CHI SI ACCONTENTA GODE
(che poi può tradursi all’atto pratico col mio detto secondo il quale è preferibile subire
un calcio sul sedere che una pedata sulle palle).
Così sentenzia un nostro vecchio detto popolare, ma, ritengo che ciò valga solamente in alcune speciali occasioni in quanto, oggi in modo particolare, per avere il minimo di ogni cosa si deve sempre lottare per cercare il massimo, tanto è duro il percorso della vita di ogni persona onesta.
Ma, anche se un recente episodio suscita allo stesso tempo ilarità e incredulità, tanto da indurre molti a non crederci, c’è oggi una persona che si dichiara strafelice per aver ottenuto il minimo, quello della pena!
Siamo a Palermo in un’aula dove si è da poco concluso il primo grado di uno dei tanti processi intentati contro esponenti della mafia o suoi fiancheggiatori e si è in attesa della lettura del dispositivo della sentenza; la singolarità del caso è che nelle vesti di imputato si trova il Governatore della Regione Sicilia.
Entra la Corte, i tre magistrati si accingono a prendere posto sull’alto della loro pedana con passo deciso, scuri in volto, un’espressione truce che parrebbe anticipare la pronuncia da parte del Presidente di una pesante condanna.
L’imputato in parola (favoreggiamento aggravato alla mafia
e
violazione di segreto d’ufficio)
(che poi può tradursi all’atto pratico col mio detto secondo il quale è preferibile subire
un calcio sul sedere che una pedata sulle palle).
Così sentenzia un nostro vecchio detto popolare, ma, ritengo che ciò valga solamente in alcune speciali occasioni in quanto, oggi in modo particolare, per avere il minimo di ogni cosa si deve sempre lottare per cercare il massimo, tanto è duro il percorso della vita di ogni persona onesta.
Ma, anche se un recente episodio suscita allo stesso tempo ilarità e incredulità, tanto da indurre molti a non crederci, c’è oggi una persona che si dichiara strafelice per aver ottenuto il minimo, quello della pena!
Siamo a Palermo in un’aula dove si è da poco concluso il primo grado di uno dei tanti processi intentati contro esponenti della mafia o suoi fiancheggiatori e si è in attesa della lettura del dispositivo della sentenza; la singolarità del caso è che nelle vesti di imputato si trova il Governatore della Regione Sicilia.
Entra la Corte, i tre magistrati si accingono a prendere posto sull’alto della loro pedana con passo deciso, scuri in volto, un’espressione truce che parrebbe anticipare la pronuncia da parte del Presidente di una pesante condanna.
L’imputato in parola (favoreggiamento aggravato alla mafia
e
violazione di segreto d’ufficio)
Salvatore Cuffaro,
in arte Totò vasa vasa perché bacia tutti coloro che incontra anche per strada e lo adulano,
ha un brutto presentimento e pensa tra sé e sé:
in arte Totò vasa vasa perché bacia tutti coloro che incontra anche per strada e lo adulano,
ha un brutto presentimento e pensa tra sé e sé:
”MINCHIA, MI FUTTIERU”.
Il Presidente della Terza Sezione Penale presso il Tribunale di Palermo, Vittorio Alcamo, incomincia la lettura della sentenza:
“ Visti gli articoli……..del codice penale e gli articoli ……del codice di procedura penale…..
CONDANNA
Salvatore Cuffaro alla pena della reclusione di anni 5 e l’interdizione dai pubblici uffici per l’intera durata della pena…..
Scoppia in aula il finimondo, urla di gioia, baci – qui il Totò non smentisce il suo nome d’arte – salti, ideali cin-cin in segno di giubilo, quasi fosse la festa di santa Rosalia.
Certo, chi si aspettava una condanna a 14 anni di reclusione che avrebbe causato la sua morte politica, la pena comminatogli in sentenza non poteva che procurargli una gioia infinita, pari a quella che lui aveva procurato, comunicando loro notizie riservate e protette dal segreto d’ufficio, a fior di mafiosi quali Giuseppe Guttadauro , Salvatore Aragona, Vincenzo Greco e Domenico Miceli e Michele Aiello.
In buona sostanza il Tribunale ha ritenuto che “favorire” singolarmente alcuni personaggi con la comunicazione di notizie attinenti ad indagini investigative da parte della Polizia giudiziaria relative a procedimenti penali in corso, non equivale al favorire la “mafia”; pertanto, trattandosi di un semplice favoreggiamento, non è stata riconosciuta come valida, e quindi non accolta, la contestata aggravante definita come “favoreggiamento aggravato alla mafia”.
Il tutto nonostante che alcune “soffiate” riguardassero segretissime indagini in corso volte alla cattura di Bernardo Provenzano.
