mercoledì, maggio 31, 2006
La lettera ai capi di Stato
E’ di già passata alla storia la notizia che il nostro ex premier, all’atto del forzato commiato dal suo quinquennale potere, abbia voluto indirizzare ai capi di Stato del mondo intero una lettera con la quale, dopo i convenevoli di rito e le lodi alla sua persona, dava loro un cordiale arrivederci e non un addio; anche al vituperato Zapatero, a lui improvvisamente divenuto, dopo avergliene dette tante dietro, il “caro Josè Louis”.
Si vocifera inoltre che, non completamente soddisfatto dall’enorme massa di lettere fatte spedire, abbia inviato un'altra lettera dello stesso tenore alla NASA perché la imbarcasse su ogni astronave diretta verso le diverse basi spaziali fluttuanti nei nostri cieli nonché su quelle lanciate in direzione di altri pianeti ed anche sul nostro satellite, la luna, da un certo tempo a questa parte non tanto benevola nei suoi confronti, al punto che nel nuovo già approntato calendario astronomico berlusconiano, alle quattro già esistenti è stata aggiunta una nuova fase; abbiamo così oltre al primo quarto di luna, alla mezza luna, alla luna piena avremo d’ora in poi anche quella della “luna storta”, indicata come quella che porta rogna al nostro personaggio.
Ma il tutto non finisce qui perché la solita talpa, che si nasconde oramai in ogni angolo dei palazzi istituzionali, non solo dove si amministra la Giustizia ma anche dove si fa o si fa finta di far politica, ha nottetempo dato in pasto ad un giornalista la copia di una lettera di ringraziamento che, a suo dire, Berlusconi aveva già indirizzato privatamente ai suoi cari vecchi ed affezionati elettori.
Anche di questa missiva siamo riusciti ad averne copia e qui di seguito ne troverete il testo:
“ Carissimo amico elettore ed amica elettrice,
al momento del mio temporaneo commiato da palazzo Chigi, nel quale sono sicuro di ritornare tra pochi giorni dopo che il governucolo di Prodi verrà abbattuto dalle mie poderose spallate, mi sento in dovere di ringraziarVi di tutto cuore.
GRAZIE, perché senza il vostro aiuto non sarei mai potuto arrivare sino a toccare il cielo con una intera mano; infatti nel 2001, quando sono arrivato a quel potere che poi mi toccava di diritto in quanto largamente previsto sin dai tempi della mia infanzia dalla mia zia suora, nella lista degli uomini più ricchi del mondo stazionavo solamente al 48° posto, un’indecenza, mentre adesso, dopo una faticosissima rimonta frutto di indefesso lavoro, agevolata da tante leggi definite “vergogna o ad personam” dall’odiata opposizione ma non è vero, sono divenuto il 25° e conterò in futuro ancora su di voi per arrivare almeno tra i primi dieci.
Arrivato lì, poi me la vedrò io con gli altri nove.
Debbo ammettere che non è stato facile, sebbene gli invidiosi avversari affermino il contrario ma, lavorando per il bene di tutti gli italiani 24 ore al giorno, ci sono riuscito, perché quando uno talentuoso come me, che traspira benefica energia da ogni poro della pelle, riesce ad arrivare sino a dove vuole e non c’è ostacolo che lo tenga.
Certo, potrebbe anche accadere che dei benefici effetti di una qualche legge ne abbia approfittato indirettamente e del tutto fortuitamente anch’io ma il dover pagare allo Stato milioni di euro in tasse è semplicemente vergognoso, se qualche altra legge, come quella sul digitale terrestre sia venuta incontro a mio fratello Paolo per via dei decoder da lui fabbricati e venduti che colpa ne ho io che non sapevo che trattava anche questo articolo, se il decreto “salva calcio” mi ha fatto risparmiare 240 milioni di euro e la riduzione delle plusvalenze voluta nel 2002 da Tremonti ha poi fatto risparmiare a Mediaset 340 milioni di euro che cosa ci posso fare, se il mio governo, a mia insaputa perché al momento della discussione ero uscito dal salone della riunione, ha commissionato a Mediaset degli spot pubblicitari per un ammontare di 1 milione e 750mila euro, programmandone anche per gli anni successivi per importi sempre maggiori sino ad arrivare, così come fedelmente riportato da L’Economisti di Londra, nel 2005 ad oltre i 10 milioni di euro.
Ma in mezzo a tante leggi emanate ogni anno, più di quante ne abbiano mai fatte in passato gli altri governi, non dovrebbe fare tanto scandalo se qualcosa poteva anche venire a mio vantaggio !
Comunque, ancora grazie e nella certezza di poter sempre contare sul Vostro aiuto Vi saluto con la massima cordialità possibile e Vi invito a non dimenticarmi mai.
Il vostro Silvio".
martedì, maggio 30, 2006
Le sortite fuori porta del Cavaliere
Diario di un viaggio settembrino negli USA
La lettura di un recente studio sul tema “l’Italia vista dal mondo”, pubblicato dalla rivista di politica ed attualità La Voce, mi ha dato modo di ricordare una celebre arringa tenuta dall’allora nostro Premier nel corso della sua visita a New York sul finire del settembre 2003.
Dopo aver fatto una fugace visita al palazzo di Vetro il dr. Berlusconi, nella triplice veste di grande imprenditore, di nostro capo del governo e di salvatore della Patria, ebbe a recarsi a Wall Street dove si teneva l’iniziativa, programmata dalla nostra Confindustria, denominata “Invest in Italy”, che vedeva come invitati imprenditori americani ed italiani.
Preciso, perché possiate meglio comprendere l’alta portata del discorsetto improvvisato dal nostro personaggio, come in USA la stragrande maggioranza degli imprenditori sia di sesso femminile che dirigono, guarda caso, anche molte tra le maggiori e potenti aziende di livello mondiale esistenti sul mercato americano.
In sostanza, come certamente ricorderete, il nostro triplice personaggio avrebbe dovuto invogliare gli imprenditori USA ad investire in Italia e sin qui, tutto bene, ma con quali argomentazioni e prospettive accattivanti ?
E’ arcinota l’incontinenza verbale di Berlusconi allorché parla a braccio senza che qualcuno, Letta o Ferrara per lo più, gli scriva quanto meno degli appunti; ma ecco un accenno ad alcuni argomenti lanciati col suo solito entusiasmo:
- l’ Italia è il paese più americano d’Europa tanto che io vi ho investito tutti i miei soldi (ndr. mano quelli esportati nei paradisi fiscali);
- oggi ci sono molto meno comunisti , erano il 34 % ed ora li ho ridotti (a fine 2003) al 16% e si vergognano di dire che lo sono stati (ndr. risulta che chi vota per la CdL si vergogni di ammetterlo);
- da noi gli imprenditori sono guardati con simpatia e ammirazione mentre nel resto dell’Europa sono visti con sospetto (??);
- adesso abbiamo il mercato del lavoro più flessibile d’Europa;
oltre al bel tempo e alla bellezza dell’Italia abbiamo anche bellissime segretarie….;
- americani, venite a morire in Italia: il mio governo ha abolito la tassa di successione. Siccome tutti in platea incominciarono a darsi da fare con vari scongiuri, il cavaliere continuò “toccatevi pure tutto, fate pure…”.
Ci sarebbe dell’altro che però è meglio tralasciare per amor di patria; il risultato fu che nessuno venne in Italia ad investire i propri denari, preferendo portarli in un paese tanto comunista che più comunista di così non si può, la Cina, ed ivi delocalizzare anche parte delle proprie aziende !
Che gran premier che abbiamo avuto e meno male che lavorava – ma per chi ?- 24 ore al giorno per il nostro benessere !
Ma veniamo allo studio de La Voce che analizza i veri motivi per cui un imprenditore sarebbe attirato a fare i propri investimenti in un determinato paese straniero piuttosto che in un altro; la Banca Mondiale, dopo aver raccolto diversi dati in circa duecento Stati e territori è riuscita a sintetizzarli, aggregando i più importanti nei sei seguenti indicatori:
1- voice and accountability : misurazione del grado di responsabilità degli elettori nello scegliere liberamente i propri dirigenti politici, di godimento dei diritti civili e politici esistenti in un paese e, infine, il livello di indipendenza del sistema mediatico da pressioni politiche (ndr. qui da noi è come parlare di corda a casa dell’impiccato );
2-political stability and absence of violence : misurazione della stabilità del governo e dell’eventuale pericolo di colpi di stato attraverso violenze o sommosse;
3-government effectiveness : misurazione dell’efficienza dei servizi pubblici , della credibilità del governo nell’attuazione dei programmi, della qualità della burocrazia e l’indipendenza dei funzionari pubblici da pressioni politiche;
4-regulatory quality : misurazione dell’andamento e della effettiva aderenza dei prezzi ai costi di mercato, del regolare andamento dei mercati finanziari, dell’attività delle varie autority;
5-rule of law: misurazione della capacità da parte della magistratura di applicare la legge, della certezza della pena, dell’incidenza della criminalità nella vita pubblica e privata e dei mezzi precostituiti per contrastarne l’attività;
6-control of corruption : misurazione della capacità dello stato a prevenire e combattere il sistema della corruzione.
Potrei terminare qui, lasciando ad ognuno la possibilità di porsi la seguente domanda: se io fossi un imprenditore americano sarei disposto ad investire i miei risparmi in Italia ?
A voi la conclusione.
Prossimamente farò un breve seguito per riportare le conclusioni cui è giunta la Banca Mondiale dopo aver “misurato” con questi indici la situazione italiana a far tempo dal 2002 sino ad ieri.
lunedì, maggio 29, 2006
Lo scandalo del calcio
MOGGI, l'INTER, la mosca tse - tse e la legge del contrappasso.
Lo scandalo che, a quanto ci è dato di leggere e sentire da tutte le fonti di informazione,parrebbe investire, quale tsunami di casa nostra, tutte le strutture nonché l’intera organizzazione del calcio italiano, con il particolare coinvolgimento di alcune squadre e suoi personaggi di spicco.
E’ venuto fuori il solito quadro poco edificante, anche sotto questo versante, dell’attuale nostra povera Italia, già afflitta da più gravi e consistenti problemi, soprattutto di natura economica; uno spaccato a riconferma di come, nella realtà quotidiana della vita di tutti i giorni, il nostro Paese sia controllato da organizzazioni, anche straniere, dedite al malaffare o paramafiose, per il prevalere in ogni campo, dove ci sia giro di danari, dei vari “furbetti” di turno; a maggior ragione ciò si verifica dove la moneta corrente affluisce copiosa senza tanti sforzi.
Da più parti si riteneva, ma era purtroppo solo una pia illusione, che almeno lo sport fosse se non proprio del tutto immune quanto meno vaccinato contro questo cancro che da alcuni anni è riuscito invece ad allungare i suoi mortali tentacoli sino a soffocare ogni istituzione organizzativa tanto da condizionarne ogni autonomia decisionale; e così, in una forma tanto silenziosa quanto penetrante, è andata maturando la fine di uno sport nato da una sana passione per il calcio da parte di alcuni dirigenti e da moltissimi tifosi divisi tra loro solamente da un leale antagonismo sportivo che finiva lì ad incontri conclusi, fatti salvi i rituali sberleffi e sfottò nei confronti dei perdenti.
Ricordo che a Milano, all’angolo tra via Orefici e via Torino c’era un tempo il “bar Vittorio Emanuele”, di lunedì ritrovo preferito dei giocatori dell’Inter e del Milan e dei loro rispettivi tifosi, dove si accendevano accanite discussioni ma sempre in piena cordialità perché erano tutti dei veri sportivi accomunati tutti da un’unica passione, quella verso il “football”.
Meazza, Puricelli, Franzosi, Annovazzi, Campatelli, ecc… campioni di un passato perdutosi nella notte dei tempi !
Il bar chiuse poi per fallimento perché il parlare era tanto ma poche le consumazioni; fu per Milano la fine di un’epoca.
Dopo qualche tempo incominciarono ad apparire all’orizzonte alcuni scandaletti in cui risultarono implicati, come protagonisti, ben pochi personaggi e tutti di secondo piano.
Forse perché allora non erano ancora praticate dalla magistratura inquirente, come mezzi di ricerca delle prove, le intercettazioni telefoniche dei rei sospetti ?
Poi si passò a qualche partite compravenduta, squalifiche anche a vita poi annullate per qualche amnistia concessa per festeggiare le vittorie della nostra nazionale nei tornei europei o mondiali, retrocessioni in serie B, il Milan ne sa qualcosa, ma il tutto avveniva entro certi limiti, ripeto, quasi un’eccezione a quella regola della “lealtà sportiva” che dovrebbe imperare sempre nel mondo di ogni sport.
Più o meno i “torti” arbitrale e/o federali venivano distribuiti in modo equanime, perché non si sollevassero cordate lamentose, salvo che verso la mia squadra del cuore che, in verità, ne ha “dovuto” collezionare più di tutte le altre : l’Internazionale.
Ma lo sport in generale ed il giuoco del calcio in particolare, specie dopo la morte di Artemio Franchi, ben presto incominciò ad abbandonare la vecchia veste di passione collettiva domenicale per indossare quella del business parallelamente all’avvento delle TV, in anteprima quella di Stato e poi di altre private che, in regime di monopolio, elargivano alle squadre che andavano per la maggiore per la ripresa dei loro incontri ingenti somme mentre alle altre toccavano solo briciole.
Dalla trattazione collettiva per i diritti TV si passò poi a quella individuale, così tracciando un solco in seno alla Lega calcio tra le c.d. “grandi” ed il resto delle squadre c.d. “minori” non tanto per il loro giuoco ma per la minore influenza dei loro dirigenti nei confronti del “potere”.
I ricchi ed i poveri, l’eterna differenza che produce la lotta di classe con la solita vittoria finale del ricco, perché più forte anche per appoggi altolocati nel mondo della politica o dell’economia.
Ricordo che l’Inter aveva acquistato il brasiliano Falcao ma dovette rinunciarvi a favore della A.S. Roma per l’intervento di un importante politico romano, oggi senatore a vita.
La Roma vinse lo scudetto sia per il valore complessivo della squadra ma soprattutto per l’apporto decisivo di quel giocatore; acqua passata ma i vecchi tifosi se lo ricordano ancora.
La Roma aveva un precedente in materia perché si vociferò che il suo primo scudetto ebbe a conquistarlo per volere di un certo Mussolini; non so se sia vero o meno ma, come si dice, “vox populi vox Dei”.
Però quello che adesso sta emergendo dimostra come l’Italia di questi ultimi tempi non solo sia caduta in ogni campo ai minimi livelli di decoro e moralità, uno scandalo via l’altro, ma ciò che più preoccupa è la facilità con la quale una sola persona possa riuscire a “sviluppare ” nel malaffare una fitta rete di collegamenti così ramificata da costituire una specie di grande “piovra” condizionante tutta una serie di eventi politici, economici ed ora anche “sportivi”.
C’è tanta assuefazione a questo stato di cose che oramai non fa più scandalo perché anche secondo alcuni giocatori vige la regola del “così fan tutti” quindi è tutto lecito !
Le inchieste si stanno svolgendo con enorme velocità presso varie Procure della Repubblica che, attraverso la Polizia giudiziaria, hanno raccolto una enorme massa di documenti che dovrebbe, alla fine delle varie istruttorie, comprovare i molti illeciti contestati tra i quali quello del reato associativo per eccellenza, l’“ associazione per delinquere”.
I nomi assurti agli onori delle cronache, sia pure nei diversi ruoli operativi, sono quelli di Luciano Moggi e del figlio Alessandro, indicato il primo come il potente “pater familias” che “tutto poteva permettersi”, anche quello di assecondare, con certezza del risultato finale positivo, dei desiderata di uno dei nostri ex ministri.
Non mi è dato di sapere se entrambi i Moggi saranno ritenuti responsabili di tutto questo gran casino e, nell’affermativa, quale sarà la condanna che verrà loro inflitta sia dalla giustizia sportiva che dai vari Tribunali competenti per territorio.
Io, sulla base della legge dantesca del “contrappasso” ne proporrei una che non prevede né pena detentiva né pecuniaria; ma prima di indicarvela sono costretto a fare una piccola premessa.
Una nostra connazionale, la dottoressa Chiara Castellani, premiata con varie onorificenze e proclamata in Italia come donna dell’anno 2006, svolge la sua attività di medico a Kenge, regione di Bandulu della Repubblica Democratica del Congo (ex Congo belga), in favore di quella popolazione molto povera colpita da tre gravi malattie: la malaria, la tubercolosi e la “malattia del sonno” causata dalla puntura della mosca tse – tse.
Quasi senza mezzi si è data da fare ed ha scoperto che questa mosca viene attirata in trappole coperte da drappi nero-azzurri, dimostratesi effettivamente efficaci nel periodo di sperimentazione.
Però, in breve, i tessuti di questi due colori si esaurirono in breve tempo ed allora la dottoressa ebbe ad invitare esplicitamente l’Inter ed i suoi tifosi ad inviare bandiere nero-azzurre ovvero tessuti di questi colori per confezionare molte di questa trappole rivelatesi come un sistema infallibile per debella questa piaga che conduce alla morte.
Proporrei, al termine dei procedimenti penali, ove gli stessi si concludessero con il riconoscimento delle colpevolezze dei due Moggi, di affidarli anche ai Servizi Sociali e che, una volta dipinte le loro facce con i colori dell’Inter vengano poi inviati a Kenge quali trappole viventi per almeno un anno.
All’Inter, a parte quelli persi per suo fatto e colpa, questo “malaffare” ha contribuito a farle perdere due o tre scudetti ma, attraverso i suoi antagonisti, vincerà qualcosa di più importante: strapperà alla sicura morte migliaia di essere umani, tra i quali moltissimi bambini, poveri ed indifesi.
mercoledì, maggio 24, 2006
Le guerre maledette
Non c’è dubbio che, nonostante Convenzioni, Trattati e Accordi internazionali, Carte costituzionali nazionali, nonostante che nel mondo “civile” esistano illuminate correnti di pensiero pacifiste, aperte al dialogo ed alla cooperazione verso tutte quelle nazioni che per vari motivi, politici ed ambientali, si trovano in uno stato di estrema povertà, ancor oggi nel mondo le guerre costituiscono un sanguinoso programma giornaliero che evidenzia con estrema chiarezza quale sia la natura primordiale dell’uomo.
Anni di civiltà buttate al vento da bramosie inconcepibili, spesso frutto di innaturali istinti di supremazia razziale o religiosa, di un mondo che si picca immeritatamente di essere civile.
Mi chiedo spesso come mai non esistano più uomini della levatura del Mahatma Gandhi, la “Grande Anima” dell’India, oggi teatro di guerre e massacri, o, quanto meno, scendendo di qualche gradino, di un Elia Wiesel e Mikhail Gorbaciov, entrambi Nobel per la Pace rispettivamente nel 1986 e 1990.
Quest’ultimo già insignito con tre “Ordine di Lienin”, il vero demolitore del comunismo sovietico !
Con lo specchietto che troverete qui di seguito non voglio dimostrare nulla ma solo richiamare un attimo l’attenzione su molti misfatti che avvengono giornalmente sui quali se non proprio nulla se ne sa molto poco.
Ognuno poi potrà pensarla come meglio crederà opportuno; le cifre, indicate per difetto, si riferiscono ad un anno di guerra, il 2005, ma questa data non è quella dell’inizio né della fine delle ostilità perchè i territori indicati sono da tempo in conflitto permanente che continuano ancora nel corrente anno.
Non ho riportato quelle relative alle guerre del Balcani dell’Afganistan e dell’Iraq, che ci hanno visti direttamente impegnati in vari ruoli; di queste sappiamo quasi tutto ed abbiamo contato anche i nostri morti, purtroppo.
Le guerre nel mondo - 2005
nazioni morti feriti
1. ACECH (Indonesia) 3 5
2. ADEN (Golfo di) 110 3
3. ALGERIA 179 27
4. ANGOLA 548 =
5. BANGADESH 48 225
6. BURUNDI 360 =
7. CABARDINO-BALCARIA (Russia) 150 8
8. CECENIA 2.032 210
9. CENTRAFICANA Repubblica 36 =
10. CHIAPAS 1 =
11. CIAD 365 =
12. COLOMBIA 764 245
13. CONGO BRAZZAVILLE 6 =
14. CONGO Repubblica Democratica 771 24
15. COSTA d'AVORIO 123 =
16. DAGHESTAN (Fed.Russia) 60 14
17. DARFUR 52 8
18. ETIOPIA 406 271
19. FILIPPINE 306 106
20 GUINEA BISSAU 2 12
21. GUINEA EQUATORIALE 45 =
22. HAITI 260 16
23. INDIA 507 664
24. INDIA BANGLADESH 5 =
25. INDIA CENTRALE 16 =
26. INDIA MANIPUR 9 =
27. INDONESIA 242 281
28. INGUSCEZIA 31 6
29. ISRAELE PALESTINA 956 598
30. KASHMIR INDIANO 878 723
31. KENIA 411 89
32. LIBANO 13 10
33. MAURITANIA 45 =
34. MOZAMBICO 4 4
35. NEPAL 856 350
36. NIGERIA 142 35
37. OSSEZIA del SUD (Georgia) 10 =
38. PAKISTAN 157 377
39. PAPUA NUOVA GUINEA 3 28
40. SRI LANKA 70 103
41.SOMALIA 739 170
42. SUDAFRICA 2 =
43. SUDAN 886 30
44.THAILANDIA 100 88
45.THAILANDIA del SUD 14 9
46.TOGO 1.613 15
47. TURCHIA 214 48
48. UGANDA 293 =
49. ZANZIBAR 9 3
50. ZIMBABWE 131 =
Quasi 15.000 morti e 5.000 feriti.
ATTENZIONE: Questi dati, estrapolati dai comunicati settimanali di
"Peace reporter", sono da considerarsi come necessariamente
approssimativi in quanto basati su comunicati emessi dalle forze
belligeranti che non sempre hanno interesse a dire la verità.
Sono avvenuti arresti e deportazioni per ignote destinazioni, stragi
sottaciute, ecc. Il ritrovamento casuale di fosse comuni con un elevato
numero di resti umani costituisce la controprova della minimizzazione
dei risultati di questi luttuosi eventi.
CESSATE IL FUOCO !
martedì, maggio 23, 2006
"la pesante eredità del cavaliere"
- Dalla serie : “ Le pesanti eredità del quinquennio berlusconiano”
1 - La legge n. 30/2003, alias la precarizzazione del mercato del lavoro
A detta di tutti gli esponenti del centrodestra il più bello ed efficace fiore all’occhiello, tra i molti del cospicuo mazzo, del governo Berlusconi sarebbe il benefico effetto ottenuto nel campo occupazionale dall’entrata in vigore della legge Biagi, più correttamente attribuibile all’ex ministro del Welfare, il leghista Maroni, per i motivi che vedremo in prosieguo.
Sono passati quasi tre anni da allora e, nonostante le mirabolanti cifre sparate a raffica in ogni occasione dall’ex capo del governo, al tirar delle somme le statistiche ci dicono che questa legge, così come licenziata dal Parlamento e poi applicata dalle imprese, si sia rivelata come un vero flop anche perché questa più volte elogiata legge è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico in maniera del tutto monca, essendo stata approvata solo parzialmente, mancando quella parte, molto importante, che dava alcune precise garanzie al lavoratore “precario”; mi riferisco alla totale assenza di alcuni istituti di sostegno a questa riforma del mercato del lavoro, gli ammortizzatori sociali, i quali, pur previsti nello studio del suo ideatore, sono stati del tutto ignorati volontariamente, vanificando in tal modo in maniera totale tutto l’impianto del progetto del compianto Prof. Biagi.
Un edificio costruito senza fondamenta non poteva che crollare miseramente; ecco perché sarebbe più consono catalogare questa normativa come “legge Maroni”, responsabile del disastro causato nel campo occupazionale con la valida collaborazione di tutti i componenti del governo di allora e di chi poi l’ha votata in Parlamento.
In buona sostanza, per comprendere il fine di questa riforma voluta fortemente dal “presidente operaio, impiegato ….” basterebbe, al di là delle negative cifre statistiche, riportare le dichiarazioni di alcuni studiosi e dei rappresentanti sindacali che si possono così riassumere: l’unica differenza apportata dalla legge 30/2003 è che mentre nel sistema previgente si poteva ricorrere al lavoro atipico solo in determinati casi alquanto eccezionali adesso le aziende possono ricorrere ai contratti di lavoro flessibili anche per l’ordinaria amministrazione.
E’ certamente lecito chiedersi il perché vennero accantonati i surrichiamati ammortizzatori sociali senza i quali questa legge, stravolta nel suo spirito essenziale - quello di promuovere in contemporanea sia le agevolazioni alle imprese per il rilancio della nostra economia che, sia pure in misura minimale, gli interessi dei lavoratori esposti al rischio di un lavoro non a tempo indeterminato – alla fine si è concretizzata in una potente arma contro la parte più debole, quella dei precari.
Molti ricorderanno come i primi due anni del governo berlusconiano furono letteralmente buttati via perché, in combutta con l’allora presidente di Confindustria Antonio D’Amato, si tentò di abrogare l’art. 18 della Legge 300 del 20 maggio 1970, meglio nota come lo Statuto dei Lavoratori (reintegrazione nel posto di lavoro da parte del giudice per licenziamenti senza giusta causa o giustificato motivo per imprese con più di 15 lavoratori) voluto fortemente dal ministro del lavoro e della Previdenza Sociale Giacomo Brodolini, che introdusse anche l’istituto della pensione sociale.
La pressione del duo Berlusconi - D’Amato non sortì effetto alcuno ma la rivincita governativa non tardò tanto ad affermarsi perché il ministro Maroni subordinò la richiesta di discutere la riforma degli ammortizzatori sociali alla disponibilità sindacale a modificare proprio l’art. 18 di cui sopra !
E dire che stavolta la Confindustria non ebbe a porre anch’essa questa pregiudiziale, preferendo nell’occasione assumere una posizione neutrale!
Oltre all’introduzione della precarietà più becera avrebbero voluto anche la libertà di licenziare anche coloro che avevano un contratto di lavoro a tempo indeterminato !
E’ intuivo come gli ammortizzatori sociali, opportunamente adattati alle innovative tipologie lavorative, fossero del tutto necessari in quanto questi strumenti di sostegno, che avrebbero dovuto garantire un reddito da lavoro quando questo non sarebbe stato percepito, in tutto o in parte, a causa della sospensione temporanea dell’attività, o quando fosse intervenuta, per motivi vari, la risoluzione del rapporto di lavoro; nella stessa denominazione di questi istituti sta la prova della giustezza di quanto prima osservato :
cassa integrazione guadagni;
contratti di solidarietà;
indennità di disoccupazione;
indennità di mobilità;
fondo per lo sviluppo;
lavori socialmente utili.
Ma non è tutto perché, contrariamente a quanto avviene nel resto delle nazioni rientranti nel novero delle potenze industriali, in Italia si è proceduto nel senso opposto perché, assodato da parte del governo e delle forze imprenditoriali che il rilancio del nostro sviluppo dovesse avvenire attraverso un abbattimento dei costi, si è pensato subito a quello del lavoro; questa tendenza è andata generalizzandosi in tutti i settori produttivi ed a farne le spese sono stati naturalmente tutti i nuovi assunti; scelta per due volte scellerata perché da un lato ha contribuito ad aumentare il numero dei nuovi poveri e dall’altro ad una notevole diminuzione della domanda interna non contrastata da quella esterna per via dei costi dei nostri prodotti non opportunamente calmierati da iniziative governative con opportuni patti con le fonti di produzione.
Già nel 2004 la precarietà si è abbattuta sulla testa del 70 % dei nuovi occupati ed ad marzo di quest’anno i lavoratori atipici ammontano a circa 4 milioni, così suddivisi a seconda della tipologia del contratto di lavoro applicato:
· 1.177.000 sono i collaboratori coordinati e continuativi e a progetto;
· 106.000 sono i collaboratori occasionali;
· 311.000 sono i collaboratori con partita Iva;
· 502.000 sono gli assunti (ex interinali) con contratti di somministrazione;
· 400.000 sono gli associati in partecipazione;
· 1.599.000 sono i lavoratori a tempo determinato.
La precarietà nel lavoro è sempre più femminile e adulto:
l’occupazione femminile in un lavoro stabile ha un tasso del 36 % di tutti gli occupati mentre nel lavoro discontinuo è del 49,2 %.
Suddivisi per età si nota come;
il 68% dei collaboratori ha un’età compresa tra i 30 ed i 50 anni e solamente il 21 % ha meno di 30 anni.
I collaboratori, specie nel privato, lavora più di 38 ore la settimana, superiore agli standars normali e nonostante questo pluslavoro, il 46 % ha una retribuzione inferiore ai 1.000 euro al mese mentre il 25 % meno di 800 euro.
Un recentissimo sondaggio lanciato dall’Eurispes ha rilevato come il 37,8 % degli italiani -la metà di età compresa tra i 25 e 34 anni - si trasferirebbe molto volentieri all’estero dove si trovano maggiori opportunità di lavoro e di guadagno.
Questo il quadro dolente determinato dall’introduzione della flessibilità del lavoro ma non ci si ferma qui perché non è valsa nemmeno ad abbattere il c.d. lavoro sommerso che, invece, in tre anni, dal 2002 al 2005 è cresciuto !
Prova ne sia, proseguendo con le cifre statistiche che:
il lavoro autonomo irregolare è passato dal 15,7 al 16,2;
il lavoro dipendente irregolare è passato dal 26 % al 27,9.
E’ dove sta lo scandalo se il nuovo governo di centrosinistra si è proposto di rivedere questa legge che ha, per vari motivi che esamineremo più sotto, prodotto effetti devastanti sia verso i lavoratori che verso le stesse imprese e quand’anche la stessa Confindustria ha rilevato come alcune forme contrattuali promosse da questa legge siano quasi del tutto inutilizzate ?
Dati statistici confindustriali ci dicono che:
· ben poche delle 42 nuove forme contrattuali previste dalla legge 30 sono utilizzate dalle imprese per “la eccessiva flessibilità introdotta dal sistema”;
· solamente il 2,2 % delle imprese ha fatto ricorso ad alcune forme contrattuali previste dalla legge 30, quali il lavoro condiviso e quello a chiamata?
Ma vediamo come questa legge sia punitiva nei confronti dei lavoratori “precari” – l’abbiamo già accennato – sino al punto da rivoltarsi a danno delle stesse imprese.
Due sono i punti problematici da rivedere e sciogliere, ammortizzatori sociali a parte:
1. il trattamento dei lavoratori precari
In termini di convenienza economica è regola universalmente riconosciuta che al maggior rischio della posizione contrattuale corrisponda, a favore del lavoratore, una maggiore contropartita economica; in Italia si sta assistendo al fenomeno opposto ed in più ad un peggioramento, rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, del trattamento in tema di diritti, specie nel campo dei contributi sociali e previdenziali – che condizionano a fine carriera l’ammontare della pensione - e tutela di legge per le malattie, infortuni, maternità, ecc.
Così si spiega che ricercatori anche di elevate capacità si rivolgano al mercato estero dove sono trattati economicamente in maniera decente e dove vi sono laboratori in grado di esperire ricerche, con l’ausilio di macchinari aggiornati alta più avanzata tecnologia, nel campo industriale, energetico, medico e farmaceutico.
In Italia in questo quinquennio non si è pensato ad altro, anno dopo anno, che a tagliare le risorse per le ricerche scientifiche.
2. l’efficienza delle imprese
Non occorre molto per comprendere che un lavoratore assillato da mille problemi nel quotidiano – impossibilità quasi totale di accendere mutui, retribuzione alquanto insufficiente a sbarcare il lunario, difficoltà di crearsi una propria famiglia, ecc… - e proiettati nel futuro – come andrà a finire ? troverò un’altra occupazione ? – rende molto meno di un altro che sa di avere un posto certo e duraturo.
Molti vedono proprio in questi due nodi da sciogliere al più presto il più importante dei motivi che ha contribuito alla deludente crescita della produttività del lavoro da qualche anno a questa parte con la conseguente perdita di competitività delle nostre imprese.
Il passato “attaccamento ai colori dell’azienda” è per i più un sentimento del tutto sconosciuto, il reiterarsi nel tempo di lavori precari alla fine toglie ad ogni lavoratore quel
minimo di slancio verso l’arricchimento professionale che costituiva per il datore di lavoro un riflesso vantaggio in termini di bontà di risultati economici.
La morale di quanto sopra scritto ? Abbiamo:
· giovani preoccupati per il loro futuro, circostanza questa gravissima sotto tutti i punti di vista;
· calo devastante per le nostre imprese dei consumi e, quindi calo impressionante della produzione di beni e sevizi;
· gli investimenti hanno raggiunto l’anno zero;
· aumento della povertà;
· mancanza di fiducia nelle istituzioni dello Stato.
Non si dovrebbe da parte del centrosinistra mettere subito mano su questa problematica ?
Viene difficile capire il perché, salvo che chi continua a lanciare “urbi et orbi” queste opinioni non sia un disfattista di professione
Purtroppo nell’eredità lasciataci da “l’apostata delle istituzioni repubblicane” c’è ancora dell’altro ancor più oneroso per noi tutti:
Ve lo racconterò quanto prima proprio per “il dovere di comunicare”.
lunedì, maggio 22, 2006
Le tradizioni netine
NOTO (SR)
Capitale del barocco, classificata dall'UNESCO come "patrimonio dell'umanità".
Ogni anno si celebra l'avvento dei primi caldi con questa manifestazione che attira migliaia e migliaia di turisti molti dei quali scendono in Sicilia anche per assistere alle rappresentazioni classiche che si svolgono presso il teatro greco della vicina Siracusa.
I temi dell'infiorata cambiano di anno in anno e con i petali dei fiori vengono approntate splendide composizioni; quella che vedete in primo piano raffigura l'aquila reale simbolo della città; i protagonisti più attivi della manifestazione sono gli studenti delle scuole d'arte e circoli privati i cui componenti sono divenuti oramai dei veri e propri artisti tanto da andare ad insegnare questa inusitata espressione artistica sino a Los Angeles.
L'immenso golfo di Noto è, in contemporanea, un altra attrazione molto apprezzata dai turisti; sappiate che proprio in questo golfo le forze anglo - americane, allora "nemiche", effettuarono lo sbarco in Sicilia e la loro flotta navale nascose il mare, tanto imponente era il numero delle navi da sbarco protette da alcune corazzate.
Da qui i marines incominciarono a "liberare" il suolo italiano dal regime nazifascista e proprio a Cassibile, città anch'essa molto vicina a Noto, venne firmato l'armistizio e la fine della belligeranza con le forze americane, le cui fila contavano molti figli di nostri compatrioti, emigrati egli USA, che parlavano perfettamente il dialetto siciliano.
La stupenda costiera, costituita da lunghe distese di sabbia interrotte di tanto in tanto da alcune scogliere, è composta da spiagge stupende ed in particolare, tra tutte le altre, la "zona protetta"di Vendicari che vanta, oltre ad un mare da 5 vele, molte specie di volatili che trovano il loro habitat naturale negli stagni dell'entroterra e rare piante mediterranee, tipiche di questo lembo di terra ancora incontaminata.
Ci sarebbero tante altre cose da dire, per esempio sui prodotti tipici di questa terra, ma credo che bastino queste poche note per far intendere che, una volta arrivati in Sicilia, valga proprio la pena di spingersi sino a Noto.
domenica, maggio 21, 2006
Il "potere di grazia"
CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE TRA I POTERI DELLE STATO
tra
Presidente della Repubblica e Ministro della Giustizia
sulla titolarità del potere di grazia
Fonti giuridiche
art. 87 della Costituzione
“Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi forza di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica”.
art. 89 della Costituzione
“ Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità……..”.
art. 90 della Costituzione
“Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per tradimento o per attentato alla Costituzione”.
art. 27 comma 3 della Costituzione
“ Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Non esiste altra normativa che disciplini questo particolare istituto, qual è quello della grazia, salvo alcuni articoli del Codice Penale e del Codice di procedura penale che attengono, tuttavia, solamente agli effetti che questo “atto di clemenza” produce sulla pena già irrorata in via definitiva dalla magistratura ordinaria.
Giurisprudenza
La Consulta ebbe già in passato ad occuparsi di due vicende la prima analoga a quella ora in esame e la seconda, pur vertente su una diversa fattispecie, contiene un passaggio dove si fa riferimento all’istituto della grazia.
la prima attiene al contrasto insorto tra l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, il quale era propenso a concedere la grazia a Renato Curcio, il leader ed ideologo della brigate rosse, ed il ministro Guardasigilli Claudio Martelli che non ne condivideva il parere. Il conflitto tra i due poteri dello Stato venne portato davanti alla Corte Costituzionale dal ministro che poi ebbe a ritirare il ricorso per cui la Consulta, con l’ordinanza n. 379/91 del 09 10 1991, dichiarò l’estinzione del processo senza entrare nel merito della querelle costituzionale.
nella seconda, ripetiamo, pur riguardando un caso molto diverso, nella sentenza (n. 379/91 del 09 10 91 – estensore il noto giurista Prof . Gallo) la Corte Costituzionale inserisce un passaggio che così recita: “Il provvedimento di grazia è l’effetto della collaborazione fra il potere del Capo dello Stato e quello del competente ministro della Giustizia che controlla l’atto e ne assume la responsabilità…”.
Dottrina
Premesso che gli studiosi di diritto costituzionale erano unanimi nel riconoscere l’esclusività del potere del Presidente della Repubblica a concedere la grazia ad un detenuto che sconta la pena inflittagli a seguito di una sentenza definitiva, passata cioè in “cosa giudicata”, rimaneva invece da verificare se il comportamento omissivo del ministro della Giustizia potesse o meno considerarsi ostativo alla concessione dell’atto di clemenza; ed proprio questo il punto attorno al quale si sono formate due diverse e contrastanti correnti di pensiero.
Da un lato veniva decisamente affermata come indispensabile la dualità dell’atto, quindi la firma congiunta dei due organi costituzionali dello Stato, mentre dall’altro veniva messa in risalto la circostanza secondo la quale, trattandosi di una prerogativa esclusiva del Capo dello Stato, così come quella di eleggere 1/3 dei membri della Corte Costituzionale e della nomina dei senatori a vita, poteva bastare per la sua validità la sola firma del Presidente della Repubblica. Aggiungevano, inoltre, a rafforzamento della loto tesi, come l’atto in discussione non implicasse alcuna responsabilità politica, quella che dovrebbe assumersi il ministro con l’apposizione della sua firma, a carico del Presidente firmatario.
Il contrasto era tuttavia evidente per cui si sentì la necessità di evitare questa tipologia di contrasti con una modifica ad hoc del dettato costituzionale in modo da non lasciare per il futuro alcun dubbio sulla sua interpretazione.
A tanto si pensò di ovviare attraverso la presentazione da parte di Marco Boato di una proposta di legge che avrebbe dovuto eliminare questo pasticcio tecnico – giuridico tra norme costituzionali in conflitto tra loro, non solo in apparenza.
Ma non fu così perché, arenatasi per le lunghe discussioni sul tipo di legge, normale o costituzionale, da adottare per ovviare al succitato contrasto, la proposta di legge Boato venne nel marzo 2004 definitivamente affondata alla Camera con i voti contrari di AN, della Lega e di parte di F.I.
L’antefatto
L’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, dopo aver esaminato la posizione di Bompressi – in precarie condizioni di salute tali da sconsigliare il perdurare della detenzione - e di Sofri, ex leaders di Lotta Continua condannati alla pena detentiva di anni 22 per l’omicidio Calabresi, sin dal 2002 aveva maturato un orientamento favorevole per la concessione in loro favore di un atto di clemenza ma si scontrò subito con il ministro Castelli il quale non condivideva il proposito del Capo dello Stato.
Il Guardasigilli, infatti, con una nota del 24 novembre 2004 indirizzata al Presidente della Repubblica giustificò il suo dissenso scrivendo che non ne condivideva le motivazioni “né sotto il profilo costituzionale né nel merito”.
Ad evitare il conflitto tra poteri dello Stato il Quirinale intese in un primo tempo rinviare il problema nella speranza che venisse approvata dal Parlamento la legge Boato.
Ma, una volta preso atto che questa legge non era passata al vaglio della Camera dei deputati e perdurando il dissenso del ministro che non intendeva ancora predisporre il decreto di concessione della grazia in favore di Bompressi (per Sofri c’era il problema che non aveva voluto presentare la relativa domanda) al Presidente della Repubblica non restò altro che presentare in data 10 giugno 2005, tramite l’Avvocatura Generale dello Stato, un ricorso alla Corte Costituzionale affinché decidesse su questo conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
Come meglio vedremo in prosieguo, è stata proprio con la motivazione contenuta nella sua nota che l’ex ministro si è tirato, come si suole dire, la zappa sui piedi, avendo indebitamente invaso un campo non di sua competenza.
La sentenza n. 200/2006 del 03 05 2006 depositata il 18 maggio 2006 – estensore Alfonso Quaranta-
Incominciamo dal dispositivo di questa lunga, elaborata e dotta sentenza :
“ La Corte Costituzionale dichiara, in accoglimento del ricorso , che non spettava al Ministro della Giustizia di impedire la prosecuzione del procedimento volto all’adozione della determinazione del Presidente della Repubblica relativa alla concessione della grazia ad Ovidio Bompressi e, pertanto, dispone l’annullamento della impugnata nota ministeriale del 24 novembre”.
Per farla breve, la Corte Costituzionale, ravvisando che il thema decidendum riguardasse non tanto la titolarità del potere di concedere la grazia, espressamente attribuita dall’art. 87 al Presidente della Repubblica, bensì le concrete modalità di esecuzione di tale diritto ha espresso alcuni principi che adesso dovranno, per coerenza e necessità, essere introdotti nelle norme costituzionali, che si possono così riassumere:
· “il potere di grazia ha finalità essenzialmente umanitarie……la cui funzione è quella di attuare i valori costituzionali consacrati nel terzo comma dell’art. 27 della Costituzione” tenuto anche conto dell’ineludibile principio desumibile dall’art. 2 della Carta costituzionale ( “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo…) ;
· “ ….determinando l’esercizio del potere della grazia una deroga al principio della legalità il suo impiego debba essere contenuto entro ambiti ben circoscritti determinati a valorizzare soltanto eccezionali esigenze di natura umanitaria …Ciò vale a superare il dubbio – al quale ha fatto riferimento lo stesso Guardasigilli nella nota….- che il suo esercizio possa dare luogo ad una violazione del principio di eguaglianza consacrato nell’art. 3 della Costituzione
( “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”);
· “ ….la giurisprudenza della Corte, induce a ritenere .....come oramai consolidato l’orientamento che, con implicito riferimento al principio della separazione dei poteri, esclude ogni coinvolgimento di esponenti del Governo nella fase dell’esecuzione delle sentenze penali di condanna…”
· viene espressamente riconosciuto la possibilità che “…la grazia sia concessa anche in assenza di domanda o proposta..”;
· “ In ogni caso l’iniziativa potrà essere assunta direttamente dal Presidente della Repubblica al quale da tempo è riconosciuto tale potere”.
· “ ..un eventuale rifiuto da parte del ministro precluderebbe , sostanzialmente, l’esercizio del potere di grazia con conseguente menomazione di una attribuzione che la Costituzione conferisce – quanto alla determinazione finale – al capo dello Stato”.
· nel caso normale di richiesta di grazia da parte del condannato, essendo il ministro il titolare dell’istruttoria da lui demandata all’autorità giudiziaria competente la sua firma riveste carattere “sostanziale”, trattandosi di un atto di tipo governativo;
· se invece è il Capo dello Stato ad assumere l’iniziativa per la concessione dell’atto di clemenza il Guardasigilli, in caso di sua non condivisione, potrà solamente rendere note al Presidente della Repubblica “le ragioni di legittimità o di merito che, a suo parere, si oppongono alla concessione del provvedimento ma deve controfirmare il decreto concessorio”. In tal caso la firma riveste solamente un carattere formale perché attesta “la regolarità e completezza dell’istruttoria e del procedimento seguito.
Vi sono ancora altre puntualizzazioni ma crediamo che già queste possano bastare per
fare intendere come il potere “eccezionale” della concessione della grazia ad un condannato, come affermato dalla Consulta, non possa che essere di competenza assoluta di una persona super partes , rappresentante dell’unità nazionale , al di fuori di ogni “indirizzo politico-governativo”; in buona sostanza all’unica figura istituzionale “imparziale”.
La sentenza, chiarita la titolarità, la tipologia e la funzione dell’atto di grazia, indica anche precise regole procedurali cui attenersi per evitare ulteriori contrasti in questo delicato campo, delineando con assoluta precisione il confine tra la competenza del Capo dello Stato e del Guardasigilli.
sabato, maggio 20, 2006
La libertà di espressione del proprio pensiero
giovedì, maggio 18, 2006
Riflessioni positive
Molto tempo fa un amico mi inviò una mail con allegata questa specie di parabola; non so dirvi da quale sito l'abbia tratta.
E' di tutta evidenza come, alle volte, alcuni casuali episodi che ti toccano personalmente possano cambiare non dico la tua vita ma ti fanno tanto riflettere sino al punto di aprire il tuo animo verso il prossimo e guardarlo con occhi diversi. Capisci cioè che non sempre lo sconosciuto che ti sta accanto è uno di cui non ti puoi fidare perchè può avere un'anima migliore della tua.
L'esempio dei biscotti
Una ragazza stava aspettando il suo volo nella sala d'attesa dell'aeroporto. Siccome avrebbe dovuto aspettare per molto tempo decisa di comprare un libro da leggere; acquistò anche un pacchetto di biscotti.
Si sedette nella sala VIP per stare più tranquilla, accanto a lei c'era un signore che leggeva il giornale. Iniziò a leggere il suo libro e quando prese il primo biscotto anche il signore ne prese uno: lei si sentì stupita e irritata, ma continuò a leggere il suo libro, pensando "Ma tu guarda questo maleducato, se solo avessi un po' più di coraggio gli direi il fatto suo!".
Così, ogni volta che lei prendeva un biscotto, l'uomo accanto con perfetta disinvoltura ne prendeva uno anche lui. Continuarono così finché rimase un solo biscotto e la ragazza pensò: "Ah, adesso voglio proprio vedere cosa mi dice quando saranno finiti tutti!".
L'uomo prese l'ultimo biscotto e lo divise a metà.
"Questo è troppo" penso lei e sbuffò indignata, prese le sue cose e se ne andò.
Quando si sentì un po' meglio e la rabbia fu sbollita, si sedette da un'altra parte e ripose il libro nella borsa... accorgendosi che il suo pacchetto di biscotti era ancora lì tutto intero! Sentì tanta vergogna e comprese che il pacchetto di biscotti uguale al suo era di quel signore che aveva diviso con lei i biscotti senza indignarsi, mentre lei si era sentita offesa e ferita nell'orgoglio...
Morale
Quante volte in vita nostra avremo mangiato i biscotti di un altro senza saperlo?
Prima di arrivare ad una conclusione affrettata e prima di giudicare male le persone GUARDIAMO ATTENTAMENTE le cose; spesso non sono come sembrano!
Ci sono cose nella vita che non si recuperano, tra queste:
una pietra dopo averla lanciata
una parola dopo averla detta
un'opportunità dopo averla persa
il tempo dopo che è trascorso
l'amore dopo che si è rovinato
Qualcuno una volta ha detto:
"Lavora come se non avessi bisogno dei soldi
Ama come se non avessi mai sofferto
Balla come se nessuno ti stesse guardando
Canta come se nessuno ti stesse ascoltando
Vivi come se il Paradiso fosse qui sulla Terra".
Già ma la vita terrena, oggi, per milioni e milioni di persone è un inferno, altro che paradisi in terra!!
E tutto per colpa di poche persone.
L'ossimoro dei cattolici del centrodestra
“QUI SI ENTRA PER AMARE DIO E DA QUI SI ESCE PER AMARE IL PROSSIMO”.
Ma quanti dei molti parrocchiani se ne sono accorti ?
In quindici parole è racchiuso quanto di meglio si può dire in tema di solidarietà, di rispetto dei diritti umani specie nei confronti dei più deboli e dai più bisognosi.
Ma Italia succede di tutto ed in perfetta sintonia con la frase di cui sopra ecco pronte, negli ultimi cinque anni appena trascorsi, una serie di provvedimenti che contraddicono pienamente questa nobile enunciazione; a cominciare dalla legge Bossi – Fini
Ne sono state approvate, forse, anche di peggiori, ma quello che stupisce è che questa legge sia stata approvata da tutta l’attuale maggioranza, compresi i c.d. cattolici schierati nel centro destra con in testa il sig. Buttiglione e da tutti coloro che si definiscono cattolici osservanti, legati anche a movimenti molto vicini alle gerarchie ecclesiastiche.
Appare anche ambiguo il comportamento di alcuni eminenti rappresentanti della Curia romana che, per certi versi, ebbe ad accogliere con favorevole benevolenza l’avvento in politica del…nuovo “Messia”, il migliore di tutti, più volte autoproclamatosi come l’unico vero erede di De Gasperi.
Solo che quest’ultimo andò a concludere il trattato di pace con camicie dal collo sdrucito (certo si era nell’immediato dopoguerra) ma neanche dopo aver assunto un ruolo di prestigio nella storia italiana ebbe a comprarsi a ripetizione ville a destra ed a manca; visse come un qualunque mortale, governando anche con chi non apparteneva al proprio credo politico ma che aveva combattuto a fianco dei cattolici nella lotta per la liberazione: così fu ricostruita l’Italia !
Parebbe che sino ad ieri sia accaduto tutto il contrario.
Forse per propria catarsi personale, Fini, rivestiti i panni del “figliol prodigo” ha, alla guisa di San Paolo, un colpo di fulmine, ed ecco lanciare la sua proposta di legge che doveva consentire l’elettorato attivo e passivo agli immigrati “regolari”; ciò anche se una eguale proposta era stata già presentata da deputati del centro – sinistra.
Le finalità di questa mossa vennero individuate in un tentativo di mettere con le spalle al muro qualche personaggio della maggioranza.
E’ assai probabile che Fini, ricordandosi improvvisamente il detto evangelico “ è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli” abbozzò una manovra di siluramento del suo capo perché non voleva finire come l’altro all’inferno.
Meditate gente, meditate.
mercoledì, maggio 17, 2006
La foto dell'anno - Premio "Press Photo Award" 2004
Accade spesso di trovare nelle sale di attesa degli studi medici una serie di riviste, alcune delle quali di vecchia data ed è quello che mi è accaduto di recente allorchè mi sono dovuto recare dal mio dentista, senza aver fissato preventivamente il dovuto appuntamento, per una improvvisa nevralgia.
Ho dovuto attendere un bel po' di tempo e, dopo aver fissato alternativamente il soffitto ed il viso incupito di una persona che attendeva il suo turno, annoiato mi decisi di prendere la prima rivista che mi capitò sotto mano, alquanto sgualcita: era una edizione particolare perchè, fra le tante altre, pubblicava anche tutte fotografie partecipanti al premio "Press Photo Award".
La mia attenzione, da annioiata che era, fu subito catturata dalla foto che precede questo mio scritto, scattata dal fotografo indiano della Reuters, ARKO DATTA, raffigurante una donna, anch'essa indiana, miracolosamente scampata alla furia devastatrice dello tsumani, che, disperata, piange i suoi parenti vitteme incolpevoli di quel cataclisma.
Come non rimanere commossi alla vista della materializzazione di uno dei più angoscianti e crudeli sentimenti che in detrminate occasioni può albergare nell'animo umano: la disperazione ?
Ho tentato di riandare indietro nel tempo per ricordare a me stesso quel disastroso evento accaduto il 26 dicembre 2004 ma ho fatto fatica a rammentare, sia pure in via approssimativa, quanto meno i dati relativi al numero delle vittime; sia per me che per molti di noi il ricordo di questa tragedia è divenuto giorno dopo giorno un evento accantonato nell'anfratto più remoto della nostra memoria sebbene, devastazione dell'eco sistema a parte, i morti ed i dispersi furono più di 500.000!
Ritornato a casa decisi di documentarmi e sia attraverso una ricerca telematica che presso la biblioteca comunale sono riuscito a raccogliere i dati che mi interessavano ed a scoprire anche un qualcosa di stupefacente.
Tra morti e dispersi: 243.000 persone per l'Indonesia, 36.000 per lo Sri Lanka, 16.000 per la Thailandia ed 8.000 per l'India.
La reazione a livello mondiale fu immediata e verso questa "regione" vennero da più parti indirizzati molti soccorsi umanitari nonchè sovvenzioni in danaro, tra le quali anche molti fondi raccolti attraverso sottoscrizioni da parte di singoli cittadini: cifre alquanto sostanzione destinate alla ricostruzione.
Il tempo passa ed ai più lo tsunami viene oramai ricordato come un maledetto evento storico, specie da parte di quelli che avevano aderito ad una delle varie sottoscrizioni più per una sorta di rito liberatorio di colpe non commesse che per effettivo slancio di solidarietà verso popolazioni duramente colpite.
Ma, fortunatamente, c'è sempre qualcuno che fa a cercare il pelo nell'uovo, andando così a verificare se i fondi promessi fossero stati effettivamente inviati e, nell'affermativa, come e con quali criteri distribuiti; così vengono scoperti alcuni "altarini".
A seguito a questa indagine è stata elaborata una singolare statistica che ha evidenziato come un notevole flusso di denaro sia stato fatto confluire verso alcune nazioni per fini che con quello umanitario avevano ben poco da dividere.
Secondo l' "Office for Coordination of Humanitarian Affaires (Ocha) " delle Nazioni Unite, la cifra raccolta ammontava a circa 6 miliardi di dollari USA dei quali i 2/3, 4 miliardi di dollari, venne destinato indistintamente a tutte le "regioni " colpite mentre il rimanente, 1/3 pari a circa 2 miliardi, venne fatto confluire ai singoli Stati sulla base di percentuali rapportate al numero dei morti accertati.
In particolare, della somma di 4 miliardi di dollari USA, venne così distribuita:
- il 69% all'Indonesia;
- il 27% allo Sri Lanka;
- il 4% alle altre nazioni colpite.
- il Giappone, all'intera "regione"sinistrata ha devoluto solamente il 37% dei propri aiuti mentre il rimante più sostanzioso 63% ha preso la via delle Maldive; parrebbe che tale squilibrio sia stato determinato dall'intenzione del Paese donante di costituirsi un controllo strategico sull'intera zona maldiviana ritenuta nodo di estrema importanza per il tyrasporto del petrolio;
- l'Australia solo il 6% all'intera "regione" colpita ed il rimanente 94% all'Indonesia; motivo, non propriamente tanto occulto ? Il tentativo di ricomporre le relazioni diplomatiche con l'Indonesia alquanto deteriorate in seguito all'intervento australiano a supporto del movimento di indipendenza di Timor Est nel 1999.
Per quanto mi riguarda non posso che ringraziare quell'improvvisa nevralgia senza la quale ancor oggi avrei creduto nell'esistenza della Befana.
domenica, maggio 14, 2006
L'Italietta di ieri e domani ?
La ricerca di fonti alternative per l’energia
Compatibilmente con il tempo libero che ho a disposizione mi piace ascoltare al mattino la trasmissione radiofonica su Rai 3 “Prima pagina”.
Un giornalista legge alcune notizie pubblicate sulle prime pagine dei maggiori quotidiani italiani e, quindi, la parola passa agli ascoltatori che prenotano il loro intervento telefonando ad un numero verde; alle domande poste risponde un giornalista: un tal giorno era il turno di Corrado Calabrò, scrittore, autore di poesie, magistrato amministrativo ed attualmente Presidente della Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni. .
Ogni ascoltatore, anteponendo il fatto, esplicita poi un quesito al quale il giornalista deve rispondere; questo il fatto:
“ Il fisico Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica nel 1984, chiamato dal governo Zapatero,nlascia l’Italia per trasferirsi in Spagna dove dovrà predisporre un piano per aumentare il già esistente patrimonio di un 30% di energia solare. Tale determinazione è stata necessitata dal continuo aumento del prezzo del petrolio. La Germania - a detta dell’intervenuto - avrebbe già superato, di tale energia alternativa , questa soglia”.
Domanda: “l’Italia cosa sta facendo in proposito ? Sta tentando di avvicinarsi a questi livelli o di avvicinarci, all’incontrario, ai Paesi del terzo mondo ? “
Risposta di Calabrò: “ Premesso che vi sono Paesi del terzo mondo molto più avanti, su questo problema della ricerca di energie alternative, dell’Italia; il problema è che nel nostro Paese i fondi destinati per la ricerca scientifica sono alquanto carenti”.
Calabrò continuò poi affermando che la fuga dei cervelli all’estero non sarebbe in sé e per sé un male se tra i nostri scienziati operanti in Italia e quelli, italiani e stranieri, operanti all’estero si instaurasse, come in ogni altro Paese del mondo, un continuo collegamento in modo da potersi scambiare le reciproche esperienze.
Tre scienziati, un cinese, un indiano ed un francese, laureatisi in una università transalpina, pur lavorando rispettivamente in USA, Russia e Germania, quasi quotidianamente si scambiano i risultati delle loro ricerche. In Italia, carenze a parte, non accade nulla di tutto questo.
Comunque la questione fondamentale è che da noi la ricerca scientifica è del tutto snobbata”.
A questo punto mi è ritornato in mente un fatterello assurto qualche tempo prima agli onori delle cronache italiane.
Trattato da più quotidiani, tanto per citarne solo uno per brevità , eccovi il titolo apparso sul Corriere della Sera del 2 agosto 2005.
L’ingegnere fantasma disse: Il Nobel Rubbia ? Un somaro.
Regis, neo vice-commissario Enea: in Italia non risulta laureato
Rubbia venne cacciato proprio per volere di un emerito sconosciuto, uno dei tanti senza titolo portati avanti da questo attuale governo sbatte fuori un Nobel !
Però Claudio Regis, soprannominato “Valvola” per avere una certa dimestichezza con le televisioni private (TeleBiella) è un ex senatore della Lega Nord.
Nel suo curriculum indica d’aver studiato presso l’Ecole Polytechnique di Friburgo che, però, venne fondata allorché il nostro “genio” aveva di già 34 anni!
In Italia non c’è traccia alcuna della sua laurea in ingegneria anche se alcuni articoli apparsi sulla rivista on line KRONOS portano la firma di “Claudio Regis – ingegnere Enea”.
C’è però traccia di un suo rinvio a giudizio per calunnia nei confronti del segretario della Lega Nord di Vercelli (Francesco Borasio), di una condanna per il furto di una “sega per marmi” e di altra per vilipendio delle istituzioni (“I magistrati sono come i maiali: se ne tocchi uno si mettono ad urlare tutti” ebbe a profferire l’emergente politico).
Espulso poi dall’aula del Senato per aver pronunciato nel corso di una seduta “ Aveva ragione chi invocava la legge Merlin per chiudere questo Parlamento: è un bordello”
Con questi titoli nel dicembre 2003, su designazione della ministra della Pubblica Istruzione, il nostro uomo viene inserito nel Consiglio di Amministrazione dell’Enea !”.
E di cosa ci stupiamo quando il nostro stesso ex Premier tentava di tranquillizzarci dicendo che le cose andavano bene !
Infatti, in pochi anni, in ogni campo siamo precipitati negli ultimi posti delle classifiche stilate volta per volta da Enti specializzati.
Troppo comodo per uno, come affermato più volte dallo stesso interessato, che passava sul “lavoro” venti ore al giorno ! Per fare cosa ?
Ed adesso cosa ci toccherà vedere ?
I problemi da esaminare e poi risolvere sono talmente tanti ed alquanto pesanti che l’impresa dei nuovi governanti non sarà facile; l’augurio è che ci pongano mano tempestivamente, approfittando anche del venticello favorevole che spinge al rialzo l’economia europea, anche se noi partiremo dagli ultimi posti, specie in quanto a produttività.
Alcuni partiti, che avranno dei loro rappresentanti nel costituendo Governo, hanno da tempo nei loro siti proposto alcuni sondaggi tra i quali uno riguardante le opinioni degli internauti su quali fossero, tra i molti problemi oggettivamente importanti, quelli da risolvere in via prioritaria; quasi dappertutto è venuta fuori la seguente classifica:
1- riforma della Legge 30 onde garantire ai giovani un posto di lavoro senza aspettare i soliti quattro/cinque anni di “apprendistato” a stipendi assolutamente ridicoli ed ai cinquantenni che lo perdono per vari motivi, a loro non imputabili, la possibilità di “riciclaggio” in altre strutture pubbliche o private;
2- il rilancio della nostra economia, partendo dall’abbattimento del debito pubblico, dell’inflazione, avendo cura di eliminare tutte le posizioni monopolistiche esistenti in molti settori sia della produzione che dei servizi e del sistema distributivo dei beni destinati al consumo; (la pubblicità costa, eccome!! e chi la paga ?)
3- assistenza agli anziani, specie disabili, aumentando l’importo delle pensioni minime ad un livello atto a garantire un minimo di vivibilità;
4- potenziamento della scuola pubblica di ogni ordine e grado, oramai ridotta alla stregua di un ghetto, con conseguente aumento di fondi per le ricerche negli istituti universitari;
5- riforma della “Giustizia” per garantire anche l’accelerazione dello svolgimento dei procedimenti civili e penali, questi ultimi destinati oggi, con l'entrata in vigore di alcune nuove leggi berlusconiane, a concludersi con declaratoria della prescrizione dei reati contestati;
6- una seria riforma delle prassi burocratiche ancora vigenti presso la Pubblica Amministrazione;
7- potenziamento delle Forze dell’Ordine in modo da renderle in grado di presidiare il territorio nazionale onde svolgere con più accuratezza il versante relativo alla prevenzione dei reati che, più della fase repressiva, infonde quel senso di tranquillità sociale necessario per una effettiva convivenza civile;
8- non ultima poi, a mio modesto parere, il potenziamento della ricerca scientifica diretta allo studio di fonti alternative dell’energia, oggi basata quasi esclusivamente sul petrolio e gas.
Sarà un compito immane anche perché l’ex Premier ha annunciato, in maniera del tutto eversiva, lo sciopero delle tasse che, a quel che sembra, prima era lo slogan dei “proletari” ed oggi dei nababbi; non possiamo che sperare in una svolta clamorosa rispetto al recente passato.
Uno strano trapianto
“Cleveland, cinque uomini e sette donne si sottopongono al test della dottoressa Siemionow che guiderà l’intervento.
Trapianto di faccia, pronti i candidati- Al via gli esami per scegliere la persona da operare: 12 in lizza”.
Questo è tale e quale il titolo dell’articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica alla fine dello scorso anno..
La notizia, alquanto accattivante, meritava un approfondimento e mi sono dato subito da fare; un lavoro minuzioso che ha fatto emergere alcuni antefatti tenuti accuratamente nascosti: documentazione fatta inopinatamente rientrare tra i segreti di Stato.
Poiché è compito del giornalista portare a conoscenza della pubblica opinione l’effettiva verità sui fatti, eccovi quanto sono riuscito a scoprire, rovistando tra i documenti degli archivi statali e le bobine delle conversazioni telefoniche transoceaniche registrate dai Servizi Segreti.
Ho appurato così che oltre ai 12 candidati dai quali verrà selezionato la persona da operare ne esiste una 13^ che, a motivo di una raccomandazione proveniente addirittura dal Presidente degli Stati Uniti, verrà operata per prima in tutta segretezza senza alcuna trafila.
Il retroscena.
Il Presidente Bush, convinto dai suoi consiglieri che il suo grande amico italiano Berlusconi aveva oramai perso la faccia a motivo della sua mania di propinare in giro per il mondo battute infelici ed una montagna di bugie, si decide a prendere in mano il telefono azzurro, quello donatogli dal padre padrone di Forza Italia, collegante in linea diretta Casa Bianca – Palazzo Chigi, attivando così un immediato colloquio confidenziale con il nostro Premier:
- Parla Bush: “ Hellò Silvio, sono George ! Ma cosa mi combini, perché continui a fare promesse che sai di non poter poi mantenere, a raccontare barzellette insulse che nessuno capisce ed a cantare, corna alla mano, canzonette da quattro soldi ? I sondaggisti di mia fiducia e tutti i miei ministri, compresa quella dal nome sbagliato dal padre – è una vera e propria dolcezza quando digrigna i denti – sono convinti che oramai sei completamente fottuto. Ti si presenta adesso un’unica possibilità per salvarti dal completo disastro cui, continuando così, andrai incontro alle prossime elezioni politiche: devi cambiare faccia e presentarti agli elettori come se fossi un altro. Potrebbero abboccare ancora una volta, non avete per caso anche voi un proverbio che dice “Non c’è due senza il tre?”. Vieni in USA e cambia faccia con un bel trapianto, tanto di tuo di originale hai oramai ben poco”.
-Risponde Berlusconi: “My dear, tu sai che io mi fido di te in tutto e per tutto ma non ti nascondo che ho una fifa matta a sottopormi ad un simile trapianto, ho letto anch’io qualcosa in proposito, anzi me l’ha letta Letta”
-Bush: “L’hai letta due volte ? Bravo, so che delle notizie USA non ti perdi neanche una virgola altrimenti come fai a scimmiottarci? A proposito di scimmie, debbo confidarti un segreto segretissimo che riguarda la mia persona. Io da piccolo non ero tanto bello ma coltivavo sempre la speranza di migliorare col passare del tempo; purtroppo le cose non andavano per il verso giusto ed io, arrivati ad un certo punto, decisi di essere l’antesignano del trapianto di faccia, altrimenti come avrei potuto presentarmi come candidato Governatore ?”.
- Berlusconi, una volta ripresosi dalla notizia appena appresa: “ Ma cosa mi dici, ma sei proprio sicuro della riuscita del trapianto ?”.
- Bush : “Ti invierò la prova via fax, due foto che raffigurano le mie due diverse facce quelle del prima e del dopo il trapianto. Sono sicuro che domani stesso tu sarai qui da me per i preventivi rituali accertamenti clinici”.
Arriva il fax di Bush e Berlusconi, presane visione, fa decollare immediatamente l’aereo presidenziale verso la Casa Bianca.
La storia continua; il nostro Premier è stato già trapiantato ma non si conosce ancora l’esito dell’intervento chirurgico.
Radio fante ha diffuso in giro la voce che la nuova divin faccia ricoprente la vecchia, per un piccolo contrattempo sorto in sala operatoria, non è più bianca ma di colore marrone, non il colore tipico dei meticci tanto cari al suo amico Pera, ma di appartenenza a tutt’altra specie non umana anche se prodotta dagli umani.
Da allora in poi, dicono i più noti profeti, il nostro verrà chiamato e ricordato da tutti come “faccia di m…..”; subdoli impertinenti, cosa avete pensato ? Lo so, anch’io in un primo momento c’ero cascato ma in realtà, nonostante la perfetta somiglianza di colore, il sig. B passerà alla storia come l’ex premier dalla “faccia di m….eticcio”.
Come mai ex ? Perché non sempre le ciambelle riescono col buco.
L’unico buco che è riuscito a realizzare è, purtroppo, quello del debito pubblico; ma sarà soddisfatto lo stesso in quanto tale buco è enorme, tutto sommato proporzionato alla sua incapacità di governare l’Italia.
lunedì, maggio 08, 2006
Alla ricerca di me stesso
Sono ridisceso con entusiasmo in quella terra che più volte in passato mi ha aiutato a sciogliere molti nodi della mia esistenza; ed anche stavolta ho cercato di ritrovare me stesso.
Ho immerso lo sguardo sin nelle profondità di quel mare a me oramai familiare, un manto d'azzurro chiazzato di verde, ma invano.
Ho spinto allora la vista lontano sino al punto in cui non c'è più differenza tra cielo e mare in quanto fusi in un abbraccio perenne che spalanca le porte dell'infinito, ma mi sono smarrito.
Ho cercato allora di scrutare in me stesso, scavando sin nel più profondo dell'intimo, ma è stato inutile, tanto era buio il percorso intrapreso; nube su nube, l'un l'altra sovrapposte, oscuravano ogni più remoto angolo di questo cammino dentro me stesso, determinando quel nulla totale senza ritorno.
In realtà, allorchè il passato supera il futuro, vai sempre più avvicinandoti al nulla; ed è proprio questa la risposta che ho trovato !
Le luci della tua esistenza, una dopo l'altra, vanno rapidamente spegnendosi in modo perverso ma naturale.
Non ti resta oramai che prepararti a quel buio totale che conseguirà allo spegnimento dell'ultima fiammella.
Da quel momento in poi nulla resterà più di te se non un mesto ricordo in quei pochi che ti hanno voluto veramente bene per quel poco di buono che sei riuscito ad esprimere nel corso della tua vita.
E forse è questo il segno della sopravvivenza.
domenica, maggio 07, 2006
sabato, maggio 06, 2006
Il male del secolo
Spulciando tra le molte carte accumulate in alcuni cassetti della scrivania ho ritrovato questa storiella imperniata su quella che viene definita da molti studiosi di medicina come una tra le malattie del secolo: l’obesità !
Infatti, recenti sondaggi hanno evidenziato come nelle società a più alto livello del benessere l’obesità sia una delle piaghe, difficili da sconfiggere, che incide in senso negativo su ogni portatore di questo malanno che sta diventando sempre più epidemico perché sino ad oggi questo problema è stato sempre affrontato in maniera assai blanda.
In Italia, alcuni studi che hanno affrontato l’argomento hanno accertato che d’obesità soffre il 6 % degli uomini ed il 7% delle donne.
Poiché in base all’ultimo censimento del 2001, i cui risultati definitivi sono stati resi noti dall’Istat solamente alla fine del 2005, la popolazione maschile ammonta a 28.068.602 e quella femminile a 29.819.637, come risultato si ha un numero di 1.684.116 obesi maschi e di 2.087.374 di obese per un totale complessivo di 3.771.490 di ciccioni, senza poi tenere in conto dei così detti sovrappeso, individui oramai giunti alla soglia dell’obesità.
A suo tempo il nostro solerte ex ministro della Sanità, al secolo lo “Storace controlla urine degli olimpionici”, non poteva non interessarsi, tra aviaria e provette per l’antidoping, anche di questo enorme problema ed ha colto i due classici piccioni con una fava, disponendo che, con effetto immediato, tutte le ASL dislocate su l’intero territorio nazionale venissero dotate di bilance elettroniche sulle quali ogni cittadino, a partire dai 6 anni d'età, avrebbe dovuto sottoporsi, almeno una volta al mese, al rito della pesatura alla presenza di funzionari ministeriali con pene severissime, tra le quali anche quella accessoria di un potente clistere ovvero di una buona purga, ad ogni inadempiente.
E a chi barava sul peso ?
A fronte dei piagnistei dei magistrati e dell’intero popolo del centro sinistra per l’abolizione del reato relativo al trucchetto del falso in bilancio, cui era ed è particolarmente affezionato un personaggio di spicco della politica italiana, nonchè per eliminare drasticamente questa fenomenologia considerata un vero e proprio attentato alla salute pubblica propose un disegno di legge che avrebbe dovuto introdurre nel nostro ordinamento penale un nuovo reato, quello di FALSO IN BILANCIA.
Ma che geniale è stato questo nostro ex ministro , un vero e proprio ministrone ! o minestrone ?
Dall’idea si è passati subito a dei test e c’è stato subito qualcuno che si è dato da fare per convenientemente spiegare questa nuova tipologia di reato al popolo intero, inondando di manifesti tutta l’Italia.
Tanto per non far perdere agli italiani il vizio di assumere purganti, medicina atta a ripristinare la salute pubblica nel famoso ventennio molto caro ad alcuni odierni ministri tra i quali il paladino anti-obesi.
Meno male che lo hanno fatto dimettere a tempo, prima che questa legge venisse approvata, a causa di alcune notizie su presunti pedinamenti di avversari politici e di illecite immissioni nei segreti di alcuni archivi telematici romani.
Col senno di poi potremmo oggi affermare che, probabilmente, avrebbe meglio speso il suo tempo nel prendere in esame quei molti casi, centuplicati dal 2001 in poi, di persone sottopeso le quali, a forza di tirare la cinghia, sono divenute in pochi mesi dei veri e propri scheletri viventi.
venerdì, maggio 05, 2006
La Corte Costituzionale compie 50 anni
La Costituzione della Repubblica Italiana, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 298 del 27 dicembre 1947, entra in vigore a far tempo dal 01 gennaio 1948.
Nel suo titolo VI - relativo alle "Garanzie Costituzionali"- all'art. 134 prevede e regolamenta l'attività di un organismo il cui scopo è quello di giudicare:
a- sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
b- sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;
c- sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica ed i Ministri...
La sua composizione consta di 15 giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, un terzo dal Parlamento in seduta congiunta ed un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrativa.
Il suo effettivo insediamento avviene però solamente nel 1956 dopo che ebbe a prestare giuramento in data 15 dicembre 1955 il sen. avv. Enrico De Nicola il quale, successivamente, in data 23 gennaio 1956 venne eletto Presidente della Corte Costituzionale, altrimenti chiamata come Consulta dal nome del palazzo in cui prese sede, appunto il Palazzo della Consulta.
La prima udienza pubblica avvenne il 23 aprile 1956 e inizialmente il lavoro cui dovette sobbarcarsi fu immane perchè venne chiamata a decidere sulla legittimità costituzionale o meno di molte norme o di interi testi di legge creati e promulgati nel corso del ventennio fascista.
Prime fra tutte, com'era lecito prevedere, molte norme del codice penale che, dal nome del Guardasigilli dell'epoca, venne chiamato "Codice Rocco" e del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza.
La dottrina si accapigliò subito nel tentativo di scioglire un nodo fondamentale dalla soluzione del quale dipendeva la sorte di molte leggi fasciste indubbiamente, ictu oculi, contrastanti con la già vigente Costituzione Repubblicana.
Il punto nodale era se la Corte Costituzionale avesse competenza decisionale solamente sulle leggi di futura emanazione ovvero anche per quelle previgenti all'entrata in vigore della Carta Costituzionale.
La Consulta, come si potrà rilevare dalla sua sentenza n. 1 del 1956, sciolse il dilemma facendo propria la seconda ipotesi.
Quale documento storico di rilevante importanza riporto qui di seguito il testo integrale della suddetta sentenza perchè fa oramai parte del nostro patrimonio culturale e dalla sua lettura possa comprendersi la differenza intercorrente tra un regime democratico ed un regime dittatoriale cui somiglia in molte cose l'ultimo nostro quinquennio.
Giova ricordare che la pronuncia di incostituzionalità di una norma o di una intera legge non ha effetto ex tunc, cioè dal momento della pronuncia in poi, ma ex nunc cioè viene espulsa dal nostro ordinamento giuridico sin dal momento della sua entrata in vigore; in poche parole, una norma giudicata in costituzionale è come se non fosse mai esistita.
Ed ecco il testo integrale della surrichiamata sentenza, un atto storico.
SENTENZA N. 1
ANNO 1956
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Avv. ENRICO DE NICOLA, Presidente
Dott. GAETANO AZZARITI
Avv. GIUSEPPE CAPPI
Prof. TOMASO PERASSI
Prof. GASPARE AMBROSINI
Prof. FRANCESCO PANTALEO GABRIELI
Prof. ERNESTO BATTAGLINI
Dott. MARIO COSATTI
Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO
Prof. ANTONINO PAPALDO
Prof. MARIO BRACCI
Prof. NICOLA JAEGER
Prof. GIOVANNI CASSANDRO, Giudici,
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 113 T.U. delle leggi di p.s. approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza 27 dicembre 1955 del Pretore di Prato nel procedimento penale a carico di Catani Enzo, rappresentato e difeso nel presente giudizio dagli avv. Vezio Crisafulli e Giuliano Vassalli, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 del 28 gennaio 1956 ed iscritta al n. 2 Registro ordinanze 1956;
2) ordinanza 27 dicembre 1955 del Pretore di Prato nel procedimento penale a carico di Masi Sergio, rappresentato e difeso nel presente giudizio dall'avv. Massimo Severo Giannini, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 del 28 gennaio 1956 ed iscritta al n. 3 Reg. ord. 1956;
3) ordinanza 13 gennaio 1956 del Pretore di Siena nel procedimento penale a carico di Ferruzzi Cesare, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35 dell'11 febbraio 1956 ed iscritta al n. 15 Reg. ord. 1956;
4) ordinanza 20 gennaio 1956 del Tribunale di Macerata nel procedimento penale a carico di Madoni Ernerio ed altro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35 dell'11 febbraio 1956 ed iscritta al n. 18 Reg. ord. 1956;
5) ordinanza 23 gennaio 1956 del Pretore di Orvieto nel procedimento penale a carico di Pacelli Corrado, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48 del 27 febbraio 1956 ed iscritta al n. 8 Reg. ord. 1956;
6) ordinanza 27 gennaio 1956 del Tribunale di Rossano nel procedimento penale a carico di Gismondi Florinda ed altro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48 del 27 febbraio 1956 ed iscritta al n. 11 Reg. ord. 1956;
7) ordinanza 16 gennaio 1956 del Pretore di Mantova nel procedimento penale a carico di Bonfà Angiolino, rappresentato e difeso nel presente giudizio dagli avv. Ellenio Ambrogi e Piero Calamandrei, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 del 12 marzo 1956 ed iscritta al n. 49 Reg. ord. 1956;
8) ordinanza 24 gennaio 1956 della Corte d'Appello di Milano nel procedimento penale a carico di Alti Ambrogio, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 62 Reg. ord. 1956;
9) ordinanza 24 gennaio 1956 della Corte d'Appello di Milano nel procedimento penale a carico di Gandini Carlo, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 63 Reg. ord. 1956;
10) ordinanza 24 gennaio 1956 della Corte d'Appello di Milano nel procedimento penale a carico di Zanaletti Luigi ed altro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 64 Reg. ord. 1956;
11) ordinanza 12 gennaio 1956 del Tribunale di Vigevano nel procedimento penale a carico di Bonardi Giuseppe ed altro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 67 Reg. ord. 1956;
12) ordinanza 11 gennaio 1956 del Pretore di Livorno nel procedimento penale a carico di Sturla Pietro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 del 28 gennaio 1956 ed iscritta al n. 4 Reg. ord. 1956;
13) ordinanza 11 gennaio 1956 del Pretore di Livorno nel procedimento penale a carico di Raugi Luigi, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 del 28 gennaio 1956 ed iscritta al n. 5 Reg. ord. 1956;
14) ordinanza 17 gennaio 1956 del Pretore di Catania nel procedimento penale a carico di Gozzo Giuseppe, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 77 del 30 marzo 1956 ed iscritta al n. 9 Reg. ord. 1956;
15) ordinanza 17 gennaio 1956 del Pretore di Monsummano Terme nel procedimento penale a carico di Querzola Primo, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 13 Reg. ord. 1956;
16) ordinanza 27 gennaio 1956 del Pretore di Busto Arsizio nel procedimento penale a carico di Almasio Mario ed altro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 16 Reg. ord. 1956;
17) ordinanza 23 gennaio 1956 del Tribunale di Vicenza nel procedimento penale a carico di Dalle Nogare Antonio, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 17 Reg. ord. 1956;
18) ordinanza 30 gennaio 1956 del Tribunale di Forlì nel procedimento penale a carico di Mazzani Augusto, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 20 Reg. ord. 1956;
19) ordinanza 25 gennaio 1956 del Pretore di Gioia del Colle nel procedimento penale a carico di Vasco Giuseppe, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 21 Reg. ord. 1956;
20) ordinanza 25 gennaio 1956 del Tribunale di Messina nel procedimento penale a carico di Bongiorno Leonida ed altri, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 23 Reg. ord. 1956;
21) ordinanza 23 gennaio 1956 del Tribunale di Asti nel procedimento penale a carico di Vogliolo Giovanni, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 29 Reg. ord. 1956;
22) ordinanza 8 febbraio 1956 del Pretore di Poppi nel procedimento penale a carico di Sassoli Arnaldo ed altro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 33 Reg. ord. 1956;
23) ordinanza 8 febbraio 1956 del Pretore di Salerno nel procedimento penale a carico di Botta Carmine, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 58 del 9 marzo 1956 ed iscritta al n. 34 Reg. ord. 1956;
24) ordinanza 8 febbraio 1956 del Pretore di Cento nel procedimento penale a carico di Biondi Bruno, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 del 12 marzo 1956 ed iscritta al n. 35 Reg. ord. 1956;
25) ordinanza 20 gennaio 1956 del Pretore di Firenze nel procedimento penale a carico di Dini Renato ed altro, rappresentati e difesi nel presente giudizio dagli avvocati Domenico Rizzo e Massimo Severo Giannini, Costantino Mortati e Achille Battaglia, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 37 Reg. ord. 1956;
26) ordinanza 9 febbraio 1956 del Tribunale di Genova nel procedimento penale a carico di Nati Ezio, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 58 del 9 marzo 1956 ed iscritta al n. 40 Reg. ord. 1956;
27) ordinanza 9 febbraio 1956 del Pretore di Foggia nel procedimento penale a carico di Tatarella Giuseppe, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 del 12 marzo 1956 ed iscritta al n. 41 Reg. ord. 1956;
28) ordinanza 25 gennaio 1956 del Pretore di Livorno nel procedimento penale a carico di Sturla Pietro, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 56 Reg. ord. 1956:
29) ordinanza 1 febbraio 1956 della Corte d'Assise di Terni nel procedimento penale a carico di Picchiami Dario ed altri, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 3 marzo 1956 ed iscritta al n. 65 Reg. ord. 1956.
30) ordinanza 20 gennaio 1956 del Pretore di Orbetello nel procedimento penale a carico di Carobbi Mario Cesare, rappresentato e difeso nel presente giudizio dagli avvocati Ennio Graziani e Francesco Mazzei, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 64 del 16 marzo 1956 ed iscritta al n. 75 Reg. Ord. 1956:
Viste le dichiarazioni di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udita nell'udienza pubblica del 23 aprile 1956 la relazione del Giudice dott. Gaetano Azzariti;
Uditi gli avvocati Costantino Mortati, Francesco Mazzei, Massimo Severo Giannini, Vezio Crisafulli, Giuliano Vassalli, Achille Battaglia, Federico Comandini, Piero Calamandrei ed infine il vice avvocato generale dello Stato Marcello Frattini.
Ritenuto in fatto
La questione di legittimità costituzionale, che forma oggetto dei trenta giudizi promossi con le ordinanze sopra elencate, é unica e fu sollevata nel corso di vari procedimenti penali (alcuni in primo grado, altri in appello) che si svolgevano a carico di persone alle quali erano imputate trasgressioni al precetto dell'art. 113 del T.U. delle leggi di p.s. per avere o distribuito avvisi o stampati nella pubblica strada, o affisso manifesti o giornali, ovvero usato alto parlanti per comunicazioni al pubblico, senza autorizzazione del l'autorità di pubblica sicurezza, com'é prescritto nel detto articolo, o anche, nonostante il divieto espresso di tale autorità. A tutti perciò era contestata contravvenzione punibile a norma dell'articolo 663 Cod. pen. modificato con D.L. 8 novembre 1947, n. 1382.
In uno dei procedimenti penali all'imputato era invece contestato il reato di omissione di atti di ufficio provveduto dall'art. 328 Cod. pen. in quanto, nella sua qualità di vice Sindaco, in assenza del Sindaco, aveva omesso di provvedere alla rimozione di manifesti che erano stati affissi senza l'autorizzazione della pubblica sicurezza, nonostante le sollecitazioni a lui rivolte dal Comandante della stazione dei carabinieri.
In questi procedimenti penali il difensore dell'imputato o il Pubblico Ministero o entrambi sollevarono la questione sulla legittimità costituzionale dell'art. 113 della legge di p.s. in quanto l'autorizzazione ivi prescritta contrasterebbe con l'art. 21 della Costituzione, il quale dichiara che "tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione" (primo comma) e che "la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure" (secondo comma). In conseguenza chiedevano e il giudice disponeva la sospensione del procedimento penale e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione di legittimità.
Sono così trenta ordinanze (18 di Pretori, 8 di Tribunali, 3 di Corti di appello e 1 di Corte di assise): ciascuna regolarmente notificata ai sensi di legge, comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
In conformità dell'art. 15 delle Norme integrative per i giudizi davanti a questa Corte, le trenta cause promosse con dette ordinanze sono state chiamate nella stessa udienza del 23 aprile 1956 - secondo l'ordine cronologico delle notifiche - per essere congiuntamente discusse.
In tutte le ordinanze é osservato sostanzialmente che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 113 della legge di p.s. non può dirsi manifestamente infondata perché, nonostante il prevalente indirizzo della giurisprudenza della Corte di cassazione a favore della perdurante efficacia del menzionato art. 113, le decisioni non di rado contrastanti delle magistrature di merito e le discussioni in dottrina dimostrano che si verte in materia quanto meno controversa.
In una delle ordinanze si aggiunge ancora, riportando i motivi esposti nella istanza di difesa, che il contrasto dell'art. 113 della legge di p.s. con i principi espressi nella Costituzione renderebbe illegittima la disposizione legislativa, anche se fosse ammessa la natura meramente programmatica e non precettiva dell'art. 21 della Costituzione.
Solo in cinque dei trenta giudizi promossi con le dette ordinanze vi é stata costituzione delle parti e precisamente: di Catani Enzo (ordinanza del Pretore di Prato 27 dicembre 1955); di Masi Sergio (ordinanza dello stesso Pretore in pari data); di Bonfà Angiolino (ordinanza del Pretore di Mantova del 16 gennaio 1956); di Dini Renato (ordinanza del Pretore di Firenze 20 gennaio 1956); di Carobbi Mario Cesare (ordinanza del Pretore di Orbetello 20 gennaio 1956).
I loro difensori, nelle deduzioni depositate nella cancelleria, chiedono tutti che la Corte dichiari l'illegittimità costituzionale dell'art. 113 della legge di p.s. e di quelle altre disposizioni legislative la cui illegittimità, a giudizio della Corte, debba derivare come conseguenza dell'adottanda decisione.
In tutti i giudizi vi é stato poi intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato e difeso, come per legge (articoli 20 e 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87), dall'avvocato generale dello Stato, il quale, in via principale, sostiene che nei riguardi della legislazione anteriore alla Costituzione non v'ha luogo a giudizio di legittimità costituzionale, perché le norme precettive della Costituzione importano abrogazione delle leggi anteriori che siano con essa incompatibili e la relativa dichiarazione é di competenza esclusiva del giudice ordinario; mentre le norme costituzionali di carattere programmatico non importano difetto di legittimità di nessuna delle leggi vigenti anteriori alla Costituzione.
In via subordinata, chiede poi che sia dichiarato non sussistere incompatibilità tra l'art. 21 della Costituzione e l'art. 113 T.U. delle leggi di p.s. e 663 del Cod. pen., con conseguente affermazione di legittimità costituzionale di queste disposizioni.
Queste due tesi sono poi svolte e riaffermate energicamente nella successiva memoria dell'Avvocatura dello Stato; ma con pari vigore sono combattute nelle memorie avversarie, dove, specialmente in ordine alla tesi principale, si sostiene che l'art. 21 della Costituzione ha carattere spiccatamente precettivo e non pro grammatico e che, in ogni caso, non bisogna fare confusione tra il problema dell'abrogazione delle leggi e quello della illegittimità costituzionale, il quale secondo problema sorge proprio quando l'abrogazione della legge sia stata esclusa e renda così necessaria la pronunzia della Corte Costituzionale.
In ordine poi al contrasto tra l'art. 113 della legge di p.s. e l'art. 21 della Costituzione, i difensori delle parti assumono che tale contrasto é evidente e perciò l'illegittimità costituzionale dell'art. 113 deve essere dichiarata dalla Corte costituzionale.
Nella discussione orale le varie tesi sono state confermate da ciascuna delle parti; ed inoltre da uno dei difensori é stato anche sostenuto che l'intervento del Presidente del Consiglio non sarebbe ammissibile, sia perché avvenuto senza preventiva deliberazione del Consiglio dei Ministri, sia perché la materia della pubblica sicurezza rientrerebbe nella competenza amministrativa del Ministero dell'Interno e non già della Presidenza del Consiglio, mancante perciò di interesse.
Considerato in diritto
Poiché, come si é detto, unica é la questione di legittimità costituzionale che forma oggetto dei trenta giudizi proposti con altrettante ordinanze, la Corte ravvisa opportuno che la decisione nei giudizi riuniti abbia luogo con unica sentenza.
É superfluo fermarsi sulle argomentazioni fatte durante la discussione orale per contestare l'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri. Le disposizioni della legge 11 marzo 1953, n. 87 sono chiarissime nel prescrivere che i giudizi di legittimità costituzionale promossi con ordinanza si svolgano in contraddittorio non solo di coloro che sono parti nella causa che ha dato origine alla questione di legittimità, ma anche - quale che sia il contenuto della legge impugnata, se pure relativo a materie di competenza di singoli Ministeri - del Presidente del Consiglio, in relazione al duplice effetto che la pronuncia della Corte costituzionale é destinata ad avere, sia specificamente per la causa in corso, sia generalmente erga omnes. Appunto per questo l'art. 23 della stessa legge impone la notificazione dell'ordinanza che promuove il giudizio così alle dette parti come al Presidente del Consiglio dei Ministri e gli artt. 20 e 25 regolano, insieme con la rappresentanza e la costituzione delle parti, anche la rappresentanza e l'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri. Questo intervento ha quindi un carattere suo proprio, come mezzo di integrazione del contraddittorio prescritto dalla legge, e si distingue nettamente dall'istituto dell'intervento regolato dal codice di procedura e dalle norme processuali della giustizia amministrativa. Né dall'uno né dalle altre é lecito perciò dedurre qualsiasi elemento che possa valere per l'intervento del Presidente del Consiglio nei giudizi davanti alla Corte costituzionale e vano riesce qualsiasi sforzo dialettico in senso contrario.
In ordine alla questione di competenza sollevata dall'Avvocatura dello Stato, é innanzi tutto da considerare fuori di discussione la competenza esclusiva della Corte costituzionale a giudicare sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi é degli atti aventi forza di legge, come é stabilito nell'art. 134 della Costituzione. La dichiarazione di illegittimità costituzionale di una legge non può essere fatta che dalla Corte costituzionale in conformità dell'art. 136 della stessa Costituzione.
L'assunto che il nuovo istituto della "illegittimità costituzionale" si riferisca solo alle leggi posteriori alla Costituzione e non anche a quelle anteriori) non può essere accolto, sia perché, dal lato testuale, tanto l'art. 134 della Costituzione quanto l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, parlano di questioni di legittimità costituzionale delle leggi, senza fare alcuna distinzione, sia perché, dal lato logico, é innegabile che il rapporto tra leggi ordinarie e leggi costituzionali e il grado che ad esse rispettivamente spetta nella gerarchia delle fonti non mutano affatto, siano le leggi ordinarie anteriori, siano posteriori a quelle costituzionali. Tanto nell'uno quanto nell'altro caso la legge costituzionale, per la sua intrinseca natura nel sistema di Costituzione rigida, deve prevalere sulla legge ordinaria.
Non occorre poi fermarsi ad esaminare se e in quali casi, per le leggi anteriori, il contrasto con norme della Costituzione sopravvenuta possa configurare un problema di abrogazione da risolvere alla stregua dei principi generali fermati nell'art. 15 delle Disp. prel. al Cod. civ. I due istituti giuridici dell'abrogazione e della illegittimità costituzionale delle leggi non sono identici fra loro, si muovono su piani diversi, con effetti diversi e con competenze diverse. Il campo dell'abrogazione inoltre é più ristretto, in confronto di quello della illegittimità costituzionale, e i requisiti richiesti perché si abbia abrogazione per incompatibilità secondo i principi generali sono assai più limitati di quelli che possano consentire la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una legge.
Affermata la competenza di questa Corte, si può passare all'esame della questione di legittimità costituzionale proposta con le ordinanze sopra indicate.
Se le disposizioni dell'art. 113 della legge di p.s. possano coesistere con le dichiarazioni dell'art. 21 della Costituzione é questione che ha già formato oggetto di moltissime pronuncie della Magistratura ordinaria e di numerosi scritti di studiosi.
Ma la questione é stata posta, quasi esclusivamente, sotto il profilo della abrogazione dell'art. 113 per incompatibilità con l'articolo 21 della Costituzione e le discussioni si sono svolte principalmente sul punto se le norme dettate in questo ultimo articolo fossero da ritenere precettive di immediata attuazione o programmatiche.
Anche nel presente giudizio queste discussioni sono state riprese dalle parti. Ma non occorre fermarsi su di esse né ricordare la giurisprudenza formatasi in proposito, perché la nota distinzione fra norme precettive e norme programmatiche può essere bensì determinante per decidere della abrogazione o meno di una legge, ma non é decisiva nei giudizi di legittimità costituzionale, potendo la illegittimità costituzionale di una legge derivare, in determinati casi, anche dalla sua non conciliabilità con norme che si dicono programmatiche, tanto più che in questa categoria sogliono essere comprese norme costituzionali di contenuto diverso: da quelle che si limitano a tracciare programmi generici di futura ed incerta attuazione, perché subordinata al verificarsi di situazioni che la consentano, a norme dove il programma, se così si voglia denominarlo, ha concretezza che non può non vincolare immediatamente il legislatore, ripercuotersi sulla interpretazione della legislazione precedente e sulla perdurante efficacia di alcune parti di questa; vi sono pure norme le quali fissano principi fondamentali, che anche essi si riverberano sull'intera legislazione.
Pertanto é il contenuto concreto delle norme dettate nell'articolo 21 della Costituzione e il loro rapporto con le disposizioni dell'art. 113 della legge di p.s. che dovranno essere presi direttamente in esame, per accertare se vi sia contrasto dal quale derivi la illegittimità costituzionale di queste ultime disposizioni.
Per escludere che contrasto vi sia, é stato da qualcuno asserito che bisogna distinguere tra manifestazione del pensiero, la quale deve essere libera, e la divulgazione del pensiero dichiarato, della quale non é menzione nella Costituzione. Ma tale distinzione non é consentita da alcuna norma costituzionale.
Tuttavia é da rilevare, in via generale, che la norma la quale attribuisce un diritto non escluda il regolamento dell'esercizio di esso.
Una disciplina delle modalità di esercizio di un diritto, in modo che l'attività di un individuo rivolta al perseguimento dei propri fini si concili con il perseguimento dei fini degli altri, non sarebbe perciò da considerare di per sé violazione o negazione del diritto. E se pure si pensasse che dalla disciplina dell'esercizio può anche derivare indirettamente un certo limite al diritto stesso, bisognerebbe ricordare che il concetto di limite é insito nel concetto di diritto e che nell'ambito dell'ordinamento le varie sfere giuridiche devono di necessità limitarsi reciprocamente, perché possano coesistere nell'ordinata convivenza civile.
É evidentemente da escludere che con la enunciazione del diritto di libera manifestazione del pensiero la Costituzione abbia consentite attività le quali turbino la tranquillità pubblica, ovvero abbia sottratta alla polizia di sicurezza la funzione di prevenzione dei reati.
Sotto questo aspetto bisognerebbe non dubitare della legittimità costituzionale dell'art. 113, se il conferimento del potere ivi indicato all'Autorità di pubblica sicurezza risultasse vincolato al fine di impedire fatti che siano costitutivi di reati o che, secondo ragionevoli previsioni, potrebbero provocarli.
Ma é innegabile che nessuna determinazione in tale senso vi é nel detto articolo, il quale, col prescrivere l'autorizzazione, sembra far dipendere quasi da una concessione dell'autorità di pubblica sicurezza il diritto, che l'art. 21 della Costituzione conferisce a tutti, attribuendo alla detta autorità poteri discrezionali illimitati, tali cioé che, indipendentemente dal fine specifico di tutela di tranquillità e di prevenzione di reati, il concedere o il negare l'autorizzazione può significare praticamente consentire o impedire caso per caso la manifestazione del pensiero.
É vero che questa ampiezza di poteri discrezionali é stata notevolmente ridotta dal successivo decreto legislativo 8 novembre 1947, n. 1382, il quale consente ricorso al Procuratore della Repubblica contro i provvedimenti dell'Autorità di pubblica sicurezza che abbiano negata l'autorizzazione, disponendo che la decisione del Procuratore della Repubblica sostituisca a tutti gli effetti l'autorizzazione predetta.
Ma, ciò nonostante, la indeterminatezza originaria rimane e quindi così per l'autorità di pubblica sicurezza come per l'organo chiamato a controllarne l'attività a seguito di ricorso continua a sussistere una eccessiva estensione di poteri discrezionali, non essendo in alcun modo delineata la sfera entro la quale debbano essere contenuti l'attività di polizia e l'uso dei poteri di questa.
La Corte costituzionale deve perciò dichiarare la illegittimità costituzionale dell'art. 113 del T.U. delle leggi di p.s., fatta eccezione per il comma 5), dove é disposto che "le affissioni non possono farsi fuori dei luoghi destinati dall'autorità competente" la quale ultima disposizione non é comunque in contrasto con alcuna norma costituzionale e può mantenere la sua efficacia.
Quanto alle altre disposizioni dettate nel ricordato articolo, la dichiarazione di illegittimità non implica che esse non possano essere sostituite da altre più adeguate le quali, senza lesione del diritto di libera manifestazione del pensiero enunciato nell'art. 21 della Costituzione, ne regolino l'esercizio in modo da evitarne gli abusi, anche in relazione alla espressa disposizione dettata nell'ultimo comma dello stesso art. 21 e, in generale, per la prevenzione dei reati. É stato già osservato che la disciplina dell'esercizio di un diritto non é per sé stessa lesione del diritto medesimo. Del resto, la scarsa aderenza di alcune disposizioni della legge di p.s. ai principi e alle norme della Costituzione sopravvenuta ha già da molto tempo indotto gli organi competenti a studiare una conveniente revisione della legge di p.s.; e parecchi disegni di legge sono stati a questo scopo presentati così alla Camera dei Deputati come al Senato della Repubblica, l'ultimo dei quali ha pure recentemente avuto l'esame della competente Commissione senatoria. É quindi desiderabile che una materia così delicata sia presto regolata in modo soddisfacente con una disciplina adeguata alle nuove norme della Costituzione.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 113 della legge di p.s. si ripercuote naturalmente sull'art. 1 del decreto legislativo 8 novembre 1947, n. 1382, che é con esso strettamente collegato; mentre non può essere dichiarata altresì l'illegittimità costituzionale dell'art. 663 del Cod. pen. e dell'art. 2 del menzionato decreto legislativo 8 novembre 1947, che lo ha modificato, perché le sanzioni stabilite nel detto art. 663 Cod. pen. si riferiscono non già esclusivamente al caso di fatti compiuti senza l'autorizzazione richiesta dall'art. 113 della legge di p.s., ma in generale alla inosservanza delle varie leggi che espressamente lo richiamano.
É, peraltro, chiarissimo che le disposizioni del detto art. 663 Cod. pen., in quanto sono riferibili al precetto dell'art. 113 della legge di p.s., non solo diventeranno inoperanti, ma dovranno essere considerate anche esse travolte dalla dichiarazione di incostituzionalità delle disposizioni del medesimo articolo, anche agli effetti particolari indicati nell'ultimo comma dell'art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
pronunciando con unica sentenza nei giudizi riuniti indicati in epigrafe:
1. - Afferma la propria competenza a giudicare sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge anche se anteriori alla entrata in vigore della Costituzione;
2. - Dichiara l'illegittimità costituzionale delle norme contenute nei commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7 dell'art. 113 del T.U. delle leggi di p.s. approvato con decreto 18 giugno 1931, n. 773 - per la violazione delle quali la sanzione penale é preveduta dall'art. 663 Cod. pen. modificato con l'art. 2 del decreto legislativo 8 novembre 1947, n. 1382 - e di conseguenza dell'art. 1 del decreto legislativo 8 novembre 1947, n. 1382, salva la ulteriore disciplina per l'esercizio del diritto riconosciuto dall'art. 21 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 1956.
ENRICO DE NICOLA, PRESIDENTE
GAETANO AZZARITI, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 14 giugno 1956.