I POTERI DELLO STATO
Mi manca il poter giudiziario, che pur infangando quei magistrati che passano il tempo ad inquisirmi e mettere il naso nei miei affari, costoro non demordono e vanni avanti imperterriti.
Ma tra i vari progetti per poter metterli sotto la mia tutela ne ho trovato uno che, pur vecchio, fa al caso mio al 100%.
Si tratta dell’attuazione in concreto del Piano di Licio Gelli, il venerabile capo della P2.
Cari amici internauti, il momento è assai delicato e, più di quelle che potrebbero essere le mie parole in proposito, vi riporto quanto scritto su questa delicatissima problematica da un ex magistrato, il
dr. Luigi De Magistris,
oggi deputato al Parlamento Europeo in quota IDV.
Leggetelo attentamente senza riserve mentali e meditateci sopra a lungo; oggi la magistratura è l’unico baluardo efficiente contro il malaffare spicciolo di tutti i tipi, delle organizzazioni criminali, e delle corruttele di alcuni politici, delle “voglie assolutistiche” di altri che aspirano ad avere tutto e tutti sotto i suoi piedi.
Io non posso che condividere ed apprezzare lo scritto del dr. De Magistris.
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“Il potere politico in Italia, soprattutto dopo Tangentopoli, ha tentato in ogni modo - con leggi, provvedimenti amministrativi e condotte varie - di limitare fortemente l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
La ragione è evidente: impedire il controllo di legalità in un Paese in cui il tasso di collusione e corruzione nella politica e nella pubblica amministrazione è assai elevato.
La Costituzione - nata dopo la caduta della dittatura nazi-fascista - sancisce la piena indipendenza della magistratura quale garanzia dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Fu la P2 nel suo disegno eversivo di sovvertimento delle istituzioni repubblicane a prevedere - nel cosiddetto piano di rinascita democratica - la sottoposizione del Pubblico Ministero al potere esecutivo.
Oggi il Governo, guidato da un piduista, tenta di portare a compimento quel disegno autoritario, cominciando ad introdurre la "dipendenza" del Pubblico Ministero dalla Polizia Giudiziaria (che dipende dal Governo).
La Costituzione prevede, invece, che il pm dispone della Polizia Giudiziaria ed il Codice di Procedura Penale statuisce - così come voluto dai magistrati più impegnati nel contrasto al crimine organizzato, a cominciare da Giovanni Falcone - che la direzione delle indagini sia affidata al pm, proprio perché la Costituzione ne garantisce l’autonomia e, quindi, la possibilità di investigare in tutte le direzioni senza subire direttive di tipo politico.
L’attuale maggioranza vuole, invece, approvare una legge che stabilisca che il pm non possa prendere notizie di reato di propria iniziativa ma agire solo su segnalazioni della Polizia Giudiziaria: anche un bimbo comprende come il contrasto alla mafia ed alla corruzione non saranno certo le priorità dettate dall’agenda politica.
Si deve anche evidenziare, con la medesima forza, che l’indipendenza della magistratura non è minacciata solo dall’esterno, ma anche dall’interno dello stesso ordine giudiziario.
In questi anni i poteri forti (quello politico, ma anche economico- finanziario e quelli occulti) - nella difficoltà di approvare impunemente leggi che attentando all’autonomia dei magistrati violano la Costituzione - hanno tentato, riuscendoci anche bene, di penetrare la magistratura dall’interno, avvicinandola sempre più ai centri di potere ed isolando i magistrati liberi.
Questo è avvenuto distribuendo incarichi extragiudiziari di lusso, affidando loro ruoli apicali nei ministeri, attribuendogli posti in enti pubblici vari.
Spesso accade che vi è una carriera parallela interna alla magistratura: aver ricoperto incarichi apicali nella magistratura associata, aver avuto ruoli di vertice nelle stanze del Ministero della Giustizia, aver svolto un ruolo nel Csm: diventano spesso elementi decisivi per incarichi direttivi.
Una parte della magistratura è attraversata da tratti tipici della partitocrazia,come dimostrano le degenerazioni delle cosiddette correnti.
Il Consiglio Superiore della Magistratura è condizionato non solo dalla politica dei membri nominati dal Parlamento, ma anche dalle correnti che influenzano la progressione in carriera dei magistrati, i procedimenti disciplinari, le nomine degli incarichi direttivi, le scelte dei formatori professionali, le individuazioni dei relatori ai corsi: in breve, la professione dei magistrati.
È un sistema di potere che non ha nulla a che vedere con l’indipendenza della magistratura - anzi la corrode dall’interno - tanto da divenire il Csm più che l’autogoverno, un organo che pretende di governare i magistrati,
(anche con l’ausilio del potere disciplinare che ha consolidato il ruolo gerarchico della Procura Generale della Cassazione, sempre di più, come negli anni dal 1950 al 1980, gendarme della deontologia della magistratura con l’ambizione di conformare condotte ed orientamenti dell’intero ordine giudiziario, con un assetto verticistico della magistratura che è in contrasto con la concezione del potere diffuso dei giudici come voluto dai costituenti).
La magistratura deve godere di assoluta indipendenza nell’esercizio delle funzioni; non deve mai svolgere valutazioni di opportunità sino a quando vigerà il principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale; non deve subire pressioni di nessun tipo, né politiche, né mediatiche, né dell’opinione pubblica; è illegittimo, ad esempio, che un pm dia informazione a mezzo stampa circa la posizione di indagati, salvo poi dire, se si tratta di politici e non di cittadini qualsiasi, che si tratta di un atto dovuto; così come un Procuratore della Repubblica non può nel corso di indagini preliminari aventi ad oggetto anche politici – quasi come se questi avessero uno status speciale rispetto agli altri esseri umani - dire pubblicamente chi risulta coinvolto e chi no: altrimenti le indagini a che servono?
Proprio a verificare eventuali responsabilità penali”.
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Aggiungerei che tempo addietro qualche buontempone, che però se la fa in Italia da padrone assoluto, aveva ipotizzato che, all’inizio di ogni anno, dovesse essere il Governo, tramite il Procuratore Capo, ad indicare quali fossero i reati per i quali l’incardinare l’azione penale diveniva obbligatorio.
Non se ne parla più di questo, salvo errori ed omissioni; ma solo l’averlo pensato è di per sé un fatto di inaudita gravità.
E non parliamo poi del voler limitare l’avvio di intercettazioni telefoniche solamente nei casi in cui vi siano prove dell’esistenza di un reato.
Roba da ubriachi.
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