L’errore, a mio parere , è stato quello del cambiamento effettuato dalla Procura, su indicazione del nuovo Procuratore capo che aveva preso il posto di Caselli, dell’iniziale impostazione accusatoria, che conteneva il “concorso esterno in associazione mafiosa”, riducendola come aggravante del reato di rivelazione di segreti d’ufficio ora non riconosciuta dal Tribunale.
Michele Aiello, ex manager della sanità privata palermitana e di Bagheria, si è invece beccato i 14 anni di reclusione per associazione mafiosa, rivelazione ed utilizzazione di segreto d’ufficio.
In molti cercano di capire ma non ci riescono; si ritiene che i giudici, per giungere ad una siffatta soluzione, si siano posti la seguente domanda:
come poteva sapere l’imputato, nato cresciuto e pasciuto in Alto Adige, che i suoi amici siculi con i quali spesso interloquiva anche telefonicamente, fossero dei fior di mafiosi ?
Ma il prevenuto era nato, cresciuto e pasciuto – in ogni accezione del termine – a Palermo; misteri rimasti per adesso in camera di consiglio che verranno sicuramente svelati nella motivazione di questa singolare sentenza.
L’after day del Totò liberato dall’incubo è stato festeggiato, essendo a lui proibito, quale vice-rè, lo sparo dei cannoni riservato ai soli regnanti, con festino a base di cannoli.
Cannolate al posto delle cannonate!
Un giorno di pura follia per dimenticare che:
1- la Procura Generale stava già studiando da subito i motivi d’appello da presentare avverso questa sentenza che, purtroppo, fornisce la traccia di un “modus operandi” per colludere con la mafia senza subire gravose condanne;
2- Il siculo Totò ha a suo carico un’altra indagine, quella di concorso esterno in associazione mafiosa, a suo tempo archiviata, ma riesumata dal Procuratore Capo Francesco Messineo dopo la sua recente nomina al vertice della Dda palermitana.
Chi vivrà vedrà.
La stampa italiana, a seconda della diversa tendenza politica , ha fornito ai lettori vari commenti su questo episodio mentre tra gli schieramenti politici c’è chi ha fatto quadrato attorno al loro caro Totò, in quota UDC, mentre gli altri, compresa Forza Italia siciliana, ha chiesto le dimissioni.
Ma oggi come oggi chi ha il coraggio civico e morale abbandonare il proprio posto di potere.
Dopo la lettura della sentenza Cuffaro ha subito dichiarato che non aveva alcuna intenzione di dimettersi, anzi ha soggiunto che l’indomani si sarebbe recato di buon mattino al suo posto di lavoro; alcuno maligni sussurrano che è stato attaccato al telefono tutto il giorno ma non è dato di sapere a chi telefonasse !
Il centrodestra dall’avvento al governo del centrosinistra blatera incessantemente che l’esecutivo retto da Prodi ha dato e sta dando al mondo intero una pessima immagine dell’Italia; anche quello di centrodestra che governa la Sicilia prava ne sia questo commento sull’affare Cuffaro del
NEW YORK TIMES
GALERA PER IL GOVERNATORE CHE AIUTO’ LA MAFIA
Un bell' epitaffio, tanto sintetico quanto eloquente !
Perché sprecare altre parole per questo tipo di politico ?
Il Presidente della Terza Sezione Penale presso il Tribunale di Palermo, Vittorio Alcamo, incomincia la lettura della sentenza:
“ Visti gli articoli……..del codice penale e gli articoli ……del codice di procedura penale…..
CONDANNA
Salvatore Cuffaro alla pena della reclusione di anni 5 e l’interdizione dai pubblici uffici per l’intera durata della pena…..
Scoppia in aula il finimondo, urla di gioia, baci – qui il Totò non smentisce il suo nome d’arte – salti, ideali cin-cin in segno di giubilo, quasi fosse la festa di santa Rosalia.
Certo, chi si aspettava una condanna a 14 anni di reclusione che avrebbe causato la sua morte politica, la pena comminatogli in sentenza non poteva che procurargli una gioia infinita, pari a quella che lui aveva procurato, comunicando loro notizie riservate e protette dal segreto d’ufficio, a fior di mafiosi quali Giuseppe Guttadauro , Salvatore Aragona, Vincenzo Greco e Domenico Miceli e Michele Aiello.
In buona sostanza il Tribunale ha ritenuto che “favorire” singolarmente alcuni personaggi con la comunicazione di notizie attinenti ad indagini investigative da parte della Polizia giudiziaria relative a procedimenti penali in corso, non equivale al favorire la “mafia”; pertanto, trattandosi di un semplice favoreggiamento, non è stata riconosciuta come valida, e quindi non accolta, la contestata aggravante definita come “favoreggiamento aggravato alla mafia”.
