LA STORIA D’ITALIA e la P2
IV^ ed ultima Parte
Continua Barbacetto
Tra i giornalisti (di allora), Gustavo Selva è parlamentare di An; Maurizio Costanzo (nel 2001) è direttore di Canale 5 e uomo politicamente trasversale, anche se sempre dalla parte di Berlusconi nei momenti cruciali; Massimo Donelli è direttore della nuova tv del Sole 24 ore. Roberto Gervaso continua a scrivere un fiume di articoli e di libri e nessuno si ricorda più di una simpatica lettera che inviò, tanto tempo fa, a Gelli:
«Caro Licio, ho chiesto a Di Bella (direttore del Corriere della sera quando era nelle mani della P2, ndr) di farmi collaborare; è bene che tutti capiscano che bisogna premiare gli amici".
Oggi Di Bella parlerà della mia collaborazione con Tassan Din (direttore generale del Corriere, piduista come l’editore del Corriere, Angelo Rizzoli, ndr).
Vedi di fare, se puoi, una telefonata a Tassan Din, affinchè non mi metta i bastoni tra le ruote».
Più defilato Paolo Mosca, ex direttore della Domenica del Corriere.
Gino Nebiolo, all’epoca direttore del Tg1, è stato mandato da Letizia Moratti a dirigere la sede Rai di Montevideo (una capitale della P2) e oggi scrive sul Foglio di Giuliano Ferrara.
Franco Colombo, ex corrispondente della Rai a Parigi e aspirante piduista, oggi ha cambiato mestiere: è vicepresidente della società del Traforo del Monte Bianco e si sta dando molto da fare per gli appalti che devono riaprire il tunnel.
Alberto Sensini (aspirante piduista, come Colombo) scrive di politica sui giornali. Tra i politici, Pietro Longo, segretario del Partito socialdemocratico, divenne il simbolo negativo del piduista con cappuccio.
Ma a tanti altri è andata meglio.
Publio Fiori (tessera 1878), ex deputato democristiano, è trasmigrato in An e nel 1994 è diventato ministro di Berlusconi.
Una poltrona di ministro è già capitata, durante il governo Berlusconi, anche ad Antonio Martino (anch’egli a Gelli aveva solo presentato la domanda d’iscrizione). Invece Duilio Poggiolini (tessera 2247), ex ministro democristiano della Sanità, ha avuto la carriera stroncata non dalla P2, ma dai lingotti d’oro di Tangentopoli trovati nel pouf del salotto.
Massimo De Carolis (tessera P2 1815), solo un numero in meno di quella di Berlusconi), negli anni Settanta era democristiano e leader della «Maggioranza silenziosa», oggi è tornato alla politica sotto le bandiere di Forza Italia e grazie al rapporto diretto con Berlusconi ha ottenuto la presidenza del Consiglio comunale di Milano e la promessa di una candidatura in Parlamento.
Le ha dovuto abbandonare entrambe, dietro la ferma insistenza del sindaco Gabriele Albertini, dopo essere stato coinvolto in alcuni scandali. è accusato, tra l’altro, di aver chiesto 200 milioni per rivelare notizie riservate a una azienda partecipante a una gara per un appalto a Milano.
Ma il fatto curioso è che, insieme a De Carolis, nel processo in corso a Milano sia coinvolta un’altra vecchia conoscenza della P2: Luigi Franconi (tessera P2 numero 1778).
I rapporti solidi resistono nel tempo.
Politica & affari.
Un banchiere iscritto alla P2, certo meno noto di Sindona e Calvi, era Antonio D’Alì, proprietario della Banca Sicula e datore di lavoro di boss di mafia come i Messina Denaro.
Oggi ha passato la mano al figlio, Antonio D’Alì jr, eletto senatore a Trapani nelle liste di Forza Italia.
Angelo Rizzoli, che si fece sfilare di mano il Corriere dalla compagnia della P2, oggi fa il produttore cinematografico.
