SILVIO STORY
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Alla guerra delle televisioni senza legge ma con Craxi
di
Tra il 1974 e il 1990 in Italia c’è stata una rivoluzione culturale ed è stata combattuta una guerra sporca
i cui effetti vediamo, e in parte paghiamo, soprattutto adesso.
La rivoluzione - l’avvento e, in pochissimi anni, il predominio della tivù commerciale – era nell’aria,
bisognava avere il naso per annusarla e l’umiltà per governarla.
Silvio Berlusconi ha avuto entrambe queste doti, oltre alla innata propensione per tutto ciò che è commercio, pubblicità e guadagni.
Ma poi ha combattuto una guerra sporca che ha vinto solo perché ha avuto un alleato come Bettino Craxi.
E disponibilità economiche precluse ai suoi diretti concorrenti, come Rusconi e Mondadori.
Occorre fissare alcune date.
Il 10 luglio 1974 la Corte Costituzionale decide (sentenza 226)
“la libertà d’intrapresa delle tivù in ambito locale via cavo”.
Due anni dopo (28 luglio 1976) la tivù locale può trasmettere anche “via etere” ma sono vietati “monopoli o oligopoli privati”.
Il Parlamento, avverte la Consulta,
“dovrà comunque disciplinare l’intera materia perché l’etere è un bene collettivo”.
Periodicamente, nei sedici successivi anni, la Corte si pronuncerà altre tre volte nello stesso modo invocando una legge.
Quando arriverà, la legge renderà legittimo quello che era illegittimo.
Intorno alla metà degli anni settanta in Italia ci sono Rai 1 e Rai 2, appaltate alla Dc e al Psi di Craxi, con il Pci che chiede
“la fine della discriminazione anticomunista”,
e 434 tivù private.
Tra queste Telemilano 58, nata nel settembre 1978 in due locali del Jolly Hotel di Milano 2.
È l’embrione di Canale 5.
Impegnato tra i cantieri delle sue new town intorno a Milano, corteggiato e sedotto da Licio Gelli, amico intimo di Craxi e nelle grazie delle banche,
l’imprenditore edile Silvio Berlusconi comincia ad essere stufo di mattoni e licenze edilizie.
Anche perché il mercato è quello che è e i fatturati tentennano.
Ripensa, così, al suo primo amore, la pubblicità, e capisce che il matrimonio con il mercato delle tivù private sarebbe felicissimo oltre che assai vantaggioso.
Anche perché la Rai sa offrire poco a chi vuol fare pubblicità – entrare nel Carosello è impresa da titani – sia per lo spazio
(la legge stabilisce un tetto massimo) che per la qualità.
Il mercato invece è lì che bussa: un formaggio dove il topo-Berlusconi s’infila beato.
Il marchio Canale 5 Music è registrato il 2 novembre 1979.
Poi nascono – o vengono comprate – Reteitalia, Publitalia e Elettronica Industriale.
L’intuizione di Berlusconi è capire che se il futuro è delle tivù private, quella tivù deve essere autonoma da tutto e in grado di autoalimentarsi
per la pubblicità, dal punto di vista tecnico, soprattutto per i palinsesti e la programmazione, la vera identità delle rete.
“Una tivù al servizio delle merci”
l’ha definita Giuseppe Fiori.
“Io non vendo spazi, vendo vendite”
ripete Berlusconi come un mantra ai venditori di Publitalia, la concessionaria di pubblicità.
Mentre Reteitalia acquista film, telefilm, serial, format di quiz e sit-com, Publitalia arruola venditori istruiti ad essere “sorridenti”, “positivi”,
né barba né baffi né capelli lunghi, giacca e cravatta,
“guai alle mani sudate”
e
“mai mangiare aglio prima di stare in pubblico”.
Se l’italiano medio da homo sapiens sta diventando homo videns, Publitalia è l’incubatrice di quello che sarà poi l homo berlusconianus, quello di Forza Italia, quello che arriverà in Parlamento e al governo “col sole in tasca”, per usare un motto della casa.
Per essere autonoma la tivù privata e commerciale deve avere trasmettitori in tutto il paese capaci di ricevere e rilanciare segnali tivù.
Per riuscirci, Berlusconi acquista Elettronica Industriale, piccola azienda di Lissone che produce apparati di ricezione e ripetizione.
I proprietari si chiamano Adriano Galliani e Italo Riccio.
E’ Galliani che in poche settimane acquista bande libere e tivù private già operanti dalla Sicilia alla Valle d’Aosta.
In meno di un anno, nella totale indifferenza, prende forma lo scheletro del primo network alternativo alla Rai.
La Consulta lo ha vietato, ma il Parlamento non legifera.
Nell’incertezza gli altri principali operatori – Rizzoli, Rusconi e Mondadori – si attengono agli ambiti locali pur comprando piccole tivù private
perché credono che il Parlamento andrà in questa direzione.
Berlusconi, invece, punta al network, il contrario del dettato della Consulta.
Dalla sua ha i rubinetti sempre aperti delle banche e l’intima amicizia con Craxi che nel 1983
diventerà presidente del Consiglio e perno del Caf.
13/segue
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