lunedì, marzo 19, 2007

Il Papa re - parte V^




I PATTI LATERANENSI



Questi “Patti” furono un vero e proprio trattato internazionale tra due diversi Stati e precisamente: da un lato il Regno d’Italia e dall’altro quello della Città del Vaticano.
Con la loro stipulazione il Regno d’Italia riconosceva a quest’ultima:
- l’assoluta indipendenza;
- quella cattolica venne proclamata come unica religione del Regno;
- un risarcimento danni, per quanto accaduto nel 1870, ammontante a 750milioni di lire in contanti (pari, al 31 gennaio 2001, a 31miliardi e 200milioni di lire, oggi poco più di 16 miliardi di euro) – nonché, in più, 1miliardo in titoli di Stato con interessi del 5 % in ragione di anno;
- il matrimonio religioso avrebbe avuto effetti civili così come il suo annullamento da parte del Tribunale ecclesiastico della Sacra Rota al quale veniva riconosciuta la competenza esclusiva su questa materia sia pure regolata non dal diritto civile dello Stato bensì dalle norme del diritto canonico;
- l’insegnamento obbligatorio della dottrina cattolica “quale fondamento della istruzione pubblica” nelle scuole elementari e medie;
- l’interdizione perpetua da ogni ufficio pubblico del Regno per i sacerdoti spretati o colpiti da scomunica.
Lo stato della Città del Vaticano, per contro, riconosceva il Regno d’Italia avente come capitale la città di Roma.


Questa è la cartolina ricordo della firma dei Patti Lateranensi del’11 febbraio 1929.
Al centro c’è l'immagine di Papa Pio XI benedicente, fra il Duce, Benito Mussolini a destra, e il Re Vittorio Emanuele III, a sinistra.
La scritta Pax Laetitia, che inneggia alla pace e alla gioia, sembra ironica data la realtà repressiva del regime fascista.
Ma è il segno di quei tempi, cara Oppo: ma cosa si poteva sperare da questo consesso ? Da un lato un Papa re, monarca assoluto, ed un re travicello dall’altro, per giunta nelle mani di un dittatore con tanto di crimini sulla coscienza.
E valga il vero:
- circa 500 furono i morti causati dalle spedizioni punitive fasciste fra il 1919 e il 1922.
- il parroco di Argenta, don Giovanni Minzoni, fu assassinato da due uomini di Balbo, nel 1923;
- nel 1924 Giacomo Matteotti venne rapito e assassinato ed il gesto fu esplicitamente rivendicato idealmente da Mussolini ma non nei fatti esposti davanti al Parlamento durante una sua “excusatio non petita”, nel corso della quale, del consumato crimine, ebbe a fornire una fantasiosa ed ironica versione;
- Piero Gobetti, aggredito nel settembre 1924, morì due anni dopo;
- Giovanni Amendola fu ucciso dai fascisti nel 1925;
- Il Duce e il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano fecero uccidere dai fascisti francesi i fratelli Carlo e Nello Rosselli nel 1937;
- 13.316 persone vennero inviate al confino, altro che a villeggiare come ebbe la spudoratezza di affermare tempo addietro Berlusconi;
- 160.000 persone vennero sottoposte ad uno stretto regime di vigilanza poliziesca.
Contemporaneamente, nel 1933, venne ripristinata in Italia la pena di morte, già abolita nel lontano 1888, ed il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, lo strumento repressivo fascista, emise 5619 sentenze e 4596 condanne , delle quali 697 contro dei minori e 122 contro delle donne.
Vennero comminati ad altrettanti imputati e ergalostoli ed un totale complessivo di 27.735 anni di carcere al resto dei processati anche per direttissima, molti dei quali per reati di opinione, mentre le condanne a morte furono 42, ma solo 31 vennero eseguite.
Tra i condannati figurano alcuni notissimi politici e patrioti quali Antonio Gramsci, morto in carcere nel 1938, il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini e Michele Schirru, anarchico sardo ritornato in Italia dagli USA, il quale fucilato nel 1931 solo per avere ventilato d’aver avuto «l’intenzione di voler uccidere il capo del governo» ma di aver da molto tempo rinunciato a questo progetto.
Ma allora per la Curia romana andava tutto bene sebbene la popolazione vivesse in pieno stato di terrore?
Centinaia di migliaia di famiglie rovinate, innumerevoli deportazioni di tanti giovani verso i campi di lavoro nazisti in Germania, rei di non essersi arruolati nella camicie nere della Repubblica Sociale di Salò,
Ma anche durante tutto il corso della seconda guerra mondiale per la Curia romana andava tutto bene ?
Ricordo che era assolutamente vietato l’ascolto della trasmissione “Radio Londra”, che si poteva intercettare sulle onde corte, la cui voce diramava le notizie sui progressi dell’avanzata delle forze alleate; per chi veniva sorpreso ad ascoltarla era prevista la pena di morte.
Erano divenute nostre alleate dopo l’armistizio firmato nel settembre del 1943 in un casolare sito nelle campagne di Cassibile (SR), una resa incondizionata che servì a molti militari italiani per passare a combattere, assieme a diverse brigate partigiane, a fianco delle “truppe di liberazione”.

