domenica, giugno 15, 2008

Un'altra legge vergogna all'orizzonte

LA LEGGE DEL BAVAGLIO
di
Vittorio Emiliani
Quando, per tagliare un ramo secco o malato, si decide di segare l’intero albero, c’è qualcosa di serio, di fondamentale che non va.
È la logica di fondo del disegno di legge Alfano sulle intercettazioni telefoniche della magistratura e sulla loro pubblicazione: per eliminare la parte di informazioni intercettate riguardanti la vita privata dei cittadini, si stabilisce che ogni pubblicazione di intercettazioni telefoniche verrà punita con pene pesantissime, per i magistrati che eventualmente le divulghino, per i giornalisti che le raccolgono e per gli editori che ne autorizzano la pubblicazione.Tre bavagli, uno dopo l’altro.
Tre colpi di scure sulla libertà di informare e di essere informati, e non tre sforbiciate sulla licenza di rivelare situazioni o fatti del tutto privati.
In tal modo un quarto colpo di scure viene destinato ad una pubblica opinione della quale lamentiamo tutti la estrema debolezza e capacità di controllo in questa nostra democrazia sempre meno garantita e che avrà sempre minori fonti per farsi un’idea precisa di quanto accade.In sostanza, è il governo, è l’esecutivo a decidere per tutti, con una sorta di editto, portando in Parlamento un provvedimento illiberale dalle conseguenze negative facilmente prevedibili: i magistrati ci penseranno tre volte, anche nella presunzione di reati gravi, prima di effettuare una intercettazione (e così la loro autonomia finisce dove finisce), i giornalisti non si vorranno esporre più che tanto, anche quando la pubblicazione - come nel novanta per cento dei casi - fosse determinante a sollevare uno scandalo nazionale (da Bancopoli alle vicende Parmalat e Cirio, a Calciopoli, fino alla “clinica degli orrori”), gli editori infine avanzeranno mille e una riserva, e sceglieranno la strada del divieto di pubblicare.
Saremo quindi arrivati al traguardo al quale da molti anni aspira il centrodestra: avere una magistratura, una informazione, una editoria sostanzialmente anestetizzate.
E quindi una democrazia limitata.
Altro che sovranità popolare.
In queste condizioni infatti quale operatore dell’informazione se la sentirà di continuare ad assumere il ruolo invece strategico di
“cane da guardia della democrazia”?
Ci si dica con chiarezza che il problema non è la telefonata pruriginosa del potente di turno alla “velina” né quella in ginocchio, anzi sdraiata, dell’alto dirigente Rai allo stesso Berlusconi, né tantomeno è la veridicità delle notizie contenute nelle intercettazioni rivelate, ma che il problema è lo strumento medesimo dell’intercettazione, che sappiamo fondamentale per l’approfondimento di indagini altrimenti difficilissime e quindi per il completo disvelamento di scandali vergognosi, di danni enormi inferti alla cosa pubblica e, di conseguenza, ai cittadini.
Provino giornali e telegiornali a fare una simulazione: cosa sappiamo, grazie alle intercettazioni rese pubbliche, della orrenda vicenda della Clinica Santa Rita e cose ne sapremmo oggi se già fosse in vigore il disegno di legge castratorio appena approvato dal governo Berlusconi.
Nel non votare un analogo disegno di legge Mastella - contro il quale vi fu, ricordiamolo, uno sciopero dei giornalisti - Roberto Zaccaria, esperto di diritto pubblico e deputato, affermò che «la legge sulle intercettazioni deve rappresentare il punto di equilibrio tra diverse esigenze di natura costituzionale: l’esigenza della giustizia, quella del diritto di cronaca e la tutela della vita privata, spesso compromessa dalla diffusione di intercettazioni giudizialmente irrilevanti».
Ma ciò non deve portare a «sacrificare con il diritto di cronaca il diritto della pubblica opinione ad essere informata».
Sono princìpi di garanzia democratica che, qualunque cosa affermi l’attuale ministro della Giustizia, Angiolino Alfano, troviamo ribaditi nella pronuncia della Corte dei Diritti dell’uomo di Strasburgo, per esempio sul caso-Dupuis e Pontaut, due giornalisti i quali avevano rivelato come un collaboratore di Mitterrand intercettasse illegalmente le telefonate di circa duemila persone delle quali essi pubblicarono i nomi.
Intanto il Tribunale di Parigi li condannò soltanto a pene pecuniarie, per giunta minime in assoluto (762,25 euro a testa, più 7.622,50 per spese processuali). Che sono niente rispetto alle ammende invece previste dal disegno di legge Berlusconi-Alfano.
Ma Dupuis e Pontaut ricorsero alla Corte di Strasburgo la quale diede loro ragione avvertendo che (parole quanto mai attuali in Italia) «occorre avere la più grande prudenza in una società democratica nel punire la violazione di segreto istruttorio o di segreto professionale dei giornalisti i quali esercitano così la loro missione di “ della democrazia».
La legge infatti «protegge il diritto dei giornalisti di comunicare informazioni su questioni di interesse generale nel momento in cui questi si esprimono in buona fede, sulla base di dati esatti, e forniscono informazioni “ nel rispetto dell’etica giornalistica».
Ecco i punti focali: veridicità delle notizie così trasmesse alla platea dei lettori e non dai giornalisti detenute in proprio; utilità delle intercettazioni nella misura in cui esse aumentano esattezza e autenticità, quindi credibilità, delle indagini in atto.La proposta Mastella venne bollato dai grandi giornali, due anni fa, come “sbagliata, prepotente e velleitaria” o addirittura “liberticida”, da “informazione imbavagliata”.
Vedremo oggi con quali aggettivazioni verrà accolto il disegno di legge Alfano il quale, badate bene, introduce, rispetto a quello del governo Prodi, alcuni appesantimenti gravissimi come il limite dei reati che comportino dieci anni di pena per disporre intercettazioni, come la multa da 2 milioni di euro (una autentica cannonata sul diritto/dovere di informazione) contro i 100.000 euro previsti da Mastella, come l’aumento della reclusione per i diffusori. Se si vuole, più che giustamente, scongiurare la pubblicazione di “intercettazioni non inerenti”, cioè attinenti alla sola vita privata, basta prescrivere al magistrato il loro stralcio, anzi la loro distruzione immediata.
Come sollecitava, ancora una volta, ieri su questo giornale l’ex Garante della privacy Stefano Rodotà che tanto si è applicato a tale delicata materia.
Ma una volta “bonificate” da parte del magistrato, le intercettazioni devono poter essere poi di pubblico dominio. Altrimenti si potrebbe dare luogo - come si darà luogo incoraggiando l’autocensura dei giornalisti - ad un infame mercato di ricatti. Vogliamo ricordare le agenzie ricattatorie degli anni Settanta, alcune prodotte da spezzoni di servizi segreti deviati?