Roberto Memmo (tessera 1651), finanziere che tanto si diede da fare per salvare Sindona, oggi è buon amico di Marcello Dell’Utri, di Cesare Previti e del giudice Renato Squillante, che incontrava insieme, e dirige la Fondazione Memmo per l’arte e la cultura, con sede a Roma nel Palazzo Ruspoli. Rolando Picchioni (tessera 2095), torinese, ex deputato dc, coinvolto (ma assolto) nello scandalo petroli, oggi è in area Udeur ed è segretario generale del Salone del libro di Torino.
Giancarlo Elia Valori, unico caso di piduista espulso dalla loggia perché faceva troppa concorrenza al Venerabile Maestro, oggi è presidente dell’Associazione industriali di Roma, infaticabile scrittore di libri e instancabile tessitore di rapporti e di alleanze.
Vittorio Emanuele di Savoia (tessera 1621) è un curioso caso di uomo off-shore: non può rientrare in Italia, ma in Italia fa business, seppure attraverso società estere.
Ora vorrebbe poter rientrare definitivamente, anche se nei fatti non ne è mai stato fuori, a giudicare dai suoi affari e traffici (d’armi): nei decenni scorsi è stato, anche grazie alla sua integrazione nel club P2, mediatore d’affari all’estero per conto di aziende italiane (Agusta) e addirittura di Stato (Italimpianti, Condotte...), quello stesso Stato sul cui territorio non poteva mettere piede.
Di Berlusconi ha detto (era il 1994):
«è un buon manager, può rimettere ordine nell’economia italiana».
Come?
Per esempio «cancellando quel disastro» che è
«lo Statuto dei lavoratori, con il divieto di licenziamento».
Apprezzamenti naturali, tra compagni di loggia.
Ma con un finale obbligato per il principe:
«Io? Non faccio politica».
Vittorio Emanuele non vota, ma c’è da scommetterci che tifa per Berlusconi, che potrà farlo finalmente rientrare in Italia, questa volta anche fisicamente.Vent’anni dopo, in Italia è tempo di revisioni.
Anche sulla P2. è stato un legittimo club di amiconi, magari con qualcuno che ne approfittava un po’ per fare affari.
Gelli?
Un abile traffichino che millantava poteri che in realtà non aveva.
Ma era proprio questo, la P2?
Vista con distacco, appare invece il luogo più attivo per l’elaborazione di strategie di potere del grande partito atlantico in Italia, almeno tra il 1974 e il 1981.
Centro d’incontro tra politica, affari, ambienti militari.
Nella loggia segreta è confluito il partito del golpe, reduce della stagione delle stragi 1969-74, ma con una nuova strategia, più flessibile, più attenta alla politica. E ai soldi, che possono comprarla: come suggerisce, appunto, il Piano di rinascita.
Oggi Di Bella parlerà della mia collaborazione con Tassan Din (direttore generale del Corriere, piduista come l’editore del Corriere, Angelo Rizzoli, ndr).
Vedi di fare, se puoi, una telefonata a Tassan Din, affinchè non mi metta i bastoni tra le ruote».
Più defilato Paolo Mosca, ex direttore della Domenica del Corriere.
Gino Nebiolo, all’epoca direttore del Tg1, è stato mandato da Letizia Moratti a dirigere la sede Rai di Montevideo (una capitale della P2) e oggi scrive sul Foglio di Giuliano Ferrara.
Franco Colombo, ex corrispondente della Rai a Parigi e aspirante piduista, oggi ha cambiato mestiere: è vicepresidente della società del Traforo del Monte Bianco e si sta dando molto da fare per gli appalti che devono riaprire il tunnel.
Alberto Sensini (aspirante piduista, come Colombo) scrive di politica sui giornali. Tra i politici, Pietro Longo, segretario del Partito socialdemocratico, divenne il simbolo negativo del piduista con cappuccio.
Ma a tanti altri è andata meglio.
Publio Fiori (tessera 1878), ex deputato democristiano, è trasmigrato in An e nel 1994 è diventato ministro di Berlusconi.
