domenica, settembre 07, 2008

Il maestro unico

TEMPO DI SCUOLA
Un continuo straparlare a partire dalla ministra Gelmini per finire alla Lega Nord.
Urge riforma scuola elementare con maestro unico mentre i leghisti non vogliono docenti del sud che insegnino nel nord !
Balle esquipediali.
Il maestro unico
serve solamente come provvedimento che farebbe risparmiare alle casse dello Stato, sempre piangenti con i governi di destra nonostante le false notizie contro i governi Prodi fatte girare ad arte ad antenne e giornali di casa unificati.
In buona sostanza, secondo alcuni calcoli effettuati dai sindacati, dal prossimo anno sarebbero tagliati dai 25.000 agli 80.000 posti di lavoro.
E scusate se sembra poco
Cosa sta a significare questa rivoluzione che Marcello Scrima della CISL , ha opportunamente definito come un atto di
“macelleria educativa”?
Un addio mia bella addio del tempo pieno, delle attività di sostegno per i bambini con problemi particolari, dell’insegnamento delle lingue, specie della lingua inglese che fu a suo tempo uno dei cavali di battaglia berlusconiana assieme all’introduzione dell’uso e pratica dei computers.
Ma soprattutto un addio all’attività di integrazione dei figli di immigrati
Teniamo conto che la nostra scuola elementare è stata considerata sino ad oggi una delle migliori esistenti in Europa ed ottava in tutto il mondo.
Tagli sempre tagli, fortissimamente tagli per la scuola pubblica, a partire dalle prime classi della scuola dell’obbligo, in maniera da far gongolare di gioia quella privata che con questo insulso provvedimento andrebbe a nozze.
Poi non potremmo più lamentarci che la scuola pubblica sforni somari a gogò – ma anche quella privata fa alle volte anch’essa eccezione se il figlio di Bossi è recidivo in bocciature all’esame di maturità !
Le altri nazioni investono fior di soldi nella scuola di qualsiasi ordine e grado mentre noi ci comportiamo come fa il gambero, indietreggiando perché, a quel che pare, è proprio con questo sistema che diviene facile dare discredito alle istituzioni pubbliche
Così come ci racconta Federico Rampini nel suo libro-reportage
“IL SECOLO CINESE”
in uno dei tanti concorsi a livello mondiale relativi ad una materia indigesta più che mai nel nostro Paese, la matematica, il primo posto venne conquistato alla grande da uno studente cinese, il secondo da un indiano, il terzo da un giapponese mentre l’americano risultò in uno degli ultimi posti dei primi venti concorrenti; e l’italiano ?
E’ stata interessata la trasmissione di
“Chi l’ha visto”
che dopo anni di ricerche e di foto del candidato trasmesse in mondovisione non è stato ancora trovato.
Si spiegano così tante cose; gli altri investono forti somme nella scuola e progrediscono mentre noi ci comportiamo nella inversa maniera e retrocediamo

anno dopo anno tanto a sprofondare in quasi tutte le classifiche nelle ultime posizioni, al livello delle nazioni del Terzo mondo .
I grandi USA da tempo hanno incominciato ad iscrivere a spese pubbliche presso alcune università cinesi i loro studenti ritenuti i più bravi nelle materie scientifiche mentre noi li penalizziamo, pagando con cifre da fame i nostri ricercatori che, una volta andati all’estero, riescono anche a vincere dei Premi Nobel !
L’urlo della Lega Nord
I docenti della terronia ritornino da subito ad insegnare a casa loro; noi non li vogliamo nella nostra Padania !
Via i giudici non padani, via i docenti, via questo, via quest’altro e così via tutti.
Rimarrà il fior fiore della razza padana, come le mucche doc di razza “chianina”, i somarelli alla figlio del Bossi ed i oramai famosi maiali di Calderoni che vorrebbe mettere in ogni metro padano per non far avvicinare gli infedeli, quelli che non hanno bevuto l’acqua del sacro Po.
Ma la ministra ha qualcosa da fiatare al riguardo ?
No, sta zitta, anzi l’ipotesi parrebbe accarezzarla molto.
In proposito non fiata anche perché non può atteso che ove dovesse appoggiare questa sbrindellata richiesta di stile razzista dovrebbe spiegare contemporaneamente perché sia andata a Reggio Calabria a sostenere l’esame di Stato per l’avvocatura.
Io lo so perché l’ho sostenuto con esito molto favorevolissimo, con una delle migliori votazioni negli scritti e negli orali a Milano ai primi degli anni ‘60 dopo due anni di pratica legale con tanto di firma giornaliera nell’apposito registro dei “Praticanti procuratori “ tenuto presso la Cancelleria Generale del Tribunale civile, e debbo dire che è stato difficile per moltissimi concorrenti tanto che non l’ebbero a superare due miei compagni di corso, divenuti in seguito docenti ordinari presso la locale Università degli Studi; sbagliarono il compito di diritto civile !
La preparazione fu di una fatica enorme anche perché le mattinate in tribunale ti distoglievano dagli studi.
La figlia di un mio amico, dopo la prima bocciatura a Milano, andò proprio a Reggio Calabria e li riuscì ad essere subito promossa.
Bersani chiede le dimissioni della Gelmini perchè, a suo dire, dato quanto sopra, non avrebbe la ministra in parola alcuna credibilità per rivolgersi ai giovani.
Richiesta certamente vana sebbene fondata al 100%; ma sappiano che al cavaliere piacciono solamente ministri servizievoli, pronti al signorsì in ogni occasione.
Fanno eccezione i ministri cui spetta un “premio di fedeltà”, tipo il sig. Frattini, autore di una legge sul conflitto di interessi che ha raggiunto tutti gli effetti opposti a quelli che avrebbe dovuto avere seriamente.
Ma passiamo alle polemiche suscitate dalla decisione della ministra sul maestro unico, la quale oramai risparmia su tutto meno che su quello che la riguarda personalmente.
E’ notizia di ieri che per risparmiare i nostri soldi, che cara, ha fatto promuovere il suo portavoce, il giornalista Massimo Zennaro, esperto di comunicazione di Forza Italia, al rango di direttore generale con conseguente esponenziale aumento di stipendio.
E Pantalone paga !
Giusto oggi, la direttrice de l’Unità, scrive un suo editoriale in risposta ad una lettera inviata al suo giornale da uno degli insegnanti “infedeli”.
Eccovi parte della lettera e la risposta di Concita De Gregorio:

Sulla pelle degli studenti

“Sono un insegnante precario meridionale della scuola statale della provincia di Pordenone apprezzato dai miei alunni e dai loro genitori che ogni anno si battono per la mia riconferma. Dall'anno prossimo sicuramente a causa della riforma del maestro unico non lavorerò più.” (Sergio Catalano)
Risponde la giornalista

“Comincia così una lunga lettera che racconta come dal tempo del «maestro unico» i saperi si siano allargati e specializzati, le classi cresciute di numero, la presenza di bambini stranieri aumentata, le risorse per il sostegno ai disabili diminuite ma come intatto resti invece il bisogno di chi ha sei anni o ne ha dieci di essere «seguito dalla presenza costante e attenta di uno sguardo adulto».
Inoltre, dice il maestro Sergio,
«i bambini di oggi non sono più quelli di vent'anni fa».
Non lo sono più, non c'è dubbio, e a nulla servirà imporre loro di alzarsi in piedi quando entra l'insegnante, di mettersi il grembiule col fiocco, di imparare il Padre Nostro per obbligo come propone l'assessore veneto, di andare tutti il 4 novembre alla parata come suggerisce La Russa.
È il mondo fuori che è cambiato, il mondo che i bambini delle elementari si portano in aula sugli schermi dei videofonini forniti da genitori ansiosi e assenti, di solito ansiosi in quanto assenti, e che gli insegnanti fino all'altro giorno non potevano sequestrare all'ingresso in classe perché sarebbe stato, appunto, un attentato alla proprietà privata.
Intendiamoci.
Cambiare la scuola ad ogni cambio di ministro è un'antica tradizione che ha prodotto guasti in ogni epoca e sotto ogni bandiera.
L'assemblearismo e le «conquiste di libertà» non sempre hanno garantito progresso.
La decisione di non esporre i quadri coi risultati degli esami
«per la tutela della privacy»
è semplicemente grottesca, dice per esempio in una lettera il professor Mario Mirri da Pisa.
Ha ragione.
I miei figli hanno fatto le elementari andando uno in prima a cinque anni con la sperimentazione Berlinguer, uno a sette perché è nato a febbraio e la Moratti stabiliva al 30 gennaio il limite di ingresso, uno col tempo pieno, uno coi moduli, uno con la settimana corta l'altro con la giornata breve.
Posso dire con certezza che cambia solo il grado di nevrosi dell'organizzazione domestica.
Di nevrosi e di bisogno: una donna su cinque, ci dicono le cifre di ieri, quando fa un figlio smette di lavorare.
A parte le implicazioni culturali e sociali (enormi) il danno è economico, vorrei dire a Tremonti: il lavoro femminile, per usare il linguaggio berlusconiano,
«muove l'economia».
Dal punto di vista della didattica però - dal punto di vista dei bambini - quello che conta non sono i voti né i grembiuli.
Sono gli insegnanti, le persone.
Va bene il grembiule, ha il vantaggio di non scempiare una maglietta al giorno col pennarello indelebile.
Vanno bene i voti, i giudizi, il debito o il credito, l'esame a settembre: è lo stesso. Va bene persino farli alzare quando entra il maestro, se la palestra a scuola non c'è almeno si sgranchiscono le gambe.
Dev'essere chiaro questo, però: il taglio di 87 mila insegnanti non ha nessuna motivazione culturale.
È il taglio di 87 mila stipendi, tutto qui.
È un risparmio giocato sull'unica cosa che in Italia funziona ancora meglio che nel resto del mondo: la competenza, la passione e il talento delle persone che lavorano nella scuola elementare.
Un governo che fa economia sui maestri è irresponsabile.
Fa quadrare oggi conti che pagheremo tutti noi domani.
L'unica risorsa di cui disponiamo è il futuro.
Risparmiare sulla pelle dei bambini è criminale.

Se si crede che per la riforma della scuola secondo l’attuale verbo da sciagurati illetterati basti un decreto legge, punto e a capo, credo che sbaglino di grosso.
Pesanti nubi di contrasto si stanno già levando sul nostro cielo.
Si vanno organizzando proteste e scioperi in tutta Italia contro il gelminiano maestro unico.
Un autunno molto ma molto caldo, oltre alle proteste dei sindacati, docenti, genitori, sindaci, specialmente quelli dei piccoli comuni nei quali la scuola elementare a tempo pieno copriva le carenze oramai storiche di strutture atte ad ospitare alcune ore i bambini al termine dell’orario normale scolastico
Ma poi, diciamo come stanno le cose: il tempo pieno riguarda solamente gli scolari con i genitori entrambi al lavoro e senza nonni; vengono riuniti in una o due classi al massimo per cui il costo di questo servizio culturale ma soprattutto sociale, è limitato, compensato anche da una retta a carico delle famiglie.
Le proteste programmate
27 settembre 2008 – Convegno nazionale dei precari organizzato dai Cobas;
3 ottobre 2008 – Sciopero nazionale con manifestazione a Roma proclamato dagli Unicobas;
- In occasione della regata storica i confedereali "addobberanno" il Canal Grande con quattro striscioni di protesta su scuola e università.
Quelle già concluse
Cgil, Cisl e Uil hanno fatto sentire la loro voce a Venezia con un'insolita iniziativa: hanno affittato e fatto sfilare davanti alla Mostra del Cinema cinque vaporetti per protestare contro la riforma Gelmini e i provvedimenti di Brunetta.
Alcuni pareri su questa riforma
Il segretario nazionale dell'Unicobas, Stefano D'Errico, precisa che a partire dall'anno scolastico 2009/2010 saranno
«cancellati 70.000 cattedre e 40.000 ruoli Ata».
Una cifra totale di esubueri che supera di gran lunga le 87 mila unità annunciate dalla Gelmini.
Ma che fine faranno i soldi risparmiati sulla pelle di tanti lavaoratori?
«Solo il 30% di questi risparmi sarà utilizzato a fini contrattuali per presunte iniziative dirette alla valorizzazione ed allo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola».
Sul piede di guerra ci sono anche i genitori degli 860 mila bambini che frequentano la scuola per 8 ore al giorno.
Le proteste si registrano in ogni parte d'Italia.
A Roma si è costituito un coordinamento docenti-genitori per raccogliere firme in difesa della scuola pubblica.
Da Milano è partita la campagna "no al maestro unico" in cui si invitano le famiglie a mandare fax di protesta al ministero.
A Torino i sindacati confederali pensano ad una serie di assemblee da organizzare nelle scuole mentre martedì a Palermo scenderanno in corteo i maestri precari. Volantinaggi invece a Genova e Parma.
Basterà tutto ciò per impedire che questa riforma si concluda ?
A conti fatti non si può non capire che siamo all’inizio della disgregazione della scuola pubblica a tutto vantaggio di quella privata.
La negazione di un diritto fondamentale appartenente ad ogni cittadino sancito dalla nostra Costituzione.
E siamo sola all’inizio, il peggio dovrà ancora manifestarsi però cova di già sotto la cenere.


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