BOSSI SENATORE A VITA
Gianluigi Paragone e Vittorio Feltri, rispettivamente direttori dei quotidiani La Padania e Libero, alla fine dello scorso mese di maggio ebbero a rivolgere al capo dello Stato, attraverso i loro giornali, un singolare appello, quello della nomina di Umberto Bossi, parlamentare europeo, a senatore a vita.
Siffatta richiesta, com’era logico supporre, provocò diverse reazioni tra i due nostri maggiori schieramenti politici, di stupore ed ilarità nel centrosinistra e di sentito apprezzamento nel centrodestra.
I primi rilevarono come queste nomine siano di assoluta competenza del Presidente della Repubblica e limitate a personaggi che abbiano dato lustro all’Italia per altissimi meriti in campo sociale, scientifico, artistico e letterario.
Si aggiunge in via subordinata come il sig. Umberto Bossi sia a tutt’oggi il leader del suo partito, la Lega Nord, e che in tale veste non potrebbe certamente assumere quella carica onorifica in rappresentanza di tutti gli italiani.
Per i secondi, invece, Ignazio La Russa di AN proclamò un “sarei contento per Umberto” mentre per Sandro Bondi di F.I. , questo eventuale provvedimento presidenziale, se concesso, “rappresenterebbe un giusto riconoscimento del suo impegno (di Bossi) per rinnovare l’Italia che tuttora continua e, soprattutto, della sua autentica passione civile e politica…”.
Opinione di parte senza dubbio alcuno ma nel frattempo si sono verificati alcuni eventi che, a mio parere, hanno affossato per sempre questo singolare ed ingiustificato tentativo; ma esaminiamo i fatti:
· la minaccia del ricorso alla secessione qualora, pur nel prevalere di NO nel resto dell’Italia, si fosse verificata la vittoria dei SI nel nord Italia (la sua fantasiosa Padania) nel referendum confermativo della “devolution” del 25 e 26 giugno scorso;
· la pioggia dei NO anche al nord, con Milano in testa, senza considerare che a Treviso, la città leghista per eccellenza retta dal sindaco “sceriffo” Gentilini, i SI hanno superato i NO per soli 476 suffragi;
· la sentenza n. 249/2006 della Corte Costituzionale resa il 21 giugno ma depositata in Cancelleria il successivo 28 giugno u.s., dopo l’effettuazione del referendum.
Questa sentenza merita una certa attenzione anche se è una delle moltissime decisioni della Consulta che dirime un ennesimo “conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato”, per la precisione tra la Camera dei deputati e la magistratura ordinaria.
Per evitare questa fattispecie di conflitti sarebbe opportuno che in una prossima revisione della nostra Carta costituzionale si trovasse di comune accordo un rimedio atto ad eliminare una infinità di querelle aventi come oggetto questi “scontri tra poteri statali” ed anche quella miriade di conflitti che insorgono tra lo Stato centrale e le Regioni; ne guadagneremmo tutti ma soprattutto la certezza del nostro diritto.
Ma ritorniamo all’oggetto della sentenza più sopra richiamata.
Il sig. Umberto Bossi, allora deputato della Repubblica Italiana, in data 23 maggio 2001 venne dichiarato dal Tribunale di Como – sezione distaccata di Cantù – colpevole del reato di cui all’art. 292 C.P. (Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato) per avere in data 25 luglio 1997, nel corso di una manifestazione della Lega Nord in Cabiate, pronunziato le seguenti parole: “quando io vedo il tricolore mi incazzo; il tricolore lo uso soltanto per pulirmi il culo”, frase questa, sia pure con qualche variazione del tema, reiterata “ con il tricolore, ci si possono pulire il culo”.
Appellata la sentenza, il processo diviene di competenza della Corte d’Appello di Milano ma in data 23 gennaio 2002 la Camera dei deputati ebbe a pronunciarsi in favore della non punibilità del Bossi per aver lo stesso espresso opinioni come membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68 comma 1 della Costituzione.
Per effetto di tale decisione la difesa del Bossi, in uno ad analoga richiesta avanzata dal Procuratore Generale di Milano, chiede l’archiviazione del processo per l’improcedibilità dello stesso, attesa la decisione assunta dalla Camera dei deputati.
Ma la Corte d’Appello milanese, non condividendo né le argomentazioni nè le conclusioni della Camera dei deputati ricorre alla Consulta, elevando così il conflitto di attribuzione dei poteri.
La Corte Costituzionale in accoglimento delle tesi esposte dalla Corte d’Appello dichiara “ che non spettava alla Camera dei deputati affermare che le dichiarazioni rese dal deputato Umberto Bossi, oggetto del procedimento penale, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni” per cui il procedimento penale continuerà il suo iter giudiziario.
“L’uso del turpiloquio - secondo la Consulta - non fa parte del modo di esercizio delle funzioni parlamentari ed a fortiori le stesse espressioni non possono essere considerate come esercizio della funzione parlamentare quando usate al di fuori delle Camere stesse”.
Certo che ci vuole un bel coraggio a proporre, sia pure in maniera del tutto informale, la nomina a senatore a vita di simili personaggi; se mal non ricordo anche a Venezia il succitato Bossi ebbe a profferire simili frasi nei confronti di una signora veneziana che aveva esposto la nostra bandiera nazionale sul proprio balcone che, guarda caso, si trovava proprio di fronte al punto in cui tenevano un comizio la Lega Nord e la Liga Veneta.
Alla faccia di chi voleva Bossi, il senatur per antonomasia, senatore a vita della Repubblica italiana.
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1 commento:
Per me è improponibile anche Napulitano come presidente della repubblica. Non per le sue origini extrapadane, bensì per i suoi trascorsi da comunista.
Saluti, Roberto
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