare un libro senza tenere conto dell'autore: non si tratta sempre di una questione personale, ma ci si interroga sul perché un libro non ci è piaciuto e chiediamo quale sia la formazione del suo autore; quasi sempre per questa strada troviamo la risposta.

Succede per esempio che dei precari della Einaudi organizzino uno sciopero proprio nel giorno della presentazione del suo libro.

Quel giorno ero lì e ho visto Nove piuttosto pensieroso, non capisco allora perché nel suo libro si parli di pastori sardi e perché uno scrittore che ha spazi ovunque sui giornali li sfrutti per delle interviste improbabili.

Io lavoro dieci ore al giorno - sei al centralino del Messaggero e quattro come intervistatore porta a porta dell'Auditel - e so quanto sia complicata la situazione di noi precari (laureati)e non posso accettare il quadro superficiale che ne viene da certi libri e chiedo che si vada a fondo per permettere a tutti di capire.

Capire per esempio perché in Francia hanno avuto milioni di studenti in piazza e in Italia invece riscuotono enorme successo le notti bianche alla Sapienza.

A Nove chiedo di spiegarci questo, non di fare la cronaca (a scopo di lucro).

E per farlo gli chiedo di inventare una storia plausibile, inventare una storia partendo certo dalla realtà, ma non copiare esperienze e preoccuparsi che siano statisticamente valide.

I libri di Nove sono blandamente rassicuranti, fanno le carezze al sistema per questo non incidono (la vera letteratura invece incide, sempre) e i nostri giovani tengono il collo abbassato e lasciano che chi comanda ci metta il piede sopra e partecipano numerosi alle notti bianche universitarie.
Voto: 1 / 5

Gio Ferlinghetti (19-05-2006)
Ho già inviato un commento, che non è stato pubblicato.

E mi viene il dubbio che sia perché il mio giudizio era negativo, sia sul libro che sull'autore.

Il primo, è evidentemente frutto di grande elaborazione artistica (il che non sarebbe criticabile se non si presentasse come docudrama), soprattutto nelle sue parti cronachistiche.

Cioé, oltre che palesemente falso, il valore di critica sociale di uno scrittore egotico come Aldo Nove è EVIDENTEMENTE PRETESTUOSO, ARTIFICIALE E OPPORTUNISTA.

In quanto all'autore, farebbe meglio a concentrarsi sulle ricette ai mars e sui suoi programmi tv preferiti: Il grande fratello e il Festival di Sanremo.

I tempi di Woobinda - se mai sono cominciati - sono finiti da quel dì.

Voto: 1 / 5

 

Dottor D. (28-04-2006)
Sorge spontaneo chiedersi se i casi presentati come rappresentativi non siano, in realtà, estremi e molto specifici; il sospetto è rafforzato dall'assenza di un supporto statistico.

Interessante, comunque, il tentativo di inquadrare la crisi del mondo lavorativo in una crisi dei valori più generale.

Consiglio la lettura di questo libro, non foss'altro che come stimolo alla riflessione critica, pur nella speranza che Nove torni presto al suo ruolo naturale, quello di poeta e narratore.
Voto: 4 / 5

 

Antonio Bersenetto (19-04-2006)

Ma Gabriella e Simona hanno dei risentimenti personali nei confronti di Aldo Nove?

Una si inventa di sana pianta la recensione del libro sputtanandolo, l'altra distrugge l'autore.

 Perchè? Io ho letto il libro, divorandolo, commuovendomi.

Per questo preferisco parlare del testo, che ho trovato necessario.

E' l'unica testimonianza efficace di quello che succede oggi in Italia.

Dovrebbe essere adottato in tutte le scuole

Voto: 5 / 5

 

federica (18-04-2006)
Mi permetto di dissentire con Simona.

 Anche se sono una delle fortunate ad avere un contratto a tempo indeterminato (pur facendo un lavoro che non amo assolutamente e che è molto distante da tutti i progetti che avevo fino a qualche anno fa) ho letto questo libro con interesse-

Voto: 4 / 5

Gabriella Gabbrini (15-04-2006)

Mi è piaciuta abbastanza la storia di Francesca, che faceva la commessa in un negozio di tendaggi e quando andava in vacanza e beveva spriz e fumava canne, aveva un senso di straniamento verso il lavoro e le sembrava che non c'entrasse niente con la sua identità.

Quando andava molto fuori, pensava di non poter più lavorare in quel luogo, perchè si sentiva una degenerata e non riusciva a guardare in faccia i clienti normali sapendo di avere fumato droga e allora doveva guardare sempre le televendite dei prodotti americani (coltelli tagliatutto, polveri che inglobano il grasso nell'intestino eccetera) per avere coraggio.

