lunedì, giugno 23, 2008

Il calabraghe berlusconiano

LO STATO ad PERSONAM
di
Nicola Tranfaglia

La delibera unanime della Federazione europea dei giornalisti che, l’altro ieri a Berlino, ha condannato, per palese incostituzionalità e violazione di molti trattati internazionali il disegno di legge Berlusconi-Ghedini-Alfano che limita di fatto le intercettazioni telefoniche ad alcuni reati
(per i sacerdoti è previsto in più il consenso dei vescovi)
e prevede per i giornalisti che pubblichino le relative notizie il carcere da uno a tre anni e l’ammenda da 500 a oltre mille euro, sta suscitando crescenti proteste nell’opinione pubblica italiana e internazionale.
Storici e giornalisti (a cominciare da Eugenio Scalfari) si chiedono il significato della svolta (ammesso che lo sia) del nuovo governo di destra verso un ottuso autoritarismo di cui sembrano segni concomitanti l’emendamento al Senato per ripristinare una sorta di lodo Schifani e l’impiego dell’esercito nelle città.
A chi scrive pare, piuttosto, che l’azione del presidente del Consiglio e del suo governo rifletta il riprodursi (come era già avvenuto nel quinquennio 2001-2006) di una visione naturalmente antidemocratica e l’impossibità di un cedimento al dialogo istituzionale da parte dell’opposizione parlamentare del Pd e dell’Udc.
A proposito delle intercettazioni telefoniche, vale la pena ribadirlo, entrano in gioco tre principi costituzionali:
l’interesse alla giustizia, quello alla libertà di informazione e quello alla riservatezza dei cittadini.
Il disegno di legge (in 17 articoli) Berlusconi-Ghedini-Alfano sembra di fatto tener conto in maniera prevalente del diritto alla privacy e poco o nulla degli altri due principi.
Si limita drasticamente il ricorso alle intercettazioni come strumenti di indagine giudiziaria nel caso di tutti i reati che comportano pene edittali inferiori ai dieci anni e l’elenco dei casi di divieto prevede lo scippo, il furto, il furto in appartamento, la truffa, la ricettazione, l’incendio, la calunnia, le false informazioni al pubblico ministero, le rivelazioni del segreto di ufficio, la calunnia, la falsa testimonianza, la ricettazione e persino l’associazione a delinquere.
Basta scorrere l’elenco per rendersi conto che ci sono ipotesi gravi di reati ma anche fattispecie che possono rivelare, se si usano le intercettazioni, vicende oscure che è dovere indubbio dei pubblici ministeri perseguire non soltanto per l’obbligo costituzionale di procedere all’azione penale ma anche perché sono vicine ad altre e più gravi fattispecie.
Possiamo dire per questo primo aspetto che si tolgono ai Pm armi essenziali che in altri paesi sono date addirittura ai corpi di polizia (come in Francia, Germania e Stati Uniti) per esercitare il necessario controllo sociale contro l'azione della criminalità individuale e organizzata.
I meccanismi ipotizzati per superare questi divieti sono ancora peggiori perché tolgono al singolo magistrato inquirente l’autonomia che gli dà la Costituzione e trasferiscono a un collegio di tre giudici la possibilità di decidere eccezioni rispetto alla norma generale autorizzando singole indagini.
Qui si vede con chiarezza come ci sia da parte del governo l’incomprensione profonda dell’autonomia della magistratura e della divisione dei poteri che sono proprie del testo approvato nel 1948.
Il secondo aspetto che va sottolineato riguarda un altro controllo necessario rispetto all’azione della criminalità ed è quello della pubblica opinione e, dunque, dei mezzi informazione giornalistici e televisivi.
Prevedere, in generale, una sanzione penale da uno a tre anni per giornali e tv che pubblichino intercettazioni prima del dibattimento processuale (a quel punto siamo di fronte a documenti pubblici in quanto forniti alle parti processuali) è assai grave. In parte per ragioni di fatto.
La lentezza e la lunghezza dell’iter processuale nel nostro paese che dura più anni e, in più del cinquanta per cento dei casi non arriva al processo, concludendosi con un patteggiamento tra le parti fanno sì che una simile norma porterebbe, nella maggior parte dei casi, al silenzio dell’informazione su vicende clamorose e significative o alla pubblicazione di particolari dopo che sono passati molti anni dagli avvenimenti e, quindi, con un’efficacia pedagogica minore o nulla rispetto proprio all’opinione bombardata da continui messaggi.
Al di là delle assurde sanzioni contro giornalisti che cercano di fare il proprio lavoro sulla base dell’articolo 21 della Costituzione, ci troveremmo di fronte a una forte lesione del diritto fondamentale dei cittadini a essere informati che è un principio essenziale del nostro vivere civile.
Il sospetto sui i veri obbiettivi della legge come sulla tattica manipolativa che usa il governo Berlusconi in questi casi è inevitabile.
I veri obbiettivi hanno al centro il pericolo che le indagini giudiziarie possano toccare proprio Berlusconi e il suo governo.
Di qui la forte limitazione dei reati intercettabili, la ripresa del lodo Schifani e l’urgenza del provvedimento.
Ed è significativo il modo di procedere.
In un primo tempo il capo del governo in una grande occasione mediatica lancia in termini generali (ed esagerati) l’editto e si parla addirittura di cinque anni di carcere per tutti, poi interviene la Lega Nord che chiede e ottiene un'estensione dei reati intercettabili insistendo su corruzione e concussione amministrativa che fanno pensare a una lotta che non esclude le classi dirigenti.
Berlusconi, a questo punto, accetta le correzioni e in Consiglio dei ministri arriva a una soluzione solo in apparenza mediana ma che conserva tutti gli errori e la violazione ai principi costituzionali ma con un abbassamento delle pene e un certo strizzare l’occhio verso i giornalisti che, se incensurati,forse non andrebbero in carcere.
Bisogna dire che si tratta di una strategia abile, capace probabilmente di darla a bere a cittadini distratti o poco interessati.
Ma il disegno di legge, se resta nei termini descritti, porta a una forte diminuzione della possibilità per i magistrati di indagare con le intercettazioni, per i giornalisti di far esercitare il controllo sociale sulla criminalità, per i cittadini di essere informati su quel che succede in questa Italia.
Pubblicato il 17.06.08

