venerdì, luglio 21, 2006

I ricchi ed i poveri oggi


I ricchi ed i poveri


Di norma i nostri umoristi ricorrono alle vignette per evidenziare, in maniera caricaturale, i principali difetti di personaggi politici o dello spettacolo, prendendo lo spunto da fatti di cronaca.
In questi ultimi anni a questa tipologia, che potremmo definire “umoristica”, se n’è affiancata un’altra, che oserei definire come di tipo “sociale” in quanto, con battute ad effetto messe in bocca ai personaggi raffigurati, si pongono all’attenzione dei lettori specifici problemi di alta rilevanza socio-economica e morale.
Quella più sopra riportata è la riprova di questa tendenza; il vignettista, nel caso di specie, porta alla ribalta uno dei più pesanti problemi che gravano sulla nostra società di oggi: l’aumento del numero dei poveri da un lato nonché il profondo baratro che li separa dai ricchi, vecchi e nuovi.
E valga il vero.
L’ISTITUTO di RICERCHE ECONOMICHE e SOCIALI (IRES), rielaborando i dati dell’ISTAT e della BANCA d’ITALIA relativi al triennio 2003 – 2005, ha potuto evidenziare come in Italia il lavoratore dipendente con stipendio medio di 2mila euro lordi al mese (24mila euro annue lordi) abbia avuto in questo periodo di tempo una perdita di 1.600 euro di cui 1.000 dovuto alla perdita del potere di acquisto conseguente al fenomeno del caro prezzi e 600 euro per la mancata restituzione da parte dello Stato del “fiscal drag”, cioè di quella quota parte di maggiore imposta sul reddito pagata per essere il lavoratore - contribuente passato a scaglioni di aliquote più alte per la sola circostanza d’aver avuto un incremento dello stipendio con il recupero dell’inflazione programmata, calcolata sempre in maniera molto bassa rispetto a quella reale.
Non solo non si è riusciti a tenere testa all’inflazione ma addirittura si è dovuto pagare una Irpef più salata.
Senza considerare poi che il valore delle detrazioni e deduzioni d’imposta per la tipologia di lavoro dipendente, per carichi familiari, ecc.. non è indicizzato in rapporto all’aumentare dei prezzi per cui i lavoratori dipendenti ed i pensionati hanno dovuto subire, in termini di potere d’acquisto, una ulteriore perdita.
Ma il dato ancor più negativo emerso negli anni più sopra indicati si riscontra analizzando come il divario tra l’inflazione programmata dal governo, con criteri alquanto strampalati, e quella reale sia andato sempre più aumentando così portando un ampio allargamento della forbice tra la posizione del potere economico dei lavoratori a stipendio fisso ed i c.d. liberi professionisti ed imprenditori, avendo questi ultimi avuto la possibilità, diversamente dai primi, di provvedere “in proprio”, aumentando tariffe e parcelle, a contrastare efficacemente l’inflazione, anzi facendola aumentare con le loro più esose pretese nei confronti dei propri clienti.
E’ anche per tali motivi che, sulla via di siffatte disuguaglianze, la distribuzione della ricchezza in Italia ha potuto raggiunto livelli del tutto anomali tra i vari ceti sociali con un picco alquanto incredibile, quello che indica come il 45, 1 % dell’ammontare della ricchezza sia in mano al solo 10 % delle famiglie più ricche.
Per contro :
- 6,5 milioni di lavoratori guadagnano mensilmente poco meno di 1.000 euro netti al mese;
- 10milioni di pensionati percepiscono ratei mensili inferiori agli 800 euro;
- le lavoratrici dipendenti guadagnano il 18, 2 % in meno rispetto alla media nazionale;
- i giovani guadagnano in media il 24,5 % in meno;
- i lavoratori del Mezzogiorno il 30,2 % in meno;
- i lavoratori immigrati, il 38,6 % in meno.
Uno dei primi problemi che il nuovo governo si è posto è quello del contenimento del costo della vita con l’unico mezzo legalmente possibile, quello delle liberalizzazioni delle professioni, dei servizi e di alcune attività commerciali per poter avere finalmente in Italia una effettiva libera concorrenza; l’abolizione di molti incomprensibili privilegi ed una offerta diversificata conseguente ad una piena libertà di mercato conduce inevitabilmente ad un abbattimento dei costi di beni e servizi in favore dei consumatori.
Gli effetti del decreto legge Bersani stanno suscitando scioperi selvaggi ed ingiustificati; le lobby difese a tutto spiano, anche con l’approvazione di leggi a tutto svantaggio dei percepenti di redditi fissi promulgate per volere del precedente governo di centrodestra, si sono mobilitate con alla testa politici dell’attuale opposizione, pronti a cavalcare il malcontento di categorie sino ad oggi privilegiate.
Buon segno, vuol significare che il ministro Bersani ha colpito nel segno.

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