lunedì, dicembre 08, 2008

Il bue che dà del cornuto all'asino

UN MONDO SCHIFOSAMENTE REALE
in una
ITALIA RIDOTTA A BRANDELLI
da siffatti messeri che hanno profanato, a comando, anche il
nostro Parlamento, riducendolo ad un osceno bivacco.



Possiamo poi lamentarci se dei giovinastri imbrattano i muri o riempiono i parchi di lattine e cartacce senza peritarsi di metterle negli appositi contenitori che spesso distruggono per il piacere di far qualcosa di diverso dal solito ovvero per dimostrare la loro insofferenza nei confronti di ogni ordine precostituito.
Non si può, visto il dilagare di tali fenomeni anomali, bollarli solamente con una radicata maleducazione.
Ma chi à loro l’esempio che li spinge a così comportarsi ?
Come ci si può fidare di questi “parlamentari” che votano leggi che ledono i diritti di noi tutti privilegiando quelli di pochi con eccezionali normative su cui spesso sono anche costretti a votare per ordine del loro Governo per aver imposto, nonostante una maggioranza di stampo bulgaro, una mozione di “fiducia”.
Un modo come un altro per impedire all’opposizione di parlare e far così conoscere nella sede istituzionale per eccellenza il proprio pensiero.
I diritti di noi tutti alla mercè di questa gente e di un Premier che fa espellere giornalisti ed attori dalla TV di Stato perché non gli garba quello che dicono, che intima a due direttori di grandi ed importanti quotidiani di andare a casa, di decidere lui chi dell’opposizione può ambire a certe cariche spettanti, per prassi costante, alla parte politica contrapposta alla maggioranza.
Povera Italia.
Tutta intera, dalle Alpi a Capo Passero, alla mercè di un tizio che si fa confezionare leggi su misura per salvaguardare se stesso da procedimenti penali in corso ed il suo patrimonio che aumenta sempre più, non solo per abilità.
Che mente sapendo di mentire, salvo poi, il giorno dopo prendere per i fondelli chi gli rinfaccia certe uscite, spesso di senno, affermando che non si è capito nulla o che ci si sogna perché certe cose lui non le ha mai dette.
L’ultima se la poteva evitare; si è eretto a moralista scaricando sul maggiore partito d’opposizione un macigno, affermando come entro il PD esiste il bubbone della immoralità. Bene, facciamo la conta dei suoi rappresentanti in Parlamento pregiudicati, l’ultimo arruolato il fascista Ciarrapico – noi abbiamo bisogno dei suoi giornaletti locali ebbe a dire a chi della sua parte aveva, all’annuncio di questa candidatura, storto il naso !
Il fine giustifica i mezzi diceva Macchiavelli e lui di tal detto se n’è appropriato sino in fondo, mettendosi sotto i suoi tacchi rinforzati, una cosuccia da niente: la democrazia !
La questione morale da uno che in questo campo lascia molto ma molto a desiderare.
E tanti altri, atteso che il pesce incomincia a puzzare dalla testa, gli sono corsi dietro di gran carriera in quanto a poca eleganza etica e morale.
La conoscete la storia del bue che diede del cornuto all’asino ?
Ovvero,
traendo un principio inserito in una sua famosa favola da Fedro:
Peras imposuit Iuppiter nobis duas
Giove ci impose due bisacce: ci mise dietro quella piena dei nostri difetti, e, davanti, sul petto, quella con i difetti degli altri. Perciò non possiamo scorgere i nostri difetti, e, non appena gli altri sbagliano, siamo pronti a biasimarli.
Traetene voi la morale che traspare a chiare lettere da questo scritto di un nostro grande padre latino e trasportiamolo sic et simpliciter ai nostri giorni.
Che ne dite ? Calza o no ?
Lasciamo perdere, in quanto non fanno più notizia i molti procedimenti penali in cui l’attore protagonista è stato ed è il nostro Premier – una vera e propria recidiva specifica reiterata che meriterebbe una valanga di circostanze aggravanti - anche se lui si difende col dire che però non è stato mai condannato; circostanza questa del tutto falsa perché è stato condannato per spergiuro avendo in una sua testimonianza giurato di non essere mai stato iscritto alla P2 né aver mai versato alla stessa dei soldi.
Condannato in primo grado e, pendente il secondo grado una provvidenziale amnistia – stavolta lui non c’entra con questo provvedimento di clemenza – cancellò il reato e così la fece franca.
In uno dei tanti processi a Milano, quello afferente il c.d. “LODO MONDADORI”,nel 2001 i giudici della Corte d’Appello, derubricando il reato inizialmente contestato – concorso in corruzione di atti giudiziari – in corruzione semplice ed applicando le attenuanti generiche, permisero di considerare come prescritto il reato consumato nel 1991, essendo trascorsi i 5 anni dalla sua messa in atto.
Le attenuanti generiche o specifiche che siano non si concedono ad un innocente, cioè a chi non ha commesso reati di sorta.
Per altri è riuscito ad evitare giudizi di condanna perché, in effetti, la responsabilità penale è strettamente personale e l’avv. Previti ne sa qualcosa per aver messo al riparo, spendendo la propria faccia, il suo amico e protettore.
Altri procedimenti pendono a carico del Premier e col Lodo Alfano si è messo al riparo come anche quello pendente ancora in Spagna per il “caso Telecinco”, archiviato per alcuni imputati ma non per lui; anche in questo caso ha mentito raccontandoci come chiusa anche questa vicenda.
Ma c’è di peggio sul suo conto e sul suo Governo.
Non volendo cambiare una virgola, vi riporto qui di seguito un certo articolo pubblicato su L’Espresso nello scorso mese di ottobre.
Ecco chi ci governa ed ha anche il coraggio di fare il moralista.
Ma non solo questo il caso limite, l’ultimo quello di Calderoli, si proprio quello dei porci, che dà del comunista al cardinale Tettamanzi, arcivescovo di Milano.
Lo vedremo a parte.


