LECTIO BREVIS
in tema di incidenti stradali, causati da conducenti in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostante stupefacenti,
con esiti mortali ovvero con feriti più o meno gravi.
Questo era il titolo che avevo trovato il più confacente rispetto ad altri anche se poi, nello scrivere, mi è scappata un po’ la mano; mi era piaciuto subito ma alla fine di questo scritto non mi sono sentito di sostituirlo con un altro.
Così come il primo amore che non si riesce mai ad estirpare dal cuore, anche se poi amerai profondamente l’ultimo per tutto il resto della tua vita.
Lo spunto di questo mio nuovo post è stata la notizia appresa dai quotidiani nonché via TV secondo la quale il GIP presso il Tribunale di Forense, dr.ssa Paola Palasciano, convalidando lo stato di arresto del colpevole di uno di questi incidenti con esiti mortali per un’anziana signora, ha richiesto che il PM titolare dell’inchiesta, mutasse la sua richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo in quella di omicidio volontario.
Appresa così la notizia potrebbe apparire normale, anzi da accogliere con favore perché i comportamenti di chi si macchia di siffatti omicidi, che appaiono ai più del tutto incomprensibili, frutto di menti “tarate” che li induce a violare, spesso volutamente, ogni norma predisposta per regolare il nostro vivere nella maniera più civile possibile; frasi come queste sono facili da dire ma che poi si rivelano per alcuni difficili da comprendere per una lunga serie di motivi.
Si dirà: finalmente un magistrato severo con la mano pesante, come si conviene in simili frangenti.
Ma……..
Nel campo del diritto penale è facile per i non addetti ai lavori andare in confusione per tre ordini di motivi:
- il primo, perché il continuo reiterarsi della tipologia di taluni reati, nonostante le campagne sensibilizzatici degli organi istituzionali, delle TV e dell’intera stampa, non può che destare tra la gente quell’allarme “ sociale” che dovrebbe spingere il legislatore ad emettere norme più severe per la punizione delle illecite condotte dei responsabili;
- il secondo, sia perché spesso queste nuove norme si scontrano con altre già in vigore che, con un termine del tutto improprio ma più comprensibile a tutti, definirei come una specie di “salvagente” (vedasi quelle relative alle attenuanti generiche e specifiche) o che, come nei casi di cui stiamo occupandoci, vengono affiancate da altre norme anch’esse già esistenti (vedasi quella sulla omissione di soccorso ed anche quelle sul reato commesso in stato di ebbrezza o sotto l’azione di sostanze stupefacenti che attengono all’imputabilità o meno dell’agente).
Tale normativa non prevede reati a se stanti ma costituisce solamente delle aggravanti alla pena base che il giudice intende infliggere per la violazione della norma principale(lesioni o omicidio colposo).
- il terzo è che ogni giudice, sulla base delle prove prodotte dagli inquirenti (P.M. e Polizia Giudiziaria) nonché dai difensori dell’imputato durante il dibattimento emette la sentenza secondo un suo personale apprezzamento, tenendo in massimo conto la personalità del reo (se ha o meno la tendenza a delinquere, il suo comportamento processuale, se è un fannullone o meno) se le parti lese dal reato siano state o meno risarcite (questa è una attenuante), e così via.
Esiste anche una giurisprudenza – una varia gamma di sentenze precedenti - che può indirizzare un giudice di merito ma, diversamente di quanto avviene in materia civile, ogni fatto-reato ha spesso caratteristiche diverse che vanno prese in considerazione per cui si possono trovare solamente delle massime generiche che possono anche aiutare a risolvere problemi di diritto ma quasi mai di fatto.
La nostra reazione a fronte di questi oramai innumerevoli episodi di incidenti con guidatori sbronzi o drogati che seminano morte in ogni parte dell’Italia e che poi fuggono nella inutile e vana speranza di farla franca non può che essere improntata alla massima severità del castigo giudiziario; similmente aggiungo in questa particolare severità delle pene da irrogarsi ai colpevoli legati al fenomeno del c.d. bullismo, delle violenze in famiglia e quelle perpetrate a danno delle donne.
E’ questa una reazione che, secondo me, è propria di tutti coloro che rispettano le varie norme regolanti la nostra vita di tutti i giorni, anche quella che ci vede nelle vesti di conducenti di veicoli.
Ma quanti di noi rispettano queste regole non dico, come sarebbe nostro preciso dovere, al 100% ma almeno all’80% ?