 Meno interessante il racconto su Paolo, laureato in economia e commercio, che era stato punto da una vespa sul glande e lui pensava che fosse stato un richiamo esoterico per via dei siti porno che guardava ogni giorno e quando, uscendo dal lavoro, aveva trovato una botta sulla fiancata della sua macchina, aveva creduto che si fosse trattato del segno di una congiura universale e aveva cominciato a soffrire tantissimo, come un nero denso dentro di sè ed era imploso gradualmente (ma a vederlo dall'esterno non si notava niente) fino a raggiungere una gravità interna che tutta la materia del cosmo si ridusse in un punto infinitesimo e il suo pensiero sfilò via da quella singolarità con una vampata frattale creando l'universo oggi conosciuto, dove lui guadagna 350 euro al mese.

Il libro si chiude con un bel capitolo sul rapporto dei giovani con il sesso a pagamento e una serie di foto del 1974 di Joanna Lumley nuda.

Voto: 3 / 5

simona (12-04-2006)
Mi chiamo Simona ho 30 anni, guadagno 250 euro al mese, e leggo libri spazzatura.

Per essere più chiara: ho scoperto casualmente Aldo Nove attraverso una specie di saggio che ripercorreva la sua evoluzione artistica.

 A questo proposito ho una constatazione da fare, anzi, due.

La prima: non ho avuto la fermezza e la volontà di leggere tutto il libro, e solo perché l'occhio continuava a cascarmi sulla scrivania, dove un volumetto intitolato “Come leggere Italo Calvino” mi ha atterrito, si muoveva, cioè aveva inspiegabili sussulti.

 La seconda, che è, per l'appunto, collegata alla prima, una domanda che qualcuno forse considererà astrusa: a chi mai può interessare un saggio sul percorso artistico e poetico di Aldo Nove?
Ma soprattutto: chi è 'sto Aldo Nove?

Convinta che avrei dovuto leggere qualcosa di prima mano dell'autore ho comprato il suo ultimo capolavoro, anche perché prometteva un reportage su una situazione che vivo quotidianamente. Ebbene, il piglio dell'autore è pretenzioso, si capisce che non sa di cosa sta parlando. Questo libro mi ha infastidita e lo sconsiglio ai precari-

Voto: 1 / 5

paola  (07-04-2006)
Ho letto con piacere questo libro di Aldo Nove, il primo suo che leggo.

Fa bene Nove a raccogliere queste testimonianze di vita dei lavoratori dei nostri tempi.

Sono storie che fanno male, ma senza alcuna morbosità. Anzi, il messaggio sembra essere "siamo tutti sulla stessa barca".

Al sentimento di rabbia davanti alle tante storie di mobbing e di prevaricazione del più forte nei confronti del più debole, viene la voglia di uscire dal sistema, cominciare a uscire dalla logica dell'uno contro tutti e trovare nuove forme di partecipazione e di solidarietà fra lavoratori, precari o meno.

E' quello che provano a fare gli intervistati dall'Autore.

Un libro che aiuta a prendere coscienza e a sentirci un po' meno soli nelle frustrazioni quotidiane. PaolaC.
Voto: 5 / 5

Più che il testo di un libro vale il giudizio che poi ne danno le persone  dopo averlo letto.

C'è chi ne trae delle giuste conseguenze e chi no; spesso i giudizi negativi su un libro, su un articolo, su un film viene dato a seconda dei gusti e della cultura di ognuno di noi.

Ma i fatti, se riconusciti come rispondenti alla realtà, restano per tutti oggettivamente come fatti; su questo non ci piove, credo.

Ma comunque è necessario recepire i pensieri di tutti perchè è la maggioranza degli uni o degli altri che vince le consultazioni elettorali i cui esiti influiscono sulla vita di tutti noi.

E' inaccettabile invece che si bari sui fatti; lo dirò in un altro mio post; c'è oggi in Italia chi dice  la verità per nascondere la menzogna e chi dice la menzogna per nascondere la verità.

Questo detto non l'ho inventato io ma l'ho letto da qualche parte; c'è qualcuno che possa oggi dubitare di ciò; dovrebbe essere una risposta univoca, un bel nooooooooall'infinito.

Eppure non è così; ma qual'è il meccanismo che capovolge i valori della nostra vita ?

Domandatevelo; già nel 2006 la situazione era per i giovani, e non solo, drammatica ed oggi siamo giunti al più basso livello che una nazione possa toccare in tutti i campi.

Facciamoci tutti un bell'esame di coscienza ed agiamo poi di conseguenza.

Perchè è delittuoso contribuire col nostro comportamento a danneggiare la vita dei nostri simili.

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