mercoledì, settembre 23, 2009

Nel segno della Vespa

A

BRUNO VESPA

IL PREMIO INTITOLATO AL GIORNALISTA

CHE

NON SI INCHINAVA MAI

di

ALBERTO STATERA

editorialista

di

REPUBBLICA

Il Vespismo, malattia senile del giornalismo di regime, non solo violenta i palinsesti tv, ma anche memorie che persino in un paese senza più verità andrebbero rispettate.

Nella sconsiderata Premiopoli di fine estate, che ha visto conferire riconoscimenti vuoi a Noemi Letizia (“Talento del futuro”) vuoi al ministro Roberto Calderoli (Premio Giovanni Paolo II in difesa della cristianità), Bruno Vespa si è aggiudicato il premio giornalistico intitolato alla memoria di Giorgio Lago.

Scomparso cinque anni fa, Lago era un giornalista di grande ingegno che per primo analizzò il fenomeno leghista e che mai fu al servizio del potere dominante.

Era stato direttore del “Gazzettino” di Venezia e quando lo cacciarono perché troppo libero trovò rifugio nei quotidiani veneti del gruppo Espresso.

Alla sua morte, il comune di Jesolo istituì il premio intitolato al suo nome, con una giuria composta dal sindaco leghista Francesco Calzavara e da un mazzo di direttori e giornalisti veneti, compreso il presidente dell’Ordine locale Gianluca Amadori.

All’inizio di settembre la pensata di questo inclito consesso è stata quella di premiare il cantore ufficiale del giornalismo di regime.

Un insulto alla memoria di Giorgio Lago.

Il bello è che quando qualche giurato si è opposto alla scelta suggerita dal giornale veneziano posseduto dall’immobiliarista Franco Caltagirone e che ha Vespa sul suo libro paga, il sindaco di Jesolo ha provveduto ad insaporire la frittata.

“Sono convinto – ha scritto – che se Lago oggi fosse vivo sarebbe uno dei protagonisti delle trasmissioni di Vespa”.

Capite ?

Un politico locale di nuova generazione pensa che la legittimazione del giornalismo democratico sia data dalla partecipazione a quell’ordalia di antigiornalismo che è

“PORTA A PORTA”

con comparse al fianco di Vespa allocchite, incapaci di porre una qualsiasi domanda al potente di turno, soprattutto se si chiama Silvio Berlusconi.

Il sindaco Calzavara probabilmente lo ignora, ma Giorgio Lago non sopportava il giornalismo che definiva spregiativamente

“alla Vespa”.

Posso testimoniarlo personalmente, rivelando per una buona causa che il tema del giornalismo “embedded” era al centro delle lunghe conversazioni telefoniche che con Giorgio avevamo poco prima della sua morte.

E chiamarne testimone Francesco Jori, che con lui lavorò per anni, il quale sconsolato mi dice:

“Se Giorgio sapesse di quel premio alla sua memoria resusciterebbe per menare un po’ di fendenti, come sapeva fare lui”.

Restiamo naturalmente in attesa del pubblico rifiuto del premio Jesolo da parte della

“Associazione amici di Giorgio Lago”,

che riunisce tante persone perbene.

Ed eventualmente un’altra querela della signora Gigliola Iannini, magistrato e consorte di Vespa, che già ci vuole portare in giudizio perché abbiamo scritto, senza possibilità di smentita, che la famiglia Vespa, Bruno e suo fratell0, hanno goduto per anni di una consulenza plurimilionaria deliberata dal Banco di Roma dell’attuale presidente di Mediobanca Cesare Geronzi.

L’èlite dell’èlite.

Quella che Giorgio proprio non sopportava.

Questo scritto, frutto di un parlare genuino, non abbisogna di commento alcuno perché parla da sé.

L’episodio richiamato con un sarcasmo di alto stile da Alberto Statera ci rivela uno dei tanti spaccati della vita italiana di oggi dai quali traspare con tutta evidenza come esista un indissolubile nodo tra potenti proteso contro i poveracci come noi.

Guai a destare i potenti che fanno finta di dormire ma che, in realtà, sono vivi e vegeti, protesi come sono ad incensarsi tra di loro ed arricchirsi sfruttando ogni occasione pur di fregare tutti i poveracci come noi.

Che dire di più ?

Episodi come questi rimangono taciuti e se non fosse per qualche giornalista che mantiene l’orgoglio di essere libero da vincoli padronali e comunicare tutto quello che pensa.

Dote questa che manca a Vespa.

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