IL PAPA RE
Sulla laicità dello Stato
In sede di Assemblea Costituente, nel corso della formulazione dei vari articoli di quella che doveva poi essere la prima Costituzione della Repubblica Italiana nata dalla Resistenza, avvennero, vista l’eterogeneità delle forze politiche presenti , molti dibattiti il più intenso ed acceso dei quali fu quello, com’era prevedibile, relativo alla formulazione dell’art. 7 attraverso il quale, in buona sostanza, si voleva confermare e reintrodurre nell’ordinamento giuridico della nostra nazione appena liberata dalla dittatura fascista il Concordato del 1929, ratificato appunto sotto il vecchio regime dittatoriale.
Era finanche ovvio che i maggiori oppositori di questa “operazione” fossero i partiti della sinistra che trovarono uno strenuo difensore della piena laicità dello Stato nella persona di un grande giurista e cattedratico di diritto civile e processuale civile in varie Università, Rettore in seguito a Firenze, sua città natale, che collaborò anche alla stesura del codice di procedura civile del 1942 scrivendo di proprio pugno la relazione di accompagnamento che il Guardasigilli presentò al Re.
Rinunciò in seguito ad ogni incarico universitario per essere stato uno dei pochi suoi colleghi che non volle giurare fedeltà al Duce, così rimediando, per ricompensa, un bel mandato di cattura a suo carico:
Era finanche ovvio che i maggiori oppositori di questa “operazione” fossero i partiti della sinistra che trovarono uno strenuo difensore della piena laicità dello Stato nella persona di un grande giurista e cattedratico di diritto civile e processuale civile in varie Università, Rettore in seguito a Firenze, sua città natale, che collaborò anche alla stesura del codice di procedura civile del 1942 scrivendo di proprio pugno la relazione di accompagnamento che il Guardasigilli presentò al Re.
Rinunciò in seguito ad ogni incarico universitario per essere stato uno dei pochi suoi colleghi che non volle giurare fedeltà al Duce, così rimediando, per ricompensa, un bel mandato di cattura a suo carico:
PIERO CALAMANDREI *
fondatore, assieme a Ferruccio Parri ed Ugo La Malfa, del Partito d’Azione per aderire poi , allo scioglimento di quest’ultimo, al Partito Socialista Democratico Italiano.
Non era certo un avvocato tipo Previti o Pecorella, pur bravo almeno ai tempi in cui frequentavamo a Milano l’Università, od un Ghedini, pur discendente da una valente generazione di legali veneti, ovvero un tipo eguale al povero filosofo nostrano, l’eurorespinto a pieni voti dal Parlamento europeo dove, nel corso della sua preventiva audizione, scivolò su una buccia di banana, proprio quella della sua concezione sugli omosessuali assai vicina alla dichiarazione con tanto di particolari uscita ultimamente dalla bocca di tal Prosperini, un novello amatore della garrotta, ex padano ed ora mimetizzatosi in Regione Lombardia tra le file di AN .
Per meglio far intendere chi fosse Calamandrei mi sembra doveroso fare un breve cenno sulla sua personalità e figura di studioso, come da richiamo, in calce a questo post.
Abbiamo già detto che questo articolo venne approvato con il necessario contributo del Partito Comunista che, in omaggio alla ritrovata libertà e democrazia ottenuta con il contributo di tutti, votò in suo favore.
Ma questo il centrodestra, con in testa Berlusconi ed il suo collega in P2 Cicchitto non lo sanno o fanno finta di non saperlo.
Il punto interessante è che a distanza di oltre mezzo secolo è proprio questo art. 7 che consente allo Stato ed ai suoi cittadini di reclamare a piena voce la propria indipendenza e sovranità a fronte della invasione di campo della Curia vaticana, e non solo, perché né sul Concordato del 1929 né con la sua successiva revisione del 1985 è stata riconosciuta alla suddetta Curia ed al sommo Pontefice un qualsivoglia intervento “educativo” nei confronti dei legislatori, giudici, medici nonchè sugli stessi elettori allorché si verte su problemi aventi caratteri specificamente civili.
Uno Stato democratico, quindi non di stampo confessionale, se ritiene di dover regolamentare situazioni in cui si ritrovino dei suoi cittadini non può ma DEVE provvedere così come è stato provveduto in altri campi anche se alle volte molto in ritardo.
Ma la Chiesa rivendica il suo interventismo in materie che le competono si afferma da più parte per ragioni di comodo, per lo più elettoralistiche, che per convinzione in quanto poi questi cantori di fede a casa loro fanno tutto il contrario di quello che affermano pubblicamente.
Se l’intervento vaticano fosse realmente in perfetta linea con le nostre leggi perché dovremmo allora condannare quei paesi in cui la politica è strettamente in mani a religiosi di altre dottrine che riescono a convincere i propri adepti a trasformarsi in ordigni esplosivi ?
Occorre ricordare che per ogni trattato vige sovrano il principio della reciprocità; a scopo esemplificativo, se uno Stato concede ad un altro Stato un qualcosa, come per esempio la pesca in acque territoriali appare sin troppo ovvia la circostanza che nel trattato si preveda che una tale concessione sia ambivalente.
Qui si verte, invece, su un qualcosa di completamente diverso, è vero, ma proprio per tale motivo con questi Trattati il nostro Stato ha ritenuto di non dovere concedere nulla che potesse incidere sul nostro potere esecutivo, legislativo e giudiziario così come noi non l’abbiamo preteso nei confronti dell’altro contraente.
Per il vero vi sono alcuni punti in cui il Vaticano, a tutela dei propri interessi civilistici, può legittimamente intervenire:
- in materia tributaria, nel caso in cui, un nostro Governo decidesse di togliere alcune agevolazioni tributarie disposte da alcune leggi emanate dal nostro Parlamento o da alcuni organi istituzionali a ciò delegati; d’altro canto è per lo Stato lecito introdurre pro Vaticano altre eventuali esenzioni od agevolazioni.
- in materia di pubblico impiego, relativamente all’insegnamento della religione, anche se vi è una sostanziale differenza nella sua regolamentazione contenuta nell’art. 36 del Concordato del 1929
"Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti o religiosi, approvati dall'autorità ecclesiastica , sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall'ordinario diocesano”
e quello di cui all’art. 9 n. 2 dell’accordo craxiano del 1985 con il quale si afferma che la Repubblica Italiana
“continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”.
Noi su questa materia non potremmo unilateralmente eliminare l’insegnamento della religione e, nel caso venisse proposta una qualsiasi norma abrogativa, sarebbe legittimo l’intervento della Città del Vaticano”
- in materia di attività degli Enti ecclesiastici in quanto
l’art. 20 della Costituzione dispone che:
“Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività".
Anche in questo caso si verte su diritti civili che la Chiesa può tutelare con gli interventi che riterrebbe opportuni.
Altre materie di intervento non ve ne sono e se ci fossero risulterebbero come delle vere e proprie prevaricazioni.
Viene richiamato il sentimento religioso e cristiano di ognuno di noi si dice ma si è arrivati al punto di fare intravedere da parte della Chiesa la possibilità di
infliggere pene terrene ed ultraterrene per chi dovesse contravvenire ai suoi “diktat” in materia di DICO.
E’ oltremodo singolare la circostanza che per tutelare alcuni diritti già vigenti, intendiamoci sacrosanti ma pur sempre di natura civilistica, si lotti con qualsiasi arma condizionante quella che dovrebbe in un Paese democratico essere una libera espressione di voto per dare ad altri quello che sino ad oggi non hanno ancora avuto, cioè alcuni diritti civili, per di più attenuati rispetto a quelli degli altri.
In Italia non è una novità il ricorso alla manipolazione mentale.
C’è poi un prezioso intervento sul tema del Presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky che, in sintesi, individua in questi continui “non possumus” non un invito alla “obiezione di coscienza” bensì ad una vera e propria “disobbedienza alle leggi vigenti”; a ciò vengono esortati uomini politici, amministratori, farmacisti e persino i giudici il quali ultimi sono soggetti soltanto alla legge così come già sentenziato dalla Corte Costituzionale con la decisione n. 196 del 1987 – Zagrebelsky non era allora della Consulta nè il presidente né uno dei giudici –
a conclusione di un ricorso presentato dal Giudice Tutelare di Napoli, cui per legge, in mancanza dell’assenso dei genitori , avrebbe dovuto decidere se concedere, esistendone i presupposti di fatto e di diritto, o no l’autorizzazione per la pratica di un aborto nei confronti di una minorenne in pericolo di vita.
Afferma Zagrebelsky:
“E’ un grido di sovversione, insomma. L’appello al diritto naturale in un contesto pluralistico è un grido di guerra civile…..
I diktat che provengono dal mondo cattolico , arrivano da una struttura organizzata, una gerarchia nell’ambito della Chiesa. Il mondo laico, invece, non ha, e non come suo difetto ma come suo elemento caratterizzante, alcuna autorità”.
Questa asimmetria, conclude, andrebbe assolutamente riequilibrata attraverso un sereno confronto intercorrente tra le parti estremistiche delle due tesi contrapposte, senza il quale, a lungo andare, questa tensione ricadrebbe proprio sulla istituzione ecclesiastica.
Non vado oltre perché già queste parole pronunciate da Zagrebelsky nelle vesti di costituzionalista ma, soprattutto, di quelle di libero cittadino di un Paese democratico sono, di per sé, molto eloquenti.
Ma la Chiesa è in subbuglio per questioni a lei interne; spunta all’orizzonte il caso del gesuita spagnolo Jon Sobrino, il “teologo della liberazione”, seguace di quel Juan Ramon Moreno, assassinato in San Salvador per aver denunciato pubblicamente le violenze assassine del regime.
Sobrino proprio in questo mese è stato condannato “con procedura d’urgenza” da la Congregazione per la dottrina della fede – l’ex Sant’Uffizio- per due opere che enfatizzavano troppo il ruolo storico di Gesù separandolo dalla sua dimensione divina.
Sobrino, che vive in contatto con i poveri del sudamerica, non ha ritenuto di dover correggere né tanto meno ritrattare le sue tesi.
Insomma, ce n’è per tutti.
* PIERO CALAMANDREI
Non era certo un avvocato tipo Previti o Pecorella, pur bravo almeno ai tempi in cui frequentavamo a Milano l’Università, od un Ghedini, pur discendente da una valente generazione di legali veneti, ovvero un tipo eguale al povero filosofo nostrano, l’eurorespinto a pieni voti dal Parlamento europeo dove, nel corso della sua preventiva audizione, scivolò su una buccia di banana, proprio quella della sua concezione sugli omosessuali assai vicina alla dichiarazione con tanto di particolari uscita ultimamente dalla bocca di tal Prosperini, un novello amatore della garrotta, ex padano ed ora mimetizzatosi in Regione Lombardia tra le file di AN .
Per meglio far intendere chi fosse Calamandrei mi sembra doveroso fare un breve cenno sulla sua personalità e figura di studioso, come da richiamo, in calce a questo post.
Abbiamo già detto che questo articolo venne approvato con il necessario contributo del Partito Comunista che, in omaggio alla ritrovata libertà e democrazia ottenuta con il contributo di tutti, votò in suo favore.
Ma questo il centrodestra, con in testa Berlusconi ed il suo collega in P2 Cicchitto non lo sanno o fanno finta di non saperlo.
Il punto interessante è che a distanza di oltre mezzo secolo è proprio questo art. 7 che consente allo Stato ed ai suoi cittadini di reclamare a piena voce la propria indipendenza e sovranità a fronte della invasione di campo della Curia vaticana, e non solo, perché né sul Concordato del 1929 né con la sua successiva revisione del 1985 è stata riconosciuta alla suddetta Curia ed al sommo Pontefice un qualsivoglia intervento “educativo” nei confronti dei legislatori, giudici, medici nonchè sugli stessi elettori allorché si verte su problemi aventi caratteri specificamente civili.
Uno Stato democratico, quindi non di stampo confessionale, se ritiene di dover regolamentare situazioni in cui si ritrovino dei suoi cittadini non può ma DEVE provvedere così come è stato provveduto in altri campi anche se alle volte molto in ritardo.
Ma la Chiesa rivendica il suo interventismo in materie che le competono si afferma da più parte per ragioni di comodo, per lo più elettoralistiche, che per convinzione in quanto poi questi cantori di fede a casa loro fanno tutto il contrario di quello che affermano pubblicamente.
Se l’intervento vaticano fosse realmente in perfetta linea con le nostre leggi perché dovremmo allora condannare quei paesi in cui la politica è strettamente in mani a religiosi di altre dottrine che riescono a convincere i propri adepti a trasformarsi in ordigni esplosivi ?
Occorre ricordare che per ogni trattato vige sovrano il principio della reciprocità; a scopo esemplificativo, se uno Stato concede ad un altro Stato un qualcosa, come per esempio la pesca in acque territoriali appare sin troppo ovvia la circostanza che nel trattato si preveda che una tale concessione sia ambivalente.
Qui si verte, invece, su un qualcosa di completamente diverso, è vero, ma proprio per tale motivo con questi Trattati il nostro Stato ha ritenuto di non dovere concedere nulla che potesse incidere sul nostro potere esecutivo, legislativo e giudiziario così come noi non l’abbiamo preteso nei confronti dell’altro contraente.
