sabato, agosto 05, 2006

Ipotesi di modifica della nostra Costituzione - 2


Respinta e spazzata decisamente via dai NO della stragrande maggioranza dei votanti la c.d. “devolution,” l’Unione adesso incomincerà ad allacciare un dialogo con le forze politiche dell’attuale opposizione onde verificare se esistano o meno le condizioni per trovare una ipotesi di accordo che consenta, con una larga maggioranza parlamentare, di intervenire su alcune norme della nostra Costituzione che, col trascorrere del tempo, vanno rivelandosi oramai come poco adeguate all’attuale struttura delle nostre istituzioni.
Anche l’esperienza maturata in questi cinquantotto anni e passa dalla sua entrata in vigore (01 gennaio 1948) ci ha fatto intendere come sia oramai necessaria una rimodulazione di alcuni articoli che hanno creato, anche nella loro interpretazione, alcuni conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato, tenendo altresì in massimo conto come alcuni Istituti voluti dalla Costituzione stessa siano stati realizzati in concreto in prosieguo di tempo senza che l’Italia avesse mai avuto in passato precedenti in materia cui ispirarsi: mi riferisco in particolare alla Corte Costituzionale (1956) ed al decentramento attraverso la creazione delle Regioni a Statuto ordinario (1970).
Ho di già anticipato quali siano i tre punti fondamentali che dovrebbero costituire la base per l’inizio del dialogo tra i due maggiori attuali schieramenti politici:
gli articoli relativi ai “Principi fondamentali”, regolanti i diritti ed i doveri dei cittadini, sono da considerarsi come “inviolabili” quali che siano le coalizioni politiche a governare nel tempo il nostro Paese.
intangibilità della forma repubblicana dello Stato, già dichiarata dall’art. 139 come esclusa da qualsiasi revisione costituzionale.
la necessità della maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, anche attraverso un solo turno di votazione in ognuna delle due Camere, per l’approvazione di leggi costituzionali e per la loro modifica.
Una volta approvata la norma di cui al punto 3 si potrà porre mano:
A) con leggi costituzionali:
per una revisione del titolo V° ( Le Regioni, le Province, i Comuni), già in parte modificato dalla legge 14 giugno 1990, n.158 attinente l’autonomia impositiva delle Regioni ed altri rapporti finanziari tra Stato e Regioni onde evitare il sorgere degli innumerevoli contrasti tra Stato centrale ed Enti regione, spesso finiti per la loro risoluzione avanti la Corte Costituzionale;
per una riforma del bicameralismo e per il rafforzamento delle garanzie costituzionali onde rendere la nostra Costituzione la più adeguata possibile al regolare svolgimento della odierna vita pubblica e privata di ogni cittadino.
B) con leggi ordinarie, purchè largamente condivise e concertate eventualmente con l’opposizione:
· per regolamentare la disciplina del finanziamento della politica;
· per tutelare l’indipendenza delle autorità di garanzia e del pluralismo dell’informazione;
· per risolvere l’insoluto problema dei vari conflitti di interesse;
· per elaborare una seria riforma della legge elettorale;
· per stabilire una inderogabile disciplina da applicarsi durante il periodo di campagna elettorale;
· per riformare i Regolamenti parlamentari.
Appare di tutta evidenza che trattasi di ipotesi di lavoro di lunga portata ed è proprio per siffatta circostanza che occorre subito fare spazio ad un nuovo processo istituzionale che possa anche ridurre la frammentazione delle forze politiche in troppi partiti.

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