Una poltrona di ministro è già capitata, durante il governo Berlusconi, anche ad Antonio Martino (anch’egli a Gelli aveva solo presentato la domanda d’iscrizione). Invece Duilio Poggiolini (tessera 2247), ex ministro democristiano della Sanità, ha avuto la carriera stroncata non dalla P2, ma dai lingotti d’oro di Tangentopoli trovati nel pouf del salotto.
Massimo De Carolis (tessera P2 1815), solo un numero in meno di quella di Berlusconi), negli anni Settanta era democristiano e leader della «Maggioranza silenziosa», oggi è tornato alla politica sotto le bandiere di Forza Italia e grazie al rapporto diretto con Berlusconi ha ottenuto la presidenza del Consiglio comunale di Milano e la promessa di una candidatura in Parlamento.
Le ha dovuto abbandonare entrambe, dietro la ferma insistenza del sindaco Gabriele Albertini, dopo essere stato coinvolto in alcuni scandali. è accusato, tra l’altro, di aver chiesto 200 milioni per rivelare notizie riservate a una azienda partecipante a una gara per un appalto a Milano.
Ma il fatto curioso è che, insieme a De Carolis, nel processo in corso a Milano sia coinvolta un’altra vecchia conoscenza della P2: Luigi Franconi (tessera P2 numero 1778).
I rapporti solidi resistono nel tempo.
Politica & affari.
Un banchiere iscritto alla P2, certo meno noto di Sindona e Calvi, era Antonio D’Alì, proprietario della Banca Sicula e datore di lavoro di boss di mafia come i Messina Denaro.
Oggi ha passato la mano al figlio, Antonio D’Alì jr, eletto senatore a Trapani nelle liste di Forza Italia.
Angelo Rizzoli, che si fece sfilare di mano il Corriere dalla compagnia della P2, oggi fa il produttore cinematografico.
Roberto Memmo (tessera 1651), finanziere che tanto si diede da fare per salvare Sindona, oggi è buon amico di Marcello Dell’Utri, di Cesare Previti e del giudice Renato Squillante, che incontrava insieme, e dirige la Fondazione Memmo per l’arte e la cultura, con sede a Roma nel Palazzo Ruspoli. Rolando Picchioni (tessera 2095), torinese, ex deputato dc, coinvolto (ma assolto) nello scandalo petroli, oggi è in area Udeur ed è segretario generale del Salone del libro di Torino.
Giancarlo Elia Valori, unico caso di piduista espulso dalla loggia perché faceva troppa concorrenza al Venerabile Maestro, oggi è presidente dell’Associazione industriali di Roma, infaticabile scrittore di libri e instancabile tessitore di rapporti e di alleanze.
Vittorio Emanuele di Savoia (tessera 1621) è un curioso caso di uomo off-shore: non può rientrare in Italia, ma in Italia fa business, seppure attraverso società estere.
Ora vorrebbe poter rientrare definitivamente, anche se nei fatti non ne è mai stato fuori, a giudicare dai suoi affari e traffici (d’armi): nei decenni scorsi è stato, anche grazie alla sua integrazione nel club P2, mediatore d’affari all’estero per conto di aziende italiane (Agusta) e addirittura di Stato (Italimpianti, Condotte...), quello stesso Stato sul cui territorio non poteva mettere piede.
Di Berlusconi ha detto (era il 1994):
«è un buon manager, può rimettere ordine nell’economia italiana».
Come?
Per esempio «cancellando quel disastro» che è
«lo Statuto dei lavoratori, con il divieto di licenziamento».
Apprezzamenti naturali, tra compagni di loggia.
Ma con un finale obbligato per il principe:
«Io? Non faccio politica».
Vittorio Emanuele non vota, ma c’è da scommetterci che tifa per Berlusconi, che potrà farlo finalmente rientrare in Italia, questa volta anche fisicamente.Vent’anni dopo, in Italia è tempo di revisioni.
Anche sulla P2. è stato un legittimo club di amiconi, magari con qualcuno che ne approfittava un po’ per fare affari.
Gelli?
Un abile traffichino che millantava poteri che in realtà non aveva.
Ma era proprio questo, la P2?