Clan nel governo
di
Emiliano Fittipaldi e Gianluca Di Feo

"Era a disposizione dei casalesi".
Così un pentito accusa Nicola Cosentino.
E' il quinto collaboratore di giustizia a puntare il dito contro il sottosegretario all'economia.
Che continua a rimanere al suo posto .

Silvio Berlusconi e Nicola Cosentino

Durante la mia latitanza molto spesso mi sono incontrato con l'onorevole Nicola Cosentino.
Egli stesso esplicitamente ci aveva detto di essere a nostra disposizione...
Quando dice 'nostra' Dario De Simone parla dei casalesi, la più feroce organizzazione criminale campana.
De Simone è stato uno dei loro capi: revolver alla mano, accanto al padrino Francesco Bidognetti ha ucciso una decina di persone.
Poi nel 1996 ha deciso di collaborare con i magistrati: le sue rivelazioni sono state determinanti per il maxiprocesso Spartacus.
Per gli inquirenti è un 'pentito' fondamentale, per il resto del clan un condannato a morte.
Quando fa il nome di Nicola Cosentino, i killer gli hanno appena assassinato il fratello e il cognato.
Ma va avanti:
"L'onorevole aveva avuto espressamente il nostro aiuto per le sue elezioni, era a disposizione per qualunque cosa noi gli avessimo potuto domandare.
Se gli avessimo chiesto un certo tipo di lavoro pubblico, non esisteva che potesse rifiutarsi".

De Simone registra questa deposizione il 13 settembre 1996, dopo di lui altri quattro collaboratori di giustizia chiameranno in causa il politico di centrodestra, come ha riferito L'espresso nelle inchieste pubblicate nelle scorse settimane.
All'epoca Cosentino era appena riuscito a entrare in parlamento, oggi è sottosegretario all'Economia del governo Berlusconi e coordinatore campano del Pdl.
È indagato dalla Procura antimafia di Napoli, ma la sua posizione nell'esecutivo non è stata messa in discussione.
Lo stesso Paese che si mobilita contro i piani camorristici per uccidere Roberto Saviano, non si scandalizza per la poltrona occupata da un politico di Casal di Principe che cinque diversi pentiti hanno indicato come
"a disposizione dei casalesi".
E lo hanno fatto in tempi non sospetti.
Il primo verbale che lo accusa risale al settembre 1996, l'ultimo al primo aprile 2008: tutti prima di diventare un uomo-chiave del ministero di Giulio Tremonti.
Il deputato viene indicato nel 1998 da Domenico Frascogna come postino insospettabile dei messaggi del capo dei capi, Francesco 'Sandokan' Schiavone; da Carmine Schiavone, cugino di Sandokan, come candidato della famiglia nelle elezioni comunali e provinciali.
Nel febbraio 2008 da Michele Froncillo come il contatto per vincere le gare pubbliche.
Infine Gaetano Vassallo, l'imprenditore di camorra che per un ventennio ha inondato la Campania di scorie tossiche, descrive il suo ruolo negli appalti per consorzi rifiuti e termovalorizzatori.
L'Espresso invece ha ricostruito come alla società della famiglia Cosentino, un colosso nel settore di gas e petrolio, fosse stato negato il certificato antimafia: un permesso concesso solo dopo l'intervento del prefetto Elena Stasi, poi eletta al parlamento per il Pdl grazie anche al sostegno di Cosentino.
Il nostro giornale ha scoperto l'operazione sui terreni della centrale elettrica di Sparanise, che ha fruttato 10 milioni di euro ai familiari del sottosegretario.
E l'acquisto di un lotto dai parenti di Schiavone.
Tutto questo non ha scosso il Parlamento: finora gli interventi si contano sulle dita di una mano. Il sottosegretario ha respinto le accuse, promettendo querele.
Il premier Berlusconi ha chiuso la questione:
"Ho assicurazione personale dagli interessati che si tratta di operazioni legate alla politica, e non a quella realtà".
Intanto i casalesi continuano a uccidere.
Nonostante le retate, nonostante i parà della Folgore, vanno avanti nelle esecuzioni.
Intanto i casalesi continuano a elaborare piani per ammazzare Saviano, che proprio su L'espresso ha sottolineato il silenzio intorno al caso Cosentino.
Il racconto di Dario De Simone è importante proprio per gli aspetti politici.
Il camorrista parla di vicende anteriori al 1995, anno del suo arresto, e in particolare delle elezioni regionali di quell'aprile che videro arrivare il giovane avvocato di Casal di Principe nel consiglio regionale guidato dal centrodestra.
In quel periodo il boss è latitante e si nasconde spesso nella casa di uno zio della moglie di Cosentino.
Lì sarebbero avvenuti i loro incontri:
"Mi chiese di aiutarlo nella campagna elettorale.
Io mi diedi da fare.
Parlai con il coordinatore nella zona di Forza Italia.
Ho parlato anche con Walter Schiavone, Vincenzo Zagaria, Vincenzo Schiavone (oggi tutti detenuti e considerati elementi di spicco del clan, ndr): tutte persone che per altro ben conoscevano il Cosentino.
Un buon gruppo di noi frequentava il club Napoli di Casale, circolo che frequentava anche il Cosentino. Durante la latitanza, io e Walter Schiavone abbiamo dormito spesso lì".
Nel racconto del collaboratore, il comitato elettorale per le regionali '95 poteva contare anche sul sostegno dei vertici camorristici:
"Solo a Trentola Ducenta ha raccolto 700 preferenze.
Io stesso ho chiesto a varie persone la cortesia di votare Cosentino.
Certamente quando io chiedevo delle cortesie ai vari amici di Trentola nessuno le rifiutava.
Un po' tutta l'organizzazione si è occupata delle sue elezioni.
Per la zona di Aversa si è interessato Francesco Biondino, per la zona di Lusciano Luigi Costanzo, per la zona di Gricignano la famiglia di Andrea Autiero, per la zona di Casaluce tale L. V., per quella di Teverola il ragioniere Di Messina".
Tutte le persone indicate sono state poi arrestate.

