lunedì, luglio 24, 2006
Ipotesi di modifica della nostra Costituzione - 1
Gli articoli relativi ai “Principi fondamentali”, regolanti i diritti ed i doveri dei cittadini, sono da considerarsi come “inviolabili” quali che siano le coalizioni politiche a governare nel tempo il nostro Paese.
E’ altresì “intangibile” la forma repubblicana dello Stato, già dichiarata dall’art. 139 come esclusa da qualsiasi revisione costituzionale.
Fatta questa debita premessa, il primo articolo da “riformare”, perché le leggi di modifica costituzionale non siano d’ora innanzi soggette al volere di una qualsiasi maggioranza, è l’art. 138 che nella formulazione attuale così recita:
“Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle due Camere a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti.”
La c.d. “devolution”è stata sottoposta di recente a referendum confermativo, dopo che l’apposito comitato antiriforma aveva raggiunto e presentato nei termini stabiliti oltre 500.000 firme di elettori e collateralmente appoggiato da 1/5 di deputati e da più dei previsti 5 Consigli regionali, perché nel secondo turno di votazione in Parlamento non era stata approvata dai 2/3 dei componenti di ciascuna Camera.
E’ questo stesso articolo che ci fornisce la chiave per la soluzione del problema ora in esame in quanto basterebbe spostare ed applicare la surrichiamata soglia dei 2/3, perché una legge possa considerarsi come approvata in via definitiva, senza possibilità di sottoporla a referendum, sin dalle prime due letture alle Camere.
Tale accorgimento avrebbe una valenza assai positiva sia in campo politico che economico; nel primo caso perché obbligherebbe gli schieramenti politici a confrontarsi per ricercare una soluzione condivisa mentre nel secondo si eviterebbero perdite di tempo degli addetti alla macchina elettorale, scuole comprese, e l’esborso di tutte quelle elevate spese conseguenti alla preparazione ed effettuazione di una consultazione elettorale.
Parrebbe l’uovo di Colombo ma il significato politico di un accordo tra opposti schieramenti su una legge costituzionale darebbe quel senso di unità nazionale purtroppo da tempo sperdutosi in ambizioni di parte.
Quello stesso sentimento unitario voluto e dimostrato nei fatti dai nostri Padri costituenti, pur appartenenti a partiti con contrastanti ideologie, dopo la nefasta esperienza di un ventennio durante i quale erano state soppresse tutte quelle libertà di cui oggi fortunatamente godiamo, per averle da loro ereditate.
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