Sempre più americani in cerca di opportunità in Oriente
La crisi che colpisce gli Stati Uniti e la veloce crescita economica cinese stanno spingendo sempre più laureati americani verso il Paese del dragone, attirati dai bassi costi per avviare un'impresa, o dall'occasione di bruciare le tappe verso una carriera più rapida.
Sono infatti tantissimi i giovani che hanno lasciato l'America per cercare fortuna fra Pechino e Shangai, senza neanche la necessità di imparare le lingue orientali.
L'economia cinese, forte di un Pil cresciuto del 7,9 per cento nell'ultimo trimestre rispetto all'anno precedente e di un tasso di disoccupazione nelle aree urbane del 4,3 per cento, è di fatto divenuta molto ospitale con i giovani, con gli imprenditori e con coloro che cercano lavoro.
"E' colpa della Cina se sono ancora qua", ha raccontato al New York Times Jason Misium, 23 anni, un laureato di Harvard.
Misium, che era arrivato in Cina per imparare la lingua, ha spiegato di aver aperto con 12 mila dollari uno studio di consulenza per giovani cinesi che vogliono andare a studiare negli Stati Uniti.
"Aprire una azienda qua è molto economico".
La nuova tendenza è però di estrema importanza anche per la Cina, che stabilisce un legame forte con il mondo occidentale e fa tesoro delle doti di leadership insegnate nelle celebri università americane.
Come spiega Willy Tsao, amministratore di una azienda di Pechino, convinto che ci siano alcune abilità difficili da trovare fra i cinesi.
"Credo che per i cinesi sia molto più facile prendere ordini, e questo nasce dal sistema scolastico.
E' la cultura dell'ascoltare".
Shangai e Pechino sono le nuove terre promesse dei giovani americani. "Quando sono arrivato in Cina nel 1994", spiega Jack Perkowski, fondatore di Asimco Technologies, "ho assistito alla prima ondata di americani che venivano in Cina.
Ora sta giungendo la seconda".
Copiato integralmente da
ALICE MESSENGER
al fine di poter inserire alcune precisazioni sottaciute in questo articolo.
Della Cina noi abbiamo potuto conoscere per molto tempo solamente il lato peggiore, propinatoci per lo più da certa stampa cresciuta e pasciuta da chi aveva interesse a che venissero resi di pubblica cognizione solamente i suoi molti lati oscuri, molti dei quali effettivamente raccapriccianti in quanto in aperta violazione di ogni diritto umano.
Ma poi, girando per l’Italia, mi accorgo come in moltissime città governate da amministrazioni di centrosinistra esistono vie, piazze ed anche parchi dedicati a piazza
TIENAMMEN.
Non altrettanto posso dire per quelle città rette dal centrodestra.
Qualche anno addietro ho letto questo libro
IL SECOLO CINESE
di
FEDERICO RAMPINI
Sul retro della copertina si legge il seguente commento:
"Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà"
Questa celebre profezia , pronunciata da Napoleone nel 1816 e poi ripresa da Lenin poco prima di morire, sembra essersi avverata.
E le conseguenze per tutte le altre nazioni, prima ancora che politiche o militari, sono di carattere economico.
Siamo nel giugno del 2005 e questa frase si è rivelata per molte nazioni una solidissima realtà con la quale occorre convivere.
Tuttavia molti di noi non si rendono ancora conto della potenzialità di questo popolo il quale, pur essendo ancora troppo represso, ha portato la Cina ai vertici mondiali in tutti i campi.
Dopo anni di dominio statunitense il campionato mondiale di matematica è stato vinto da un cinese e ciò ha fatto sì che molti studenti USA si siano trasferiti in Cina per studiare presso le sue Università.
Incentivati in ciò sia dai bassi costi degli studi in rapporto ai prezzi praticati nel loro Paese che dal costo della vita in generale.
Una crescita prolungata ed impressionante di una potenza economica agevolata anche da una ampiezza di risorse senza pari e dalle retribuzioni dei lavoratori che non hanno nulla in comune col resto del mondo.
Non a caso anche molte nostre industrie hanno localizzato le loro sedi proprio in Cina divenendo la prima nazione destinataria degli investimenti dal resto del mondo nonchè la sede preferita di quasi tutte le multinazionali.
Non c’è, quindi, da meravigliarsi se il mito cinese sia divenuto una realtà.
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