Vista con distacco, appare invece il luogo più attivo per l’elaborazione di strategie di potere del grande partito atlantico in Italia, almeno tra il 1974 e il 1981.
Centro d’incontro tra politica, affari, ambienti militari.
Nella loggia segreta è confluito il partito del golpe, reduce della stagione delle stragi 1969-74, ma con una nuova strategia, più flessibile, più attenta alla politica. E ai soldi, che possono comprarla: come suggerisce, appunto, il Piano di rinascita.
E oggi?
(nel 2001)
La fase, naturalmente, è nuova.
La società è cambiata.
Anche gli uomini alla ribalta sono, in buona parte, diversi.
Ma nella storia italiana non si butta via niente, c’è una continuità di fondo con il peggio delle nostre vicende, fatte di
un anticomunismo eversivo, bancarotte e spoliazioni di denaro pubblico, politica corrotta, stragi, morti ammazzati, rapporti inconfessabili con le organizzazioni criminali.
Il passato, il tremendo passato italiano, deve sempre restare non del tutto chiarito, perché i dossier, gli uomini, i segreti, i ricatti che da quel passato provengono possano essere riciclati nel futuro.
Da questo punto di vista, la parabola di Silvio Berlusconi, uomo «nuovissimo» che viene dal passato vecchissimo di Gelli e affiliati, è la parabola dell’Italia.
(nel 2001)
La fase, naturalmente, è nuova.
La società è cambiata.
Anche gli uomini alla ribalta sono, in buona parte, diversi.
Ma nella storia italiana non si butta via niente, c’è una continuità di fondo con il peggio delle nostre vicende, fatte di
un anticomunismo eversivo, bancarotte e spoliazioni di denaro pubblico, politica corrotta, stragi, morti ammazzati, rapporti inconfessabili con le organizzazioni criminali.
Il passato, il tremendo passato italiano, deve sempre restare non del tutto chiarito, perché i dossier, gli uomini, i segreti, i ricatti che da quel passato provengono possano essere riciclati nel futuro.
Da questo punto di vista, la parabola di Silvio Berlusconi, uomo «nuovissimo» che viene dal passato vecchissimo di Gelli e affiliati, è la parabola dell’Italia.
Per concludere, una mia nota
Dal 2001 ad oggi è storia moderna alla portata di tutti coloro che hanno fede nella democrazia, anche se ancora molta “spazzatura” è stata nascosta sotto molti zerbini di case eccellenti da zerbinotti al sevizio di chi ha in mano le redini del comando.
BASTA SOLAMENTE NON FARSI FUORVIARE DALLE SOLITE FRASI FATTE, UNA PER TUTTE:
IL POPOLO ITALIANO VUOLE………
io non voglio quello che vuole solo lui per sé e per altri come lui.
Mia madre da piccolo mi diceva che l’erba voglio non nasce nemmeno nel giardino dl re.
Ma lui si sente il nostro re per cui può volere.
Io no, desidero che metta subito mano per eliminare tutte le ingiustizie sociali che stanno portando milioni di nostri connazionali nell’indigenza più assoluta.
Chi ci comanda credo sia passato avanti il Palazzo di Giustizia di Milano, non fosse altro perché si trova nelle immediate vicinanze della Ca’ Granda, la nostra Università statale. Sul frontale di questo palazzo ci sono varie scritte a lettere cubitali tra le quali questa:
IURIS PRAECEPTA SUNT HAEC:
HONESTE VIVERE, ALTERUM NON LAEDERE, SUUM QUIQUE TRIBUERE.
Non le hanno scritte i “comunisti” ma i nostri saggi padri giuristi di un tempo che fu da cui avremmo dovuto ereditare molte cose. Nella specie è una frase di Ulpiano tratta dal titolo primo della sua opera relativa al suo IUS GENTIUM.
Le abbiamo ereditate e fatte studiare nel corso di Istituzioni di diritto romano nel primo anno di studi; molti di noi se lo sono, strada facendo, dimenticate.
Altri no, me compreso, e come ricompensa ci basta il rispetto e l’affetto del tutto spontaneo che le persone portano nei nostri confronti.
Errori ne compiamo anche noi ma in buona fede ,tanto che corriamo subito a porvi rimedio.
Per molti altri non sono errori bensì le logiche conseguenze dell’uso improprio dei proprio potere.
E’ questa la differenza; il capo deve dare il buon esempio ed oggi non è così e,pertanto, in molti brindano al canto del..e noi che figli siamo …ci adeguiamo, ci adeguiamo; è questo è il nostro mondo di oggi e chi tenta di opporsi viene ingiuriato ed in molti caso espulso dal pulpito da cui predica.
Poche ma importanti parole che rappresentano la sintesi del vivere civile.
Precetti giuridici che messi in pratica da tutti, specialmente da chi ci governa, rappresentano le basi di una società giusta perché racchiudono i concetti fondamentali della vita civile:
VIVERE ONESTAMENTE, NON DANNEGGIARE I DIRITTI DEGLI ALTRI, DARE A CIASCUNO QUELLO CHE GLI SPETTA.
Purtroppo da molto tempo le cose non vanno così.
Dal 2001 ad oggi è storia moderna alla portata di tutti coloro che hanno fede nella democrazia, anche se ancora molta “spazzatura” è stata nascosta sotto molti zerbini di case eccellenti da zerbinotti al sevizio di chi ha in mano le redini del comando.
BASTA SOLAMENTE NON FARSI FUORVIARE DALLE SOLITE FRASI FATTE, UNA PER TUTTE:
IL POPOLO ITALIANO VUOLE………
io non voglio quello che vuole solo lui per sé e per altri come lui.
Mia madre da piccolo mi diceva che l’erba voglio non nasce nemmeno nel giardino dl re.
Ma lui si sente il nostro re per cui può volere.
Io no, desidero che metta subito mano per eliminare tutte le ingiustizie sociali che stanno portando milioni di nostri connazionali nell’indigenza più assoluta.
Chi ci comanda credo sia passato avanti il Palazzo di Giustizia di Milano, non fosse altro perché si trova nelle immediate vicinanze della Ca’ Granda, la nostra Università statale. Sul frontale di questo palazzo ci sono varie scritte a lettere cubitali tra le quali questa:
IURIS PRAECEPTA SUNT HAEC:
HONESTE VIVERE, ALTERUM NON LAEDERE, SUUM QUIQUE TRIBUERE.
Non le hanno scritte i “comunisti” ma i nostri saggi padri giuristi di un tempo che fu da cui avremmo dovuto ereditare molte cose. Nella specie è una frase di Ulpiano tratta dal titolo primo della sua opera relativa al suo IUS GENTIUM.
Le abbiamo ereditate e fatte studiare nel corso di Istituzioni di diritto romano nel primo anno di studi; molti di noi se lo sono, strada facendo, dimenticate.
Altri no, me compreso, e come ricompensa ci basta il rispetto e l’affetto del tutto spontaneo che le persone portano nei nostri confronti.
Errori ne compiamo anche noi ma in buona fede ,tanto che corriamo subito a porvi rimedio.
Per molti altri non sono errori bensì le logiche conseguenze dell’uso improprio dei proprio potere.
E’ questa la differenza; il capo deve dare il buon esempio ed oggi non è così e,pertanto, in molti brindano al canto del..e noi che figli siamo …ci adeguiamo, ci adeguiamo; è questo è il nostro mondo di oggi e chi tenta di opporsi viene ingiuriato ed in molti caso espulso dal pulpito da cui predica.
Poche ma importanti parole che rappresentano la sintesi del vivere civile.
Precetti giuridici che messi in pratica da tutti, specialmente da chi ci governa, rappresentano le basi di una società giusta perché racchiudono i concetti fondamentali della vita civile:
VIVERE ONESTAMENTE, NON DANNEGGIARE I DIRITTI DEGLI ALTRI, DARE A CIASCUNO QUELLO CHE GLI SPETTA.
Purtroppo da molto tempo le cose non vanno così.
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