mercoledì, luglio 26, 2006

Prima la Padania, adesso il Lombardo - Veneto



La cartina della Padania con le sue regioni con le relative lingue dialettali e lo stemma del Vittorio - Veneto.


L’inventiva dei politici della Lega Nord

Debbo doverosamente premettere che questo mio scritto non vuol essere una messa alla berlina del movimento leghista nel suo complesso né di alcuni suoi componenti di spicco, in quanto personaggi di ampia abilità, più che di cultura, politica senza i quali, pur rispolverando antiche radici e tradizioni risalenti addirittura alle “5 giornate di Milano” del 1948 e proseguite poi sino al 1859, allorchè Lombardia e Veneto, liberatesi dall’appartenenza al regno asburgico, entrarono a far parte del regno d’Italia, non poteva assumere una consistenza tale sì da condizionare alcuni nostri recenti governi.
Detto questo, ammetto in tutta sincerità che non ne condivido, tranne una, né le istanze né tanto meno i metodi cui sono ricorsi per portare avanti le proprie rivendicazioni, avendo coltivato e maturato col tempo in me una diversa convinzione politica ed una differente concezione della democrazia partecipativa e della Patria, per me unica ed indivisibile.
L’unica rivendicazione plausibile, a mio modesto giudizio, era e rimane tuttora quella relativa al “federalismo fiscale”, che poi, a ben vedere, era una vecchia proposta, rimasta inascoltata dai vari governi centristi succedutisi in quel tempo, portata avanti sin dagli anni 80’ dall’allora PCI.
Comunque sia mi pare giusto riconoscere ai vari Bossi, Maroni, Calderoli, ecc…. una notevole dose inventiva; sia nel bene che nel male.
In un primo momento si sono inventati di sana pianta una maxi regione, la PADANIA, annettendosi, idealmente, alcuni territori appartenenti per storia e per legge prima al regno e quindi alla Repubblica italiana: Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria ed Emilia, ora Emilia – Romagna, con tanto di bandiera, parlamento, ministri, e via di seguito e, come contorno, una coorte di guardie padane appapocchiate in questa nuova ideale realtà territoriale.
Scalata al campanile di San Marco a parte, con la quale si voleva simboleggiare la conquista “manu militari” di questo esteso lembo di terra sottratto allo Stato centrale, la novella mediatica nazione stava per svanire nel nulla allorché venne salvata da un politico “fai da te” che volle sposare questo movimento politico padano onde ottenerne i voti ed i favori nel caso in cui avesse avuto la ventura di prevalere nelle elezioni politiche e capeggiare un governo “pro domo sua”.
E così avvenne ma per poco perché i “padani”, scocciatisi di fare i “portaborse” senza avere nulla in cambio, fecero cadere l’uomo di Arcore salvo poi, dopo tante battute sarcastiche, salaci e poco convenienti, riappacificarsi, avendo l’infedele ex alleato promesso l’attuazione di quella certa legge passata oramai alla storia come “devolution”.
Sappiamo, perché è storia di ieri, come questo rinnovato idillio sia stato sconfitto dalla maggioranza degli italiani e come sia andata a finire questa legge pro Lega bocciata nel referendum confermativo dalla stragrande maggioranza dei votanti.
Tuttavia in due regioni del nord, Lombardia – meno Milano - e Veneto per la precisione, ebbe a prevalere il SI confermativo della legge in parola.
Da questa circostanza inoppugnabile ecco la nuova idea separatista, quella di rispolverare, a conferma del loro millantato spirito progressista, il fu Lombardo - Veneto il cui antico stemma conteneva il “biscione”, simbolo della Milano dei tempi che furono (Mediolanum) ed il “leone di San Marco”, simbolo di Venezia.
Un’analisi molto superficiale dell’esito di questo voto “locale” vorrebbe fare intendere come i lombardo-veneti abbiamo voluto dare al governo centrale il segnale dell’enorme insoddisfazione degli operatori industriali ed economici i quali, oramai stanchi per la mancanza di infrastrutture degne di tal nome che impediva loro di incrementare i propri affari e quindi, in generale, la ricchezza regionale, volevano amministrare “in proprio” il regime fiscale per poter poi disporre a proprio piacimento dei fondi di cui alle entrate tributarie.
Ma se così fosse, cosa avrebbero da dire in proposito il centro-sud e l’Italia insulare per le poche e fatiscenti strutture realizzate da tempo immemorabile e mai modernizzate ?
Ricordate la “sparata” belusconiana”, appoggiata dalla gazzarra a comando da una ben identificata parte degli industrialotti veneti al congresso della Confindustria in quel di Vicenza ?
La realtà, tuttavia, è molto ben diversa da quella clamorosamente ostentata dagli interessati; certo da eseguire migliori strutture ce ne sono anche in quella regione ma le radici che legano mani e piedi la parte industriale veneta alla politica del centrodestra, definita bonariamente come la “questione settentrionale” è di tutt’altra natura: i condoni deliberati a getto continuo dal precedente governo hanno radicalizzato negli operatori economici il convincimento che il frodare impunemente il Fisco sia possibile ovvero, se scoperti, di uscirne fuori con cifre di gran lunga ridotte rispetto al giusto dovuto per legge.
La riprova ? Eccola: l’Agenzia delle Entrate del Veneto gestisce circa 400.000 partite IVA appartenenti a piccole imprese ed a lavoratori autonomi; cambiando il “vento” di direzione , ha deciso di esaminare una posizione IVA su dieci, equivalenti a poco più di 38.000 controlli con il risultato di appurare come il 96, 3 dei controllati avesse compiuto una frode per un totale complessivo di quasi un miliardo di euro !
Su 22 discoteche verificate almeno un giorno alla settimana gli incassi di queste giornate sono aumentati del 300 % rispetto agli altri non controllati !
Ma, guarda caso, la maggioranza dei casi di frodi al Fisco sono state riscontrate nelle province di Treviso e Vicenza, vere e proprie roccaforti leghiste, che peraltro vantano le più ricche piccole e medie industrie di tutta l’Italia.
Tutto qui:sembrerebbe inverosimile ma la c.d. questione settentrionale si identifica nel diverso modo di interpretare almeno due articoli:
· l’art. 5 “La Repubblica, una ed indivisibile….”
· L’art. 53 “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva…”.
Quella reale, beninteso, e non quella “simulata”!

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