martedì, dicembre 23, 2008

Lavorare meno per lavorare tutti - replica


Quando la proposta Sacconi per la destra era «una clamorosa bufala»
di Francesco Costa
Si sa, solo gli stupidi non cambiano idea.
Così come si sa che il tempo passa, le cose cambiano, eccetera.
Però stupisce ugualmente confrontare quel che il ministro Sacconi ha detto a proposito della necessità di ridurre la disoccupazione e quel che sullo stesso tema si leggeva pochi anni fa in uno dei maggiori think-tank del centrodestra italiano.
"Lavorare anche meno, pur di lavorare tutti".
Questa la formula con cui il ministro del welfare Maurizio Sacconi ha lanciato la proposta della "settimana cortissima" per spalmare un minore carico di lavoro su più persone.
Non è la prima volta che un'idea del genere si affaccia sul dibattito politico e in alcuni paesi norme del genere sono già realtà, seppure tra mille distinguo: la legge sulle 35 ore in Francia è stata accusata di deprimere la capacità propulsiva del sistema economico impedendogli di crescere, e dopo essere stata al centro di una polemica infinita è stata di fatto superata grazie alla riforma di questo luglio.
Al di là del merito della questione, però, è interessante scoprire come il sito Ragionpolitica commentava questa proposta qualche anno fa, quando
"Lavorare anche meno, pur di lavorare tutti"
era ancora soltanto lo slogan delle forze della sinistra massimalista.
Premessa necessaria: Ragionpolitica è un rivista telematica di commento e opinione politica diretta da Gianni Baget Bozzo, che mostra sulle sue pagine il simbolo del Popolo delle Libertà e si dichiara grande sostenitrice del progetto di fusione tra An e Forza Italia, nonché della compagine di governo.
Scriveva Giorgio Bianco, il 18 luglio 2004:
"Lavorare meno per lavorare tutti: uno slogan fallace".
E' vero che quattro anni fa non ci si trovava in mezzo a una grave crisi economica, ma Bianco fuga ogni dubbio parlando esplicitamente di cosa fare se si vuole arrivare a una ripresa:
«Appare allora evidente che l'obiettivo, in vista di una ripresa, non può essere che quello di un incremento della produttività, che ha come presupposto un impiego più flessibile della manodopera. [...]
L'idea di aumentare l'occupazione dividendo in fette più piccole la torta già esistente poggia su un clamoroso errore d'analisi».I
ll perché è molto semplice, prosegue Bianco:
«Un posto di lavoro non si divide in due o in tre senza costi, dal momento che non si ha a che fare con un dolce bensì con esseri umani, i quali necessitano di formazione (e dunque di adeguati periodi di training), di informazione e di comunicazione.
Se si aggiunge poi il peso dei carichi sociali [...] due persone in uno stesso posto possono arrivare a costare il 20 per cento in più di una persona sola che occupi il medesimo posto di lavoro: un'impresa di 10 salariati non è dunque comparabile, a livello di costi, a una di 20 mezzi-posti».Sarebbe già un colpo da k.o., ma Bianco - dopo aver citato con precisione diversi dati e studi in materia - conclude in modo tranchant:
«Dovrebbe risultare allora del tutto evidente che quel frusto slogan, che qualcuno, specialmente in Italia, continua imperterritamente a litaniare, è una clamorosa, invereconda bufala, e andrebbe rovesciato nel suo esatto opposto:
"lavorare di più per lavorare tutti"».
Volessimo dirla come la rivista diretta da Gianni Baget Bozzo, quindi, dovremmo definire la proposta del ministro Sacconi come «una clamorosa, invereconda bufala».
C'è da sperare che avesse torto, ovviamente, ma il ministro farebbe bene a dare un'occhiata a quell'analisi: hai visto mai, magari cambia idea di nuovo.
22 dicembre 2008




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