La novità di questi ultimi tempi, semmai, è che alcuni episodi – rappresentanti la peggiore espressione del “bullismo” – siano accaduti all’interno delle mura scolastiche, così come un tempo avvenivano all’interno delle caserme tra militari con una certa anzianità di servizio e le reclute.
Noto un certo parallelismo tra questi due filoni di gratuite angherie nella capacità da parte di chi agiva nell’occultare od a mimetizzare gli accaduti, spesso con l’omertosa forzata accondiscendenza delle vittime di turno.
Ritengo, infatti, come questa insana moda – che oggi interesserebbe nelle vesti di vittime ben 8 studenti su 10 - risalga a vecchia data ma che solo adesso sia esplosa all’attenzione della pubblica opinione non tanto per qualche delazione anche anonima o denunce articolate bensì per la circostanza che questi bravacci, oramai presi da una forma di autoesaltazione delle loro “imprese”, hanno ritenuto di dover fare un altro passo avanti, esibendo le scene dei loro atti , filmati con i cellulari, all’attenzione del mondo degli internauti, servendosi degli appositi programmi telematici.
L’esibire al pubblico, attraverso varie forme di comunicazione, le modalità con le quali vengono messi in atto determinati atti criminosi ed i loro risultati pratici costituiscono per molti il movente principale della consumazione di un reato alla persona o all’onore di una ben determinata persona; per costoro, infatti, non è tanto il commettere l’atto delinquenziale a soddisfare la propria personalità bensì il potersi vantare di averlo commesso, con l’intento non tanto recondito di voler dimostrare di possedere un potere superiore rispetto a tutto il resto della comunità in cui vive; è l’io posso far tutto ma tu no, confortato in ciò dalla consapevolezza, vera o meno che sia, di poterla fare sempre franca.
L’accanimento è rivolto sempre nei riguardi di coloro che vengono ritenuti dagli altri come i migliori in ogni campo d’azione lecito o dei più deboli; mai uno scontro diretto, per evidente codardia, tra due “bulli” della stessa stazza fisica, salvo che non sia il “branco” a muoversi compatto..
Il voler coinvolgere alcuni docenti in uno “scandalo”, poi, rappresenta un atto di ribellione e di disprezzo nei confronti della “autorità”, anche se gli insegnanti di oggi, salvo rare eccezioni, non hanno, come un tempo, la bacchetta in mano pronta a colpire i propri allievi.
Quello che allarma è che quasi tutti gli atti di bullismo in generale siano organizzati da ragazzi di famiglie “bene”; gli altri hanno di già problemi ben più importanti cui pensare.
Anche qui la famiglia latita, il figlio viene dato in gestione alla scuola salvo poi andare, almeno uno dei genitori, assieme al ragazzo a picchiare l’insegnante per un giudizio ritenuto non aderente alla personalità dello studente.
Per concludere, se non fosse che in questi casi si vada a sconfinare in un campo “vietato” da leggi penali potremmo definire tutti questi personaggi come dei “disadattati”, quindi come insofferenti od incapaci di essere eguali agli altri nella normalità di una vita interpersonale.
Tanti sono gli episodi ma, per non farla tanto lunga credo che ne bastino pochi per ben mettere a fuoco lo stato mentale in cui versano moltissimi ragazzi:
un certo Alessandro, alunno di seconda media, durante la ricreazione si avvicina ad un tal Luca e, torcendogli con una mano il braccio destro dietro la schiena, con l’altra gli punta la lama di un coltellino alla gola costringendolo a urlare davanti ad un gruppo di compagni:
“Sono il tuo schiavo e tu sei il mio padrone”!
Un gratuito atto di violenza fisica e morale penalmente perseguibile se non fosse che l’autore di questo deprecabile episodio non sia un soggetto imputabile, ai sensi dell’art. 97 del Codice Penale, per non aver ancora compiuto 14 anni; ma il marchio rimane per sempre.
Cosa racconterà un domani ai suoi eventuali figli, come li educherà ?
C’è da rimanere letteralmente esterrefatti; questo Alessandro, puntando evidentemente su una sua maggiore prestanza fisica rispetto a quella di Luca, nonostante il cammino compiuto nei secoli dall’intera umanità in tutti i campi, è rimasto invece al palo, vive ancora nell’età della pietra; non scommetterei un solo centesimo sulla sorte di questo aggressore evidentemente ossessionato anche lui da una mania di onnipotenza.
E’ facile prevedere, allorché si giunge a queste forme di auto-esaltazione per dimostrare con specifici esempi la propria superiorità agli altri studentelli, come ci sia oramai ben poco da sperare sul risultato di una eventuale rieducazione di questo ragazzo quantunque ancora dodicenne.
Tralascio altri esempi perché gli episodi di bullismo, in ogni ambiente, sono oramai talmente tanti da non rappresentare più una notizia da prima pagina: oggi fanno oramai parte della nostra normalità quotidiana in quanto abbiamo una grande capacità di assuefazione a qualsiasi evento, anche a quelli più turpi e crudeli, purchè non tocchi a noi od alla nostra famiglia.
L’altruismo, la solidarietà sono oggi doti morali da santi e non da uomini “normali”.
Come al solito si sta scavando per mettere a nudo le radici di questo fenomeno ma è doveroso puntualizzare come le famiglie oggi lascino troppo spazio alle iniziative di questi ragazzi, mai un richiamo all’ordine, mai impartita una seria educazione anche quella civica: un vero e proprio lassismo nei confronti dei propri figli, un delittuoso abdicare al loro ruolo primario di genitori – educatori; in molti hanno affidato la delega ad altri, ad estranei all’ambito familiare entro il quale si dovrebbero invece coltivare giorno dopo giorno i principi di una sana educazione.
