IL VOLER PARTECIPARE AD OGNI COSTO ALLA STRETTA DI MANO
TRA
IL SUO GRANDE AMICO PUTIN ED IL PREMIER TURCO
SUGELLANTE UN ACCORDO ECONOMICO CHE, ALLA FIN FINE, A LUI E TANTO PIU’ A NOI, CE NE FREGAVA ALTAMENTE.
NOI ABBIAMO DI GIA’ LE NOSTRE ROGNE, CHE IL PREMIER NON RIESCE AD EVITARE O RISOLVERE, E GUAI SE DOVESSIMO INTERESSARE ANCHE DI QUELLE ALTRUI.
Purtroppo, questo suo intrufolarsi ad ogni costo, a noi, suoi sudditi, interessa, a volerla dire francamente, un fico secco mentre per il nostro messer vanitoso è come toccare il cielo con un dito; anzi con una mano o meglio con due e, se le avesse, ma non si sa mai, con mille dita !
Fa parte, questo suo rammostrarsi continuo in ogni dove, del suo DNA, e guai se glielo dovessero impedire.
Ne risentirebbe, a suo modo di vedere le cose, la sua personalità talmente tanto che lo arretrerebbe nella considerazione della gente quale un essere imbarazzante ed inutile.
Non è solamente una mia opinione perché ad una simile conclusione giunse nel novembre del 2002 lo scrittore spagnolo
JAVIER MARIAS
che, ben coniugando il suo spirito di osservazione sulle manie umane con i comportamenti del nostro premier ebbe, con forti contenuti psicologici, a dire la sua.
La sua esposizione è abbastanza lunga ma meritevole di divulgazione nella sua interezza.
Ricordiamoci che siamo nel novembre del 2002.
“SILVIO BERLUSCONI
Questo individuo è essenzialmente una palla al piede, a giudicare dal
materiale video nel quale lo si vede ai vertici politici in compagnia di
altri mandatari o in occasioni mondane più frivole.
In realtà, il suo comportamento è identico negli uni e nelle altre, soltanto che nei primi finge di essere l'anfitrione, lo fa sempre (per dire, anche se si trova in Canada) e probabilmente lo è anche, sicuramente in quelli
italiani, se ne appropria anche quando è soltanto un ospite.
Quando incontra altri capi di governo, si capisce che in fondo si sente un intruso, ed è il suo atteggiamento disinvolto e allegro - e ribadisco, come se fosse l'anfitrione o il baedeker ovunque - a tradire la sua insicurezza ultima;
è come se temesse che in qualsiasi momento possa
entrare un ciambellano e sussurrargli all'orecchio, con discrezione,
che è stato commesso uno spiacevole errore e che deve lasciare il
salone, l'ufficio. il pranzo, il vertice, il ballo.
La sua eterna soddisfazione e disinvoltura sono eccessive,
sottolineature in rosso.
Sembra che gli vengano spontanee, quasi involontariamente, e non è
così: compie uno sforzo permanente (alleggerito soltanto dalla forza
dell'abitudine) e recita, ovviamente.
Il suo sorriso impazzito (perché costante), le sue barzellette, le sue
piccole pagliacciate, i suoi abbracci e le sue pacche e la sua
iperattività triviale quanto superflua sono tremendamente
involontarie.
E’ come se stesse dicendo in ogni momento (ai suoi
colleghi politici, alle telecamere, ai fotografi, ai telespettatori e
soprattutto a se stesso):
"Vedete come mi trovo a mio agio, come mi districo, come converso,
come influenzo, come mi muovo, come intrigo, come appartengo a
questo mondo delle decisioni mondiali?"
Quest'uomo non ci crede per intero, in realtà non se ne capacita ed è
per questo deve lasciar ben chiaro, in modo gridato, che si trova nel
suo elemento.
Egli ritiene che la sua simpatia (che lui tale considera) gli renda
enormi servigi: si considera una persona accattivante, irresistibile,
persuasiva - anche se non osa giudicarsi seduttore nell'accezione
sessuale del termine.
Con questa simpatia è convinto di poter ottenere molte cose e di poter
convincere molte altre ancora persino i più potenti.