Il tutto nonostante che alcune “soffiate” riguardassero segretissime indagini in corso volte alla cattura di Bernardo Provenzano.
L’errore, a mio parere , è stato quello del cambiamento effettuato dalla Procura, su indicazione del nuovo Procuratore capo che aveva preso il posto di Caselli, dell’iniziale impostazione accusatoria, che conteneva il “concorso esterno in associazione mafiosa”, riducendola come aggravante del reato di rivelazione di segreti d’ufficio ora non riconosciuta dal Tribunale.
Michele Aiello, ex manager della sanità privata palermitana e di Bagheria, si è invece beccato i 14 anni di reclusione per associazione mafiosa, rivelazione ed utilizzazione di segreto d’ufficio.
In molti cercano di capire ma non ci riescono; si ritiene che i giudici, per giungere ad una siffatta soluzione, si siano posti la seguente domanda:
come poteva sapere l’imputato, nato cresciuto e pasciuto in Alto Adige, che i suoi amici siculi con i quali spesso interloquiva anche telefonicamente, fossero dei fior di mafiosi ?
Ma il prevenuto era nato, cresciuto e pasciuto – in ogni accezione del termine – a Palermo; misteri rimasti per adesso in camera di consiglio che verranno sicuramente svelati nella motivazione di questa singolare sentenza.
L’after day del Totò liberato dall’incubo è stato festeggiato, essendo a lui proibito, quale vice-rè, lo sparo dei cannoni riservato ai soli regnanti, con festino a base di cannoli.
Cannolate al posto delle cannonate!
Un giorno di pura follia per dimenticare che:
1- la Procura Generale stava già studiando da subito i motivi d’appello da presentare avverso questa sentenza che, purtroppo, fornisce la traccia di un “modus operandi” per colludere con la mafia senza subire gravose condanne;
2- Il siculo Totò ha a suo carico un’altra indagine, quella di concorso esterno in associazione mafiosa, a suo tempo archiviata, ma riesumata dal Procuratore Capo Francesco Messineo dopo la sua recente nomina al vertice della Dda palermitana.
Chi vivrà vedrà.
La stampa italiana, a seconda della diversa tendenza politica , ha fornito ai lettori vari commenti su questo episodio mentre tra gli schieramenti politici c’è chi ha fatto quadrato attorno al loro caro Totò, in quota UDC, mentre gli altri, compresa Forza Italia siciliana, ha chiesto le dimissioni.
Ma oggi come oggi chi ha il coraggio civico e morale abbandonare il proprio posto di potere.
Dopo la lettura della sentenza Cuffaro ha subito dichiarato che non aveva alcuna intenzione di dimettersi, anzi ha soggiunto che l’indomani si sarebbe recato di buon mattino al suo posto di lavoro; alcuno maligni sussurrano che è stato attaccato al telefono tutto il giorno ma non è dato di sapere a chi telefonasse !
Il centrodestra dall’avvento al governo del centrosinistra blatera incessantemente che l’esecutivo retto da Prodi ha dato e sta dando al mondo intero una pessima immagine dell’Italia; anche quello di centrodestra che governa la Sicilia prava ne sia questo commento sull’affare Cuffaro del
NEW YORK TIMES
GALERA PER IL GOVERNATORE CHE AIUTO’ LA MAFIA
Un bell' epitaffio, tanto sintetico quanto eloquente !
Perché sprecare altre parole per questo tipo di politico ?
1 commento:
IO POSSO DIRVI SOLO UNA COSA, CHE TUTTI QUESTI OPINIONISTI DEL CAZZO CHE SCRIVETE ARTICOLI INFAMOSI E QUEI POCHI DI BUONO DELLA MAGISTRATURA ROSSA CHE CONDANNANO IL PRESIDENTE DEI SICILIANI TOTO' CUFFARO INNANZITUTTO DOVREBBERO FARSI UN'ANALISI DI COSCIENZA E NN METTERE I BASTONI FRA LE RUOTE A CHI COME TOTO' CUFFARO IL PRESIDENTE DEI SICILIANI A DATO ANIMA E CORPO AFFINCHE' LA SICILIA POTESSE DARE UN PASSO AVANTI SIA COME SVILUPPO, SIA COME IMMAGGINE. A ME PERSONALMENTE FA SCHIFO TUTTA LA MAGISTRATURA E CHI COME QUEL GIUDICE ROSSO A CONDANNATO UNA PERSONA BUONA E GIUSTA INGIUSTAMENTE
ANTONINO DA RAFFADALI
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