COMMENTO
L’articolo di Tranfaglia è talmente chiaro che dovrebbe essere compreso e recepito anche da coloro che vivono con le fette di salame sugli occhi.
Come si sa, nel corpo umano allorché si indebolisce un senso, per esempio la vista, automaticamente un altro senso, per esempio l’udito, aumenta le proprie capacità “operative”.
E’ così che la maggioranza degli italiani non vede tutto ciò che di marcio la circonda ma acquisisce con faciloneria quanto gli viene detto attraverso le varie TV, pubbliche e private, al servizio del padrone dell’etere: cioè tutte meno una.
Quasi nessuno ha rilevato come in questo nuovo provvedimento legislativo lo Stato italiano si sia calato le braghe davanti ad uno Stato estero qual è
la Città del Vaticano.
Un comma che prevede come per eseguire le intercettazioni telefoniche di un prete da parte della magistratura occorra, a parte il resto già visto, anche la preventiva autorizzazione del suo Vescovo.
Ammetto che non l’ho letto ma si
dice che per “intercettare un vescovo” occorra il placet del Vaticano !!
Poveri noi, sottomessi agli USA di Bush ed ora al Papa Re.
E’ questa una prima puntata su avvenimenti che dovrebbero farci riflettere a lungo e non ingoiare le balle che ci vengono raccontate senza un quid di discernimento.
Il capo ed i suoi continuano a straparlare; per esempio quando accennano che su Berlusconi pare siano concentrati i pensieri di tutti gli italiani, più nel male che nel bene.
Beh, non è quello che vuole lui ?
Dall’alba a notte fonda non c’è programma che lo rammostri in tutte le salse: dalla bandana al panama, da scarsocrinito a trapiatanto, da cantante a tribuno delle plebe, da barzellettiere ad incazzato nero e via di seguito.
Chiudo gli occhi e vedo te, chiudo gli occhi e penso a te......è oramai l'ossessione degli italiani.
Ieri ha scherzato sul sacramento della Comunione.
Ne parleremo nella seconda puntata.


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