Consideriamo le stragi che avvengono durante i fini settimana, durante i mesi estivi, sia lungo le autostrade che in quelle statali, provinciali e locali causati non da drogati od ubriachi bensì da persone nel pieno possesso di ogni facoltà fisica e mentale; basta una semplice disattenzione, il rispondere al cellulare, una bravata per risparmiare qualche secondo con manovre di sorpasso azzardate o spericolate per causare morti e feriti.
Meditando su queste cose forse ci aiuteremmo tutti di più a comprendere quello che vale una vita umana e ad insegnarlo soprattutto ai nostri giovani; incominciamo da loro.
E’ un segnale di civiltà che dobbiamo dare nei confronti di questi individui perché comprendano il male che hanno seminato sulle nostre strade.
La giustizia farà poi il suo corso pur nelle sue giornaliere contraddizioni.
Tot capita tot sententiae
affermavano i progenitori del nostro diritto;
ognuno può avere delle opinioni diverse, anche i giudici il cui compito non è alle volte semplice in quanto nel loro intimo vorrebbero seguire l’onda emotiva dell’uomo comune, calcando al massimo possibile la mano nei confronti di questi esseri incapaci di vivere secondo quell’etica che dovrebbe essere propria di ogni buon cittadino.
Tuttavia non possono in quanto legati all’obbedienza della legge cui sono vincolati da un solenne giuramento.
Semmai, se una serie di azione delittuose innesca quell’allarme sociale che costituisce il motivo principale per cui il legislatore si deve dare da fare per ristabilire l’ordine e garantire ai cittadini le migliori condizioni per vivere in piena tranquillità: va cambiata la normativa.
Una seria ipotesi potrebbe essere quella di:
- accorpare in una unica norma le fattispecie più comuni proprie di questo tipo di reati ora dislocate, come vedremo in prosieguo, in diversi articoli;
- assimilare, quindi, la pena edittale per questa tipologia di incidenti stradali, considerati oggi come delitti colposi, ad un livello lievemente inferiore a quella stabilita per gli omicidi e/o lesioni volontarie, in quanto causati con colpa grave e con la “previsione dell’evento” da parte dell’agente.
Ma nonostante ciò dubito che una pena più pesante possa costituire una remora decisiva a non commettere questo tipo di reati in stato di voluta incapacità di intendere e di volere se non accompagnata da una campagna di risanamento della vita sociale di questi soggetti attraverso esperti psicologi e cicli di disintossicazione e l’obbligo, invece del carcere, di scontare la pena nei servizi sociali.
Se l’ondata emotiva dovesse condizionare nei loro giudizi anche alcuni magistrati, tutti coloro che seguono le cronache giornaliere, non ferrate in questa delicata materia, vanno letteralmente in tilt anche perché ognuno di noi, al di là del dettato della legge, vorrebbe più questo che quest’altro senza considerare che ogni colpevole ha dentro e dietro di sé
tutta una propria serie di componenti che ne determinano il carattere, il suo modo di pensare e di agire; si va dal delinquentello occasionale al delinquente incallito, al delinquente professionale.
Ognuno ha una propria cultura che risente delle condizioni pregresse di vita, in particolare mi riferisco ai rapporti sociali che uno ha con gli altri suoi simili sia in famiglia che con gli estranei.
Astuzia, efferatezza, menefreghismo di ogni regola precostituita; c’è chi delinque per il gusto di delinquere e chi lo fa per scopi di lucro.
Si potrebbe scrivere un trattato partendo dal Lombroso sino ai nostri giorni ma non è questa l’occasione per farlo.
Da parte dei cittadini è oramai alquanto radicata la convinzione che chi commette un qualsiasi reato di una certa risonanza debba essere subito tradotto, come misura preventiva, in carcere e qui languire sino a che venga scontata la pena a lui inflitta in primo grado, anche in mancanza di una sentenza definitiva.
Certo ci sono anche di questi casi per reati gravissimi ed allorché v’è timore o di fuga o di reiterazione dei reati; ma per lo più l’iter penale si svolge in maniera diversa, purtroppo con molta ma molta lentezza.
Lo spunto, ripeto, per questo mio post è stata la notizia che un Giudice per le indagini preliminari (GIP) di Firenze, decidendo su una richiesta del PM di rinvio a giudizio per omicidio colposo ed omissione di soccorso ha ritenuto di far contestare il più grave reato di omicidio volontario, così convalidando la misura restrittiva dell’arresto, e con questa imputazione il reo dovrà affrontare il giudizio di merito.