Per il vero vi sono alcuni punti in cui il Vaticano, a tutela dei propri interessi civilistici, può legittimamente intervenire:
- in materia tributaria, nel caso in cui, un nostro Governo decidesse di togliere alcune agevolazioni tributarie disposte da alcune leggi emanate dal nostro Parlamento o da alcuni organi istituzionali a ciò delegati; d’altro canto è per lo Stato lecito introdurre pro Vaticano altre eventuali esenzioni od agevolazioni.
- in materia di pubblico impiego, relativamente all’insegnamento della religione, anche se vi è una sostanziale differenza nella sua regolamentazione contenuta nell’art. 36 del Concordato del 1929
"Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti o religiosi, approvati dall'autorità ecclesiastica , sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall'ordinario diocesano”
e quello di cui all’art. 9 n. 2 dell’accordo craxiano del 1985 con il quale si afferma che la Repubblica Italiana
“continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”.
Noi su questa materia non potremmo unilateralmente eliminare l’insegnamento della religione e, nel caso venisse proposta una qualsiasi norma abrogativa, sarebbe legittimo l’intervento della Città del Vaticano”
- in materia di attività degli Enti ecclesiastici in quanto
l’art. 20 della Costituzione dispone che:
“Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività".
Anche in questo caso si verte su diritti civili che la Chiesa può tutelare con gli interventi che riterrebbe opportuni.
Altre materie di intervento non ve ne sono e se ci fossero risulterebbero come delle vere e proprie prevaricazioni.
Viene richiamato il sentimento religioso e cristiano di ognuno di noi si dice ma si è arrivati al punto di fare intravedere da parte della Chiesa la possibilità di
infliggere pene terrene ed ultraterrene per chi dovesse contravvenire ai suoi “diktat” in materia di DICO.
E’ oltremodo singolare la circostanza che per tutelare alcuni diritti già vigenti, intendiamoci sacrosanti ma pur sempre di natura civilistica, si lotti con qualsiasi arma condizionante quella che dovrebbe in un Paese democratico essere una libera espressione di voto per dare ad altri quello che sino ad oggi non hanno ancora avuto, cioè alcuni diritti civili, per di più attenuati rispetto a quelli degli altri.
In Italia non è una novità il ricorso alla manipolazione mentale.
C’è poi un prezioso intervento sul tema del Presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky che, in sintesi, individua in questi continui “non possumus” non un invito alla “obiezione di coscienza” bensì ad una vera e propria “disobbedienza alle leggi vigenti”; a ciò vengono esortati uomini politici, amministratori, farmacisti e persino i giudici il quali ultimi sono soggetti soltanto alla legge così come già sentenziato dalla Corte Costituzionale con la decisione n. 196 del 1987 – Zagrebelsky non era allora della Consulta nè il presidente né uno dei giudici –
a conclusione di un ricorso presentato dal Giudice Tutelare di Napoli, cui per legge, in mancanza dell’assenso dei genitori , avrebbe dovuto decidere se concedere, esistendone i presupposti di fatto e di diritto, o no l’autorizzazione per la pratica di un aborto nei confronti di una minorenne in pericolo di vita.
Afferma Zagrebelsky:
“E’ un grido di sovversione, insomma. L’appello al diritto naturale in un contesto pluralistico è un grido di guerra civile…..
I diktat che provengono dal mondo cattolico , arrivano da una struttura organizzata, una gerarchia nell’ambito della Chiesa. Il mondo laico, invece, non ha, e non come suo difetto ma come suo elemento caratterizzante, alcuna autorità”.
Questa asimmetria, conclude, andrebbe assolutamente riequilibrata attraverso un sereno confronto intercorrente tra le parti estremistiche delle due tesi contrapposte, senza il quale, a lungo andare, questa tensione ricadrebbe proprio sulla istituzione ecclesiastica.
Non vado oltre perché già queste parole pronunciate da Zagrebelsky nelle vesti di costituzionalista ma, soprattutto, di quelle di libero cittadino di un Paese democratico sono, di per sé, molto eloquenti.
Ma la Chiesa è in subbuglio per questioni a lei interne; spunta all’orizzonte il caso del gesuita spagnolo Jon Sobrino, il “teologo della liberazione”, seguace di quel Juan Ramon Moreno, assassinato in San Salvador per aver denunciato pubblicamente le violenze assassine del regime.
Sobrino proprio in questo mese è stato condannato “con procedura d’urgenza” da la Congregazione per la dottrina della fede – l’ex Sant’Uffizio- per due opere che enfatizzavano troppo il ruolo storico di Gesù separandolo dalla sua dimensione divina.
