DICO parte VI^
IL PAPA RE
Seguito dei Patti Lateranensi
Il 18 giugno 1946 la Corte di Cassazione, effettuate per il referendum istituzionale tutte le verifiche previste per legge, proclama che
“per scelta diretta del voto espresso liberamente dal popolo italiano l’Italia è da oggi una Repubblica democratica”.
Il 18 giugno 1946 la Corte di Cassazione, effettuate per il referendum istituzionale tutte le verifiche previste per legge, proclama che
“per scelta diretta del voto espresso liberamente dal popolo italiano l’Italia è da oggi una Repubblica democratica”.
Nella foto di sfondo, una manifestazione per la Costituente a Torino nell’ottobre 1945; il Corriere della Sera del 6 giugno 1946, La Voce Repubblicana del 9 ottobre 1947, un manifesto del Partito socialista italiano di unità proletaria e uno della Democrazia cristiana, una foto di Nenni, Ruini, Vernocchi, De Gasperi e Togliatti all’epoca del primo governo De Gasperi (10 dicembre 1945-13 luglio 1946)
I seggi relativi alla elezione dei 566 costituenti vennero, in sede di Collegio Unico Nazionale,
così distribuiti :
Democrazia Cristiana
207
Movimento Indipendentista Sicilia
4
Partito Socialista
115
Concentrazione Democratica Repubblicana
2
Partito Comunista
104
Partito Sardo d’Azione
2
Unione Democratica Nazionale
41
Movimento Unionista Italiano
1
Uomo Qualunque
30
Partito Cristiano Sociale
1
Partito Repubblicano
23
Partito Democratico del Lavoro
1
Blocco Nazionale Libertà
16
Partito Contadini Italiani
1
Partito d’Azione
7
Fronte Democratico Progressista Repubblicano
1
Il 25 giugno 1946 si riunisce per la prima volta l’Assemblea Costituente e, dopo averne eletto in via provvisoria il Presidente nella persona di Giuseppe Saragat , il successivo 28 giugno, sempre in via provvisoria, viene nominato quale primo Presidente della Repubblica Italiana Enrico De Nicola.
Dimessosi l’on. Saragat, presidente dell’Assemblea venne eletto l’on. Umberto Terracini del Partito Comunista Italiano.
L’on. Alcide De Gasperi (DC) è il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Inizia la stesura del testo costituzionale e già sull’art. 7, che avrebbe dovuto regolare i rapporti tra Stato e Chiesa, ebbe ad iniziare una battaglia dialettica ed ideologica.
Il Presidente De Gasperi, pur premettendo che l’eventuale voto contrario alla conferma del Concordato non sarebbe stata causa di una battaglia politica, invitò il fronte laico a non infliggere al corpo già dilaniato del popolo italiano una ulteriore grave ferita.
Il fronte laico, capeggiato dal socialista Pietro Nenni, dichiarò di votare contro l’art. 7 così come formulato in quanto non poteva tradire con un atteggiamento diverso gli elettori del Partito Socialista.
Restava, tra i partiti più importanti, la decisione di quello Comunista.
Al suo interno vi erano due posizioni, in particolare quelle dell’ala:
- “radicale”, capeggiata da Secchia e Longo, decisa a votare contro l’art. 7;
- di “democrazia progressiva” con a capo Palmiro Togliatti, dalla linea morbida e favorevole all’art. 7, ritenendo che un voto contrario del PC in quel periodo poteva comportare l’isolamento del Partito nella ricostruzione di una Italia democratica, così divenendo subito una forza politica di opposizione .
- A favore dei due commi dell’art. 7 votarono SI i democristiani, i comunisti, i qualunquisti ed una parte dei liberali.
- Presenti e votanti n. 499 – maggioranza 250.
Hanno votato a favore 350 deputati, contro 149.
Tra le altre cose, apprendiamo dagli archivi di “Civiltà Cattolica”, come ogni ipotesi di rivoluzione da parte delle forze comuniste venne subito accantonata, avendo piena contezza che un’eventuale sovvertimento rivoluzionario del sistema politico post-fascista per l’introduzione del socialismo non sarebbe mai stato appoggiato dalla Unione Sovietica poiché, in base agli accordi di Yalta, l’Italia non rientrava nell’ambito dell’influenza sovietica e Stalin non si sarebbe mai sobbarcato una nuova guerra, stavolta contro le forze anglo-americane.
Per tali motivi il PC decise di votare a favore dell’art. 7 anche per continuare l’esperienza governativa a fianco dei partiti cattolici senza tuttavia abbandonare il tentativo di unificare la classe operaia e di sostenerne in campo nazionale le sue lotte.
Lo slogan, ripreso molti anni dopo dal PCI, fu sin d’allora quello di:
PARTITO di LOTTA e PARTITO di GOVERNO.
A dire il vero, col voto favorevole all’art. 7, Togliatti pensava che il PC potesse durare al governo per almeno 20 anni, ma questa sua previsione si dimostrò errata in quanto l’appartenenza comunista nell’esecutivo con propri ministri cessò nel maggio del 1947.
E da questo momento la Santa Sede, rimasta sino ad allora alla finestra, incominciò ad interessarsi ed a intervenire, attraverso la Nunziatura italiana, negli “affari” italiani ma non soltanto nei campi che, da un punto di vista religioso, poteva considerarli anche di suo interesse e pertinenza; in particolare interessavano allo stesso Pontefice Pio XII°, papa Pacelli:
- il mantenimento dei Patti Lateranensi del 1929;
- un Parlamento a sistema bicamerale;
- l’indipendenza della magistratura rispetto agli altri poteri dello Stato;
e, dulcis in fundo, che
- tutte le materie che riguardassero la sfera religiosa e morale della persona e della famiglia fossero improntate ai principi cristiani nel caso in cui non fosse stato possibile riportare “integralmente” nella stesura definitiva della Carta Costituzionale i “principi del Concordato”.
Da questo momento non passò giorno che la Santa Sede facesse conoscere ai deputati cattolici il suo punto di vista e De Gasperi auspicò che i costituenti democristiani venissero assistiti e consigliati da teologi appartenenti all’ordine dei gesuiti.
Certamente il Partito Comunista, pur in minoranza, seppe opporsi al meglio possibile delle sue forze numeriche all’interventismo vaticano così ottenendo che la nostra Costituzione, nella sua edizione finale, rappresentasse quanto meno una sintesi di concezioni ideologiche contrapposte sì da farla risultare, per quell’epoca, una delle più avanzate e più aperte costituzioni tra quelle che vennero promulgate in quegli anni.
L’esperienza della dittatura fascista aveva lasciato il segno sulla pelle di tutti; per tale motivo, a differenza di quanto avviene oggi, lo spirito che mosse i nostri costituenti fu quello di evitare ogni scontro e rottura tra forze politiche differenti per tradizioni e culture, riuscendo ognuna, a seconda dei casi, a rinunciare a qualche proprio principio ideale.
Sin d’allora si evidenzia in modo alquanto marcato la mano persuasiva della Chiesa romana sui deputati cattolici; sono le prime avvisaglie di una interferenza che da allora si protrarrà sino ai nostri giorni sebbene nel frattempo si siano verificati alcuni fatti importanti.
Alcune sentenze della Consulta che hanno dichiarato contrarie al dettato della Costituzione delle leggi, alcune di natura costituzionale, e, soprattutto il nuovo Concordato del 1984.
I seggi relativi alla elezione dei 566 costituenti vennero, in sede di Collegio Unico Nazionale,
così distribuiti :
Democrazia Cristiana
207
Movimento Indipendentista Sicilia
4
Partito Socialista
115
Concentrazione Democratica Repubblicana
2
Partito Comunista
104
Partito Sardo d’Azione
2
Unione Democratica Nazionale
41
Movimento Unionista Italiano
1
Uomo Qualunque
30
Partito Cristiano Sociale
1
Partito Repubblicano
23
Partito Democratico del Lavoro
1
Blocco Nazionale Libertà
16
Partito Contadini Italiani
1
Partito d’Azione
7
Fronte Democratico Progressista Repubblicano
1
Il 25 giugno 1946 si riunisce per la prima volta l’Assemblea Costituente e, dopo averne eletto in via provvisoria il Presidente nella persona di Giuseppe Saragat , il successivo 28 giugno, sempre in via provvisoria, viene nominato quale primo Presidente della Repubblica Italiana Enrico De Nicola.
Dimessosi l’on. Saragat, presidente dell’Assemblea venne eletto l’on. Umberto Terracini del Partito Comunista Italiano.
L’on. Alcide De Gasperi (DC) è il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Inizia la stesura del testo costituzionale e già sull’art. 7, che avrebbe dovuto regolare i rapporti tra Stato e Chiesa, ebbe ad iniziare una battaglia dialettica ed ideologica.
Il Presidente De Gasperi, pur premettendo che l’eventuale voto contrario alla conferma del Concordato non sarebbe stata causa di una battaglia politica, invitò il fronte laico a non infliggere al corpo già dilaniato del popolo italiano una ulteriore grave ferita.
Il fronte laico, capeggiato dal socialista Pietro Nenni, dichiarò di votare contro l’art. 7 così come formulato in quanto non poteva tradire con un atteggiamento diverso gli elettori del Partito Socialista.
Restava, tra i partiti più importanti, la decisione di quello Comunista.
Al suo interno vi erano due posizioni, in particolare quelle dell’ala:
- “radicale”, capeggiata da Secchia e Longo, decisa a votare contro l’art. 7;
- di “democrazia progressiva” con a capo Palmiro Togliatti, dalla linea morbida e favorevole all’art. 7, ritenendo che un voto contrario del PC in quel periodo poteva comportare l’isolamento del Partito nella ricostruzione di una Italia democratica, così divenendo subito una forza politica di opposizione .
- A favore dei due commi dell’art. 7 votarono SI i democristiani, i comunisti, i qualunquisti ed una parte dei liberali.
- Presenti e votanti n. 499 – maggioranza 250.
Hanno votato a favore 350 deputati, contro 149.
Tra le altre cose, apprendiamo dagli archivi di “Civiltà Cattolica”, come ogni ipotesi di rivoluzione da parte delle forze comuniste venne subito accantonata, avendo piena contezza che un’eventuale sovvertimento rivoluzionario del sistema politico post-fascista per l’introduzione del socialismo non sarebbe mai stato appoggiato dalla Unione Sovietica poiché, in base agli accordi di Yalta, l’Italia non rientrava nell’ambito dell’influenza sovietica e Stalin non si sarebbe mai sobbarcato una nuova guerra, stavolta contro le forze anglo-americane.
Per tali motivi il PC decise di votare a favore dell’art. 7 anche per continuare l’esperienza governativa a fianco dei partiti cattolici senza tuttavia abbandonare il tentativo di unificare la classe operaia e di sostenerne in campo nazionale le sue lotte.
Lo slogan, ripreso molti anni dopo dal PCI, fu sin d’allora quello di:
PARTITO di LOTTA e PARTITO di GOVERNO.
A dire il vero, col voto favorevole all’art. 7, Togliatti pensava che il PC potesse durare al governo per almeno 20 anni, ma questa sua previsione si dimostrò errata in quanto l’appartenenza comunista nell’esecutivo con propri ministri cessò nel maggio del 1947.
E da questo momento la Santa Sede, rimasta sino ad allora alla finestra, incominciò ad interessarsi ed a intervenire, attraverso la Nunziatura italiana, negli “affari” italiani ma non soltanto nei campi che, da un punto di vista religioso, poteva considerarli anche di suo interesse e pertinenza; in particolare interessavano allo stesso Pontefice Pio XII°, papa Pacelli:
- il mantenimento dei Patti Lateranensi del 1929;
- un Parlamento a sistema bicamerale;
- l’indipendenza della magistratura rispetto agli altri poteri dello Stato;
e, dulcis in fundo, che
- tutte le materie che riguardassero la sfera religiosa e morale della persona e della famiglia fossero improntate ai principi cristiani nel caso in cui non fosse stato possibile riportare “integralmente” nella stesura definitiva della Carta Costituzionale i “principi del Concordato”.
Da questo momento non passò giorno che la Santa Sede facesse conoscere ai deputati cattolici il suo punto di vista e De Gasperi auspicò che i costituenti democristiani venissero assistiti e consigliati da teologi appartenenti all’ordine dei gesuiti.
Certamente il Partito Comunista, pur in minoranza, seppe opporsi al meglio possibile delle sue forze numeriche all’interventismo vaticano così ottenendo che la nostra Costituzione, nella sua edizione finale, rappresentasse quanto meno una sintesi di concezioni ideologiche contrapposte sì da farla risultare, per quell’epoca, una delle più avanzate e più aperte costituzioni tra quelle che vennero promulgate in quegli anni.
L’esperienza della dittatura fascista aveva lasciato il segno sulla pelle di tutti; per tale motivo, a differenza di quanto avviene oggi, lo spirito che mosse i nostri costituenti fu quello di evitare ogni scontro e rottura tra forze politiche differenti per tradizioni e culture, riuscendo ognuna, a seconda dei casi, a rinunciare a qualche proprio principio ideale.
Sin d’allora si evidenzia in modo alquanto marcato la mano persuasiva della Chiesa romana sui deputati cattolici; sono le prime avvisaglie di una interferenza che da allora si protrarrà sino ai nostri giorni sebbene nel frattempo si siano verificati alcuni fatti importanti.
Alcune sentenze della Consulta che hanno dichiarato contrarie al dettato della Costituzione delle leggi, alcune di natura costituzionale, e, soprattutto il nuovo Concordato del 1984.
Segue il Papa RE parte VII^
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