L’ennesimo conducente trovato in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti che, dopo aver determinato un incidente stradale con esiti mortali per un’ anziana signora, si è dato alla fuga.
La motivazione, succintamente, è che questa persona, guidando in tali anomale condizioni, fosse consapevole della possibilità di causare un incidente.
Ma anche quella di ammazzare qualcuno ? Aggiungo io.
C’è da dire come inciso e per completezza come ancor prima dell’entrata in vigore dell’assicurazione obbligatoria dei veicoli - Legge 990 del 24 dicembre 1969 – le polizze prevedessero l’esclusione dalla garanzia assicurativa degli incidenti causati da conducenti in stato di ebbrezza, in quanto ritenuta questa una anormalità di circolazione.
Detto questo, per meglio far comprendere e così districarsi meglio in questo guazzabuglio giuridico, occorre partire da uno dei pilastri di ogni ordinamento giuridico in materia penale, cioè dall’elemento psicologico del reo.
Infatti i reati si distinguono,sulla base del suddetto elemento, in;
a) delitti;
b) contravvenzioni;
i delitti, a loro volta, sono classificati come:
a) colposi- cioè contro l’intenzione, anche allorchè l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e viene commesso a seguito di negligenza o imprudenza od imperizia ovvero ancora per violazione di leggi,regolamenti, ordini o discipline;
b) dolosi o volontari –cioè secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso è voluto come conseguenza di un’azione od omissione ;
c) preterintenzionali -cioè oltre l’ intenzione,quando da un’azione od omissione deriva un danno più grave di quello voluto dall’agente- esempio classico: si sferra un pugno per ferire ma il malcapitato, cadendo a terra sbatte il capo e muore .
Questi per il nostro codice penale sono gli elementi psicologici di ogni reato.
L’incidente stradale con danni a persona – feriti o morti - è oggi il delitto colposo per eccellenza al quale possono aggiungersene altri, come per esempio l’omissione di soccorso, reato questo previsto e punito dall’art. 593 C.P. che attiene non solo agli incidenti stradali ma ricomprende anche la mancata segnalazione di una serie di persone abbandonate a se stesse e bisognevoli di aiuto .
In questa eventualità viene aumentata la pena prevista per il reato “principale”.
Vi sono poi alcuni articoli con i quali viene affrontato il caso dell’ ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata ai fini di commettere un delitto (art. 92 C.P.) e la successiva norma, art.93- fatto commesso sotto l’azione di sostanza stupefacenti e poi ancora i casi di ubriachezza abituale e della cronica intossicazione da alcool o sostanze stupefacenti.
Tali norme, che prevedono comunque aumenti della pena, riguardano tuttavia la punibilità o meno dell’autore del reato; in buona sostanza la capacità del soggetto di intendere e di volere o meno non ha in siffatte circostanze alcuna rilevanza sulla punibilità del reo che deve rispondere della sua azione criminosa.
Dato quanto sopra mi sembra che da un punto di vista giuridico la imputazione di omicidio volontario in questo caso, pur apprezzando l’intenzione e le finalità del GIP che vorrebbe far punire questo imputato in maniera esemplare – l’incidente è stato provocato mentre tentava di sfuggire alle Forze dell’Ordine , giuridicamente non regga proprio sebbene in dottrina si sia ipotizzata una strana teoria, quella della “colpa cosciente”, che parrebbe supportare la decisione del GIP fiorentino.
Debbo confessare che a me viene difficile comprendere una qualche differenza tra l’ipotesi prevista e punita con aumento della pena, quella della previsione dell’evento, con quella ora enunciata della “colpa cosciente”.
Il tutto indipendentemente dal principio costituzionale della rigidità e determinatezza della norma penale che non lascia ai giudici alcuno spazio interpretativo.
L’art. 43 CP è chiaro nella definizione del delitto colposo:
“….quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente….”
Mi piacerebbe sapere come farà il PM, che deve sostenere l’accusa nel processo, a dimostrare che l’imputato abbia ucciso volontariamente la povera vittima incolpevole che, anch’essa in auto, procedendo regolarmente per la sua strada, ebbe a trovarsela sbarrata da una improvvisa e criminosa manovra di inversione di marcia dell’imputato nel tentativo di sfuggire ai controlli delle Forze dell’Ordine.
Episodio esecrabile questo incidente stradale, senza alcun dubbio, ma andare oltre il dettato della legge non pare sia il mezzo migliore per “fare giustizia”.
Ed è anche un mezzo pericoloso ove questa tendenza la si applicasse anche per altri reati.