Sobrino, che vive in contatto con i poveri del sudamerica, non ha ritenuto di dover correggere né tanto meno ritrattare le sue tesi.
Insomma, ce n’è per tutti.
* PIERO CALAMANDREI
Autore di vari studi giuridici e di altri scritti, due dei quali provvederò a postare al più presto in sintonia con quanto è divenuto oramai un mio motto:
“ Il dovere di comunicare a coloro che non sanno od hanno dimenticato perchè il loro futuro si fondi sulla memoria del passato”.
Certi errori non dovranno essere più ripetuti per il bene delle nostre future generazioni.
Calamandrei dopo la Liberazione, da esperto giurista qual’era, partecipò attivamente anche alla definitiva stesura della nostra Carta Costituzionale.
Ma, in particolare, non sono i suoi pur rilevanti studi giuridici che interessano molti studiosi e cultori del nostro diritto che mi hanno colpito bensì due suoi brevi scritti il cui contenuto sono entrati sin nel profondo del cuore; chi ha vissuto quei periodi tragici e bui, anche se allora ero ancora un fanciullo frequentante le scuole elementari, può ben comprendere il significato di ogni sua singola parola.
Il primo, di cui riporterò in un prossimo post il tratto più significativo, riguarda il momento dell’insurrezione popolare contro il nazifascismo mentre il secondo è una famosissima risposta, oggi purtroppo caduta nell’oblio, data al criminale nazista Kesselring .
Condannato alla pena di morte per i crimini commessi dalle SS in Italia contro le popolazioni civili dietro suoi espliciti ordini ( Marzabotto e Fosse Ardeatine quelle più eclatanti) , ebbe la pena commutata in quella dell’ergastolo e, quindi, dopo pochi anni scarcerato “per gravi motivi di salute” e spedito in Germania dove visse sano, felice e contento per altri otto anni .
Calamandrei dopo la Liberazione, da esperto giurista qual’era, partecipò attivamente anche alla definitiva stesura della nostra Carta Costituzionale.
Ma, in particolare, non sono i suoi pur rilevanti studi giuridici che interessano molti studiosi e cultori del nostro diritto che mi hanno colpito bensì due suoi brevi scritti il cui contenuto sono entrati sin nel profondo del cuore; chi ha vissuto quei periodi tragici e bui, anche se allora ero ancora un fanciullo frequentante le scuole elementari, può ben comprendere il significato di ogni sua singola parola.
Il primo, di cui riporterò in un prossimo post il tratto più significativo, riguarda il momento dell’insurrezione popolare contro il nazifascismo mentre il secondo è una famosissima risposta, oggi purtroppo caduta nell’oblio, data al criminale nazista Kesselring .
Condannato alla pena di morte per i crimini commessi dalle SS in Italia contro le popolazioni civili dietro suoi espliciti ordini ( Marzabotto e Fosse Ardeatine quelle più eclatanti) , ebbe la pena commutata in quella dell’ergastolo e, quindi, dopo pochi anni scarcerato “per gravi motivi di salute” e spedito in Germania dove visse sano, felice e contento per altri otto anni .
Al momento della sua scarcerazione ebbe anche la spudoratezza di dire che gli italiani avrebbero dovuto erigergli un monumento per il bene che aveva loro fatto !
Calamandrei gli diede per iscritto la celeberrima risposta:
“Lo avrai camerata Kesselring……”
oggi oramai colpevolmente dimenticata da tutti ma, essendo stata riportata su una lapide posta a Cuneo sotto il monumento alla “IGNOMINIA” , chi volesse potrebbe anche andersela a leggere di persona nonostante che, per comodità di coloro che non potranno andarci per una qualsiasi ragione, provvederò a trascriverla al più presto integralmente assieme al primo documento, a memoria di un grande italiano scomparso all’età di appena 67 anni il 27 settembre del 1956 .
Calamandrei gli diede per iscritto la celeberrima risposta:
“Lo avrai camerata Kesselring……”
oggi oramai colpevolmente dimenticata da tutti ma, essendo stata riportata su una lapide posta a Cuneo sotto il monumento alla “IGNOMINIA” , chi volesse potrebbe anche andersela a leggere di persona nonostante che, per comodità di coloro che non potranno andarci per una qualsiasi ragione, provvederò a trascriverla al più presto integralmente assieme al primo documento, a memoria di un grande italiano scomparso all’età di appena 67 anni il 27 settembre del 1956 .
Seguirà la lettera B) della parte VIII^ con le tesi pro DICO
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