COMMENTO
E’ da tempo che scrivo sul rigurgito fascista che da molti anni a questa parte appare evidente.
In minima parte si manifesta, contrariamente a quello che accadeva nel passato regime, con la repressione fisica degli oppositori mentre oggi, l’arte del sopruso, della prevaricazione dei diritti, si materializza, eccome, con un’arte raffinata ed impalpabile fisicamente: un combinato intreccio tra comunicazione e provvedimenti giuridici conseguenti.
Si strumentalizzano notizie, dati quasi sempre fasulli, e via al provvedimento per la salvaguardia di interessi di alcuni personaggi.

Questo strumento mette in pericolo la privacy di una certa persona, non un pincopallino qualsiasi, ecco, con questo provvedimento impedisco che ciò avvenga.
E se vi sono reati nascosti sotto atti solo apparentemente leciti ?
Sono fatti di persone importanti.
Ma in molti si chiedono se sia vero o meno che tutto il popolo italiano venga “intercettato” e non solo i delinquenti o presunti tali ?
Gli italiani si domandano anche come mai alcuni partiti politici, eludendo una specie di codice etico, sono stati messi in lista ed eletti nelle varie elezioni politiche tenutesi in questi ultimi anni ?
Un nostro rappresentante dovrebbe essere allontanato, come avviene nelle vere nazioni democratiche, anche nel caso di fatti eticamente deprorevoli ma non costituenti reato; in Italia, invece, si fa fatica a liberarsi di deputati con a carico condanne definitive con tanto di interdizione perpetua dai pubblici uffici.
E se non fosse stato per alcune leggi vergogna…di naura prescrittiva, ma lasciamo perdere.
Non era giunto oramai il momento di fare piazza pulita una volta per tutte?
Per evitare conseguenze di natura penale per molti di questi tipetti ecco la
LEGGE BAVAGLIO
che riguarda non solo i magistrati ma anche l’informazione in generale.
E’ DI GIA’ L’INIZIO DI UN PERICOLOSO REGIME CHE NULLA HA DA INVIDIARE A QUELLO FASCISTA.
Gira e rigira siamo arrivati allai censura.
SI PROSPETTA UN PERIODO NERO PER LA NOSTRA DEMOCRAZIA.
SI TENTA DI METTERLE AL COLLO UN VERO E PROPRIO NODO SCORSOIO.
STIAMO ATTENTI.

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