Un caso interessante che va al di là della notorietà delle parti protagoniste di questa vicenda.
Soprattutto interessa dal punto di vista giuridico poiché con la sentenza resa in primo grado dal Tribunale civile di Milano dal giudice unico dr. Angelo Ricciardi
viene affrontato in maniera accurata e decisa validamente sulla base di una raccolta giurisprudenziale il tema base della vertenza:
In buona sostanza viene risolto, a mio parere in maniera assai esaustiva, l’annoso dilemma sul sin dove e come il primo non può essere considerato come una violazione del secondo.
In data 26 aprile 2001 il famoso periodico inglese
The Economist
ebbe a pubblicare un articolo con il quale, dopo aver, con dovizia di particolari, riportato il curriculum del Berlusconi imprenditore, venivano tratte alcune riflessioni con conseguenti relative conclusioni.
Una specie di sillogismo, per meglio intenderci; se tanto ci dà tanto allora….quale ipotesi finale, a mo’ di anticipazione della conclusione del lungo articolo inserito nelle pagine interne, non può che essere quella piazzata in bella mostra, come potrete costatare, sulla copertina della rivista.
E già dal titolo è facile intendere di quale tenore fosse sia il contenuto che la finalità di questo reportage:
“ Perché Silvio Berlusconi è inadatto* a governare l’Italia”
*( per la precisione mi corre l’obbligo di specificare che se in un determinato contesto si discute sul tema della moralità allora il termine “UNFIT” starebbe a significare l’equivalente italiano di “INDEGNO” ).
Basta ricordare come in questo periodo in Italia fosse nel pieno della campagna elettorale, atteso che le elezioni politiche erano state indette per il 13 maggio 2001.
In contemporanea lo stesso scritto fu postato sul sito della rivista in parola
www.economist.com.
Il quotidiano La Repubblica del 27 aprile 2001 ebbe poi a riportare ampi stralci dell’articolo inglese.
Comunque sia, nonostante questo articolo “contro”, Berlusconi venne eletto Premier del Governo italiano.
Ma la cosa non finì lì in quanto quello che sarebbe divenuto il nuovo capo del Governo intese regolare i conti ancor prima della consultazione elettorale, citando in giudizio avanti il Tribunale di Roma sia il The Economist Newspaper Limited che l’editore de La Repubblica , il Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.A. con la richiesta di condanna delle parti convenute, in solido od in forma disgiunta:
- ad un risarcimento in suo favore di una somma non inferiore ai 2 milione di euro, con gli interessi legali dal fatto al pagamento, per i danni morali subiti;
- ad una condanna generica, da stabilirsi in un successivo giudizio, a titolo di danni patrimoniali;
- all’applicazione della pena pecuniaria, da liquidarsi in via equitativa, prevista dall’art. 12 della Legge 8 febbraio 1948, n 47
"(Disposizioni sulla stampa)
Art. 12 - (Riparazione pecuniaria)
.Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 185 del Codice penale, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell'offesa ed alla diffusione dello stampato";.
- alla pubblicazione dell’emananda sentenza “riparatrice”, con spese a carico delle parti soccombenti, su 15 quotidiani e 4 settimanali.
In buona sostanza l’attore riteneva che la pubblicazione e la successiva divulgazione dell’articolo oggetto della controversia costituiva, a partire dal titolo e sino al contesto del pezzo “incriminato”, integrassero il reato di diffamazione a mezzo stampa.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 38206, depositata il 1 dicembre 2003, in accoglimento dell’eccezione di incompetenza territoriale eccepita da The Economist, dichiarava competente il Tribunale di Milano mentre rigettava in toto la domanda nei confronti del Gruppo Editoriale L’Espresso non essendovi nei fatti esposti una connessione tra i due comportamenti.
Berlusconi riassumeva il 16 aprile 2004 il procedimento civile avanti il Tribunal di Milano nei soli confronti del periodico inglese.
Ma cosa diceva questo articolo che già non si sapesse in Italia ?
La vera storia del signore di Arcore che però nell’atto di citazione viene decisamente contesta e definita, così come rappresentata,
“gravemente diffamatoria”
in quanto altro non era che
“un cumulo di falsità inaudite e vergognose”.
Berlusconi, si arguisce dalla accuse attoree riportate nell’atto introduttivo della lite, appare come
“un personaggio stretto in una morsa di processi e/o indagini penali ed il Gruppo Fininvest come primario oggetto di indagini da parte del pool “Mani Pulite”:
da ciò la deduzione da parte del giornalista che
“ l’eventuale elezione a Premier di Berlusconi come una vera iattura per l’Italia”.
