Palermo, mogli e parenti sfrecciano col pass
da L’Espresso
Qual è il problema più grave che affligge la Sicilia?
La piaga che la diffama nel mondo?
Il traffico, certamente.
Era la battuta chiave del film di Roberto Benigni "Johnny Stecchino".
Ed è forse per questo che in tanti a Palermo si sono lanciati su uno dei privilegi più ambiti nell'Italietta delle scorciatoie:
il permesso per le corsie preferenziali.
Come la più celebre spedizione garibaldina, oggi sono a mille a fare breccia nei divieti alla circolazione
e infilarsi in strade libere sfrecciando accanto a code consolidate.
La cronaca cittadina di Repubblica ha reso noto l'elenco dei 1060 infiltrati.
C'è ad esempio Vittorio Sgarbi, che fa il sindaco di Salermi (Trapani) ma ottenne il pass quando era commissario per il sito archeologico di Piazza Armerina (Enna): in entrambi i casi, incarichi che non dovrebbero richiedere l'alta velocità nell'attraversare Palermo.
Ma fa molto discutere anche il permesso concesso alla moglie di Angelo Alfano, ministro per la giustizia.
Per carità, di sicuro oggi la signora Alfano ha sacrosanto diritto a scorta e corsie lampo.
Il fatto è che il permesso venne concesso prima della nomina a Guardasigilli, quando il marito era il coordinatore regionale di Forza Italia: la signora Alfano lo chiese e ottenne come "titolare di uno studio legale", praticamente la sola con questa motivazione.
Molti invece sono i parenti che circolano rapidamente grazie ad illustri rappresentati in Comune che hanno ottenuto pacchetti di autorizzazioni.
C'è Massimo Collesano, funzionario municipale ed ex responsabile dei Grandi eventi cittadini, ne ha ottenuti otto: uno è andato alla compagna, uno a un 73 enne con utilitaria Ford e uno a una signora di 83 anni che lo usa per una potente Bmw.
Otto permessi anche al dirigente del settore Verde, uno per la Fiat della sua consorte: ma si vede che i giardini impongono la fretta.
Un esponente dell'Udc ne ha ottenuti tre, pur non avendo incarichi nell'amministrazione cittadina: ma la politica non può perdere tempo nel traffico normale.
Altri invece hanno presentato motivazioni singolari.
Lucio Tasca, patron della casa vinicola, ha ottenuto il lasciapassare come avvocato cassazionista.
Per non parlare di una lista di raccomandati, beneficiati come esponenti di onlus, prive di telefono e di sito web, ma pronte a correre senza intoppi.
Adesso il sindaco di centrodestra Diego Cammarata dovrà rinnovare i permessi che la sua giunta ha regalato:
chissà se userà maggior rigore.
O se la logica del piccolo privilegio verrà premiata ancora una volta.
Riprendo le vesti di Barbapedana,
da tempo accantonate
ma mai a se stesse abbandonate.
Per chi non lo sapesse
Barbapedana è stato un cantastorie della vecchia Milano.
Di Porta Tosa, oggi Porta Vittoria, fu l’alfiere
che mise alla berlina personaggi
come il nostro attuale cavaliere.
Noto per il suo strano gilè,
famoso cantore delle osterie
raccontava cantando tutte le angherie
subite dai poveri come lui.
Si spense in un tugurio di un vicolo di Porta Tosa
da povero in canna, così com’era vissuto
coi soli centesimi a lui donati dai suoi ammiratori.
Chi vive una dura esistenza ha solo una fortuna:
quello di essere libero senza doversi inchinare ad un padrone.
E così divenne una vera e propria istituzione.
Una mano lava l’altra per igiene personale, tante mani che si stringono a vicenda rappresentano una consorteria, o cosca
Per meglio rendere il concetto, che opera certamente a favore dei soli titolari di queste mani.
Il pass è uno status simbol; chi non ce l’ha borbotta, stramaledice ma, alla fine,
rispetta i possessori che si intrufolano spavaldamente dove a lui e ad altri come lui è verboten.
Baciamo le mani, vossia si che è un vip; a sua disposizione.
E le mani che si stringono raddoppiano in un baleno e gli altri guardano, magari si incazzano, ma si inchinano.
Così avviene una certa assuefazione ai piccoli privilegi e poi, pensando ma a me che me ne frega, ci tenterò anch’io per averlo,
si adattano anche ai privilegi più consistenti, ai voti di scambio;
in cambio di qualcosa che gli tocca di diritto ma che non gli arriva mai.
Questa situazione non è solo un male, antico, siciliano ma oramai è un modus operandi dei vari ras di turno
per accattivarsi simpatie e silenzi omertosi.
In buona sostanza l’Italia di oggi è fondata non sul lavoro, come invece avevano avuto l’ardire di scrivere i nostri padri costituenti,
ma sull’intrallazzo continuo e reiterato, sul malaffare, sulla corruzione anche politica, su impunità tutelate con leggi o con cariche istituzionali.
Si potrebbe scrivere un trattato; in molti tentano di scriverne pezzi di questo insieme verminoso e da quel che sento e leggo ne sta venendo fuori addirittura
una nuova enciclopedia: quella sul malaffare italico.
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