De Simone ricostruisce nel dettaglio anche i colloqui con il politico "dopo le elezioni e fino al momento del mio arresto": incontri tra un latitante ricercato per una raffica di omicidi e un assessore regionale.
"Discutevamo della situazione che si è venuta a creare dopo la retata Spartacus.
Cosentino mi tranquillizzava dicendo che la sola parola di Carmine Schiavone non poteva consentire una condanna definitiva e che pertanto, nell'eventualità del mio arresto, dopo un periodo di carcerazione preventiva sarei comunque uscito.
Il Cosentino mi riferì che la vittoria della coalizione di Forza Italia avrebbe sicuramente comportato un alleggerimento della pressione nei nostri confronti e in particolare si riferiva alle disposizioni di legge sui collaboranti della giustizia.
Ricordo anche che parlavamo degli orientamenti politici dei giudici che si occupavano delle nostre vicende, in particolare del dottor Greco e del dottor Cafiero che ritenevano particolarmente agguerriti nei nostri confronti.
Arrivammo alla conclusione che l'affermazione di Forza Italia avrebbe potuto mutare la situazione, nel senso che i giudici di sinistra sarebbero stati ridimensionati e non avrebbero più avuto quel potere alla Procura di Napoli.
Il Cosentino mi disse che bisognava stare attenti soprattutto in riferimento all'attività politica degli onorevoli Diana e Natale in quanto persone vicine all'onorevole Violante e che facevano pressioni affinché vi fosse un intervento costante nella zona da parte delle forze dell'ordine".Un capitolo inquietante riguarda la dissociazione: l'ipotesi di concedere sconti ai mafiosi che prendevano le distanze dai clan, sul modello di quanto fatto durante il terrorismo.
De Simone fa riferimento ai colloqui tra don Riboldi e il ministro Giovanni Conso del 1994.
"È evidente che avevamo interesse che la dissociazione fosse valorizzata.
In questo momento avremmo potuto fare sette o otto anni di carcere senza 41 bis e uscire puliti e continuare a curare le nostre attività".
De Simone conclude la sua deposizione ribadendo:
"Non ho mai ricevuto favori personali da Cosentino e non so se altri ne abbiano ottenuti, ma egli stesso esplicitamente ci aveva detto di essere a nostra disposizione".
Dodici anni dopo, quel politico di strada ne ha fatta tanta.
Parlamentare, leader campano della coalizione di maggioranza, sottosegretario all'Economia con un ricco budget e deleghe delicatissime.
Nonostante i sospetti, le inchieste della Procura e le relazioni pericolose Nicola 'o 'Mericano', come lo chiamano a Casal di Principe, resta inchiodato alla sua poltrona.
Nel silenzio sempre più imbarazzato dei compagni di governo e degli alleati della maggioranza.
(16 ottobre 2008)
da L’Espresso


Nessun commento: