LA GIUSTIZIA
Le proposte di riforma degli avvocati
1 - una Costituente per la Giustizia;
2 - un Osservatorio sul bilancio e sui dati statistici di questo settore;
3 - l'adozione e la diffusione negli uffici giudiziari di modelli basati sulla managerialita' e la riforma dell'ordinamento forense.
La Presidentessa dell'Organismo unitario dell'avvocatura, Michelina Grillo, in particolare, chiede al Governo:
''Un gesto simbolico, ma concreto che dia il senso dell'attenzione della politica alla grave crisi della nostra giurisdizione: si convochi sin da ora una 'Costituente sulla Giustizia', coinvolgendo tutti gli operatori del settore, valorizzando il loro sapere e la loro esperienza, per un obiettivo che deve essere di tutti: rimettere il sistema sui binari dell'efficienza''.
Viene inoltre evidenziato che proprio in questa direzione va la proposta dell'Organismo unitario dell'Avvocatura di istituire
"un Osservatorio sui dati del sistema e per un bilancio trasparente della settore: le entrate che i cittadini pagano per la Giustizia devono essere destinate interamente al buon funzionamento della macchina giudiziaria per la soluzione di una crisi alimentata dalla penuria di risorse che si protrae ormai da troppi anni''.
Tra le proposte dell'Uoa anche la necessità di avvalersi di criteri manageriali per la gestione degli uffici giudiziari attraverso la creazione di
''patti territoriali, con il coinvolgimento di tutti gli interessati, e tra essi dell'Avvocatura, per il raggiungimento di concreti obiettivi di miglioramento''.
Anche sulla separazione delle carriere la Grillo prende posizione, auspicando,nell’interesse dei cittadini, la separazione delle carriere onde poter avere una “giustizia imparziale”.
- su questo punto mi permetto di dissentire in toto; è come affermare che oggi la bilancia della Giustizia penda solamente da una sola parte -.
La presidente mette poi in risalto l'emergenza nell'ambito della giustizia civile: ''L'asse degli interventi non dovra' risultare sbilanciato in favore del settore penale, come parrebbe dalle prime dichiarazioni apparse sulla stampa.
Tra i mille costi che penalizzano le nostre aziende sui mercati mondiali c'e' anche quello di una giustizia civile lenta e totalmente imprevedibile. E' un costo che non ci possiamo piu' permettere''.
- Circa la giustizia civile ritengo necessario dire la mia perché chi avrà l’occasione di leggere questo post possa farsi una propria ’idea sul problema dopo aver sentito più campane.
E’ da precisare come prima dell’ultima guerra mondiale e nel periodo successivo, almeno per un certo tempo, il contenzioso civile, numericamente ben più modesto di quello di oggi, era risolto all’80 % dai Giudici Conciliatori, magistrati onorari aventi sede nel comune di residenza e scelti tra le persone di sicuro affidamento morale e come tali riconosciuti dai concittadini dal Sindaco.Più che il titolo di studio dava garanzie la personalità del prescelto che prestava poi giuramento nelle mani del Primo pretore del mandamento che fungeva da “supervisore”.
La competenza per valore era limitata a 25.000 lire – equivalenti in quei tempi ad una bella sommetta – ma questo giudice onorario riusciva a dirimere sul nascere le dispute tra compaesani, forte del suo riconosciuto carisma.
La carica era onoraria e non dava luogo a spesa alcuna da parte dell’Amministrazione comunale che aveva il solo obbligo di fornire una sede adeguata ed un dipendente comunale che fungeva da Cancelliere.
Sul finire degli anni 70 la sua competenza venne elevata a 50.000 lire che però rappresentavano oramai ben poca cosa rispetto al costo della vita, specie per i canoni di Locazione.
Per non intasare le Preture si ricorse, con l’entrata in vigore della
Legge 27 LUGLIO 1978, n. 392 ,
meglio nota come la legge sullo
EQUO CANONE,
ad un artifizio, elevando la competenza del Conciliatore per ogni disputa che riguardasse le locazioni di immobili aventi un canone mensilentro le lire 50.000; in buona sostanza un canone annuo di lire 600.000.
Si dovevano risolvere migliaia e migliaia di “sfratti per necessità del locatore” di entrare in possesso del proprio appartamento locato a terzi.
Si erano verificate moltissime vendite di palazzi interi sia a singoli proprietari che ad imprese che, a loro volta, incominciarono a rivenderli ai privati.
Era ovvio che gli appartamento “occupati” costavano meno di quelli liberi e così, una volta acquistati i primi, i neo proprietari provvedevano ad intimare lo sfratto “per propria necessità” di entrare in possesso del loro appartamento.
Quasi tutti i decreti ingiuntivi per somme rientranti nelle 50.000 lire – ratei di polizze assicurative non pagate e di piccoli acquisti con pagamenti insoluti – venivano risolti in sede comunale.
Pochi gli appelli in Pretura per il secondo grado del giudizio.
Gli sfratti potevano creare un vero e proprio sconvolgimento sociale ma in parecchie città, specie nelle piccole, si riuscì a concordare un calendario delle esecuzioni con le Amministrazioni comunali attente a questo fenomeno le quali avevano approfittato del credito agevolato per la costruzione di immobili per la maggior parte destinati agli sfrattati.
Lo sfratto emesso in forma esecutiva per necessità del locatore costitutiva per l’inquilino sfrattato, assieme ai carichi familiari, un certo punteggio per la priorità nelle graduatorie.
Vi immaginate un simile fenomeno oggi con i Giudici di Pace che risiedono non più in ogni comune ma riuniti in una specie di circondario ?
Tra l’altro l’istituzione di questi giudici, molto contrastata dagli Ordini degli Avvocati perché la legge istitutiva in prima battuta vietava l’accesso, tra gli altri, proprio ai professionisti della pratica forense, previde subito un corrispettivo forfetario per ogni causa trattata che rappresentava un nuovo onere per lo Stato.
Una riforma oltre che costosa anche inadatta ad eliminare il contenzioso civile.
Qualcosa al riguardo è stato fatto con l’istituzione come pregiudiziale indispensabile dei
“Tentativi di conciliazione”
prima a livello regionale e poi, falliti i primi, ministeriale in alcuni campi, specie oggi in quello relativo al campo della comunicazione – utenti contro società distributrici di servizi di telecomunicazione; ma è ancora poca cosa, una goccia d'acqua nel mare - .
Un'altra delle priorità proposte al Governo è quella della riforma dell'ordinamento forense.
''La categoria - spiega la Grillo - ambisce ad un salto in avanti, verso la modernizzazione. Per fare cio' e' prioritario ripensare l'aspetto formativo e rivedere l'esame di abilitazione, basandolo sul merito e con criteri di oggettivita' e di qualita' indiscutibili. Per questo settore produttivo del Paese, e soprattutto per i giovani, e' importante, inoltre, che ci sia una politica di rilancio e di incentivazione dal punto di vista fiscale''.
Anche l'Aiga esprime le sue valutazioni segnalando che la produzione legislativa in materia di giustizia
''dovra' in futuro percorrere strade nuove, e soprattutto basarsi su un'impostazione ben diversa, su un assioma, banale se si vuole, ma troppe volte dimenticato, e cioe' che la giustizia e', prima di tutto, un essenziale servizio assicurato dallo Stato al cittadino''.
Richiamando un documento redatto dalla giunta dell'Aiga, il presidente Valter Militi sottolinea che ''deve essere assicurata la liberta', l'indipendenza e la professionalita' dei soggetti della giurisdizione''.
Sul fronte magistratura, il presidente dei giovani avvocati si aspetta un ''deciso passo in avanti in vista della separazione delle carriere, o quanto meno di una effettiva separazione delle funzioni giudicanti da quelle inquirenti, nonche' provvedimenti volti a garantire un pieno utilizzo delle risorse esistenti e una seria valutazione delle professionalita'''.
Dal canto loro i penalisti considerano tra le priorità quella della separazione delle carriere.
Afferma il presidente dell'Unione delle Camere penali, Oreste Dominioni:
''In campagna elettorale abbiamo sentito tutte le componenti della nuova maggioranza parlare di separazione delle carriere ora dare all'ordinamento un assetto democratico e liberale e' un dovere nei confronti del Paese''.
Lo schieramento che ha vinto le consultazioni, insiste Dominioni,
"ora deve rispondere con i fatti alle promesse''.
I penalisti auspicano una ''grande riforma della giustizia; la separazione delle carriere ne e' l'architrave, ma ci vuole anche una nuova normativa per il Csm che non deve essere piu' condizionato da logiche correntizie, e un intervento sui magistrati fuori ruolo: non si deve piu' consentire ai giudici di ricoprire incarichi politici per rompere il connubio tra magistratura e politica, a vantaggio della reciproca autonomia''.
I penalisti chiedono anche di
''sbloccare il rinnovamento dell'avvocatura, riformare i codici e avviare una politica di sicurezza che non sia fondata sulle espulsioni e sulle limitazioni delle liberta' democratiche; non si deve usare la propria forza - conclude Dominioni - per ripercorrere itinerari gia' praticati con l'effetto di rendere meschino il Paese''.
Ma è possibile attuare oggi come oggi una riforma sostanziale delle Giustizia che non sia punitiva nei confronti anche di un solo gruppo di operatori ?
Ne dubito fortemente dopo che la magistratura giorno dopo giorno viene dileggiata da molti politici sia in nome proprio che per conto altrui.
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