Se i suoi potenti colleghi non fossero in maggioranza gente di così scarsi lumi
(illuminano poco, appena una penombra tutti insieme),
si renderebbero conto che quella professionale simpatia è soltanto il
modo di Berlusconi di chiedere permesso, di farsi perdonare, di
allungare il collo per non essere coperto nelle foto.
Mi risulta che in un periodo della sua gioventù sia stato crooner, o
cantante confidenziale (come si dice nella sua lingua), vale a dire
intrattenitore che allietava le crociere dei ricchi, o qualcosa del
genere.
Come si sa, gli artisti dello spettacolo, per famosi che essi siano (e lui
non Io era), sono nella considerazione dei ricchi più vicini alla servitù
che agli invitati, cosicché, quel periodo, se le mie notizie sono
corrette, gli deve essere servito da allenamento per staccarsi, per
allontanarsi dai domestici e dai camerieri (ora si mostra persona alla
mano con loro, ma li detesta e li vuole lontano, come se potessero
contaminarlo), e per mischiarsi ai potentati più scemi, a quelli che ci
cascano e che sono più sensibili alle lusinghe.
Si tratta di un individuo che non ha il minimo senso del pudore
quando vuole essere adulatore o addirittura ossequioso.
In un certo senso, si potrebbe affermare che ha la mentalità dei vecchi portinai, quelli che a quanto pare abbondavano nella Spagna franchista e che non sono spariti ancora del tutto: si prostravano in riverenze con i
proprietari e con gli inquilini facoltosi e trattavano a calci i tornitori e
le domestiche.
Dietro a questa mentalità c'è sempre un senso di risentimento.
Se inoltre si tratta di una persona che non teme il ridicolo, allora l'individuo in questione è pericoloso, come lo è quest'uomo dietro alla sua facciata cordiale, spiritosa, quasi si direbbe bonacciona, se non fosse che la bontà - neppure la sua caricatura - è estranea al suo animo.
Il fatto che ogni tanto si emozioni o si intenerisca non c'entra, fare ciò è alla portata di qualsiasi persona anche semplice e non è necessariamente segno di bontà o di compassione.
In realtà, è incomprensibile che queste persone possano ingannare chicchessia, per non parlare di quasi un intero paese, ed è incomprensibile che abbia ottenuto la maggioranza assoluta alle elezioni, ma quante volte e in quanti paesi o non è accaduto Io stesso?
Misteri.
O forse la gente non ci fa caso, non presta attenzione, guarda e ascolta soltanto in maniera distratta, abituata com'è a come si vede e si ascolta la televisione.
Il soggetto manca di scrupoli e ciò in maniera radicale, poiché questa carenza è autentica; non è il caso di tanti altri che li conoscono, e come, ma che hanno deciso di misconoscerli.
Egli ignora la loro esistenza e non li considera mai, nemmeno per rifiutarli o bollarli di stupidi o gravosi o bastoni tra le ruote.
Non ne ha mai fatto a meno per il semplice motivo che non li
concepisce proprio, non hanno mai fatto parte delle sue nozioni, meno ancora dei suoi valori.
Tanto gli sono estranei, che quando li individua
in un'altra persona, li considera soltanto un sintomo di debolezza e li usa per giudicare quella persona fragile o docile e, pertanto, assoggettabile.
Di fronte a questo tipo di individuo, la maggior parte delle persone è inerme, perché quasi nessuno è preparato a trattare con una persona tanto seccante e insistente
(una palla al piede che non sta ferma un secondo, una di quelle persone a cui si dice di sì pur di levarseli di
torno o di fermare il loro sproloquio,
di riuscire a farli stare zitti),
formalmente cordiale e persino affettuosa e che allo stesso tempo non osserva norme o regole d'alcun tipo.
Non le considera nemmeno per disattenderle, e neanche i principi, neppure per tradirli; non ha la
consapevolezza di stare esagerando o oltrepassando i limiti o
trasgredendo, anche se potrà fingere di abbracciare momentaneamente delle regole - le ha viste negli altri e ha imparato a essere mimetico -.
Ma la cosa più difficile è questa:
quasi nessuno è pronto a trattare con
una persona che non sente mai vergogna di alcun tipo, nè personale, nè pubblica, politica, estetica.
E nemmeno narrativa.
In realtà egli non sa cosa sia”.
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