“NON PIU’ VILLA TRISTE
SE IN QUESTE MURA
SPIRITI INNOCENTI E FRATERNI
ARMATI SOL DI COSCIENZA
IN FACCIA A SPIE TORTURATORI CARNEFICI
VOLLERO
PER RISCATTARE VERGOGNA
PER RESTITUIRE DIGNITA’
PER NON RIVELARE IL COMPAGNO
LANGUIRE SOFFRIRE MORIRE
PER NON TRADIRE”
Villa Triste Firenze
Nel 1943, un elegante palazzo in Firenze, alla Via Bolognese 67, venne requisito dai tedeschi per farne la sede della terribile Banda Carità.
Erano avanzi di galera, dalla dubbia sanità mentale, e infliggevano le peggiori torture ai padri della resistenza.
Tra le vittime anche Bruno Fanciullacci: è morto gettandosi dal secondo piano per non piegarsi alle camice nere, confessando i nomi dei suoi amici.Correva il 1943.
Un monaco strimpellava canzonette napoletane al pianoforte per coprire le orribili grida.
Era l'infame padre Ildefonso, al secolo Epaminonda Troia.
Aguzzini della peggiore specie - come il tenente ex-prete, Giovanni Gastaldelli - infliggevano crudeltà agghiaccianti alle loro vittime. Torture che perduravano per intere settimane.
Premio, la fucilazione.
Sono passati molti anni, eppure ad essere lì un brivido ci percorre la schiena.Villa Triste trasuda ancora quella barbarie.
Racconta di quei massacri.
Non si può entrare a dare un'occhiata: ordine tassativo dei condomini che oggi ci abitano.
Durante la seconda guerra mondiale al numero 67 di via Bolognese, in una delle zone più eleganti di Firenze, un palazzo con un meraviglioso panorama sulla città veniva requisito dai tedeschi per farne la sede della polizia politica.Gli scantinati e i piani più bassi venivano ceduti alla famigerata Banda Carità, reparto della Milizia Volontaria fascista, la RSS (Reparto Servizi Speciali).
Era composta di avanzi di galera a cui era stata concessa una tacita amnistia in cambio dell'adesione alla Repubblica Sociale Italiana. Spie, torturatori.
Rottami umani dalla dubbia sanità mentale.
A capo della banda, Mario Carità, che nel 1945 Augusto C. Dauphine in un articolo su 'Oggi' descriveva così:
'Sui capelli, nerissimi, spiccava una candida ciocca in mezzo alla fronte, rivelatrice di anomalie del sistema nervoso; questa fronte era bassa, il grugno suino.
Notai subito la bocca sensuale, carnosa, sul viso floscio e giallastro, lo sguardo costantemente collerico, i pugni che stringeva continuamente parlando. (...)
Per quanto estraneo agli studi di medicina legale e sebbene distratto da altre meditazioni, non seppi trattenermi dall'ammirare quello splendido campione di delinquente'.La polizia politica tedesca, nota per la crudeltà indiscriminata, lasciava comunque i lavori più infami e sadici al RSS.
Mario Carità era il comandante indiscusso ma spiccavano nello stato maggiore personaggi come Pietro Koch, che applicherà in nord Italia i metodi appresi a Villa Triste.
L'organizzazione gerarchica terminava con le squadre: la 'squadra degli assassini', la 'squadra della labbrata' e i 'quattro santi'.
Villa Triste è il nome popolare luoghi di tortura aperti dai nazifascisti in varie città italiane.SE IN QUESTE MURA
SPIRITI INNOCENTI E FRATERNI
ARMATI SOL DI COSCIENZA
IN FACCIA A SPIE TORTURATORI CARNEFICI
VOLLERO
PER RISCATTARE VERGOGNA
PER RESTITUIRE DIGNITA’
PER NON RIVELARE IL COMPAGNO
LANGUIRE SOFFRIRE MORIRE
PER NON TRADIRE”
Villa Triste Firenze
Nel 1943, un elegante palazzo in Firenze, alla Via Bolognese 67, venne requisito dai tedeschi per farne la sede della terribile Banda Carità.
Erano avanzi di galera, dalla dubbia sanità mentale, e infliggevano le peggiori torture ai padri della resistenza.
Tra le vittime anche Bruno Fanciullacci: è morto gettandosi dal secondo piano per non piegarsi alle camice nere, confessando i nomi dei suoi amici.Correva il 1943.