Ma, ritornando ai Patti Lateranensi, è da chiedersi a chi giovarono di più, al regno d’Italia sotto controllo della dittatura fascista od al Vaticano? Fate voi ma, così come avverrà dopo nel Portogallo di Salazar e nella Spagna franchista, parificare questi Patti ad una vera e propria “calata di braghe” da parte di una dittatura che aveva estremo bisogno di costruirsi a fronte del mondo intero un’immagine “sacrale” non è una eresia.
Le popolazioni erano stanche anche a causa dei continui bombardamenti delle fortezze volanti USA ed inglesi, resisi ancor più intensi e devastanti proprio dopo l’armistizio con tributi di molte vite di civili.
Giova ricordare, come ho già detto in passato nelle vesti di Barbapedana, che dopo il primo bombardamento che rase al suolo a Roma l’intero quartiere di San Lorenzo, basilica compresa, Pio XII°, papa Pacelli, recatosi sul posto fu fischiato e violentemente contestato dai cittadini romani non solo del quartiere distrutto dalle bombe dirompenti.

Cessata la guerra nel 1945, vennero poco dopo indette le prime elezioni post-fascismo che si svolsero il 2 giugno 1946.
A tutti i cittadini maggiorenni – allora alla maggiore età si perveniva con il compimento dei 21 anni – vennero consegnate due schede:
- una si riferiva al c.d. “referendum istituzionale” attraverso il quale, con il proprio voto si doveva decidere se l’Italia dovesse mantenere ancora l’istituto della Monarchia o passare a quello della Repubblica: l’esito fu vittorioso per la Repubblica, nonostante alcune polemiche su possibili brogli a disfavore della Monarchia;
- con la seconda, invece occorreva eleggere n. 566 deputati, divisi in vari partiti, per la formazione dell’Assemblea Costituente che avrebbe dovuto provvedere a scrivere la nostra carta costituzionale la quale, atteso l’esito del referendum, sarebbe divenuta la prima Costituzione Repubblicana; in questa occasione i voti vennero, in percentuale, così ripartiti tra i vari partiti:
- la Democrazia Cristiana riportò il 35,2% dei voti;
- il Partito Socialista di Unità Proletaria il 20,8%;
- il Partito Comunista italiano il 19%.
Ad essi si aggiunsero alcune formazioni minori come l'Unione Democratica Nazionale (i liberali), con il 6,8%, il Partito Repubblicano italiano con il 4,4%, il Partito d'Azione con 1'1,7%.
Solamente una modesta parte dell'elettorato italiano si espresse con un voto decisamente conservatore e rivolto al passato: il Fronte dell'Uomo Qualunque, che rappresentava un'ideologia di destra alquanto strana, ottenne il 5,3% dei voti; il Blocco Nazionale della libertà, che interpretava ancora i desideri dei nostalgici della Monarchia, conseguì il 2,8 %.

Questa lunga premessa si è resa necessaria perché si possa meglio comprendere il per come ed il perché nella nostra Costituzione Italiana Repubblicana, entrata in vigore in data 1 gennaio 1948, quella cattolica venga ancora riconosciuta, come in passato, quale “religione di Stato”.

dai PRINCIPI FONDAMENTALI

Art. 7
“Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale” ( che richiede, ai sensi dell’art. 138 particolari procedure – due votazioni per ciascuna Camera con intervallo non minore a 3 mesi l’una dall’altra – e la seconda a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera).

Il successivo art. 19, anche se in esso si dice che “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale od associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato od in pubblico il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume” non contrasta con la regola generale di cui all’art. 7 in quanto, secondo il senso letterario del testo, afferma solamente un principio di libertà a favore di ogni cittadino.
In buona sostanza il combinato disposto di questi due articoli afferma con l’art. 19 la libertà di culto per tutti mentre con l’art. 7, attraverso il richiamo ai Patti Lateranensi, non fa che confermare come religione di Stato quella cattolica.
A questo punto vi chiederete come mai nella Costituente, composta da partiti cattolici e laici, di cui molti esponenti avevano combattuto fianco a fianco nella lotta di Liberazione, abbia prevalso, alla fine, un comune accordo su una siffatta decisione nonostante che sul punto in questione avvennero accesissime discussioni tra deputati, aventi opposti pareri, sull’opportunità o meno di recepire in toto un trattato stipulato sotto l’era fascista.

Vedo che sono andato per le lunghe per cui mi vedo costretto a rimandare il prosieguo della trattazione ad altre puntate.

Seguirà il Papa Re – parte VI^




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