La bandiera nazionale
E’ invalsa oramai l’usanza di esporre e/o portare la nostra bandiera tricolore lungo le strade e nelle piazze d’Italia, più che nella scadenza di una delle festività civili, in occasione di cortei o per manifestare sentimenti di esultanza per eventi eccezionali, soprattutto sportivi ed in particolare, calcistici
Passati pochissimi giorni, però, la riponiamo in un cassetto, conservandola gelosamente con l’intenzione di riprenderla alla prossima eventuale occasione mentre in alcune nazioni, vedasi l’esempio della confinante Confederazione Elvetica, la bandiera nazionale rimane esposta giorno dopo giorno assieme ed accanto a quella del Cantone.
Questione di cultura civile tramandata nel tempo da padre in figlio, derivante da antiche tradizioni popolari che ebbero a costituire, perpetuandosi nel tempo sino ai nostri giorni, la formazione del c.d. orgoglio nazionale.
I nostri antenati la sfoderavano in occasione di una delle tante rivoluzioni, madri dei nostri attuali cortei, noi oggi per un titolo mondiale che, considerando come il calcio sia per la stragrande maggioranza degli italiani lo sport nazionale, rappresenta un motivo di rivalsa verso tante angherie che ci piovono sul capo da più parti, un voler dire al resto del mondo: ci siamo anche noi !
Centinaia di migliaia di tricolori sventolati in tutte le città li abbiamo visti giorni addietro sventolare ad opera di persone di tutte l’età, donne ed uomini, per festeggiare la nostra quarta vittoria ai campionati mondiali di calcio tenutesi in Germania; lo spettacolo offerto presso il Circo Massimo dai romani, e non solo, credo che non tema confronti con altri, capace di suscitare forti emozioni anche in coloro che, per ovvi motivi di lontananza, non hanno potuto partecipare di persona, limitandosi a godere il tutto attraverso le immagini messe in onda dalla TV, spesso fredde ed impalpabili da un punto di vista emotivo, questa volta piene di tanta genuina gioia.
Ma mi sono ad un certo punto chiesto quanti di questi “sventolatori” avessero avuto l’opportunità di conoscere la storia della nostra gloriosa bandiera e, avendo fatto un improvvisato sondaggio, ho avuto l’amara sorpresa che ben pochi, specie tra i più giovani, conoscessero le sue origini nonché le regole sul come e quando la stessa potesse essere esposta.
Per contribuire a colmare questa lacuna, eccovi in breve la sua storia:
il 7 gennaio 1797 in Reggio Emilia
nasce il primo Tricolore per volere del Congresso Cispadano quale simbolo della Repubblica Cispadana, comprendente il territorio di quelle che saranno in seguito le attuali province di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia.
Alcuni storici però ci rammentano come un “tricolore” – bianco, rosso e verde – fosse apparso nel settembre del 1796 in Lombardia sotto Napoleone e, successivamente adottato anche dal Regno d’Italia.
Dopo alcuni eventi, nel corso dei quali sparì dalla circolazione, questa bandiera uscì dalla clandestinità nel 1831 in occasione della costituzione della Giovane Italia di Giuseppe Mazzini e da allora incominciò a rappresentare il simbolo della volontà del raggiungimento dell’unità nazionale di tutto il popolo italiano. E così fu.
Dopo la seconda guerra mondiale e conclusesi le lotte per la nostra liberazione, i padri costituenti consacrarono nel 1947, attraverso l’art. 12 della Carta costituzionale – rientrante tra i 12 principi fondamentali della nostra Repubblica - il tricolore come “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”.
In omaggio e duratura memoria di quelle centinaia di migliaia di italiani, militari, partigiani e civili, che hanno perso la loro vita perché potesse sventolare nel tempo libera e nel pennone più alto possibile del nostro territorio nazionale.
Quando la sventoliamo dobbiamo essere orgogliosi di farlo.
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