Un monaco strimpellava canzonette napoletane al pianoforte per coprire le orribili grida.
Era l'infame padre Ildefonso, al secolo Epaminonda Troia.
Aguzzini della peggiore specie - come il tenente ex-prete, Giovanni Gastaldelli - infliggevano crudeltà agghiaccianti alle loro vittime. Torture che perduravano per intere settimane.
Premio, la fucilazione.
Sono passati molti anni, eppure ad essere lì un brivido ci percorre la schiena.Villa Triste trasuda ancora quella barbarie.
Racconta di quei massacri.
Non si può entrare a dare un'occhiata: ordine tassativo dei condomini che oggi ci abitano.
Durante la seconda guerra mondiale al numero 67 di via Bolognese, in una delle zone più eleganti di Firenze, un palazzo con un meraviglioso panorama sulla città veniva requisito dai tedeschi per farne la sede della polizia politica.Gli scantinati e i piani più bassi venivano ceduti alla famigerata Banda Carità, reparto della Milizia Volontaria fascista, la RSS (Reparto Servizi Speciali).
Era composta di avanzi di galera a cui era stata concessa una tacita amnistia in cambio dell'adesione alla Repubblica Sociale Italiana. Spie, torturatori.
Rottami umani dalla dubbia sanità mentale.
A capo della banda, Mario Carità, che nel 1945 Augusto C. Dauphine in un articolo su 'Oggi' descriveva così:
'Sui capelli, nerissimi, spiccava una candida ciocca in mezzo alla fronte, rivelatrice di anomalie del sistema nervoso; questa fronte era bassa, il grugno suino.
Notai subito la bocca sensuale, carnosa, sul viso floscio e giallastro, lo sguardo costantemente collerico, i pugni che stringeva continuamente parlando. (...)
Per quanto estraneo agli studi di medicina legale e sebbene distratto da altre meditazioni, non seppi trattenermi dall'ammirare quello splendido campione di delinquente'.La polizia politica tedesca, nota per la crudeltà indiscriminata, lasciava comunque i lavori più infami e sadici al RSS.
Mario Carità era il comandante indiscusso ma spiccavano nello stato maggiore personaggi come Pietro Koch, che applicherà in nord Italia i metodi appresi a Villa Triste.
L'organizzazione gerarchica terminava con le squadre: la 'squadra degli assassini', la 'squadra della labbrata' e i 'quattro santi'.
Firenze fu una delle peggiori.
Ci sono passati alcuni dei nomi più conosciuti della Resistenza fiorentina: primo fra tutti il gappista Bruno Fanciullacci che verrà barbaramente seviziato, quasi evirato con pugnalate al basso ventre. Fanciullacci morirà senza aver parlato, gettandosi dal secondo piano di Villa Triste.Nel 2003 l'amministrazione comunale gli ha intitolato lo slargo su cui si affaccia l'edificio.
Anche l'azionista Anna Maria Enriques Agnoletti sarà follemente torturata a Villa Triste, obbligata a stare in piedi senza poter dormire per sette giorni, prima di venir fucilata.
178 componenti della Banda Carità verranno processati a Lucca nei primi anni cinquanta.
Molti verranno assolti per insufficienza di prove.
Fonte: Quotidiano Il Firenze del 30 Marzo 2009
Ma la storia di Villa Triste non finisce qui perché quando gli Alleati ed i Partigiani erano oramai ad un passo dalla liberazione Firenze, i torturatori, con il loro armamentario, se la dettero a gambe e si rifugiarono a Milano dove aprirono una nuova Villa Triste in via Paolo Uccello 17 – zona Sempione – dove continuarono la loro efferata opera.
Questa è la lapide che ricorda i drammatici eventi avvenuti a Milano, tra il 1944/1945, in Via Paolo Uccello 17 del tutto dimenticata, nonostante che il padre fosse stato un partigiano, dall’attuale sindaco di Milano signora Letizia Brichetto- Arnaboldi in Moratti.
Villa Triste , come abbiamo visto, prende il nome dell’omonima villa usata per gli stessi scopi a Firenze, cioè il luogo dove una banda di assassini portava gli antifascisti per torturarli ed ucciderli.