Le accuse, sempre secondo la narrazione del The Economist, per le quali Berlusconi viene indagato dalla Procura milanese sono:
- riciclaggio di denaro sporco;
- associazione mafiosa o comunque complicità con la mafia;
- evasione fiscale;
- concorso in omicidio;
- corruzione di politici, magistrati e componenti della Guardia di Finanza
Teniamo in debito conto che la pubblicazione dell’articolo de quo è avvenuto in territorio inglese, dove, a diversità di quanto avviene ed avverrà in Italia – vedasi prefigurata legge sulle intercettazioni telefoniche – vige un assoluta libertà di stampa.
La difesa della convenuta, pertanto, non ha fatto altro che connettere da un lato le notizie sull’attività politica ed istituzionale di Berlusconi con l’interesse, dall’altro, dell’opinione pubblica, anche internazionale, a conoscere le sue vicende imprenditoriali, politiche e giudiziarie.
C’è da scandalizzarsi avverso un “penetrante, diffuso e severo esercizio del diritto di critica” ?
Semmai non ci si dovrebbe scandalizzare per le imprese del soggetto sottoposto, date le sue vesti istituzionali e non, ad un severo controllo delle sue svariate "gesta" ?.
Ma c’ è dell’altro; parte convenuta afferma che in prossimità della pubblicazione dello “scandalizzante” articolo venne chiesto a Berlusconi di rispondere a 51 domande, il cui oggetto riguardava appunto i fatti e le notizie che, successivamente, diedero inizio alla causa in questione, senza ricevere alcuna risposta, così evitando un preventivo contraddittorio .
Il Giudice adito prima di passare alle motivazioni della sua decisione ed al conseguente dispositivo fa una precisa ed attenta disamina giuridica per delimitare i confini di fatto e di diritto che hanno determinato questa controversia.
Osserva in proposito il giudicante come sia necessario in via preliminare stabilire cosa si intenda e necessita, da un punto di vista giuridico, perché un certo comportamento vada ad integrare il reato di diffamazione in rapporto all’insopprimibile, allo stato, diritto di cronaca.
Viene fatta un’analisi interessante che varrà anche nel momento in cui qualche nostro onorevole buontempone presenterà la ventilata legge sulle intercettazioni telefoniche, almeno per alcune parti di essa.
Pone il dr. Angelo Ricciardi, estensore della sentenza, da un lato i diritti all’onore ed alla reputazione e dall’altro la libertà di opinione e la manifestazione del pensiero – tutelati dall’art. 21 della Costituzione-.
In tal modo giunge alla conclusione che il
“diritto di cronaca, avente per oggetto la narrazione tramite media di accadimenti reali, sulla base di un mero criterio di successione temporale e senza sistemazione scientifica, in ragione dell’interesse che rivestono per la generalità dei consociati, deve rispettare tre criteri perché possa escludersi l’antigiuridicità degli illeciti contro l’onore:
1- verità oggettiva dei fatti esposti (Cass. n.6877/2000; n. 5947/1997) o anche soltanto putativa se frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca e verifica delle fonti (Cass. N. 2515/1999; n. 4871/1995; n. 841/1975);
2- utilità od oggettivo interesse alla conoscenza dei fatti da parte della pubblica opinione (teoria della pertinenza);
3- forma civile sia dell’esposizione che della valutazione, nel rispetto delle regole dell’obiettività e della correttezza dell’informazione (teoria della continenza)”.
Rimane infine il diritto di critica che, invece, è di tutt’altra natura e non può che “essere il frutto di una valutazione prettamente soggettiva, in contrapposizione anche aspra di idee in relazione a fatti o giudizi espressi da altri e non può subire le limitazioni già viste per il diritto di cronaca (Cass. 334/1999) e si ritiene che sfugga alla possibilità di un giudizio di verità (Cass.penale 24/11/1993; Corte d’Appelli di Milano 22/05/2001) e che il limite della continenza formale sia attenuato dalla necessità di manifestare la propria opinione ed interpretazione personale dei fatti, anche se espressa in modo astrattamente offensivo e sgradito alla persona cui si riferisce (Cass, n,465/1996) purchè motivata (Cass. n.370/2002;n. 4109/1993)”.
Date queste premesse il giudicante non poteva non riconoscere come l’articolo “incriminato” dall’attore rientrasse nell’esercizio del diritto di critica.
Testualmente:
“…..l’articolo in esame rientra nell’esercizio del diritto di critica in quanto esprime, alla luce delle vicende personali e pubbliche dell’attore, la (soggettiva) valutazione della testata in ordine all’opportunità che la guida del governo italiano fosse assunta dall’on. Berlusconi all’esito delle elezioni politiche del 2001”.
SEGUE
P.S.: mi sono dilungato un po’ troppo in quanto so per certo che molti miei lettori hanno a loro volta un proprio blog in cui spesso e volentieri, come è giusto che sia, esercitano il diritto di cronaca, di critica e/o di satira politica. Qualunque idea politica abbiano. Conoscere e rispettare alcune regole giova a chi scrive per evitare delle querelle.
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