La scuola, affermano in molti, deve fare anche lei la sua parte, certo, ma come cultura generale e particolare; ma non può certo imporre in pochi anni un certo tipo di educazione morale e civile a qualcuno cui non ha avuto in famiglia certi insegnamenti sia con parole affettuose che con i fatti.
L’educazione di un ragazzo deve partire sin dalla nascita ed essere attentamente seguita anno dopo anno; non può essere imposta a forza di sberle e calci nel sedere, è un’opera continuativa e difficile, certo, da costruire pezzo su pezzo e molti genitori si rendono conto della difficoltà di questa impresa ma insistono, altri ci rinunciano subito con l’alibi di non essere all’altezza del loro compito.
Parlando con alcuni di questo genitori rinunciatari, pur comprendendo sotto certi aspetti le loro difficoltà – lavoravano entrambi i coniugi per necessità economiche - alla fine, per concludere, dissi loro:
“Se vi do una mela marcia per curarla riuscireste voi a farla ritornare integra e sana ?”
E lo stesso avviene a scuola che, al limite, i maestri ed insegnanti una educazione la possono in certi casi imporre ai ragazzi, ma una volta usciti dall’aula chi avrà cura di loro ?
Un giorno la maestra di uno dei miei figli, incontrata casualmente per strada, mi invitò in classe perché voleva farmi leggere il testo di un tema scritto da un bambino avente come oggetto “Parlami dei tuoi genitori”.
Siamo alla terza elementare e la maestra, avendo ereditato la classe da un'altra insegnante, aveva dato questo compito per conoscere meglio in quale ambiente vivessero i suoi nuovi alunni.
Allora io ero assessore e mi era stata affidata, tra le altre, anche la delega ai Servizi Sociali.
Questo il succo di quanto scritto dallo scolaro, figlio unico.
La domenica mattina mio padre - un operaio dell’Alfa Romeo - mi porta con lui al bar dove gioca a carte con i suoi amici ed io bevo l’aranciata: all’ora di pranzo si ritorna a casa e dopo mangiato mio padre si addormenta ed io con lui.
A parte il rapporto alquanto discutibile col padre, chiesi se il bambino fosse orfano di madre; macchè mi risponde la maestra ed è anche priva di occupazione, avendo perso il posto di lavoro.
Della mamma nel tema non veniva fatto alcun cenno, come se non esistesse.
Mi feci fare una fotocopia del tema ed il successivo lunedì tramite la dirigente dell’assessorato
Feci convocare l’equipe degli assistenti sociali, dipendenti dalla USSL – Unità socio sanitaria locale – per discutere il caso e per verificare se ve ne fossero altri eguali a loro conoscenza.
Il ragazzo, parlando con il padre, lo feci iscrivere al Centro Coni – settore calcio giovanile- ed il continuo rapporto con altri bambini lo rese più aperto e più attento anche alle lezioni in classe.
Adesso è padre di due bei bambini e non li molla, nel tempo libero, un istante.
Penso oggi cosa sarebbe accaduto senza quella maestra, l’interessamento dell’equipe Socio-Sanitaria, l’allenatore dei pulcini della società sportiva, di quel ragazzo ora padre felice.
E’ il momento che lo Stato non pensi solo a punire ma anche a creare in ogni città, attraverso le Amministrazioni locali, le condizioni che possano consentire da una parte il recupero di talune situazioni anomale come quella di cui sopra e dall’altra siano d’appoggio sia ai genitori che alla stessa scuola, una specie di linea educativa univoca da parte di più operatori in cui ogni componente dia il suo contributo per la parte che le compete.
Verso le 3 di notte squilla il mio telefono; è la Questura di Milano che mi dice di andare in Fatebenefratelli per ritirare l’autovettura che mi era stata rubata.
Una pattuglia aveva bloccato ed arrestato il ladro, un ragazzo diciottenne che l’indomani sarebbe stato giudicato in Pretura per direttissima.
Sono dovuto andare e con mia grande meraviglia appresi che il ladro risiedeva vicino casa mia, aveva passato tutta la notte in guardina ed era in attesa di giudizio nella gabbia degli imputati.
Intanto che si svolgevano gli altri processi notai che fior di delinquenti, arrestati in flagranza di reato nel corso della notte, avevano la compagnia dei familiari ma il mio vicino di casa era solo.
Parlando col capo pattuglia della Mobile esternai il mio stupore nel vedere il ragazzo solo soletto sebbene non fosse rientrato a casa per una intera notte; ma che genitori aveva mi chiesi.
Anche stavolta parlai con gli assistenti sociali perché credevo fosse un caso meritevole di attenzione; loro lo conoscevano bene, era un delinquente abituale ed infatti trovai all’interno dell’auto attrezzi da scasso, un randello ed un bel mazzo di chiavi.
Anche qui la famiglia assente.
Occorre dare risposte serie a questi casi puntando sulla prevenzione ed in circostanze come quelle ora raccontate la prevenzione si chiama serio intervento educativo.
Le condanne in sede penale sono inevitabili ma una volta espiata la pena si ritorna al punto di prima.
L’educazione così come la democrazia non possono essere imposte con la forza; debbono nascere nel cuore di ogni persona attraverso una costante sensibilizzazione.
Comunque apprezzabili sono anche alcune iniziative assunte da parte di qualche istituzione come per esempio la Prefettura di Cuneo.
Ma questo lo vedremo nella terza parte.
lunedì, aprile 23, 2007
Il fenomeno del bullismo II^ parte
IL BULLISMO nella SCUOLA
II^ parte
Fine II^ parte
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