E’ il luogo dove svolgeva le sue attività criminose il cosiddetto “Reparto di Polizia Speciale” guidato da Pietro Koch, ex granatiere di padre tedesco.
Il luogo dove Luisa Ferida ( indicata dal Ministro Prestigiacomo in un volume sulle donne italiane da emulare ) andava col suo amante a procurarsi la droga e ad eccitarsi alle grida di dolore dei torturati.
Il luogo dove si usava spesso negli interrogatori far stendere l’arrestato su una specie di letto da fachiro, far bere petrolio, usare scariche elettrice sui genitali, riempire di sale la bocca di chi invocava da bere. Inoltre queste torture venivano abitualmente eseguite da più persone, che si davano di continuo il cambio, chi aiutandosi con cognac, chi con cocaina, a sopportare la loro stessa scellerataggine.
Pietro Koch di norma assisteva impassibile, poi, quando la vittima era allo stremo, aggiungeva la beffa alla crudeltà, spiegando con voce suadente che era meglio che parlasse, se no lui forse non sarebbe riuscito a frenare più i suoi uomini, giustamente adirati per la reticenza dell’interrogato.
E se l’infelice resisteva, a un cenno di Koch i torturatori ricominciavano, fino a riportare l’arrestato in una cella col soffitto all’altezza di un metro e venti.
Il luogo dove furono installati 24 riflettori e nei sotterranei allestite cinque celle.
In qualche periodo vi furono stipate fino a un centinaio di persone.
Le urla dei seviziati si sentivano fin dalla strada.
Ci furono proteste da parte della popolazione.
Intervenne lo stesso cardinal Schuster.
Alla fine, il 24 settembre 1944, quasi solo per ragioni di lotta intestina fra le diverse bande fasciste, “Villa Triste” fu chiusa.
E questo è solo uno dei tanti luoghi dove avvennero atrocità.
Ora la signora Brichetto in Moratti vorrebbe costruire un sacrario che contenga torturati e torturatori in nome della pacificazione.
E ritiene la sua una scelta coraggiosa.
Allora aspettiamo che Mario Moretti muoia e mettiamolo nella tomba accanto ad Aldo Moro in nome della pacificazione degli anni settanta.
Mettiamo le vittime USA dell’undici settembre con gli attentatori.
Vergogna.
La nostra storia va ricordata da tutti per poterne trarre insegnamenti; ma, per poterla ricordare occorre che qualcuno ce la insegni, quella vera e non quella taroccata ad uso e consumo di qualcuno.
E’ un patrimonio di tutti gli italiani che debbono sapere ma che non sanno perché così vuole una certa parte politica.
Signora Brichetto in Moratti non si stupisca poi se alcuni ragazzini torturano un compagno e non si pentono; sanno già che verranno alla loro morte onorati e collocati, loro quali carnefici, assieme alle loro vittime nello stesso sacrario!
Nessuno ha ritenuto di insegnarmi la storia di Villa Triste, nonostante che i vari professori non fossero di estrazione fascista.
Ci sono sbattuto contro allorchè ritenni che era giunto il tempo di entrare attivamente in politica, nel 1954, a 19 anni, dopo aver visto a Bassano del Grappa il nome di un mio pro-cugino stampato su una croce attaccata ad un albero dove era stato impiccato dai nazi-fascisti dopo una retata di partigiani.
Ma più profondamente, al di là di un innato sentimento antifascista di tutta la famiglia, allorchè ebbi a scrivere un mio studio sul reato di “plagio” dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ne dichiarò l’incostituzionalità, così eliminandola dal nostro Codice Penale.
Tre parlamentari di destra, a far tempo dal 2001, avrebbero voluto attraverso altrettanti disegni di legge, poi riuniti in uno solo, reintrodurre questo reato sia pure sotto un altro nome, quello della
“Manipolazione Mentale”.
Da allora non si sa più nulla pur essendo trascorsi parecchi anni.
Forse avevano capito che non era proprio il caso di insistere, pur essendo passato all’esame della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e quindi trasferito a quella del Senato, non essendo ancora stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico un certo Lodo.
Su questo interessante argomento ritornerò con la pubblicazione di alcune pagine del mio studio.
Molti nostri eventi storici s’intrecciano spesso con alcuni processi e così si rilegge la storia attraverso i racconti di chi, di quei fatti, ne fu protagonista diretto od indiretto.
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